il soggetto,che sostenga la non autenticita’ della propria apparente sottoscrizione, non e’ tenuto ad attendere di essere evocato in giudizio da chi affermi una pretesa sulla base del documento, per poi operare il disconoscimento ai sensi e per gli effetti dell’articolo 214 c.p.c. e ss.. Egli, dunque, ben puo’ legittimamente assumere l’iniziativa del processo, onde vedere accertata, secondo le ordinarie regole probatorie, la non autenticita’ di detta sottoscrizione, nonche’ per sentire accogliere quelle domande che postulino tale accertamento: in simile evenienza, cioe’, nella vertenza non trova applicazione alcuna la disciplina del disconoscimento della scrittura privata come delineata dal codice di rito. La parte che produce in giudizio una scrittura privata da lei apparentemente sottoscritta e della quale contesta l’autenticita’ deve fornire la prova, con gli ordinari mezzi, della falsita’ della sottoscrizione, non sussistendo un onere della controparte di chiederne la verificazione. Invero, non trovano applicazione, al riguardo, gli articoli 214 e 215 c.p.c., che presuppongono che il documento del quale si deduca la falsita’ della firma sia stato prodotto in giudizio dall’altra parte, e non dall’apparente sottoscrittore.

Puoi scaricare la presente sentenza in formato PDF, effettuando una donazione in favore del sito, attraverso l’apposito link alla fine della pagina.

Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|19 settembre 2022| n. 27362

Data udienza 13 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente

Dott. ZULIANI Andrea – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

Dott. VALENTINO Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10339/2018, r.g. proposto da:

(OMISSIS) S.c.p.A., con sede in (OMISSIS), in persona del Direttore Generale pro tempore Dott. (OMISSIS), quale mandataria, in nome e per conto, del (OMISSIS) s.p.a., rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), unitamente alla quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. cron. 31/2018, della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI – SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI depositata in data 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 13/09/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza del 13 maggio 2014, n. 646, il Tribunale di Sassari

rigetto’ la domanda proposta da (OMISSIS), nei confronti del (OMISSIS) s.p.a. (d’ora in avanti, breviter, Banca), volta ad ottenere la rideterminazione del saldo del conto corrente di corrispondenza e del conto anticipi da lei intrattenuti presso quest’ultima espungendo le poste a debito fondate su titoli nulli o mai disposti dalla titolare del conto, la quale, contestualmente, disconobbe la sottoscrizione di alcune operazioni ed eccepi’ il difetto di mandato in capo a (OMISSIS), proprio coniuge, sottoscrittore di altri ordini che erano stati ivi contabilizzati.

1.1. Il tribunale, preso atto della validita’ delle pattuizioni riguardanti l’anatocismo e gli interessi ultralegali: i) escluse che vi fossero state applicazioni usurarie; ii) in relazione all’invocato storno delle operazioni illegittimamente addebitate, perche’ non autorizzate, considero’ irrilevante il disconoscimento delle sottoscrizioni operato dalla (OMISSIS), contro la quale non erano state prodotte le relative scritture, ritenendo inverosimile che la stessa nemmeno si fosse tempestivamente accorta degli addebiti sul proprio conto di operazioni eseguite dal (OMISSIS); iii) accolse la domanda riconvenzionale della Banca, condannando l’attrice al pagamento, in suo favore, di Euro 163.798,87, a titolo di scoperto di conto corrente, oltre interessi convenzionali fino al saldo.

2. Decidendo sul gravame promosso dalla (OMISSIS) contro questa decisione, la Corte di appello di Sassari, con sentenza del 23 gennaio 2018, n. 31, lo ha parzialmente accolto e, per l’effetto: i) ha confermato il rigetto della domanda dell’appellante, sebbene con motivazione diversa da quella del tribunale; ha respinto la domanda riconvenzionale della Banca.

2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte ha rilevato, preliminarmente, che la (OMISSIS) aveva ivi ribadito la domanda di condanna al pagamento dell’importo complessivamente derivante dall’addebito delle operazioni a firma apocrifa e/o non autorizzate, adducendo la violazione, da parte della banca, delle regole di correttezza e diligenza nell’esecuzione del contratto con la medesima stipulato ed “evidenziando che l’importo di cui agli estratti prodotti sarebbe stato frutto della contabilizzazione di operazioni disconosciute quanto alla provenienza dell’ordine di esecuzione”.

2.1.1. Ha rimarcato, poi, che “L’appellante non ha insistito (…) sulla domanda volta all’accertamento della nullita’ derivante dall’applicazione di interessi anatocistici e/o comunque illegittimi e di commissioni non pattuite, cosicche’ la pronuncia di rigetto sul punto deve ritenersi passata in giudicato”.

2.1.2. Ha opinato, quindi, che: i) l’intervenuto disconoscimento della sottoscrizione di alcuni ordini, effettuato dalla (OMISSIS) in primo grado ed “ormai definitivo a fronte della mancata richiesta di verificazione delle firme indicate come apocrife, rende irrilevante l’esperimento della querela di falso” proposta dall’appellante; ii) tutte le operazioni che quest’ultima aveva chiesto di stornare dal saldo dei propri conti – perche’ a firma apocrifa o del (OMISSIS) – “risultavano eseguite tra l’agosto 2009 e il luglio 2010 (…) ed erano state riportate negli estratti conto periodicamente comunicati alla cliente”. La circostanza che la (OMISSIS) le avesse contestate “soltanto nel mese di dicembre 2010, in concomitanza con la revoca degli affidamenti ricevuta dall’istituto di credito, non risulta idonea a superare il fatto che nel conto fossero stati addebitati importi provenienti da operazioni eseguite da un terzo, sprovvisto di valida autorizzazione, certamente non ricavabile in via presuntiva dalla qualita’ del rapporto intercorrente tra le parti (coniugio) e dall’attivita’ commerciale svolta da entrambi”. L’acquiescenza manifestata dalla correntista alle risultanze del conto predisposto dalla Banca “neppure poteva considerarsi preclusiva di ulteriori contestazioni sulla validita’ del relativo titolo giustificativo, ai sensi ed agli effetti di cui all’articolo 1832 c.c.”;

iii) “Tuttavia, la domanda di ripetizione di indebito proposta dalla (OMISSIS) non puo’ essere accolta, non avendo la medesima prodotto la serie continua di estratti conto dalla data di apertura del conto n. (OMISSIS) (…) necessaria alla ricostruzione del saldo, asseritamente a credito della correntista. L’esame degli ordini di bonifico denunciati come illegittimi nella citazione di primo grado – mentre quelli elencati nella memoria ex articolo 183 c.p.c., non possono essere esaminati, in quanto tardivamente dedotti e comunque in parte a credito della correntista – ha consentito tuttavia al consulente tecnico d’ufficio di determinare l’ammontare dei bonifici contestati in misura pari ad Euro 579.200,00 o quantomeno ad Euro 567.000,00, se detratti alcuni bonifici che costituivano in realta’ giroconti su altri rapporti intrattenuti dalla (OMISSIS) con la banca. L’accertamento di operazioni addebitate sul conto della (OMISSIS) in assenza di valido titolo, se non permette di stabilire – sulla base del materiale probatorio versato in causa l’esistenza di un indebito a favore dell’attrice alla data della proposizione della domanda, esclude peraltro che sia rimasto provato il credito preteso dalla banca in riconvenzionale a titolo di scoperto del c/c n. (OMISSIS). Invero, l’appello proposto dalla (OMISSIS) e’ volto a contraddire il percorso logico giuridico seguito dal primo giudice laddove riteneva consolidati i titoli posti a fondamento delle poste contabilizzate, come riportate negli estratti, per effetto della mancata contestazione nel termine di cui all’articolo 1832 c.c.. In questi termini, la censura non puo’ essere intesa come limitata al solo disconoscimento delle disposizioni provenienti da soggetto diverso dalla correntista, in quanto finalizzata ad ottenere la condanna della banca al pagamento del saldo positivo derivante dal ricalcolo ed a rimuovere, di conseguenza, l’efficacia probatoria degli estratti conto. La mancata produzione degli estratti integrali preclude infatti anche il riconoscimento del credito vantato dalla banca come determinato in prime cure, con la conseguenza che la sentenza impugnata va riformata nella parte in cui e’ pronunciata condanna della (OMISSIS) al pagamento della somma risultante a titolo di scoperto dall’ultimo estratto prodotto”.

3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la (OMISSIS) S.C.p.A., quale mandataria, in nome e per conto, del (OMISSIS) s.p.a., affidandosi a cinque motivi, illustrati anche da memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c.. La (OMISSIS) non svolge difese in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi denunciano, rispettivamente:

I) “Vizio della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli articoli 112 e 345 c.p.c.”, perche’ la corte distrettuale, sebbene la (OMISSIS) non avesse proposto appello con riferimento al capo della sentenza di primo grado che, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla Banca, l’aveva condannata al pagamento, in favore di quest’ultima, della somma di Euro 163.798,87, aveva rigettato, invece, detta domanda, in relazione alla quale l’appellata aveva eccepito il passaggio in giudicato della decisione del tribunale;

II) “Vizio della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli articoli 214, 215 e 216 c.p.c.”, laddove la corte territoriale: i) aveva ritenuto operante il disconoscimento in assenza dei presupposti di legge, provenendo lo stesso da parte del medesimo soggetto che aveva prodotto in causa i documenti disconosciuti; ii) non aveva tenuto conto dei poteri del Giudice di verificare la sussistenza degli elementi per poter valutare la paternita’ delle firme senza essere obbligato a richiedere una c.t.u.; iii) non aveva valutato come, a differenza del disconoscimento, la richiesta di verificazione di una scrittura poteva effettuarsi anche in maniera implicita;

III) “Vizio della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione. Motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili con riferimento agli articoli 214, 215 e 216 c.p.c.”, non avendo la corte d’appello svolto alcun esame con riferimento alla copiosa produzione in atti depositata dalla Banca, sia come scritture di comparazione, che per dimostrare il collegamento tra le attivita’ dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS);

IV) “Vizio della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli articoli 112 e 346 c.p.c. – Violazione delle norme poste a base dell’onere della prova a carico del correntista che agisce in causa ex articolo 2697 c.c.”, per aver la corte sarda ammesso una c.t.u. benche’ analoga consulenza, invocata dalla (OMISSIS), non era stata ammessa in primo grado senza che l’appellante ne avesse reiterato la richiesta in sede di precisazione delle conclusioni, ne’, in appello, avesse riproposto qualsivoglia istanza istruttoria, sicche’ quella richiesta doveva intendersi rinunciata. La medesima corte, inoltre, aveva violato le norme civilistiche che disciplinano l’onere della prova, sostituendosi alla (OMISSIS) che, in primo grado, non aveva offerto validi documenti per poter dare ingresso alla c.t.u., come correttamente rimarcato dal tribunale;

V) “Vizio della sentenza ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione. Motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”. Si contesta la decisione impugnata laddove si legge che malgrado l’onere probatorio non fosse stato assolto, sin dal primo grado, dalla (OMISSIS), si e’ ritenuto come la mancata produzione degli estratti integrali precludesse anche il riconoscimento del credito vantato dalla Banca come determinato in prime cure, cosi’ rigettandosi la domanda riconvenzionale di quest’ultima. Un tale assunto si rivela assolutamente errato ed in violazione delle risultanze processuali posto che, diversamente dall’appellante, la Banca aveva dimostrato il proprio credito mediante il deposito degli estratti conto e dell’estratto conto certificato.

2. Il primo dei descritti motivi e’ infondato.

2.1. Invero, – come si e’ gia’ anticipato al § 2.1 dei “Fatti di causa” – la corte distrettuale ha puntualizzato (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), affatto opportunamente, che: i) la (OMISSIS) aveva ivi ribadito “la domanda di condanna al pagamento dell’importo complessivamente derivante dall’addebito delle operazioni a firma apocrifa e/o non autorizzate, adducendo la violazione, da parte della banca delle regole di correttezza e diligenza nell’esecuzione del contratto con la medesima stipulato ed evidenziando che l’importo di cui agli estratti prodotti sarebbe stato frutto della contabilizzazione di operazioni disconosciute quanto alla provenienza dell’ordine di esecuzione. Tale contestazione non costituisce domanda nuova, come sostenuto dall’appellato, in quanto e’ fondata sui fatti costitutivi gia’ allegati in primo grado e, segnatamente, l’inesistenza dello scoperto annotato dalla banca negli estratti conto e l’addebito di poste debitorie nulle, in violazione delle disposizioni regolanti il contratto di conto corrente”; “L’appellante non ha insistito (…) sulla domanda volta all’accertamento della nullita’ derivante dall’applicazione di interessi anatocistici e/o comunque illegittimi e di commissioni non pattuite, cosicche’ la pronuncia di rigetto sul punto deve ritenersi passata in giudicato”.

2.2. Se, dunque, l’importo di cui agli “estratti prodotti” – da cui il tribunale aveva tratto la prova del credito per lo scoperto riconosciuto alla Banca, con la corrispondente condanna disposta, in via riconvenzionale, in suo favore – era anche il “frutto della contabilizzazione di operazioni disconosciute quanto alla provenienza dell’ordine di esecuzione”, ne consegue che, una volta esclusa la possibilita’ di contabilizzare dette operazioni, in ragione di quanto opinato dalla menzionata corte circa gli effetti dell’intervenuto disconoscimento delle sottoscrizioni apposte su alcuni ordini di bonifico, specificamente individuati, nonche’ della mancata richiesta di verificazione della Banca, ex articolo 214 – 215 c.p.c., il saldo del conto in questione necessariamente ne avrebbe risentito, pure mantenendo inalterate (per effetto del giudicato formatosi a seguito della mancata formulazione di uno specifico motivo di gravame, su questo specifico punto, da parte della (OMISSIS)) le appostazioni derivanti dall’applicazione di interessi anatocistici e/o comunque pretesamente illegittimi e di commissioni non pattuite.

2.2.1. Da un lato, pertanto, si rileva pienamente condivisibile l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui “la censura non puo’ essere intesa come limitata al solo disconoscimento delle disposizioni provenienti da soggetto diverso dalla correntista, in quanto finalizzata ad ottenere la condanna della banca al pagamento del saldo positivo derivante dal ricalcolo ed a rimuovere, di conseguenza, l’efficacia probatoria degli estratti conto”; dell’altro, cio’ consente evidentemente di escludere il vizio denunciato nel motivo in esame, posto che il credito per il quale la Banca aveva ottenuto, in via riconvenzionale, la condanna della (OMISSIS), doveva considerarsi ancora sub iudice, quanto alla sua esistenza e concreta quantificazione, proprio per effetto delle doglianze dell’appellante che avevano investito una parte delle appostazioni degli estratti conto che avevano concorso alla sua formazione.

2. Il secondo, il terzo ed il quinto motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente perche’ evidentemente connessi, si rilevano fondati nei limiti di cui appresso.

2.1. La corte di appello, dopo aver dato atto “dell’intervenuto disconoscimento della sottoscrizione di alcuni ordini da parte della (OMISSIS), rispetto ai quali la convenuta in primo grado non chiedeva procedersi a verificazione, a norma dell’articolo 216 c.p.c.”, ha ritenuto “non condivisibile” la decisione del primo giudice “laddove affermava che il disconoscimento non sarebbe stato rilevante, in quanto la scrittura era stata prodotta dalla stessa parte che la disconosceva”. Secondo la corte, invece, “la ratio della previsione di cui all’articolo 214 c.p.c., deve essere letta con riguardo al soggetto contro il quale si producono gli effetti sfavorevoli della scrittura (v. Cass. Civ. n. 974/08 …(…)). Il disconoscimento operato in primo grado, e ormai definitivo a fronte della mancata richiesta di verificazione delle firme indicate come apocrife, rende irrilevante l’esperimento della querela di falso, che invece presuppone l’esistenza di una scrittura riconosciuta (cfr. Cass. Civ., sez. V, n. 1572/07; sez. I, n. 4728/07)”.

2.2. Questo argomentare, tuttavia, si rivela in contrasto con il fermo indirizzo di legittimita’, qui condiviso, secondo cui il soggetto, “che sostenga la non autenticita’ della propria apparente sottoscrizione”, “non e’ tenuto ad attendere di essere evocato in giudizio da chi affermi una pretesa sulla base del documento, per poi operare il disconoscimento ai sensi e per gli effetti dell’articolo 214 c.p.c. e ss.”. Egli, dunque, ben puo’ “legittimamente assumere l’iniziativa del processo, onde vedere accertata, secondo le ordinarie regole probatorie, la non autenticita’ di detta sottoscrizione, nonche’ per sentire accogliere quelle domande che postulino tale accertamento”: in simile evenienza, cioe’, nella vertenza non trova “applicazione alcuna la disciplina del disconoscimento della scrittura privata come delineata dal codice di rito” (cfr., in termini, Cass. n. 20882 del 2021. In senso sostanzialmente conforme, si vedano, anche Cass. n. 1420 del 1983; Cass. n. 12471 del 2001, Cass. n. 974 del 2008; Cass. n. 16777 del 2014). Ancor piu’ specificamente, Cass. n. 24539 del 2016 ha sancito che “La parte che produce in giudizio una scrittura privata da lei apparentemente sottoscritta e della quale contesta l’autenticita’ deve fornire la prova, con gli ordinari mezzi, della falsita’ della sottoscrizione, non sussistendo un onere della controparte di chiederne la verificazione. Invero, non trovano applicazione, al riguardo, gli articoli 214 e 215 c.p.c., che presuppongono che il documento del quale si deduca la falsita’ della firma sia stato prodotto in giudizio dall’altra parte, e non dall’apparente sottoscrittore”.

2.3. Nella specie, dunque, risultando dalla sentenza impugnata che la documentazione in ordine alla quale la (OMISSIS) aveva dedotto la falsita’ della sua sottoscrizione era stata prodotta proprio da quest’ultima, ne consegue che – a differenza di quanto ritenuto dalla corte di merito – non trovano applicazione, al riguardo, gli articoli 214 e 215 c.p.c., che presuppongono, come del resto l’articolo 2702 c.c., che il documento del quale si deduca la falsita’ della firma sia stato prodotto in giudizio dall’altra parte, e non dall’apparente sottoscrittore.

2.3.1. Ne discende, allora, che la Banca non aveva alcun onere di proporre l’istanza di verificazione ex articolo 216 c.p.c. e che era la (OMISSIS) a dover provare – con gli ordinari mezzi di prova, atteso che il mancato riconoscimento del documento rendeva non esperibile la querela di falso – la non autenticita’ della sottoscrizione da lei apparentemente apposta, affatto coerentemente, del resto, con la natura di accertamento negativo della sua domanda sullo specifico punto.

2.4. Si e’ gia’ riferito (cfr. p. 2.1.2. dei “Fatti di causa”), poi, che, secondo la corte distrettuale, “L’accertamento di operazioni addebitate sul conto della (OMISSIS) in assenza di valido titolo, se non permette di stabilire – sulla base del materiale probatorio versato in causa – l’esistenza di un indebito favore dell’attrice alla data della proposizione della domanda, esclude peraltro che sia rimasto provato il credito preteso dalla banca in riconvenzionale a titolo di scoperto del c/c n. (OMISSIS)”.

2.4.1. E’ evidente, pertanto, che, una volta escluso che la Banca avesse l’onere di proporre l’istanza di verificazione ex articolo 216 c.p.c. in relazione alla documentazione prodotta dalla (OMISSIS) e di cui quest’ultima aveva contestato le sottoscrizioni (spettando, come si e’ detto, all’originaria attrice/appellante, di provare l’asserita loro falsita’), le risultanze di quella documentazione, almeno nella misura in cui si riferivano ad ordini recanti la firma della (OMISSIS) e riguardavano appostazioni rinvenibili negli estratti conto prodotti in atti, potevano essere utilizzate al fine di accertare l’esistenza e l’entita’ del credito da scoperto oggetto della domanda riconvenzionale della Banca.

2.4.2. Il giudice di rinvio, pertanto, nel procedere al riesame solo di quest’ultima domanda (essendosi formato il giudicato in ordine al rigetto di quella della (OMISSIS), la quale, non risulta aver proposto alcuna impugnazione avverso la sentenza della corte sarda di cui oggi si discute, essendo rimasta solo intimata in questo procedimento di legittimita’, altresi’ ricordandosi che grava sull’attore in ripetizione dell’indebito la prova dell’inesistenza di una giusta causa dell’attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto – cfr., ex multis, Cass. n. 1550 del 2022; Cass. n. 14428 del 2021; Cass. n. 11294 del 2020; Cass. n. 33009 del 2019; Cass. n. 30822 del 2018; Cass. n. 7501 del 2012 – ancorche’ si tratti di prova di un fatto negativo), dovra’ tenere conto anche di quelle risultanze, rammentando pure che, nella controversia in esame, la domanda riconvenzionale della Banca diretta al pagamento del saldo del rapporto di conto corrente si contrapponeva a quella dell’ (OMISSIS) di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito.

Entrambe le parti, dunque, erano onerate della prova delle contrapposte pretese aventi ad oggetto, rispettivamente, l’esistenza del credito della Banca e l’inesistenza di detto credito a fronte di quello invocato dall’attrice originaria (per l’ipotesi di contrapposte domande di pagamento e di accertamento negativo, cfr. Cass. n. 12963 del 2005; Cass. n. 3374 del 2007; con specifico riguardo al caso in cui il correntista agisca in giudizio chiedendo di rideterminarsi il saldo del conto e la ripetizione degli importi da lui indebitamente versati, mentre la banca spieghi riconvenzionale per la corresponsione degli importi di cui si assuma creditrice, cfr. Cass. n. 9201 del 2015, non massimata). Cio’ significa, in concreto, che ciascuno dei due contendenti aveva l’onere di dar prova delle operazioni da cui si originava il saldo.

2.4.3. Cass. n. 22387 del 2021, peraltro, ha chiarito che “nella prospettiva consegnata dall’articolo 2697 c.c., la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi. Essendo sia la banca che il correntista onerati della prova dei propri assunti, la mancata produzione degli estratti conto assume una colorazione neutra sul piano della ricostruzione del rapporto di dare e avere e giustifica, come tale, un accertamento del saldo di conto corrente che non e’ influenzato dalle movimentazioni del periodo non documentato. Infatti, proprio in quanto ognuna delle parti assume la veste di attore all’interno del giudizio e inconcepibile che l’una e l’altra possano giovarsi delle conseguenze del mancato adempimento dell’onere probatorio della controparte. In tal senso, mancando la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo inziale del rapporto, il correntista non potra’ aspirare a un rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, al contempo, questa non potra’ invocare, in proprio favore l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti”.

2.4.4. In definitiva, quindi (argomentando da Cass. n. 23852 del 2020), nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata accertata – come avvenuto nella specie, peraltro con statuizione, come si e’ visto, passata ormai in giudicato – la validita’ della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, la proposizione di contrapposte domande della banca e del correntista implica che ciascuna di esse sia onerata della prova della propria pretesa; in conseguenza, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo del conto nel periodo non documentato, e in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza di un credito o di un debito di un certo importo con riferimento a tale arco temporale, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, per cui constano gli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di detti estratti conto.

3. Il quarto motivo di ricorso, infine, si rivela inammissibile ex articolo 360 bis c.p.c., n. 1, alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la consulenza tecnica d’ufficio e’ mezzo istruttorio – e non una prova vera e propria – sottratta alla disponibilita’ delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario (cfr. Cass. n. 326 del 2020; Cass. n. 7472 del 2017; Cass. n. 17399 del 2015; Cass. n. 9461 del 2010; Cass. n. 15219 del 2007; Cass. n. 4660 del 2006) ed essendo lo stesso tenuto a motivare la sola mancata ammissione di tale mezzo (cfr. Cass. n. 326 del 2020; Cass. n. 17399 del 2015). Proprio l’essere sottratta alla disponibilita’ delle parti, quindi, esclude l’operativita’, in relazione ad essa, della previsione di cui all’articolo 346 c.p.c..

4. In conclusione, il ricorso della (OMISSIS) S.C.p.A., quale mandataria, in nome e per conto, del (OMISSIS) s.p.a., va accolto, nei termini di cui si e’ detto, limitatamente ai suoi motivi secondo, terzo e quinto, rigettandosene il primo e dichiarandosene inammissibile il quarto. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame, da effettuarsi giusta quanto si e’ precisato nei pp. 2.4.2., 2.4.3. e 2.4.4., nonche’ per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il secondo, il terzo ed il quinto motivo del ricorso della (OMISSIS) S.C.p.A., quale mandataria, in nome e per conto, del (OMISSIS) s.p.a., rigettandone il primo e dichiarandone inammissibile il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Cagliari Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame, da effettuarsi alla stregua di quanto si e’ precisato nei pp. 2.4.2., 2.4.3. e 2.4.4. della motivazione, nonche’ per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

Per ulteriori approfondimenti, in materia di diritto bancario si consiglia:

Il contratto di leasing o locazione finanziaria

Il contratto di franchising o di affiliazione commerciale

Il contratto di mutuo: aspetti generali.

Mutuo fondiario e superamento dei limiti di finanziabilità.

Il contratto autonomo di garanzia: un nuova forma di garanzia personale atipica

La fideiussione tra accessorietà e clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni

Per approfondire la tematica degli interessi usurari e del superamento del tasso soglia si consiglia la lettura del seguente articolo: Interessi usurari pattuiti nei contatti di mutuo

Puoi scaricare il contenuto in allegato effettuando una donazione in favore del sito attraverso il seguente link

Inserisci importo donazione € (min €1.00)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.