I comproprietari di un’unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perché detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e i comunisti stessi rappresentano, nei confronti del condominio, un insieme, sia in virtù del principio generale dettato dall’art. 1294 cod. civ. (secondo il quale, nel caso di pluralità di debitori, la solidarietà si presume), alla cui applicabilità non è di ostacolo la circostanza che le quote dell’unità immobiliare siano pervenute ai comproprietari in forza di titoli diversi. Trattandosi di un principio informatore della materia, al rispetto di esso è tenuto il giudice di pace anche quando decida secondo equità ai sensi dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ..

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Tribunale|Lecce|Sezione 1|Civile|Sentenza|3 febbraio 2020| n. 289

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE CIVILE DI LECCE

PRIMA SEZIONE

in persona della dr.ssa Viviana Mele, quale giudice monocratico, ha emesso

SENTENZA

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 11266 del R.G.A.C.C. dell’anno 2017, trattenuta in decisione nell’udienza del 31 ottobre 2019 e vertente

TRA

CONDOMINIO EU., in persona dell’Amministratore p.t.

rappresentato e difeso dall’avv. D’O.DA. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio

APPELLANTE

E

FR.LE.

Rappresentato e difeso dall’avv. LU.FI. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio

APPELLATO

Oggetto: Appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Lecce n. 2/17 del 1213.06.2017

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto ingiuntivo n. 92/2011 il Tribunale di Lecce – Ex Sezione distaccata di Maglie ha ingiunto al sig. De.Fr. di pagare al Condominio Eu. la somma di Euro 3.688,68 a titolo di oneri condominiali non pagati, per conguaglio esercizi 2009/10, rate preventive 2010/11 e quota di lavori di manutenzione straordinaria.

Il sig. De. si è costituito con propria comparsa, deducendo di aver acquistato, con atto per notar Po. del 19.07.1986, un appartamento sito nel Condominio Eu., con giardino retrostante, e di aver adibito il giardino a pertinenza dell’Hotel La., da lui gestito, confinante con il Condominio. L’opponente ha poi dedotto di aver ceduto, con atto dell’01.07.2004, la proprietà dell’appartamento e di una parte del giardino, avendo dunque perso la qualità di Condomino.

Dedotto quanto sopra, l’opponente, dopo aver anche dedotto che le spese condominiali richieste riguardano servizi di cui egli non può godere, ha chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Con propria comparsa si è costituito il Condominio Eu., resistendo all’opposizione e chiedendone il rigetto.

Il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo opposto e ha dichiarato la propria incompetenza per valore e il Condominio ha sollevato dinanzi alla Corte di Cassazione Regolamento di Competenza.

La Suprema Corte ha dichiarato la Competenza del Giudice di Pace e la causa è stata dunque riassunta dinanzi ad esso

Il giudizio è stato dunque trattato dinanzi al Giudice di Pace di Lecce – Ex Otranto – e si è concluso con sentenza di rigetto della richiesta di pagamento formulata dal Condominio, in ragione della ritenuta mancanza di prova della Condominialità del bene di cui il sig. De. è ancora titolare.

Il Condominio Eu. ha impugnato la sentenza, ritenendo che il Giudice di Pace abbia errato nel valutare le prove documentali offerte e ha dunque chiesto la riforma della sentenza impugnata.

Il sig. De. si è costituito in giudizio, resistendo all’appello e chiedendone il rigetto.

La causa è stata istruita con acquisizione del fascicolo di I grado ed è stata trattenuta in decisione, con concessione del termine massimo di legge per conclusionali e repliche.

In via preliminare, deve esaminarsi la questione inerente la corretta integrazione del contraddittorio, sollevata dalle parti fin dal primo grado.

Parte appellata ritiene infatti che il giudizio si sarebbe dovuto instaurare non solo nei confronti del sig. De.Fr., ma anche nei confronti dei suoi figli, ai quali il giardino per cui è causa è stato cointestato a seguito del decesso della madre.

L’eccezione non è fondata.

La vicenda in esame, infatti, attiene al pagamento di un debito inerente la cosa comune ed è dunque evidentemente un debito solidale.

Nonostante sia corretto affermare che ciascun partecipante ne debba rispondere nei limiti della propria quota, tuttavia è anche vero che tale limite vale solo nei rapporti interni tra comproprietari e non anche nei rapporti con il creditore, il quale può agire per l’intero nei confronti di uno solo dei condebitori.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 21907 del 21/10/2011, affermando che:

“I comproprietari di un’unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perché detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e i comunisti stessi rappresentano, nei confronti del condominio, un insieme, sia in virtù del principio generale dettato dall’art. 1294 cod. civ. (secondo il quale, nel caso di pluralità di debitori, la solidarietà si presume), alla cui applicabilità non è di ostacolo la circostanza che le quote dell’unità immobiliare siano pervenute ai comproprietari in forza di titoli diversi. Trattandosi di un principio informatore della materia, al rispetto di esso è tenuto il giudice di pace anche quando decida secondo equità ai sensi dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ.. (Nella specie, la S.C. ha chiarito che il principio espresso non si pone in contrasto con quello già enunciato da Sez. Un. n. 9148 del 2008, riguardando quest’ultima pronuncia la diversa problematica delle obbligazioni contratte dal rappresentante del condominio verso i terzi e non la questione relativa al se le obbligazioni dei comproprietari inerenti le spese condominiali ricadano o meno nella disciplina del condebito ad attuazione solidale)”.

L’eccezione, dunque, è infondata e correttamente il Condominio ha ingiunto il pagamento dell’intero a uno dei comproprietari, condebitore solidale, ai sensi dell’art. 1294 c.c..

Venendo al merito, si ricorda che il Condominio ha chiesto il pagamento di oneri condominiali, approvati con delibera assembleare del 3.12.2010 e del 25.03.2011, in ragione della titolarità, in capo al sig. De., di un bene di proprietà esclusiva sito all’interno del Condominio.

Il sig. De. ha eccepito di aver ceduto l’appartamento di proprietà esclusiva e parte del giardino retrostante a terzi e ha ritenuto che il nuovo proprietario sia il solo tenuto al pagamento delle spese condominiali.

Il Giudice di Pace ha accolto l’eccezione, ritenendo che la documentazione offerta non provi che i beni di cui il De. è ancora titolare siano parte del Condominio.

L’appellante ha censurato la motivazione, richiamando la documentazione depositata in atti.

Orbene, dalla documentazione in atti emerge che il sig. De. acquistò, con atto per notar Po. del 19.07.1986, “appartamento a piano rialzato” … “e giardino retrostante” facenti parte del corpo A del Condominio Eu.. Nell’atto si legge che “il giardino retrostante della superficie di circa mq. 425 rappresenta pertinenza dell’appartamento ed è privo di cubatura.”.

Parte appellata ha evidenziato la differenza tra “spazi condominiali” e “giardinetti di pertinenza di singole unità dell’edificio”, indicati alla pag. 4 dell’atto, per ritenere che il giardino di proprietà De. non sia spazio condominiale. L’affermazione va certamente condivisa, nella misura in cui riconosce che il De. ha acquistato, con l’atto del 1986, un bene di sua proprietà esclusiva. Se fosse stato uno “spazio condominiale”, infatti, non sarebbe stato a lui attribuito in modo esclusivo e sarebbe stato oggetto di uso di tutti i Condomini. È evidente infatti che gli spazi condominiali devono essere intesi con riferimento alle cose comuni e non a quelle di proprietà esclusiva dei singoli condomini.

La stessa tesi di parte appellata conferma dunque che il sig. De. acquistò un giardino che era di proprietà esclusiva.

È evidente ed indiscutibile, dalla lettura dell’atto del 1986, che il sig. De. ha acquistato un appartamento e un giardino retrostante, inseriti nell’ambito di un complesso condominiale e legati al pagamento di oneri condominiali.

È stato poi provato in forma documentale che le Tabelle Millesimali allegate al Regolamento condominiale hanno previsto l’individuazione dei millesimi imputabili al De., distinguendo l’appartamento ed il giardino retrostante. Tanto che le stesse delibere assembleari che hanno approvato le spese per cui è causa hanno statuito su ripartizione in cui il sig. De. è indicato come “Gi.De.” (dunque solo con riferimento al giardino di cui è ancora proprietario).

Non risulta che l’appellato abbia mai impugnato, nel corso degli anni, le Tabelle Millesimali suddette e che abbia mai contestato l’inclusione dei millesimi inerenti al giardino né che tale modifica sia stata chiesta dagli altri Condomini, titolari di giardini distintamente indicati nella Tabella.

Correttamente, dunque, il Condominio ha censurato la sentenza del Giudice di Pace, ritenendo che la documentazione offerta abbia dato piena prova della natura condominiale dei beni di proprietà del sig. De., in quanto l’atto di acquisto, il Regolamento e le Tabelle Millesimali depongono tutti verso tale univoca direzione.

Va ora verificato se, con la vendita dell’appartamento e di una porzione di 52 mq della più ampia estensione di 425 Mq, il sig. De. abbia perso la qualità di Condomino.

Sul punto deve condividersi l’affermazione di parte appellante, secondo cui il mero trasferimento dell’appartamento e di un pezzo di giardino non comporta la perdita della qualità di Condomino in capo al proprietario della restante porzione di giardino, ab origine inserita tra i beni compresi nel Condominio e indicata nella Tabella Millesimale.

Il sig. De. avrebbe infatti dovuto agire ai sensi dell’art. 61 disp. att. c.c., chiedendo una deliberazione dell’assemblea o una pronuncia del Giudice, al fine di far accertare che la porzione di giardino di cui egli è ancora titolare non è più compresa nel Condominio, in quanto idonea ad essere scorporata in modo tale da costituire un bene autonomo.

L’appellato non ha invece svolto alcuna iniziativa in tal senso e si è anzi limitato nella presente sede a riferire che il giardino è posto a servizio di un confinante Hotel, senza neppure aver mai indicato che il giardino medesimo è privo interamente di ogni collegamento con beni comuni (viali di accesso, sistemi di irrigazione, recinzione, etc.).

La sola circostanza che si tratti di un giardino non esclude infatti, di per sé sola, che tale bene sia caratterizzato dall’uso di cose comuni del Condominio.

In ragione di quanto sopra, la mera cessione dell’appartamento non è per sé idonea a modificare la natura del giardino ancora intestato al sig. De., che è attualmente ancora bene condominiale.

Neppure è corretta l’affermazione del sig. De., secondo cui il credito non sarebbe provato in quanto le Tabelle Millesimali non sono state aggiornate a seguito della cessione dell’appartamento al sig. Sa.Fe.

In primo luogo, non è stato dimostrato che il trasferimento del bene sia stato comunicato al Condominio.

In secondo luogo, nelle Tabelle Millesimali sono distinti, come già detto, l’appartamento ed il giardino.

In terzo luogo, i millesimi sui quali si basa la richiesta di pagamento odierna sono inferiori a quelli che, nell’originaria Tabella Millesimale, erano riferiti all’intera estensione del giardino (oggi in minima parte ceduta a terzi).

Al fine di contestare l’avversa pretesa e di ottenere anche solo una disapplicazione delle Tabelle Millesimali, dunque, l’appellato avrebbe dovuto indicare esattamente in quale parte i millesimi a lui imputati sono errati e quale sarebbe stato il valore esatto. La contestazione mossa, in quanto generica, è dunque tanquam non esset.

L’appello è dunque accolto in parte qua.

Il sig. De. ha poi contestato il debito a sé imputato, ritenendo che il bene di cui è titolare non goda dei beni comuni cui si riferiscono le opere di manutenzione straordinaria oggetto di ingiunzione.

Al riguardo deve evidenziarsi che le spese per la manutenzione straordinaria sono state approvate con delibera assembleare e che il sig. De. non ha mai impugnato la relativa delibera.

Le censure mosse, in quanto inerenti la sussistenza dell’obbligazione approvata dall’assemblea, avrebbero dovuto costituire oggetto di impugnativa della delibera e non possono essere sindacate nella presente sede, neppure in via incidentale, in quanto non è stato indicato alcun motivo di nullità della delibera.

Difatti, la Corte di Cassazione ha chiarito che è “certamente da ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569)” e che “nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. Sez. 2,23/02/2017, n. 4672)”.

La medesima Corte di Cassazione ha precisato che “nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305).

La nullità di una deliberazione dell’assemblea condominiale, del resto, comporta che la stessa, a differenza delle ipotesi di annullabilità, non implichi la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c. Una deliberazione nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili.

Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, perciò, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 c.c., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri, appunto, tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. Sez. 2, 17/06/ 2015, n. 12582; Cass. Sez. 6 -2, 15/03/2017, n. 6652)”.

Nel caso di specie, come detto, non è stata indicata alcuna causa di nullità della delibera assembleare, la quale resta dunque pienamente valida ed efficace quale prova del credito dell’appellante.

Conclusivamente, l’atto di acquisto per notar Po. del 1986, il Regolamento Condominiale, le Tabelle e le delibere del 25.3.2010 e del 2.12.2010 costituiscono tutti prova idonea del credito oggetto di domanda.

Le contestazioni di parte appellata si sarebbero dovute presentare in altre sedi (impugnazione della delibera assembleare, richiesta di esclusione della propria qualità di Condomino, richiesta di modifica delle tabelle) e non costituiscono dunque elemento idoneo a contestare il credito della controparte.

L’appello è quindi accolto.

Si precisa che, trattandosi di debito di valuta, non spetta la rivalutazione monetaria.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce – Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa N 11266/2017 RG, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa:

a) In accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata, condanna il sig. Fr.Le. al pagamento della somma di Euro 3.688,68, oltre interessi in misura legale dal dovuto al saldo effettivo, in favore del Condominio Eu.;

b) Condanna il sig. Fr.Le. al pagamento delle spese di lite di primo grado in favore del Condominio Eu., liquidate in Euro 1.300,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, Iva e CPA come per legge;

c) Condanna il sig. Fr.Le. al pagamento delle spese di lite di secondo grado in favore del Condominio Eu., liquidate in Euro 190,00 per spese ed Euro 1.500,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Lecce il 31 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.