Non v’e’ alcuna anomalia nel fatto che l’acquirente di un’opera d’arte tenti di evitare l’apposizione di vincoli sulla stessa cosi’ da poterla far circolare liberamente ed evitare che possano esservi limiti alla sua commercializzazione. Basta rilevare in proposito che, proprio per questo, Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 14 consente “al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa” oggetto di un “procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale” di formulare osservazioni a riguardo.

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Corte di Cassazione|Sezione 4|Penale|Sentenza|6 dicembre 2022| n. 46115

Data udienza 18 novembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRANTI Donatella – Presidente

Dott. VIGNALE Lucia – rel. Consigliere

Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere

Dott. BRUNO Mariarosari – Consigliere

Dott. D’ANDREA Alessandro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 01/04/2022 del TRIB. LIBERTA’ di GENOVA,

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCIA VIGNALE;

sentite le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore ETTORE PEDICINI, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso;

udito il difensore di (OMISSIS) avv. (OMISSIS) del foro di ANCONA, in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di MILANO come da delega ex articolo 102 c.p.p., che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 15 ottobre 2021 il Tribunale del riesame di Genova respinse l’istanza con la quale (OMISSIS) chiedeva la revoca del decreto di sequestro preventivo del dipinto ad olio su tavola denominato “(OMISSIS)” attribuito ad (OMISSIS), nonche’ della cornice, delle colonne e della base del dipinto medesimo. Contro l’ordinanza, che aveva confermato il sequestro disposto dal G.i.p. del Tribunale di Genova in data 11 agosto 2021, (OMISSIS) propose ricorso per Cassazione. Con sentenza del 17 febbraio 2022, la terza sezione penale di questa Corte accolse il ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale competente.

Investito della richiesta quale giudice di rinvio, con ordinanza del 1 aprile 2022, oggetto del presente ricorso, il Tribunale per il riesame di Genova ha confermato il decreto di sequestro preventivo.

2. Per meglio comprendere i termini della questione, e’ utile chiarire che il sequestro preventivo e’ stato disposto nel procedimento aperto a carico di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) per il reato di cui agli articolo 110 c.p. e Decreto Legislativo n. 22 gennaio 2004 n. 42 articolo 173 e la richiesta di riesame e’ stata proposta da (OMISSIS) quale terzo proprietario del bene ai sensi dell’articolo 322, comma 1, c.p.p..

I profili oggettivi della vicenda non sono controversi. L’opera d’arte in questione era posta sopra l’altare della cappella del castello di (OMISSIS) in provincia di (OMISSIS), immobile di origine medioevale, dichiarato bene culturale di particolare interesse storico e artistico ai sensi della L. 1 giugno 1939 n. 1089 (poi sostituita dal Decreto Legislativo n. 42/04). All’inizio degli anni âEuroËœ50, la Soprintendenza alle gallerie per la provincia di (OMISSIS) aveva dichiarato che il vincolo gravante sul castello si estendeva anche al (OMISSIS) in quanto destinato in modo durevole ad ornamento della cappella presente nel castello e quindi pertinenza dell’immobile. Nel 1953, infatti, i padri Somaschi cercarono di vendere l’opera, ma la Soprintendenza di (OMISSIS) comunico’ loro che il contratto era nullo perche’ in contrasto col vincolo apposto sul quadro. Secondo l’ipotesi accusatoria, poiche’ soggetto a vincolo pertinenziale con un immobile di interesse “particolarmente importante” ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 10, comma 3, il (OMISSIS) non poteva essere spostato dal castello ne’ essere venduto senza autorizzazione. Alla proprietaria, (OMISSIS) e, in concorso con lei, alle figlie (OMISSIS) e (OMISSIS), e’ stata contestata quindi la violazione del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 173 per aver posto in vendita l’opera senza la prescritta autorizzazione, tramite la casa d’aste genovese “(OMISSIS)”, e per averla poi venduta all’odierno ricorrente. Il fumus del reato e’ stato ritenuto esistente sulla base dell’orientamento giurisprudenziale per cui la tutela prevista dalla L. n. 1089/39 (e poi dal Decreto Legislativo n. 42 del 2004) non riguarda soltanto i beni immobili, ma anche le cose che ne costituiscono pertinenza e contribuiscono a salvaguardare l’interesse storico e artistico degli stessi (Sez. 3, n. 45149 del 08/10/2015, Pisu, Rv. 265445; Sez. 3, n. 6295 del 10/04/1997, Franceschetti, Rv. 208692). E’ doveroso precisare che la fattispecie incriminatrice in parola e’ stata abrogata dalla L. 9 marzo 2022 n. 22, ma la condotta che vi era descritta e’ punita oggi dall’articolo 518-novies c.p. Poiche’ tra le due disposizioni vi e’ piena continuita’, il tema della successione di leggi nel tempo puo’ influire solo sul trattamento sanzionatorio e non rileva in questa sede.

3. La sentenza di annullamento, cui il giudice di rinvio si doveva attenere, ha ritenuto che la prima ordinanza di conferma del decreto di sequestro preventivo fosse viziata da una carenza di motivazione di tale gravita’ da integrare violazione di legge. Al giudice di rinvio e’ stato chiesto di precisare se il sequestro preventivo dovesse intendersi disposto ai sensi dell’articolo 321, comma 1, o dell’articolo 321, comma 2, c.p.p. o ad entrambi i fini (impeditivi e di confisca). Gli e’ stato chiesto, inoltre: di verificare se, pur avendo acquistato attraverso una casa d’aste, (OMISSIS) potesse non essere estraneo al reato contestato perche’ consapevole che l’autorizzazione alla vendita era necessaria; di valutare e motivare la sussistenza del periculum in mora. L’ordinanza impugnata ha confermato il sequestro sia a fini di confisca che a fini’ impeditivi.

3.1. L’applicazione dell’articolo 321 comma 2 c.p.p. presuppone la confisca obbligatoria del bene e richiede percio’ che lo stesso non appartenga a persona ictu oculi “estranea al reato”. Proprio per questo la Corte di legittimita’ aveva chiesto al Tribunale di approfondire il tema della possibile buona fede del ricorrente, il quale aveva acquistato il dipinto avvalendosi di un intermediario e, in specie, di una rinomata casa d’aste.

Nel confermare il sequestro a fini di confisca il Tribunale ha osservato:

– che (OMISSIS) non era un acquirente “qualsiasi”, privo di esperienza nel settore, ma era “oltremodo informato riguardo alle caratteristiche intrinseche e alla stessa storia dell’opera d’arte in questione”;

– che, infatti, quando la Soprintendenza alle Belle Arti di Genova avvio’ una procedura per il riconoscimento della particolare importanza storico artistica dell’opera, fu in grado di interloquire col soprintendente e di opporsi al riconoscimento del vincolo con argomentazioni dalle quali si evince una profonda conoscenza “della storia, della provenienza e del valore del (OMISSIS)”;

– che la Soprintendenza di Genova avvio’ la procedura per il riconoscimento della particolare importanza storico artistica dell’opera il 24 novembre 2017 e ne informo’ a casa d’aste, la quale, a sua volta, ne informo’ (OMISSIS);

– che il ricorrente era pertanto “pienamente avvertito di quel vincolo “preliminare””, ma si risolse ugualmente all’acquisto, adoperandosi poi per far si’ che la procedura fosse archiviata (come avvenne il 21 marzo 2018);

– che, per ottenere l’archiviazione della procedura, (OMISSIS) giunse fino “a svilire l’opera per dimostrarne l’interesse soltanto locale” pur avendo versato per l’acquisto la non modica somma di 100.000 Euro;

– che, se avesse acquistato in buona fede, (OMISSIS) “non si sarebbe curato di “legittimare” l’acquisto opponendosi all’imposizione del vincolo in sede genovese, ma avrebbe manifestato (…) le proprie doglianze contro la casa d’aste, chiamandola a rispondere in ogni sede per il correlato danno economico sofferto”;

– che la qualita’ di terzo, da riconoscersi in capo all’ (OMISSIS) rispetto al reato per il quale si procede a carico della (OMISSIS) e delle due figlie, “non preclude la potenziale configurazione nei suoi confronti – naturalmente rimessa alla futura ed eventuale iniziativa del Pubblico ministero – degli estremi di una diversa condotta penalmente illecita”, consistente nell’aver ricevuto, al fine di procurarsi profitto, “una cosa proveniente da un delitto, quello di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 173, del quale sono chiamate a rispondere le sole tre imputate”;

– che pur non essendo possibile configurare “gia’ in oggi” il fumus del delitto di ricettazione, il comportamento di (OMISSIS) e’ “sovrapponibile a quello di un soggetto che abbia agito nella consapevolezza di realizzare un “affare”, acquistando all’asta (…) un bene inalienabile senza la dovuta autorizzazione amministrativa”, e tanto basta ad escludere “quell’estraneita’ “sostanziale” rispetto al reato che, sola, puo’ giustificare l’applicazione dello statuto di favore previsto dall’articolo 240, comma 3, c.p.p. “.

3.2. Con riferimento al periculum in mora l’ordinanza impugnata osserva:

– che il pericolo di dispersione del bene e’ pienamente configurabile nei confronti di un soggetto che “versa in una situazione di malafede” e, per quanto gia’ esposto, (OMISSIS) non era estraneo al reato oggetto del procedimento, quantunque da altri consumato;

– che, avendo agito in malafede, (OMISSIS) potrebbe cedere l’opera d’arte “ad altro soggetto che versi, esso si’, in buona fede”;

– che, nel 2018, (OMISSIS) aveva chiesto il rilascio di un attestato di libera circolazione del (OMISSIS) (annullato dopo l’avvio delle indagini) e da cio’ puo’ inferirsi che aveva intenzione di trasportare l’opera “presso la propria residenza gita in Sivizzera, come e’ normale che sia per chiunque acquisti un’opera d’arte”;

– che il non aver trasferito subito il bene all’estero e’ ulteriore indice di malafede atteso che la sola spiegazione di questa scelta e’ la volonta’ di non incorrere nella violazione del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 174;

– che, avendo proposto querela nei confronti della casa d’aste, (OMISSIS) ha sostenuto di essere stato ingannato; ha riconosciuto, quindi, di non aver diritto a trattenere il bene, avendolo “acquistato ai danni” del patrimonio storico-artistico nazionale, e tuttavia ne ha chiesto ugualmente la restituzione.

4. Contro l’ordinanza del 1 aprile 2022 (OMISSIS) ha proposto tempestivo ricorso articolandolo in tre motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal Decreto Legislativo n. 28 luglio 1989 n. 271 articolo 173, comma 1.

4.1. Col primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge per mancanza di motivazione e violazione dell’articolo 627 c.p.p. Secondo la difesa, il giudice di rinvio non si sarebbe attenuto ai principi di diritto enunciati nella sentenza di annullamento che aveva censurato la prima ordinanza anche perche’ aveva argomentato la mancanza di buona fede facendo riferimento alla condotta prevista dall’articolo 174 Decreto Legislativo n. 42/04 (esportazione illecita di cose di interesse artistico) non contestata alle venditrici ne’ all’acquirente.

La difesa osserva che il giudice di rinvio ha reiterato l’errore sostenendo, con argomentazione congetturale, che (OMISSIS), pur avendo avuto la possibilita’ di portare l’opera in Svizzera sulla base di un regolare attestato di libera circolazione, non agi’ in tal senso per non consumare il delitto di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 174 e giungendo ad affermare che egli potrebbe essere chiamato a rispondere del reato di ricettazione. Sostiene inoltre che, nel verificare se, pur avendo acquistato attraverso una casa d’aste, (OMISSIS) potesse essere consapevole che l’autorizzazione alla vendita era necessaria, il Tribunale e’ incorso in cosi’ gravi errori di ricostruzione dei fatti e di interpretazione della normativa di riferimento da aver fornito una motivazione solo apparente.

La difesa sottolinea che l’essere esperti d’arte, e quindi consapevoli del pregio di un’opera, della sua storia e della sua provenienza geografica (tale e’ indubbiamente l’odierno ricorrente), non comporta la conoscenza della storia amministrativa di quell’opera e, proprio per cautelarsi in tal senso, le case d’aste, prima della data fissata per la vendita inviano il catalogo alla Soprintendenza e al Nucleo Carabinieri per la tutela del patrimonio artistico competenti per territorio (cosi’ fece, infatti, la casa d’aste “(OMISSIS)”).

Il ricorrente espone:

– che il castello di (OMISSIS) e’ bene immobile particolarmente importante dal punto di vista storico culturale ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 10, comma 3, e tale dato non e’ controverso;

– che, secondo l’ipotesi accusatoria, tale qualifica si estendeva di diritto al (OMISSIS) sottoposto a sequestro, perche’ si trattava di una pertinenza del castello, stabilmente destinata ad ornamento della cappella ivi esistente;

– che tate vincolo di pertinenzialita’, ritenuto sussistente nel 1953 dalla Soprintendenza della provincia di (OMISSIS), era ignoto perfino alla Soprintendenza di Genova la quale, avendo ricevuto comunicazione dalla casa d’aste “(OMISSIS)” che il 29 novembre 2017 il (OMISSIS) sarebbe stato posto in vendita, decise di avviare un procedimento per valutare se dichiarare il particolare

interesse storico e artistico del bene sottoponendolo a vincolo;

– che una tale iniziativa non avrebbe avuto ragion d’essere se la Soprintendenza ligure avesse saputo della ritenuta pertinenzialita’ dell’opera ad un immobile gia’ sottoposto a vincolo ai sensi del citato articolo 10;

– che, infatti, la dichiarazione di particolare interesse storico artistico di un bene mobile costituente pertinenza di un immobile di particolare interesse storico artistico non e’ necessaria, ma consegue di diritto all’accertamento della pertinenzialita’.

4.2. Col secondo motivo, la difesa deduce assoluta carenza di motivazione dell’ordinanza impugnata. Sostiene che il Tribunale del riesame di Genova ha fondato la propria decisione su una erronea ricostruzione della normativa in materia di tutela dei beni culturali. Osserva, in particolare, che vi e’ differenza tra il vincolo gravante su un bene mobile quale pertinenza di un immobile di particolare interesse storico artistico (e tale sarebbe il vincolo che, in ipotesi accusatoria, graverebbe sul (OMISSIS)) e il vincolo direttamente apposto su un bene mobile del quale sia riconosciuto il particolare interesse storico culturale. Rileva che la Soprintendenza di Genova avvio’ la procedura per valutare se apporre il vincolo sul (OMISSIS) in quanto tale e non quale pertinenza di un immobile vincolato. Sottolinea che l’apposizione di un simile vincolo su un’opera d’arte, poiche’ ne limita la commerciabilita’, ne riduce il valore e, per questo, l’avvio del procedimento fu comunicato alla casa d’aste che ne informo’ (OMISSIS). Rur consapevole dell’avvio della procedura, (OMISSIS) decise ugualmente di procedere all’acquisto. Alla Soprintendenza di Genova fu comunicato quindi che egli era il nuovo proprietario dell’opera e, quale proprietario, egli interloqui’ con i funzionari competenti argomentando sulle ragioni per le quali l’opera, pur di indubbio valore, non aveva interesse storico artistico a livello nazionale e percio’ poteva non essere dichiarata di interesse culturale ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 13. La procedura avviata dalla Soprintendenza si chiuse, infatti, nel senso auspicato da (OMISSIS) e il 21 marzo 2018 la pratica fu archiviata. Conseguentemente, il 26 giugno 2018, fu rilasciato un attestato di libera circolazione dell’opera che e’ stato revocato a seguito dell’apertura delle indagini dalle quali e’ emersa la pregressa esistenza di un vincolo pertinenziale tra il (OMISSIS) e il castello di (OMISSIS), immobile di interesse artistico e storico “particolarmente importante”.

Il ricorrente ricorda che, ai sensi dell’articolo 3 L. 1089 del 1939 (vigente nel 1953 quando fu ritenuta la pertinenzialita’ del (OMISSIS) al castello), la dichiarazione dell’interesse artistico e storico particolarmente importante di un immobile doveva essere notificata al proprietario a cura del Ministero dell’istruzione e cosi’ avvenne il 28 aprile 1953 per il castello di (OMISSIS). Rileva che, ai sensi del comma 2 del citato articolo 3, in caso di vincolo apposto su “immobili per natura” o “pertinenze” doveva applicarsi la disposizione di cui all’articolo 2 comma 2 e, percio’, su richiesta del Ministro, la notifica doveva essere “trascritta nei registri delle conservatorie delle ipoteche”. Osserva che, nel caso di specie, il vincolo sul (OMISSIS) non risulta essere stato trascritto e tale dato, di indubbio rilievo ai fini della valutazione della buona fede dell’acquirente, e’ stato ignorato dall’ordinanza impugnata.

Secondo la difesa, il Tribunale avrebbe omesso di considerare anche il dato obiettivo che il procedimento avviato dalla Soprintendenza genovese riguardava il (OMISSIS) in quanto tale, prescindeva dal legame tra l’opera e il castello, ed anzi presupponeva che non vi fosse alcun vincolo di pertinenzialita’ tra il bene mobile e l’immobile, dichiarato di particolare interesse storico culturale con atto regolarmente notificato e trascritto.

La difesa si duole che l’ordinanza impugnata abbia tratto argomenti a sostegno della malafede di (OMISSIS) dal fatto che, dopo l’acquisto, egli presento’ una memoria in opposizione alla proposta di vincolo. Sottolinea che tale argomentazione e’ frutto di una errata lettura delle disposizioni di legge in materia. Secondo il Tribunale il vincolo che la Soprintendenza genovese aveva pensato di apporre sull’opera si sarebbe aggiunto al vincolo esistente in territorio piemontese che (OMISSIS) sapeva di aver eluso. La difesa obietta che (OMISSIS) si adopero’ per evitare che l’opera fosse vincolata cosi’ da mantenerne intatto il valore commerciale e cio’ presuppone l’inconsapevolezza del preesistente (e peraltro controverso) vincolo di pertinenzialita’. Il ricorrente sottolinea che la memoria in opposizione era volta a difendere l’opera da una dichiarazione di vincolo di interesse storico artistico e non – come sostiene il Tribunale – dall’affermazione di un vincolo di appartenenza o pertinenzialita’ della stessa al castello di (OMISSIS) del quale, infatti, nella memoria stessa non v’e’ alcuna traccia. Rileva che la decisione assunta dalla Sovrintendenza genovese di non porre sull’opera un vincolo di interesse storico artistico non fu determinata dal mancato riconoscimento del valore artistico della stessa, bensi’ dal fatto che ne fu riconosciuto l’interesse meramente locale e, soprattutto, dal fatto che fu riconosciuto non trattarsi di opera di “particolare rarita’ e pregio” in ragione dell’esistenza di altre piu’ pregevoli opere della bottega (OMISSIS) presenti sul territorio nazionale. La difesa sostiene, in sintesi, che il Tribunale avrebbe riconosciuto la malafede del ricorrente sulla base di una interpretazione non corretta della normativa in materia e che dalla corrispondenza intercorsa tra (OMISSIS) e la Soprintendenza di Genova non emerge affatto che egli sapesse (o potesse sapere) dell’apposizione del vincolo di pertinenzialita’ che legava il (OMISSIS) al castello. Ricorda, inoltre, che l’esistenza di un tale legame emerse solo in epoca successiva all’acquisto dell’opera, quando furono avviate le indagini che hanno condotto al sequestro e furono reperiti i documenti presenti negli archivi della Soprintendenza di (OMISSIS).

4.3. Col terzo motivo, la difesa si duole del fatto che l’ordinanza impugnata non abbia motivato in ordine alla sussistenza del periculum in mora e abbia tratto argomenti in tal senso esclusivamente dall’ipotizzata malafede del ricorrente, sostenuta – come gia’ detto – da argomentazioni fallaci. Osserva che il pericolo del trasferimento del bene a terzi di buona fede e’ in concreto inesistente atteso che da piu’ di tre anni l’opera e’ sottoposta a sequestro e l’attestato di libera circolazione rilasciato il 26 giugno 2018 e’ stato annullato. Rileva, infine, che nella sentenza di annullamento, la Cassazione aveva gia’ sottolineato come l’affermazione del presunto allontanamento del (OMISSIS) dal territorio italiano non trovasse “fondamento in alcun elemento investigativo” e l’argomento e’ stato invece reiterato, senza approfondimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.

2. L’ordinanza impugnata desume la malafede del ricorrente dal fatto che egli e’ un esperto d’arte, cosi’ esperto da poter interloquire con la Soprintendenza alle Belle Arti di Genova per dissuaderla dall’appare un vincolo di particolare importanza storico artistica sul (OMISSIS) che aveva acquistato. Per giungere a tale conclusione, pero’, l’ordinanza trascura alcuni dati di rilevante interesse ai fini della decisione sui quali e’ necessario soffermarsi.

Dopo aver ricevuto dalla “(OMISSIS)” il catalogo dell’asta che si sarebbe tenuta il 29 novembre 2017, la Soprintendenza genovese avvio’ una procedura per il riconoscimento della particolare importanza storico artistica del (OMISSIS). La procedura fu avviata ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 14; comportava quindi, come stabilito dal comma 4, l’applicazione, in via cautelare, delle disposizioni previste dal Capo II, dalla sezione I del Capo III e dalla sezione I del Capo IV del Titolo I del medesimo decreto legislativo. Dell’avvio della procedura fu dunque doverosamente informata la casa d’aste, che in quel momento deteneva il bene, e alla stessa fu chiesto di darne comunicazione ai potenziali acquirenti. Il riconoscimento della particolare importanza storico artistica dell’opera non precludeva la vendita, che sarebbe stata preclusa, invece, dal vincolo di pertinenzialita’ tra l’opera e il castello; in tal caso, infatti, il bene mobile avrebbe potuto essere venduto solo insieme al bene immobile di cui era pertinenza e solo questa vendita avrebbe potuto essere autorizzata dalle autorita’ competenti. Dalla comunicazione dell’avvio della procedura alla casa d’aste – e dal fatto che della stessa sia stato chiesto di dare comunicazione ai potenziali acquirenti – si desume, dunque, che il vincolo di pertinenzialita’ sulla cui sussistenza si fonda l’ipotesi accusatoria non era noto alla Soprintendenza di Genova che neppure lo ipotizzo’, tanto da non aver ritenuto di compiere alcun accertamento in proposito. Depone nel senso della apparente piena legittimita’ della vendita (e dunque della ritenuta assenza di vincoli sul bene nel momento in cui l’asta fu battuta) anche la constatazione che la Soprintendenza di Genova chiese di essere informata sulle generalita’ dell’acquirente. Ai sensi dell’articolo 14 commi 1 e 2 Decreto Legislativo n. 42/04, infatti, il “proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo” del bene in relazione al quale la procedura e’ stata avviata, ha un termine, “comunque non inferiore a trenta giorni, per la presentazione di eventuali osservazioni”.

Alla luce delle circostanze di fatto sopra evidenziate si deve concludere che l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo la quale (OMISSIS) interloqui’ con la Soprintendenza di Genova quale delegato della casa d’aste (OMISSIS), unica destinataria della comunicazione quale detentrice pro tempore del bene, e’ frutto di un equivoco. L’avvio della procedura prevista dall’articolo 14 Decreto Legislativo n. 42/04 dimostra inoltre – ma l’ordinanza impugnata trascura completamente questo dato – che l’esistenza di un vincolo di pertinenzialita’ tra l’opera posta all’asta e il castello di (OMISSIS) era ignota alla Soprintendenza di Genova. Ed invero, atteso che il castello di (OMISSIS) e’, pacificamente, un bene immobile particolarmente importante dal punto di vista storico culturale ai sensi del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 10 comma 3, il fatto che il (OMISSIS) fosse pertinenza di quell’immobile avrebbe esteso di diritto il vincolo dal castello alla sua pertinenza e, se la Soprintendenza ne fosse stata consapevole, avrebbe semplicemente bloccato la vendita evidenziando che la stessa non era autorizzata e, comunque, non era consentito separare l’opera dal bene immobile al cui ornamento era destinata.

In tale situazione, attenendosi ai principi di diritto enunciati dalla sentenza di annullamento del 17 febbraio 2022, il Tribunale avrebbe dovuto spiegare perche’ (OMISSIS) potesse essere consapevole dell’esistenza del vincolo di pertinenzialita’ tra il dipinto e il castello, non essendo sufficiente in tal senso la constatazione che egli e’ esperto d’arte.

Il Tribunale ha tratto argomenti a sostegno di tale consapevolezza dalla lettura della memoria con la quale, dopo aver acquistato il (OMISSIS), (OMISSIS) chiese che lo stesso non fosse sottoposto a vincolo, ma la motivazione fornita e’ incongrua. Se e’ vero, infatti, che l’odierno ricorrente dimostra di essere informato della storia e delle caratteristiche dell’opera, e’ pur vero che, nella memoria, egli sottolinea che, secondo fonti autorevoli, il (OMISSIS) sarebbe stato realizzato per una chiesa di (OMISSIS) e trasportato al castello di (OMISSIS) in epoca successiva e che una tale ricostruzione storica non consentiva di ipotizzare un vincolo strutturale (e quindi un legame di tipo pertinenziale) tra l’opera e il castello.

A cio’ deve aggiungersi che la memoria fu depositata alla soprintendenza il 14 febbraio 2018, in epoca successiva all’acquisto (avvenuto il 29 novembre 2017). Pertanto, (OMISSIS) agi’ quale acquirente e proprietario dell’opera e non v’e’ alcuna anomalia nel fatto che l’acquirente di un’opera d’arte tenti di evitare l’apposizione di vincoli sulla stessa cosi’ da poterla far circolare liberamente ed evitare che possano esservi limiti alla sua commercializzazione. Basta rilevare in proposito che, proprio per questo, Decreto Legislativo n. 42 del 2004 articolo 14 consente “al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa” oggetto di un “procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale” di formulare osservazioni a riguardo.

3. La motivazione del provvedimento impugnato e’ gravemente viziata, ed anzi apodittica, anche nella parte in cui associa il rilievo della mancanza di buona fede alla possibilita’ di ipotizzare la responsabilita’ del ricorrente per fattispecie incriminatrici, come la ricettazione, estranee al giudizio e mai neppure ipotizzate dal Pubblico ministero. Si tratta di argomentazioni analoghe a quelle censurate dalla sentenza di annullamento del 17 febbraio 2022, secondo la quale il richiamo a fattispecie incriminatrici diverse rispetto a quella oggetto di imputazione era privo di giustificazione e “foriero di possibile confusione”.

4. Quanto alla sussistenza del periculum in mora che – secondo le precise indicazioni della sentenza di annullamento – consentirebbe di mantenere comunque il vincolo sull’opera ai sensi dell’articolo 321 comma 1 c.p.p., l’ordinanza impugnata ne motiva la sussistenza con esclusivo riferimento alla malafede dell’ (OMISSIS) che trova fondamento pero’, come gia’ evidenziato, in una motivazione cosi’ fallace da essere, nella sostanza, inesistente.

5. Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Genova competente ai sensi dell’articolo 324 comma 5 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Genova competente ai sensi dell’articolo 324, comma 5, c.p.p.

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Avv. Umberto Davide

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