nel procedimento a cognizione piena introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo, ai sensi dell’articolo 645 c.p.c., il certificato di saldaconto (a differenza di quanto previsto per la fase monitoria dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 50, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) ha valore indiziario e puo’ assolvere l’onere della prova dell’ammontare del credito in forza della clausola, contenuta nel contratto di conto corrente, con la quale i cliente riconosca che i libri e le altre scritture contabili della banca facciano piena prova nei suoi confronti, trattandosi di clausola immune da nullita’, agli effetti dell’articolo 2698 c.c., in quanto non integrante una non consentita inversione dell’onere probatorio su diritti di cui le parti non possano disporre, ne’ un aggravamento eccessivo dell’esercizio del diritto.

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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|24 maggio 2019| n. 14234

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10468/2015 proposto da:

(OMISSIS) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in Roma rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3632/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/04/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) s.p.a. ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Milano, respingendone il gravame, ha confermato l’impugnata decisione di rigetto in primo grado della domanda dal medesimo proposta nei confronti di (OMISSIS) che, in veste di fideiussore della (OMISSIS) s.p.a., era stata escussa a fronte dei saldi passivi accumulati dalla societa’ con decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma e dallo stesso Tribunale successivamente dichiarato nullo, su opposizione della (OMISSIS), per difetto di competenza territoriale.

2. Il giudice territoriale, richiamata la decisione di primo grado, segnatamente, nel capo in cui questa aveva dichiarato la nullita’ della clausola negoziale concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e la nullita’ pure della determinazione degli interessi in misura ultralegale in assenza di accordo scritto – capo non oggetto di impugnazione – ha fatto previamente notare che il saldaconto, in guisa del quale era stato pronunciata l’ingiunzione, e’ nel susseguente giudizio di opposizione “inidoneo a provare la pretesa creditoria della banca in quanto atto unilaterale proveniente dal creditore “, sicche’, onde offrire in quella sede la prova costitutiva del proprio credito, la banca “avrebbe dovuto produrre tutti gli estratti conto emessi durante il rapporto”, a nulla rilevando in contrario l’esistenza della clausola prevista secondo cui i libri e le scritture contabili della banca fanno piena prova nei confronti del correntista. Ha poi negato l’esaminabilita’ della questione relativa alla pretesa qualificazione del rapporto tra la (OMISSIS) e la banca in termini di contratto autonomo di garanzia sollevata dalla banca in sede di conclusionale nella convinzione che “l’interpretazione della clausola “a semplice richiesta” contenuta nella fideiussione prestata da (OMISSIS) costituisce indubbiamente una “questione nuova”, poiche’ non e’ stata mai considerata dalle parti nel corso del giudizio ne’ nelle conclusioni, ma solo rilevata tardivamente dalla Banca convenuta nella comparsa conclusionale”.

3. Al mezzo cosi’ proposto assistito da due motivi, illustrati pure con memoria, resiste la (OMISSIS) con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo di ricorso (OMISSIS) lamenta l’erroneita’ in diritto dell’opinione enunciata dal giudice del gravame in ordine all’inidoneita’ del saldaconto a dare piena prova nell’incardinato giudizio di opposizione del credito della banca, non potendo per vero ridursi la portata di detta certificazione a mero documento indiziario, tanto piu’ in difetto di contestazione riguardo l’invio degli estratti conto ed in presenza della richiamata clausola sull’efficacia probatoria piena delle scritture della banca, in essa dovendo riconoscersi un patto disciplinante lecitamente l’onere della prova.

4.2. Il motivo e’ inammissibile quanto alla sua prima allegazione, essendo diretto a promuovere, a fronte dell’accertamento in fatto che gli estratti conto non risultano depositati dalla banca agli atti del giudizio di opposizione, il diverso accertamento del loro invio agli obbligati, circostanza che, anche senza considerare le avverse contestazioni, impinge in una valutazione dei profili fattuali della vicenda e sfugge percio’ al perimetro entro cui e’ esercitabile l’apprezzamento di questa Corte.

4.3. Il motivo e’ invece astrattamente fondato con riguardo alla seconda allegazione, sebbene essa non si riveli decisiva, sicche’ il ricorrente e’ privo di interesse a valersene.

4.4. E’ ben vero infatti, sull’incontestato presupposto che nei contratti regolanti i rapporti per cui e’ causa figura la pattuizione che assicura efficacia di prova piena nei confronti del cliente ai libri e alle scritture della banca, che nella giurisprudenza di questa Corte, ancora di recente rinverdita (Cass., Sez. I, 9/01/2019, n. 279), e’ presente l’insegnamento secondo cui “nel procedimento a cognizione piena introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo, ai sensi dell’articolo 645 c.p.c., il certificato di saldaconto (a differenza di quanto previsto per la fase monitoria dal Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 50, recante il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) ha valore indiziario e puo’ assolvere l’onere della prova dell’ammontare del credito in forza della clausola, contenuta nel contratto di conto corrente, con la quale i cliente riconosca che i libri e le altre scritture contabili della banca facciano piena prova nei suoi confronti, trattandosi di clausola immune da nullita’, agli effetti dell’articolo 2698 c.c., in quanto non integrante una non consentita inversione dell’onere probatorio su diritti di cui le parti non possano disporre, ne’ un aggravamento eccessivo dell’esercizio del diritto” (Cass., Sez. 1, 2/12/2011, n. 25857);

ed e’ percio’ ancora vero che detto insegnamento riverbera, di conseguenza, in senso negativo in danno della diversa opinione affermata dal giudice d’appello, che, nell’allinearsi alla tesi dell’inidoneita’ probatoria del saldaconto nel giudizio ex articolo 645 c.p.c., ha giudicato irrilevante ai fini del giudizio l’esistenza della clausola de qua.

4.5. E tuttavia la Corte non puo’ non osservare che anche a fronte di un siffatto assunto, il ricorrente non ne trarrebbe alcun concreto beneficio, poiche’, anche ammesso che il saldaconto possa essere provvisto, per effetto del citato patto in punto di prova, di un’ultrattivita’ probatoria che vada oltre lo steccato del ricorso monitorio e si estenda al giudizio di opposizione, nondimeno cio’ varrebbe a comprovare l’entita’ della relativa pretesa, dal momento che questa andrebbe determinata tenendo conto del giudicato formatosi in ordine alla nullita’ della clausola anatocistica e alla nullita’ del saggio ultralegale degli interessi, di modo che il solo saldaconto che certifica la misura del credito anche in base alle determinazioni affette da nullita’ – sarebbe del tutto inidoneo ad assolvere l’onere della prova dell’ammontare del credito, rendendosi a questo fine indispensabile l’acquisizione degli estratti conto riepilogativi dello svolgimento del rapporto, che e’ compito a cui deve provvedere a mente dell’articolo 2697 c.c., la banca ove non voglia vedere perenta la propria domanda per difetto di prova. E poiche’ nella specie la banca si e’ astenuta dal dare seguito a tale onere, la sola produzione del saldaconto, quand’anche se ne volesse divisare la vista efficacia probatoria, non gioverebbe alla stessa, poiche’ il credito non sarebbe certo per effetto del giudicato in punto di anatocismo e di tasso ultralegale degli interessi e non sarebbe, d’altro canto, neppure determinabile in mancanza della produzione degli estratti conto.

5.1. Il secondo motivo di ricorso argomenta la contrarieta’ dell’impugnata decisione, nella parte in cui ha ritenuto costituire una questione nuova, in precedenza non affrontata e quindi preclusa alla trattazione, l’allegazione, operata della banca nella conclusionale avanti al primo giudice, in ordine alla natura autonoma della garanzia prestata dalla (OMISSIS), agli articoli 112, 115 c.p.c. e articolo 167 c.p.c., comma 2, posto che la domanda della banca e’ risultata inalterata e che la detta allegazione non puo’ considerarsi fonte un fatto nuovo.

5.2. Il motivo e’ in parte inammissibile ed in parte infondato.

5.3. Inammissibile lo e’ quanto alle dedotte violazioni dell’articolo 115 c.p.c. e articolo 167 c.p.c., comma 2, poiche’, oltre alla loro enunciazione nella rubrica del motivo, i pretesi errores in cui sarebbe incorso il giudice territoriale non sono accompagnati da debita illustrazione, sicche’ essi risultano declinati in spregio allo statuto della censurabilita’ per cassazione degli errori di diritto, che postula, come noto, che non solo l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, la capitolazione di specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimita’, diversamente impedendosi alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione.

E se nella specie della pretesa violazione del principio di allegazione delle prove enunciato dall’articolo 115 c.p.c., non vi e’, nell’illustrazione del motivo, traccia alcuna, neppure la pretesa violazione dell’articolo 167 c.p.c., comma 2, va esente dal medesimo rilievo, non potendo vedersene la violazione nel mancato rilievo officio dell’eccezione in ordine alla natura della garanzia, dato che la norma concerne testualmente le eccezioni “che non siano rilevabili d’ufficio”.

5.4. Infondato, il motivo, e’ invece in relazione alla dedotta violazione dell’articolo 112 c.p.c., che, ancorche’ possa far leva sul fatto che, giudicando nuova la questione della natura autonoma della garanzia, il decidente abbia omesso di pronunciarsi sulla relativa eccezione pretesamente rilevabile d’ufficio, evoca tuttavia impropriamente il corrispondente concetto sia in rapporto all’assetto assunto dal giudizio ex articolo 645 c.p.c., sia al contenuto che l’eccezione deve incarnare per essere considerata come tale.

Piu’ che di un’eccezione si e’ percio’ piu’ esattamente in presenza di un problema di qualificazione della domanda e la Corte ha gia’ avuto modo di chiarire che occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda o di un’eccezione da quella in cui si censuri l’interpretazione che ne ha dato il giudice del merito.

E poiche’ in questo secondo caso l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, la sua censurabilita’ in questa sede, ove se ne renda ancora possibile l’esame, puo’ essere dedotta solo come vizio di motivazione, ne discende che la sua deduzione in guisa di errore di diritto risulta conseguentemente preclusa.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.