in tema di truffa “on line”, e’ configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Penale|Sentenza|13 luglio 2022| n. 27023

Data udienza 7 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. AGOSTINACCHIO Luig – rel. Consigliere

Dott. BORSELLINO Maria D. – Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

Dott. TURTUR Marzia Minutillo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

– (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza emessa il 17/12/2021 dal Trib. Liberta’ Milano;

visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso, trattato con contraddittorio scritto;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Luigi Agostinacchio;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GUERRA Mariaemanuela, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, con le consequenziali disposizioni di legge.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17/12/2021 il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame cautelare, rigettava l’impugnazione proposta nell’interesse di (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Gip di quello stesso tribunale del 23/11/2021 applicativa della misura della custodia carceraria, in relazione ai reati di truffa di cui ai capi A), B), C), D), E), F) nonche’ del delitto di autoriciclaggio sub G) dell’incolpazione provvisoria.

2. Rilevava il tribunale in premessa che non era contestata la riferibilita’ all’indagato di tutte le truffe per le quali si procedeva ne’ l’integrazione ad opera di costui degli estremi del delitto di cui di cui all’articolo 640 c.p., in ragione delle articolate condotte di frode realizzate, che avevano determinato plurime persone offese ad effettuare versamenti in suo favore nella prospettiva – del tutto inesistente ma artificiosamente delineata – di partecipare ad aste giudiziarie o a procedure esecutive rispetto alle quali il (OMISSIS) si presentava come preposto dall’autorita’ giudiziaria in qualita’ di legale.

Esaminando i motivi di riesame, il Tribunale ribadiva la propria competenza territoriale; la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 5, (richiamato dall’articolo 640 c.p., comma 2, n. 2 bis) per le particolari condizioni di luogo (piattaforma on – line) che avevano favorito l’agente a discapito delle vittime, e cio’ ai fini dell’applicazione quoad poenam della misura custodiale richiesta dal Pubblico Ministero; i gravi indizi di colpevolezza in relazione all’ipotesi di autoriciclaggio, atteso il reinvestimento dei proventi illeciti in operazioni finanziarie (acquisto di valuta virtuale, bit-coin); l’attualita’ e concretezza delle esigenze cautelari con conseguente pericolo di recidiva.

3. Avverso il provvedimento collegiale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, sulla base di tre motivi.

3.1 Violazione degli articoli 8 e 9 c.p.p., articolo 10 c.p.p., comma 3, articolo 16 c.p.p., comma 1, ed incompetenza territoriale del Tribunale di Milano in quanto i giudici del merito cautelare avevano erroneamente ritenuto che il reato piu’ grave di autoriciclaggio si fosse consumato in (OMISSIS) – nel circondario di Milano – sede della Banca (OMISSIS), presso la quale era stato acceso il conto corrente on line utilizzato dal (OMISSIS) per ricevere i primi bonifici da parte dei truffati e per effettuare versamenti in favore di una societa’ tedesca per l’acquisto di criptovaluta; al contrario, la competenza doveva correttamente radicarsi nel luogo in cui il soggetto, residente sin dalla nascita in Campomarino – circondario del Tribunale di Larino – aveva dato on line, tramite home banking, l’ordine di pagamento del prezzo dei bitcoin, ovvero, qualora non fosse stato certo dove l’agente si trovasse in quel frangente, doveva farsi riferimento al luogo di commissione del reato successivamente piu’ grave ovvero, in ultima analisi, ai criteri sussidiari dettati dall’articolo 9 c.p.p., commi 2 e 3, in considerazione altresi’ del numero di episodi di autoriciclaggio contestati, ben sette, e del rinvenimento presso la dimora dell’indagato degli strumenti telefonici e telematici utilizzati per perpetrare le truffe on – line.

Quanto all’assunto residuale del gip, condiviso dal Tribunale, con riferimento al primo reato di truffa, considerato gradatamente piu’ grave, il delitto doveva ritenersi consumato nel luogo in cui era stata riscossa la somma da parte del soggetto agente ossia, anche in questo caso, nella localita’ ove l’indagato si trovava allorche’ effettuo’ la disposizione di bonifico on – line su conto estero, in tal modo riscuotendo le somme illecitamente acquisite.

In ogni caso la competenza apparterebbe al Tribunale di Larino, ai sensi dell’articolo 9 c.p.p., comma 2, secondo il criterio residuale della residenza, dimora, domicilio dell’indagato.

2. Violazione di legge (articolo 648 ter 1 c.p., e articolo 61 c.p., n. 5, nonche’ articolo 280 c.p.p.) sotto un duplice profilo.

2.1 In primo luogo, l’acquisto di moneta virtuale con denaro di provenienza illecita ad opera dell’autore del reato presupposto non poteva configurare l’autoriciclaggio per difetto del requisito dell’impiego in attivita’ speculativa, cosi’ come contestato nell’incolpazione, posto che non erano state poste in essere operazione con finalita’ di lucro, tese a conseguire cioe’ un guadagno in base alla differenza tra prezzi attuali e quelli futuri (l’acquisto di bitcoin non era diretto a speculare su oscillazioni di valore della moneta virtuale, peraltro da tempo costantemente in perdita); era inoltre carente il requisito della idoneita’ della condotta ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita dei beni, secondo un criterio di idoneita’ ex ante, in quanto tutti gli acquisti erano stati fatti nella piattaforma digitale, con trasparenza di ogni transazione, posto che le vicende traslative riguardanti i bitcoin si trasformavano in blocco di una piu’ grande catena (blockchain), con evidenza degli accounts degli utilizzatori, ed erano registrate su un libro contabile digitale (distribuited ledger), di dominio pubblico.

Da ultimo, al fine della configurazione della fattispecie criminosa in esame, la condotta doveva essere di ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa dei beni oggetto del reato presupposto e non gia’ del suo autore (l’intestatario della moneta virtuale); l’account impegnato dall’indagato consentiva comunque di individuare gli specifici bitcoin acquistati.

2.2 Per quanto riguarda l’aggravante della minorata difesa, il ricorrente rilevava che le persone offese avrebbero potuto pretendere di visionare i beni posti in vendita e di incontrare il sedicente professionista, con la conseguenza che “era estremamente agevole difendersi dall’inganno” nonostante l’offerta on line dei beni, in considerazione anche dei contatti telefonici tra le parli, si’ che la distanza non influiva “con il fatto che gli interessati acquirenti siano stati tratti in inganno dalle false pubblicazioni di aste giudiziarie”.

3. Violazione degli articoli 275 e 284 c.p.p., essendo stata ingiustificatamente esclusa l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari, con divieto semmai di utilizzo degli strumenti informatici, in assenza di specifiche esigenze cautelari in senso contrario.

4. Il ricorrente con pec del 27/06/2022 ha presentato memoria difensiva ai sensi dell’articolo 127 c.p.p., comma 2.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ inammissibile per genericita’ dei motivi che reiterano censure oggetto del procedimento di riesame, senza confronto critico con le motivazioni del provvedimento impugnato.

Il ricorrente, infatti, ripropone nei medesimi termini le questioni attinenti: alla competenza del giudice milanese, insistendo nella prospettazione del criterio residuale del luogo di residenza dell’indagato; all’aggravante delle truffe, ritenendo di non aver approfittato delle condizioni di luogo determinate dalle modalita’ on -line della condotta ingannevole, posta in essere tramite piattaforma informatica; ai presupposti del delitto di autoriciclaggio, negando natura speculativa ed occulta all’acquisto di moneta virtuale con i proventi delle truffe; alle esigenze cautelari da contenersi con la misura degli arresti domiciliari.

2. Correttamente il tribunale ha individuato la competenza territoriale sulla base del reato piu’ grave ossia il delitto di autoriciclaggio contestato sub G), atteso l’evidente vincolo di connessione con i reati presupposti di truffa.

Poiche’ il reato di autoriciclaggio ha natura istantanea e si consuma nel momento in cui vengono poste in essere le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione di beni costituenti l’oggetto materiale del delitto presupposto (Cass. sez. 2, sent. n. 38838 del 04/07/2019 – dep. 20/09/2019 – Rv. 277098), nel caso in esame il denaro proveniente dalla commissione delle truffe e’ stato utilizzato per l’acquisto di criptovalute tramite l’effettuazione di una serie di bonifici, partiti dal conto corrente acceso presso la banca on line (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), nel circondario di Milano, ed indirizzati ad una banca tedesca.

La condotta finalizzata all’occultamento della provenienza delittuosa si e’ realizzata, quindi, nella prospettiva accusatoria, rilevante per la determinazione della competenza, con gli atti dispositivi (bonifici) con i quali le somme di provenienza illecita sono state impiegate per comprare moneta virtuale.

Cio’ che rileva, quindi, e’ il luogo di impiego del denaro (da provento delle truffe a prezzo di acquisto di bitcoin) ossia il conto corrente sul quale le somme sono confluite dalle persone offese, vittime dei raggiri, e destinate al mercato estero, con la conseguenza che, ai fini della competenza per territorio, occorre fare riferimento al Tribunale del luogo in cui si trova l’istituto bancario in cui l’agente ha aperto quel conto corrente ed ha operato da remoto, dando disposizioni per immettere nel circuito finanziario il capitale illegittimamente acquisto.

Poiche’ dagli atti risulta che l’istituto bancario in questione e’ ubicato in (OMISSIS) in esso confluiscono i conti correnti accessi on line tramite piattaforma informatica – correttamente la competenza territoriale e’ stata attribuita al Tribunale di Milano, secondo la regola generale di cui all’articolo 8 c.p.p., comma 1.

La decisione allegata alla suddetta memoria difesa, peraltro priva della parte motivazionale, non e’ idonea nell’ambito del procedimento cautelare, ad inficiare le conclusioni che precedono.

2. Per quanto riguarda il secondo motivo, e’ appena il caso di ribadire che alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita’ ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. Un. sent. n. 11 del 22/03/2000 – dep. 02/05/2000 – Rv. 215828).

2.1 I giudici del merito cautelare hanno cosi’ applicato alla fattispecie in esame il principio di diritto piu’ volte ribadito da questa Corte secondo cui in tema di truffa “on line”, e’ configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete (da ultimo, Cass. sez. 2, sent. n. 28070 del 08/04/2021 – dep. 20/07/2021 – Rv. 281800), esplicitando con completezza motivazionale le ragioni dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento anche al riconoscimento di detta aggravante (l’indagato ha sempre occultato la propria identita’ in modo certosino, utilizzando nei contatti via mail generalita’ false che riconducevano ad un sedicente avvocato (OMISSIS); i rari contatti telefonici non sono mai stati affiancati da incontri in presenza; gli istituti previsti dal codice di procedura civile per la liquidazione giudiziale dei compendi immobiliari pignorati – offerta, partecipazione all’asta e vendita on line – sono stati strumentalizzati per schermare l’identita’ dell’agente e per consentirgli di sottrarsi alle conseguenze della propria condotta fraudolenta; la possibilita’ di utilizzare siti web istituzionali – www.portalegiudiziariomilano.it dai quali i potenziali acquirenti potevano recuperare informazioni sui beni d’interesse e scaricare la modulistica di riferimento ha evitato di sottoporre il prodotto ad un efficace controllo preventivo; le opportunita’ decettive offerte dalla rete hanno determinato una specifica situazione di vantaggio per il (OMISSIS), agevolando tutta la fase delle truffe, dall’adescamento delle vittime al versamento delle somme, in un rapporto “virtuale” che si e’ protratto negli anni senza che mai costui venisse individuato).

A fronte di tale valutazione in fatto, immune da vizi logici, l’alternativa lettura dei dati d’indagine da parte della difesa, deve senz’altro ritenersh preclusa in sede di legittimita’.

2.2 L’analisi del Tribunale circa il riscontro dei requisiti dell’autoriciclaggio e’ rigorosa, puntuale ed apprezzabile nell’interpretazione della normativa di riferimento, correttamente applicata al caso in esame, di acquisto di moneta virtuale (bitcoin) con il denaro provento delle truffe.

Il ricorrente ritiene che le operazioni in questione non avrebbero la finalita’ speculativa indicata nel capo d’imputazione e che, in ogni caso, le regole del mercato di riferimento non consentirebbero di nascondere l’identita’ dell’acquirente, essendo incentrate su criteri di trasparenza.

Orbene, a prescindere che nel capo d’incolpazione provvisoria e’ ben individuata la condotta delittuosa rilevante (“avendo commesso i delitti di truffa aggravata di cui ai precedenti capi, impiegava e sostituiva in attivita’ speculative e, in particolare, nell’acquisto di criptovalute il denaro preveniente dalla commissione di tali delitti in modo da ostacolarne concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa”), il provvedimento impugnato si sofferma esaurientemente su entrambi gli aspetti, riscontrando le censure difensive.

Ha evidenziato innanzitutto che il ricorrente ha provveduto a curare immediatamente il trasferimento di somme non appena accreditate – senza mai riscuoterle – attraverso disposizioni on line in favore di altro conto tedesco intestato alla piattaforma di scambio di bitcoin, per il successivo acquisto di valuta virtuale il cui impiego finale risulta ancora imprecisato, ponendo cosi’ in essere un investimento dei profitti illeciti in operazioni di natura finanziaria, idonee a ostacolare la tracciabilita’ e la ricostruzione della origine delittuosa del denaro.

La moneta virtuale, secondo la condivisibile prospettazione del tribunale, basata su pertinenti richiami legislativi, giurisprudenziali e dottrinari, non puo’ essere esclusa dall’ambito degli strumenti finanziari e speculativi ai fini di una corretta lettura dell’articolo 648 ter.1 c.p..

E’ questo l’aspetto con il quale maggiormente il ricorrente non si confronta criticamente si’ che il motivo risulta aspecifico.

Nel rinviare alle pagine da 16 a 22 dell’ordinanza impugnata, vanno ribaditi i seguenti punti:

l’indicazione normativa ex articolo 648 ter.1 c.p., delle attivita’ (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) in cui il denaro, profitto del reato presupposto, puo’ essere impiegato o trasferito, lungi dal rappresentare un elenco formale delle attivita’ suddette, appare piuttosto diretta ad individuare delle macro aree, tutte accomunate dalla caratteristica dell’impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale, vengono immessi denaro o altre utilita’ provenienti da delitto e delle quali il reo vuole rendere non piu’ riconoscibile la loro provenienza delittuosa (in termini, in motivazione, par. 1.8.1, Cass. sez. 2, sent. n. 13795 del 07/03/2019 – dep 29/03/2019 – Rv. 275228);

– possono essere ricondotte nell’ambito della dizione di “attivita’ speculativa” (della quale il legislatore, non a caso, non offre rigida definizione) molteplici attivita’ e, in particolare, tutte quelle in cui il soggetto ricerca il raggiungimento di un utile, anche assumendosi il rischio di considerevoli perdite;

– le valute virtuali possono essere utilizzate per scopi diversi dal pagamento e comprendere prodotti di riserva di valore a fini di risparmio ed investimento (sul punto, il parere della BCE riportato a pag. 18 dell’ordinanza, recepito nella V direttiva UE antiriciclaggio 2018/843);

– come sottolineato in dottrina, la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto – a differenza di quanto rappresentato in ricorso con il richiamo alle registrazioni sulla blockchain e sul distribuited ledger – e’ possibile garantire un alto grado di anonimato (sistema cd. permissionless), senza previsione di alcun controllo sull’ingresso di nuovi “nodi” e sulla provenienza del denaro convertito (si e’ anche sottolineato come sia ormai noto il vasto numero di criptovalute utilizzate nel darkweb, proprio per le loro peculiari caratteristiche, e che alcune di esse, attraverso l’uso di tecniche crittografiche avanzate, garantiscono un elevato livello di privacy sia in relazione alla persona dell’utente sia in relazione all’oggetto delle compravendite);

– indubbiamente, con il Decreto Legislativo n. 90 del 2017, attuativo della IV Direttiva Antiriciclaggio, il legislatore italiano ha apportato sostanziali modifiche al Decreto Legislativo n. 231 del 2007, a sua volta attuativo della Direttiva 2005/60/CE, anticipando le disposizioni della V Direttiva Antiriciclaggio in materia di criptovalute, valute virtuali e destinatari degli obblighi di prevenzione, normativa di carattere preventivo che si affianca alla disciplina penalistica di contrasto a riciclaggio e autoriciclaggio di cui agli articoli 648 bis e 648 ter.1 c.p., senza tuttavia che nella fattispecie in esame risulti che tale nuovo meccanismo di controllo abbia consentito di evitare il reato contestato (al contrario, accertata la re-immissione del profitto delle truffe nel circuito dell’economia legale, sono risultate estremamente difficili le attivita’ di ricostruzione dell’identita’ del soggetto al quale riferire le singole transazioni in criptovaluta, anche perche’ l’account impiegato dal (OMISSIS) faceva riferimento a false generalita’ dell’intestatario del conto corrente bancario di provenienza).

In definitiva, i gravi indizi di colpevolezza, correttamente esaminati, giustificano l’adozione della misura in riferimento a tutti i reati contestati.

3. Anche il diniego della misura meno afflittiva degli arresti domiciliari e’ stata rapportata alle effettive esigenze cautelari con motivazione con la quale il ricorrente, anche in questo caso, non considera in termini critici.

L’impressionante serialita’ degli episodi, le abilita’ tecniche non comuni anche per realizzare i furti di identita’ strumentali alle truffe, la predisposizione di mezzi per realizzare altri delitti, i precedenti specifici, l’elevata professionalita’ nel delinquere che continua ad impegnare le forze dell’ordine di varie localil:a’ italiane a seguito delle segnalazioni pervenute, la capacita’ di imprimere ai profitti illeciti una sorte destinata ad assicurare che i rischi siano compensati da adeguati benefici: sono tutti elementi che rendono concreto ed attuale il pericolo di recidiva e che escludono che in ambiente extra-murario il (OMISSIS) possa astenersi dalle condotte delittuose, in relazione a reati di spiccato allarme sociale, commessi da remoto e con uso spregiudicato dei sistemi informatici.

4. L’inammissibilita’ del ricorso determina, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria. Poiche’ dalla presente decisione non consegue la rimessione in liberta’ del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perche’ provveda a quanto stabilito dal citato articolo 94, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.