Con la Sentenza in oggetto, il Tribunale dell’Unione Europea chiarendo preliminarmente il concetto di malafede, nè ha escluso l’esistenza in capo a chi deposita una domanda di registrazione di un marchio non usato da tempo ed a tal rigurdo a precisato quanto segue:

la nozione di malafede presuppone la presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta. La nozione di malafede deve inoltre essere intesa nel contesto del diritto dei marchi, che è quello del commercio. A tal riguardo, le norme sul marchio dell’Unione europea sono dirette, in particolare, a contribuire al sistema di concorrenza non falsata nell’Unione europea, nel quale ogni impresa dev’essere in grado, per attirare la clientela con la qualità dei suoi prodotti o servizi, di far registrare come marchi d’impresa segni che consentano al consumatore di distinguere senza possibile confusione tali prodotti o servizi da quelli di provenienza diversa. Pertanto, si applica il motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 laddove emerga da indizi rilevanti e concordanti che il titolare di un marchio dell’Unione europea ha presentato la domanda di registrazione di tale marchio non con l’obiettivo di partecipare in maniera leale alle vicende della concorrenza, ma con l’intenzione di pregiudicare, in modo non conforme alla correttezza professionale, gli interessi di terzi, o con l’intenzione di ottenere, senza neppur mirare ad un terzo in particolare, un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli rientranti nelle funzioni di un marchio, in particolare la funzione essenziale di indicare l’origine.

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SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

6 luglio 2022 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio dell’Unione europea figurativo NEHERA – Motivo di nullità assoluta – Assenza di malafede – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑250/21,

Ladislav Zdút, residente in Bratislava (Slovacchia), rappresentato da Y. Echevarría García, avvocata,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Gája, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressati nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, intervenienti dinanzi al Tribunale:

Isabel Nehera, residente in Sutton, Ontario (Canada),

Jean-Henri Nehera, residente in Burnaby, Colombia Britannica (Canada),

Natacha Sehnal, residente in Montferrier-sur-Lez (Francia),

rappresentati da W. Woll, avvocato,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata),

composto da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg, K. Kowalik-Bańczyk (relatrice), G. Hesse e D. Petrlík, giudici,

cancelliere: E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento,

vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale del procedimento,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, fondato sull’articolo 263 TFUE, il ricorrente, sig. Ladislav Zdút, chiede l’annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 10 marzo 2021 (procedimento R 1216/2020-2) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

Fatti

2        Il 6 maggio 2013, il ricorrente ha presentato all’EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea, ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

3        Il marchio del quale è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo seguente:

 

4        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 18, 24 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono per ciascuna di dette classi alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; Pelli d’animali; Bauli e valigie; Ombrelli e ombrelloni; Canne»;

–        classe 24: «Copriletto; Tappeti da tavola»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria».

5        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 2013/107, del 10 giugno 2013.

6        Il marchio è stato registrato il 31 ottobre 2014 con il numero 11794112 per i prodotti di cui al precedente punto 4.

7        Il 17 giugno 2019, gli intervenienti, la sig.ra Isabel Nehera, il sig. Jean-Henri Nehera e la sig.ra Natacha Sehnal, hanno presentato una domanda di dichiarazione di nullità contro tale marchio, conformemente alle disposizioni dell’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001, per l’insieme dei prodotti da esso designati. Essi hanno affermato che il ricorrente era in malafede al momento del deposito della sua domanda di registrazione di marchio. Hanno fatto valere, in particolare, che loro nonno, il sig. Jan Nehera, aveva creato in Cecoslovacchia, negli anni ’30, un’impresa che commercializzava abbigliamento e accessori e aveva depositato e utilizzato un marchio nazionale identico al marchio contestato (in prosieguo: il «vecchio marchio cecoslovacco»).

8        Con decisione del 22 aprile 2020, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha respinto la domanda di dichiarazione di nullità, con la motivazione che la malafede del ricorrente al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato non era dimostrata.

9        Il 15 giugno 2020, gli intervenienti hanno proposto un ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, avverso la decisione della divisione di annullamento.

10      Con la decisione impugnata, la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha accolto il ricorso degli intervenienti, ha annullato la decisione della divisione di annullamento e ha dichiarato la nullità del marchio contestato.

11      In sostanza, la commissione di ricorso ha rilevato che il vecchio marchio cecoslovacco era un marchio ben noto ed era stato oggetto di un uso effettivo in Cecoslovacchia negli anni ’30. Essa ha constatato che il ricorrente era a conoscenza dell’esistenza e della celebrità sia del sig. Jan Nehera sia del vecchio marchio cecoslovacco, che conservava una certa notorietà residua. La commissione di ricorso ha altresì indicato che il ricorrente aveva tentato di stabilire un collegamento tra sé stesso e tale marchio. In tali circostanze, essa ha ritenuto che l’intenzione del ricorrente fosse quella di trarre indebito vantaggio dalla notorietà del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco. Ne ha concluso che il ricorrente era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

Conclusioni delle parti

12      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese, comprese quelle relative al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO.

13      L’EUIPO e gli intervenienti chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

In diritto

Sulla ricevibilità della documentazione prodotta per la prima volta dinanzi al Tribunale

14      In allegato al ricorso il ricorrente ha prodotto, in primo luogo, un estratto del registro del commercio slovacco relativo alla società Jandl e, in secondo luogo, un opuscolo elaborato da tale società per promuovere il marchio contestato.

15      Come giustamente rilevato dall’EUIPO, tali documenti, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione. Difatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’EUIPO, ai sensi dell’articolo 72 del regolamento 2017/1001, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. I detti documenti devono essere quindi respinti senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR E FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

Nel merito

16      Occorre precisare, preliminarmente, che, tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 6 maggio 2013, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti della controversia sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009 (v., in tal senso, ordinanza del 5 ottobre 2004, Alcon/UAMI, C‑192/03 P, EU:C:2004:587, punti 39 e 40, e sentenza del 29 gennaio 2020, Sky e a., C‑371/18, EU:C:2020:45, punto 49). Di conseguenza, nel caso di specie, per quanto riguarda le norme sostanziali, occorre intendere i riferimenti all’articolo 59, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 da parte della commissione di ricorso nella decisione impugnata e delle parti nelle loro memorie come aventi ad oggetto l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, che ha un identico tenore.

17      A sostegno del suo ricorso il ricorrente ha dedotto un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

18      Il ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso ha ritenuto a torto che egli fosse in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Da un lato, infatti, gli intervenienti non avrebbero dimostrato che il vecchio marchio cecoslovacco fosse ancora registrato o utilizzato a tale data, di modo che essi non sarebbero titolari di alcun diritto sul segno e sulla denominazione Nehera. Dall’altro, gli intervenienti non avrebbero dimostrato neppure che il sig. Jan Nehera e il vecchio marchio cecoslovacco godessero ancora, a tale data, di una celebrità o di una notorietà residua. In tali circostanze, al ricorrente non potrebbe essere addebitata alcuna intenzione disonesta o pratica sleale.

19      L’EUIPO e gli intervenienti contestano l’argomentazione del ricorrente.

Considerazioni preliminari

20      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su domanda presentata all’EUIPO o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, un marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo allorché al momento del deposito della domanda di registrazione di tale marchio il richiedente ha agito in malafede.

21      Al riguardo, si deve osservare che la nozione di malafede di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non è definita, delimitata, e nemmeno descritta in alcun modo nella normativa [v. sentenza del 29 giugno 2017, Cipriani/EUIPO – Hotel Cipriani (CIPRIANI), T‑343/14, EU:T:2017:458, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

22      Tuttavia, si deve parimenti osservare che la Corte e il Tribunale hanno fornito varie precisazioni sul modo in cui interpretare la nozione di malafede di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e valutare l’esistenza di quest’ultima.

23      In primo luogo, conformemente al suo significato abituale nel linguaggio corrente, la nozione di malafede presuppone la presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta (sentenze del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punto 45, e del 29 gennaio 2020, Sky e a., C‑371/18, EU:C:2020:45, punto 74).

24      La nozione di malafede deve inoltre essere intesa nel contesto del diritto dei marchi, che è quello del commercio. A tal riguardo, le norme sul marchio dell’Unione europea sono dirette, in particolare, a contribuire al sistema di concorrenza non falsata nell’Unione europea, nel quale ogni impresa dev’essere in grado, per attirare la clientela con la qualità dei suoi prodotti o servizi, di far registrare come marchi d’impresa segni che consentano al consumatore di distinguere senza possibile confusione tali prodotti o servizi da quelli di provenienza diversa (sentenze del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punto 45, e del 29 gennaio 2020, Sky e a., C‑371/18, EU:C:2020:45, punto 74).

25      Pertanto, si applica il motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 laddove emerga da indizi rilevanti e concordanti che il titolare di un marchio dell’Unione europea ha presentato la domanda di registrazione di tale marchio non con l’obiettivo di partecipare in maniera leale alle vicende della concorrenza, ma con l’intenzione di pregiudicare, in modo non conforme alla correttezza professionale, gli interessi di terzi, o con l’intenzione di ottenere, senza neppur mirare ad un terzo in particolare, un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli rientranti nelle funzioni di un marchio, in particolare la funzione essenziale di indicare l’origine, rammentata al precedente punto 24 (sentenze del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punto 46, e del 29 gennaio 2020, Sky e a., C‑371/18, EU:C:2020:45, punto 75).

26      In secondo luogo, l’intenzione del richiedente un marchio è un elemento soggettivo che tuttavia deve essere determinato in modo oggettivo dalle autorità amministrative e giudiziarie competenti. Conseguentemente, ogni allegazione di malafede deve essere valutata globalmente, tenendo conto dell’insieme delle circostanze di fatto pertinenti nel caso di specie. Solo in tal modo l’allegazione di malafede può essere valutata oggettivamente (v. sentenza del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

27      A tal fine è necessario, tra l’altro, prendere in considerazione, innanzitutto, il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo utilizza, in almeno uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto o servizio identico o simile, confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione; poi, l’intenzione del richiedente di impedire al terzo di continuare ad utilizzare un siffatto segno nonché, infine, il grado di tutela giuridica di cui godono il segno del terzo e il segno di cui vene chiesta la registrazione (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 53).

28      Ciò premesso, i fattori enumerati al precedente punto 27 sono soltanto esempi tra un insieme di elementi che possono essere presi in considerazione al fine di decidere sull’eventuale malafede del richiedente la registrazione di un marchio al momento del deposito della domanda (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2017, CIPRIANI, T‑343/14, EU:T:2017:458, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

29      Così, possono esistere casi in cui la domanda di registrazione di un marchio può essere considerata presentata in malafede nonostante l’assenza di rischio di confusione tra il segno utilizzato da un terzo e il marchio contestato o l’assenza di utilizzo, da parte di un terzo, di un segno identico o simile al marchio contestato. Infatti, altre circostanze di fatto possono eventualmente costituire indizi pertinenti e concordanti che dimostrano la malafede del richiedente (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2019, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO, C‑104/18 P, EU:C:2019:724, punti da 52 a 56).

30      Si deve pertanto considerare che, nell’ambito dell’analisi globale effettuata ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, è possibile anche tener conto dell’origine del segno e del suo utilizzo a partire dalla sua creazione, della logica commerciale nella quale si è inserito il deposito della domanda di registrazione del segno come marchio dell’Unione europea, nonché della cronologia degli eventi che hanno caratterizzato il deposito stesso [v. sentenza del 7 luglio 2016, Copernicus-Trademarks/EUIPO – Maquet (LUCEO), T‑82/14, EU:T:2016:396, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].

31      Allo stesso modo, si può tener conto del grado di notorietà di cui godeva il segno in questione nel momento in cui la sua registrazione è stata richiesta (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 51), in particolare quando tale segno è stato precedentemente registrato o utilizzato da un terzo come marchio [v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2014, Simca Europe/UAMI – PSA Peugeot Citroën (Simca), T‑327/12, EU:T:2014:240, punto 40].

32      Infatti, la circostanza che l’uso di un segno per il quale si chiede la registrazione consentirebbe al richiedente di trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà di un marchio o segno anteriore o dal nome di un personaggio famoso è tale da dimostrare la malafede del richiedente [v., in tal senso, sentenze dell’8 maggio 2014, Simca, T‑327/12, EU:T:2014:240, e del 14 maggio 2019, Moreira/EUIPO – Da Silva Santos Júnior (NEYMAR), T‑795/17, non pubblicata, EU:T:2019:329].

33      In terzo luogo, qualora la malafede del richiedente il marchio sia fondata sulla sua intenzione di trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà di un segno o di un nome anteriore, il pubblico di riferimento per valutare l’esistenza di tale notorietà e del vantaggio indebitamente tratto da detta notorietà è quello considerato dal marchio contestato, ossia il consumatore medio dei prodotti per i quali quest’ultimo è stato registrato (v., per analogia, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 36).

34      In quarto e ultimo luogo, va ricordato che spetta al richiedente la nullità dimostrare le circostanze che consentono di dichiarare che il titolare di un marchio dell’Unione europea era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione di quest’ultimo (v. sentenza dell’8 maggio 2014, Simca, T‑327/12, EU:T:2014:240, punto 35 e giurisprudenza ivi citata), dato che la buona fede è presunta fino a prova contraria [sentenza del 13 dicembre 2012, pelicantravel.com/UAMI – Pelikan (Pelikan), T‑136/11, non pubblicata, EU:T:2012:689, punto 57].

35      È alla luce di tali considerazioni preliminari che occorre verificare la legittimità della decisione impugnata nella parte in cui la commissione di ricorso ha concluso nel senso della sussistenza della malafede del ricorrente al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

Esistenza della malafede del ricorrente

36      Dai punti 35 e 37 della decisione impugnata risulta che, per concludere nel senso della malafede del ricorrente, la commissione di ricorso si è basata sul fatto che, chiedendo la registrazione del marchio contestato, il ricorrente mirasse in realtà a sfruttare in maniera parassitaria la notorietà del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco e a trarre così un indebito vantaggio da tale notorietà. Pertanto, è l’intenzione di adottare un comportamento di parassitismo (free-riding) nei confronti di detta notorietà a fondare la conclusione della commissione di ricorso.

37      Tra i diversi fattori che possono essere presi in considerazione al fine di valutare globalmente la buona o la malafede del ricorrente, è più particolarmente pertinente esaminare, oltre al contesto fattuale e storico della controversia, il grado di tutela giuridica, di uso effettivo e di notorietà tanto del vecchio marchio cecoslovacco quanto del nome del sig. Jan Nehera nonché del grado di conoscenza di tali elementi da parte del ricorrente.

38      Peraltro, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 33, il pubblico di riferimento nel caso di specie per valutare l’esistenza della notorietà del vecchio marchio cecoslovacco e del nome Jan Nehera nonché di un indebito vantaggio tratto da tale notorietà è composto dai consumatori medi dei prodotti di cui al precedente punto 4, ossia il grande pubblico dell’Unione.

–       Contesto fattuale e storico

39      È pacifico che il sig. Jan Nehera, nato nel 1899 a Kostelec na Hané (oggi nella Repubblica ceca), era un imprenditore nel settore della moda, attivo in Cecoslovacchia negli anni ’20, ’30 e ’40. In particolare, all’inizio degli anni ’30, egli ha creato a Prostějov (oggi nella Repubblica ceca) un’impresa la cui ragione sociale faceva riferimento al suo cognome e che fabbricava e commercializzava abbigliamento prêt-à-porter per donna, uomini e bambini, nonché accessori. Grazie a metodi di direzione moderni e ad un uso intensivo della pubblicità, tale impresa ha conosciuto un certo successo in Cecoslovacchia e all’estero. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, l’azienda aveva quasi 1 000 dipendenti e una rete di oltre 130 negozi al dettaglio in Europa, Stati Uniti e Africa. L’attività è proseguita durante la Seconda guerra mondiale, sotto il controllo effettivo di un cittadino tedesco dopo una «fusione» imposta al sig. Jan Nehera. Il 1º gennaio 1946, l’impresa è stata nazionalizzata e la sua proprietà è stata trasferita allo Stato cecoslovacco. L’attività ha indi continuato sotto una nuova ragione sociale, che non faceva più riferimento al cognome del suo fondatore. All’epoca, il sig. Jan Nehera aveva già lasciato la Cecoslovacchia e si era stabilito in Marocco, paese in cui ha continuato a gestire due negozi di abbigliamento e dove è deceduto nel 1958.

40      È altresì pacifico che, tramite la sua impresa, il sig. Jan Nehera ha depositato in Cecoslovacchia un marchio identico al marchio contestato, ossia il vecchio marchio cecoslovacco (v. precedente punto 7). Tale marchio è stato registrato nel giugno del 1936 con il numero 6414 nel registro cecoslovacco delle camere di commercio, di cui gli intervenienti hanno prodotto un estratto. Il sig. Jan Nehera ha utilizzato tale marchio negli anni ’30 e ’40 per commercializzare, in Cecoslovacchia e all’estero, i prodotti fabbricati dalla sua impresa. Ha utilizzato detto marchio anche nei suoi negozi di abbigliamento marocchini fino agli anni ’50.

41      Il ricorrente è, dal canto suo, un imprenditore slovacco, operante nel settore della pubblicità e del marketing. Egli non ha alcun legame di parentela con il sig. Jan Nehera o con la famiglia di quest’ultimo. Nel 2006 egli ha chiesto e ottenuto nella Repubblica ceca la registrazione di un marchio nazionale identico al vecchio marchio cecoslovacco e al marchio contestato; tale marchio ceco è scaduto nel 2016. Il 6 maggio 2013 il ricorrente ha chiesto la registrazione del marchio contestato come marchio dell’Unione europea; tale marchio è stato registrato il 31 ottobre 2014 (v. precedenti punti 2, 3 e 6). Nel 2014, egli ha iniziato a presentare collezioni di capi di abbigliamento per donna in sfilate di moda e a commercializzarli utilizzando il marchio contestato.

–       Tutela giuridica del vecchio marchio cecoslovacco e del nome del sig. Jan Nehera

42      Non risulta dal fascicolo – e non è d’altronde allegato da nessuna delle parti – che il vecchio marchio cecoslovacco fosse ancora registrato a nome di un terzo alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Al contrario, da un lato, l’EUIPO riconosce che il vecchio marchio cecoslovacco si è estinto nel 1946. Infatti, dall’estratto del registro cecoslovacco delle camere di commercio prodotto dagli intervenienti risulta l’avvenuta cancellazione di tale marchio nel giugno 1946. Dall’altro lato, è pacifico che, se è vero che un marchio nazionale identico al vecchio marchio cecoslovacco è stato registrato a nome di un terzo nella Repubblica ceca tra il 1992 e il 2002, tale marchio era scaduto prima del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

43      Non è neppure dimostrato né viene sostenuto che il nome del sig. Jan Nehera godesse di una tutela giuridica specifica alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

–       Uso del vecchio marchio cecoslovacco e del nome del sig. Jan Nehera

44      Non risulta dal fascicolo – e non è d’altronde allegato da nessuna delle parti – neppure che il vecchio marchio cecoslovacco o il nome del sig. Jan Nehera fossero ancora utilizzati da un terzo per commercializzare capi di abbigliamento alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato. Da un lato, infatti, l’EUIPO riconosce che, ad eccezione di un certo uso in Marocco negli anni ’50 da parte del sig. Jan Nehera, tale marchio non è stato più utilizzato dopo il 1946. Gli stessi intervenienti non invocano alcun uso di detto marchio, né in Europa dopo la nazionalizzazione dell’impresa del sig. Jan Nehera nel 1946 né in Marocco dopo il decesso di quest’ultimo nel 1958. Dall’altro lato, non risulta che il terzo titolare di un marchio nazionale identico al vecchio marchio cecoslovacco e registrato nella Repubblica ceca tra il 1992 e il 2002 lo abbia mai utilizzato.

–       Notorietà del vecchio marchio cecoslovacco e del nome Jan Nehera

45      Contrariamente alla divisione di annullamento, la commissione di ricorso ha ritenuto, ai punti 33 e 34 della decisione impugnata, da un lato, che il sig. Jan Nehera fosse una «celebrità» e, dall’altro, che il vecchio marchio cecoslovacco godesse ancora, quanto meno, di una «certa notorietà residua» conservando così un «valore storico» alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

46      Le parti concordano sul fatto che il vecchio marchio cecoslovacco e il nome del sig. Jan Nehera godevano, quanto meno, di una certa notorietà o di una certa celebrità nella Cecoslovacchia degli anni ’30 e ’40. Per contro, esse sono in disaccordo sulla questione se tale notorietà o tale celebrità persistessero alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

47      Infatti, il ricorrente è dell’opinione che attualmente il sig. Jan Nehera e il vecchio marchio cecoslovacco siano completamente dimenticati. L’EUIPO stesso riconosce che non sembra sussistere, a prima vista, alcun elemento che dimostri che essi godano ancora di notorietà residua nella Repubblica ceca o in Slovacchia. Solo gli intervenienti sostengono che essi erano ancora rinomati in questi due Stati membri nel 2013.

48      A tal proposito occorre rilevare, anzitutto, che, al fine di dimostrare la persistenza di tale notorietà, dinanzi al Tribunale gli intervenienti si limitano a fare riferimento a due elementi di prova, vale a dire un articolo dell’enciclopedia Wikipedia dedicato al sig. Jan Nehera e la tesi universitaria di una studentessa ceca sulla nazionalizzazione dell’impresa del sig. Jan Nehera e sulla storia di tale impresa nel periodo 1945-1948. Gli intervenienti si avvalgono in particolare di un passaggio di tale tesi universitaria secondo cui «il nome del sig. Jan Nehera è rimasto nelle memorie come quello di uno dei più grandi imprenditori cecoslovacchi del settore dell’abbigliamento della prima Repubblica [cecoslovacca]».

49      Orbene, anche se i due elementi di prova invocati dagli intervenienti informano sulla storia del sig. Jan Nehera e sulla sua impresa negli anni ’30 e ’40, essi non forniscono alcun elemento che dimostri che il sig. Jan Nehera o il vecchio marchio cecoslovacco fossero ancora conosciuti nel 2013 da una parte significativa del pubblico di riferimento. Del resto, lo stesso EUIPO ritiene tali due elementi di prova non concludenti.

50      Inoltre, il ricorrente rileva giustamente che neppure gli ulteriori elementi di prova prodotti dagli intervenienti dinanzi all’EUIPO sono idonei a dimostrare la persistenza della notorietà del sig. Jan Nehera o del vecchio marchio cecoslovacco. Gli intervenienti avevano versato nel fascicolo dell’EUIPO, ad esempio, una fotografia scattata in Marocco negli anni ’50 raffigurante un negozio che esponeva il vecchio marchio cecoslovacco, un opuscolo commemorativo pubblicato nel 2000 dall’impresa slovacca Ozeta in occasione del suo sessantesimo anniversario che attestava l’apertura nel 1940 di uno stabilimento a Trenčín (oggi in Slovacchia) da parte dell’impresa del sig. Jan Nehera o, ancora, diversi articoli di stampa e altri documenti relativi all’attività del ricorrente. Orbene, tali diversi elementi di prova non contengono alcun elemento che dimostri una conoscenza attuale del sig. Jan Nehera o del vecchio marchio cecoslovacco da parte del pubblico di riferimento alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

51      In particolare, il ricorrente richiama l’attenzione del Tribunale sull’intervista di un creatore di moda prodotta dagli intervenienti. In tale intervista concessa nel 2015, vale a dire ben prima della presentazione della domanda di dichiarazione di nullità del marchio contestato e, di conseguenza, senza alcuna relazione con quest’ultima, il sig. Samuel Drira, co-fondatore e redattore capo di una rivista di moda francese, spiegava di essere stato informato dell’esistenza del marchio Nehera solo un giorno prima di arrivare a Bratislava e incontrare il ricorrente, il quale gli avrebbe poi proposto di divenire il direttore del settore creazione nella sua impresa. Risulta quindi che anche uno specialista del settore della moda assunto dal ricorrente per avviare la sua attività di confezioni d’abbigliamento per donna ignorava completamente l’esistenza del vecchio marchio cecoslovacco.

52      Infine, occorre osservare che sono trascorsi quasi sette decenni tra il 1946, anno nel corso del quale il vecchio marchio cecoslovacco ha cessato di essere utilizzato in Europa, e il 2013, anno nel corso del quale il ricorrente ha chiesto la registrazione del marchio contestato.

53      In tali circostanze, gli intervenienti non hanno fornito la prova, che incombe loro in applicazione della giurisprudenza richiamata al precedente punto 34, che, nel 2013, l’ex marchio cecoslovacco godesse ancora di una certa notorietà nella Repubblica ceca, in Slovacchia o in altri Stati membri o che il nome del sig. Jan Nehera fosse ancora celebre presso una parte significativa del pubblico di riferimento. Ne consegue che la commissione di ricorso ha ritenuto a torto che tale marchio avesse conservato una «certa notorietà residua» e che tale nome fosse ancora celebre al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

–       Conoscenza da parte del ricorrente dell’esistenza e della notorietà passata del vecchio marchio cecoslovacco e del nome Jan Nehera

54      È pacifico che, come constatato dalla commissione di ricorso al punto 29 della decisione impugnata, il ricorrente era a conoscenza dell’esistenza e della notorietà passata del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco nel momento in cui ha depositato la domanda di registrazione del marchio contestato.

55      Infatti, dal fascicolo, e in particolare dalle spiegazioni del ricorrente contenute nel ricorso nonché in un messaggio di posta elettronica da lui inviato alla sig.ra Sehnal il 16 febbraio 2016, risulta che egli era alla ricerca di un marchio vecchio, inutilizzato e dimenticato di cui potersi servire per lanciare la propria attività di abbigliamento per donna. Dopo aver preso in considerazione diversi nomi, il ricorrente ha deciso di utilizzare il marchio Nehera Praguea, poi il vecchio marchio cecoslovacco, al fine di «rendere omaggio» all’«età d’oro dell’industria tessile cecoslovacca degli anni ’30» e, segnatamente, al sig. Jan Nehera, che egli considerava una «grande figura» e un «simbolo» di tale «periodo benedetto» per il settore dell’abbigliamento cecoslovacco.

–       Valutazione complessiva

56      Dai precedenti punti da 42 a 53 risulta che, alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, il vecchio marchio cecoslovacco e il nome del sig. Jan Nehera non erano più né registrati o protetti, né utilizzati da un terzo per commercializzare abbigliamento, e neppure notori presso il pubblico di riferimento.

57      Orbene, un comportamento parassitario nei confronti della notorietà di un segno o di un nome, come quello menzionato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata al fine di fondare la constatazione della malafede del ricorrente, è possibile, in linea di principio, solo se tale segno o tale nome gode effettivamente e attualmente di una certa notorietà o di una certa celebrità (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2015, Iron & Smith, C‑125/14, EU:C:2015:539, punto 29).

58      In effetti, il giudice dell’Unione ha già constatato, nel caso di una persona che chiedeva la registrazione di un marchio dell’Unione europea, l’intenzione di trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà residua di un marchio anteriore, anche quando quest’ultimo non era più utilizzato (sentenza dell’8 maggio 2014, Simca, T‑327/12, EU:T:2014:240), o dall’attuale celebrità del nome di una persona fisica (sentenza del 14 maggio 2019, NEYMAR, T‑795/17, non pubblicata, EU:T:2019:329), in ipotesi in cui tale notorietà residua o tale celebrità attuale era stata debitamente dimostrata. Per contro, esso ha constatato che non vi era usurpazione della notorietà di un termine rivendicato da un terzo e, quindi, non vi era malafede da parte del richiedente il marchio, quando tale termine non era né registrato, né utilizzato, né rinomato nell’Unione [v., in tal senso, sentenza del 29 novembre 2018, Khadi and Village Industries Commission/EUIPO – BNP Best Natural Products (Khadi Ayurveda), T‑683/17, non pubblicata, EU:T:2018:860, punti da 68 a 71].

59      In tali circostanze, in assenza di notorietà residua del vecchio marchio cecoslovacco e di celebrità attuale del nome Jan Nehera al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, l’uso successivo da parte del ricorrente di quest’ultimo marchio non era, in linea di principio, idoneo a costituire un comportamento parassitario che rivelasse la malafede del ricorrente.

60      Tale conclusione non è rimessa in discussione dal fatto che il ricorrente fosse a conoscenza dell’esistenza e della notorietà passata del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco (v. precedenti punti 54 e 55). Infatti, la sola circostanza che il richiedente sappia o debba sapere che un terzo ha utilizzato, in passato, un marchio identico o simile al marchio richiesto non è sufficiente a provare l’esistenza della malafede del richiedente (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 giugno 2013, Malaysia Dairy Industries, C‑320/12, EU:C:2013:435, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata, e del 29 novembre 2018, Khadi Ayurveda, T‑683/17, non pubblicata, EU:T:2018:860, punto 69).

61      Tuttavia, occorre ancora esaminare gli altri argomenti dell’EUIPO e degli intervenienti, diretti, in sostanza, a dimostrare l’intenzione di parassitismo e la malafede del ricorrente indipendentemente dall’esistenza di una notorietà residua del vecchio marchio cecoslovacco e del nome del sig. Jan Nehera.

62      In primo luogo, l’EUIPO, sostenuto dagli intervenienti, contesta, in sostanza, al ricorrente di aver cercato di creare un nesso d’associazione tra la sua attività, da un lato, e il vecchio marchio cecoslovacco e il sig. Jan Nehera, dall’altro. Secondo l’EUIPO, il ricorrente si sarebbe procurato un vantaggio sul mercato costruendo l’immagine della sua impresa su un nesso esplicito con un marchio in precedenza rinomato e con un imprenditore in altri tempi celebre.

63      A tal riguardo è certamente esatto che, come rilevato in sostanza dalla commissione di ricorso al punto 35 della decisione impugnata, il ricorrente ha stabilito un nesso tra la sua impresa e il vecchio marchio cecoslovacco. È pacifico, infatti, che, a più riprese, egli ha fatto riferimento a tale marchio e al sig. Jan Nehera nell’ambito della strategia di comunicazione e di marketing della sua impresa. Numerosi documenti del fascicolo, quali, ad esempio, il sito Internet dell’impresa del ricorrente, la pagina di tale impresa sul social network Facebook e vari articoli di stampa, attestano che detta impresa ha «rilanciato» e ha «fatto rivivere» il vecchio marchio Nehera, creato dal sig. Jan Nehera negli anni ’30.

64      Tuttavia, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, l’esistenza di un nesso nella mente del pubblico di riferimento tra un marchio successivo e un segno o una denominazione anteriore non è sufficiente, di per sé, a concludere che sia stato tratto indebitamente vantaggio dalla reputazione del segno o della denominazione anteriore (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 32, e del 3 settembre 2015, Iron & Smith, C‑125/14, EU:C:2015:539, punto 31).

65      Inoltre, occorre rilevare che la nozione di vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà di un segno o di un nome riguarda l’ipotesi in cui un terzo si collochi nel solco di un segno o di un nome anteriore rinomato al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio e di sfruttare, senza qualsivoglia corrispettivo economico e senza dover compiere sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare o dall’utilizzatore di tale segno o di tale nome per creare e mantenere l’immagine di detto segno o di detto nome (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 49).

66      Orbene, nel caso di specie, il ricorrente fa valere, senza essere contraddetto dall’EUIPO e dagli intervenienti, che il vecchio marchio cecoslovacco e il nome del sig. Jan Nehera erano del tutto dimenticati dal pubblico di riferimento nel 2013 e che egli stesso ha dedicato molti sforzi, tempo e denaro per far rivivere il marchio Nehera e per far conoscere la storia del sig. Jan Nehera e della sua impresa. Ne consegue che, lungi dal limitarsi a sfruttare in maniera parassitaria la notorietà passata del vecchio marchio cecoslovacco e del nome del sig. Jan Nehera, il ricorrente ha compiuto uno sforzo commerciale proprio per far rivivere l’immagine di tale marchio e per ripristinare così, a proprie spese, detta notorietà. In tali circostanze, il solo fatto di essersi riferito, ai fini della promozione del marchio contestato, all’immagine storica del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco non appare contrario agli usi consueti di lealtà in campo industriale o commerciale.

67      In secondo luogo, l’EUIPO e gli intervenienti sostengono che il ricorrente ha tentato di indurre il pubblico in errore facendogli credere che egli fosse il continuatore e il legittimo successore del sig. Jan Nehera. In particolare, gli intervenienti contestano al ricorrente di aver voluto creare un’«illusione di continuità» e una «falsa relazione di successione» tra la sua impresa e quella del sig. Jan Nehera. Gli intervenienti menzionano altresì l’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento 2017/1001, il quale prevede che siano esclusi dalla registrazione i marchi che possono indurre in errore il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio.

68      A tal riguardo occorre osservare che non si può escludere che, in talune circostanze particolari, il riutilizzo da parte di un terzo di un vecchio marchio in passato notorio o del nome di una persona in altri tempi celebre possa dare una falsa impressione di continuità o di successione con tale vecchio marchio o con tale persona. Ciò potrebbe verificarsi, in particolare, nel caso in cui il richiedente il marchio si presenti presso il pubblico di riferimento come il successore legale o economico del titolare del vecchio marchio, mentre non esiste alcuna relazione di continuità o di successione tra il titolare del vecchio marchio e il richiedente il marchio. Una siffatta circostanza potrebbe essere presa in considerazione al fine di dimostrare, se del caso, la malafede del richiedente il marchio e di constatare, di conseguenza, la nullità del nuovo marchio sulla base delle disposizioni dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

69      Tuttavia, nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare che la commissione di ricorso non ha fondato il suo ragionamento sull’intenzione del ricorrente di creare una falsa impressione di continuità o di successione tra la sua impresa e quella del sig. Jan Nehera.

70      Inoltre, e in ogni caso, non è dimostrato e neppure allegato che il ricorrente abbia rivendicato un vincolo di parentela con il sig. Jan Nehera o che si sia presentato come erede e successore legale di quest’ultimo o della sua impresa. Peraltro, affermando di aver rilanciato e riportato alla vita un marchio di successo negli anni ’30, il ricorrente ha piuttosto suggerito un’interruzione e, pertanto, una soluzione di continuità tra l’attività del sig. Jan Nehera e la propria. Non risulta quindi che il ricorrente abbia deliberatamente cercato di creare una falsa impressione di continuità o di successione tra la sua impresa e quella del sig. Jan Nehera.

71      Infine, le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del regolamento 2017/1001 sono del tutto irrilevanti nell’ambito del presente ricorso. Infatti, la commissione di ricorso ha dichiarato la nullità del marchio contestato non sulla base delle disposizioni dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 in combinato disposto con quelle dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera g), del medesimo regolamento, relative ai marchi che possono indurre in errore il pubblico, ma unicamente su quelle dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, relative alla malafede.

72      In terzo luogo, gli intervenienti fanno valere che il ricorrente ha cercato di frodare i discendenti e gli eredi del sig. Jan Nehera e di usurparne i diritti non procurandosi il loro consenso prima di chiedere la registrazione del marchio contestato.

73      A tal riguardo occorre rilevare, da un lato, che la commissione di ricorso non ha fondato il suo ragionamento sull’intenzione del ricorrente di frodare i discendenti e gli eredi del sig. Jan Nehera o di usurparne i diritti.

74      Dall’altro lato, e in ogni caso, il vecchio marchio cecoslovacco e il nome Jan Nehera non erano più oggetto di alcuna tutela giuridica a favore di un terzo alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato (v. precedenti punti 42 e 43). Ne consegue che i discendenti e gli eredi del sig. Jan Nehera non erano titolari di alcun diritto che potesse essere oggetto di frode o essere usurpato dal ricorrente. Pertanto, non risulta che, chiedendo la registrazione del marchio contestato, il ricorrente abbia avuto intenzione di frodare i discendenti e gli eredi del sig. Jan Nehera o di usurpare loro presunti diritti.

75      In quarto luogo, gli intervenienti fanno valere che il sig. Jan Nehera è stato illegittimamente e ingiustamente privato dei suoi beni con la nazionalizzazione della sua impresa nel 1946. Essi ritengono che, conformemente al principio secondo cui un diritto non può nascere da un fatto illecito (ex injuria jus non oritur), nessuno può oggi approfittare di tale ingiustizia per arricchirsi utilizzando il nome del sig. Jan Nehera.

76      A tal riguardo occorre osservare che la nazionalizzazione dell’impresa del sig. Jan Nehera nel 1946 non è imputabile al ricorrente. Lo stesso vale per l’assenza di tutela e di uso del vecchio marchio cecoslovacco per quasi sette decenni nonché per la scomparsa della notorietà di tale marchio e della celebrità del suo creatore. In tale contesto, la circostanza che il sig. Jan Nehera sarebbe stato illegittimamente o ingiustamente privato dei suoi beni non è idonea a dimostrare la malafede del ricorrente.

77      In quinto e ultimo luogo, l’EUIPO fa valere che, come indicato dalla commissione di ricorso al punto 36 della decisione impugnata, la nozione di malafede non implica necessariamente un qualsivoglia grado di turpitudine morale.

78      A tal riguardo è sufficiente constatare che, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 23, la nozione di malafede presuppone la presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta. Orbene, nel caso di specie, l’EUIPO e gli intervenienti non hanno dimostrato che il ricorrente fosse mosso da una disposizione d’animo o da un’intenzione disonesta al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

79      Da tutto quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha ritenuto a torto che il ricorrente avesse intenzione di trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà del sig. Jan Nehera e del vecchio marchio cecoslovacco concludendone che egli era in malafede al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

80      Pertanto, il motivo unico del ricorrente deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata.

Sulle spese

81      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nel caso di specie, l’EUIPO e gli intervenienti sono rimasti soccombenti. Poiché il ricorrente ha chiesto unicamente la condanna dell’EUIPO alle spese dinanzi al Tribunale, è l’EUIPO che deve essere condannato a farsi carico delle proprie spese e di quelle sostenute dal ricorrente nell’ambito del presente grado di giudizio.

82      Il ricorrente ha chiesto inoltre che l’EUIPO sia condannato alle spese del procedimento di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso. In proposito si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Pertanto, occorre condannare l’EUIPO a farsi carico altresì delle spese indispensabili sostenute dal ricorrente ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

83      Infine, in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, gli intervenienti si faranno carico ciascuno delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Decima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 10 marzo 2021 (procedimento R 1216/2020-2) è annullata.

2)      L’EUIPO è condannato a farsi carico delle proprie spese e di quelle del sig. Ladislav Zdút, incluse le spese indispensabili sostenute ai fini del procedimento di ricorso dinanzi alla commissione di ricorso.

3)      La sig.ra Isabel Nehera, il sig. Jean-Henri Nehera e la sig.ra Natacha Sehnal si faranno carico ciascuno delle proprie spese.

Kornezov
Buttigieg
Kowalik-Bańczyk
Hesse
Petrlík
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 luglio 2022.

Firme

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.