affinché la P.A. possa andare esente dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., per danni causati da beni demaniali occorre avere riguardo non solo e non tanto alla estensione di tali beni od alla possibilità di effettivo controllo su essi, quanto piuttosto alla causa concreta del danno. Se, infatti, quest’ultimo è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (vizio costruttivo o manutentivo), l’amministrazione ne risponde ex art. 2051 c.c.

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Corte d’Appello Caltanissetta, civile Sentenza 25 gennaio 2019, n. 48

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA

riunita in camera di consiglio e composta dai sigg.ri Magistrati

dr. Giuseppe Melisenda Giambertoni – Presidente

dr. Cristina Midulla – Giudice

dr. Marika Motta – Giudice rel.

dei quali il terzo relatore ed estensore ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 158 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi dell’anno 2011 vertente

TRA

CONSORZIO (…) (C.F. (…)), domiciliata in C. V. E. N. 161 93100 C., presso lo studio dell’avv. DE.MA., che la rappresenta e difende come da procura in atti.

PARTE APPELLANTE

CONTRO

(…), (…), (…), (…), eredi di (…), parte domiciliata in VIA (…) 93100 CALTANISSETTA presso lo studio dell’avv. GI.MA. (…), che la rappresenta e difende come da procura in atti.

PARTE APPELLATA

Oggetto: Responsabilità ex artt. 2049 – 2051 – 2052 c.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

Ha proposto appello il consorzio (…) della Provincia di Caltanissetta avverso la sentenza n. 1141/10, con la quale il Tribunale di Caltanissetta aveva accolto le domande proposte dal sig. (…) con atto di citazione notificato il 29/4/2003, condannando il Consorzio (…) della Provincia di Caltanissetta, nella persona del legale rappresentante pro – tempore, in favore dell’attore, al risarcimento del danno del complessivo ammontare di Euro 4.566,40, oltre interessi come per legge dalla data del 16.11.2005, fino al soddisfo.

Il Consorzio (…) della Provincia di Caltanissetta era stato pure condannato alla refusione delle spese in favore dell’attore, liquidate in complessive Euro. 1.763,00, oltre la maggiorazione per le spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge, nonché al pagamento delle spese di C.T.U. liquidate come da separato decreto.

Il Consorzio per l'(…) della Provincia di Caltanissetta, ha chiesto la riforma dell’impugnata decisione per l’errata ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice, nonché l’inapplicabilità, alla fattispecie per cui è causa, delle disposizioni normative di cui agli artt. 2051 c.c. (nonché degli artt. 2043 e 2054 c.c.), e, in subordine, deduce l’erroneità dell’impugnata decisione, anche sul quantum debeatur, ed ancora nella parte in cui aveva posto a carico di parte convenuta le spese legali di primo grado.

Si è costituito, anche nella fase di gravame, l’appellato, sig. (…), il quale rileva l’esattezza dell’impugnata decisione, chiedendone la conferma, con rigetto dei proposti motivi di gravame.

Nel corso della fase di gravame, si sono costituiti, poi, con comparsa di costituzione in prosecuzione dell’8/03/2018, gli eredi, sigg.ri (…), (…), (…), (…), del sig. (…), nelle more deceduto, i quali hanno dichiarato di fare proprie le domande ed eccezioni, e difese tutte formulate, in giudizio, dallo stesso.

Rigettata richiesta di rinnovo della ctu, la causa è stata posta in decisione.

Il gravame si fonda sull’asserito errore che il Tribunale di prime cure avrebbe commesso nella ricostruzione dei fatti.

In realtà, la ricostruzione del fatto storico operata dal primo giudice appare corretta atteso che la stessa trova la sua fonte nella dichiarazione dei testi, in particolare del teste (…), che, escusso all’udienza del 7.12.2004, ha dichiarato che il 20.4.2002 era stato chiamato dal sig. (…), autista della ditta (…), il quale gli aveva comunicato che la motrice tg (…) aveva avuto una avaria, donde si rendeva necessario procedere alle operazioni di sostituzione della motrice in questione con altra idonea a trainare il semirimorchio, che alla stessa era agganciato e che era rimasto fermo in c.da (…) a Caltanissetta, su una strada del Consorzio (…); il teste ha riferito di essere intervenuto subito e di avere partecipato alle operazioni di sganciamento della motrice da sostituire con la motrice portata sui luoghi, dichiarando: “ad un tratto ho sentito un forte rumore sono sceso e ho visto che il semirimorchio del lato destro era sprofondato nell’asfalto ed inclinato. In particolare uno dei due piedi del piedistallo era sprofondato”.

Lo sprofondamento, come accertato dalla ctu in primo grado, si è verificato solo a motivo del fatto che al di sotto dell’asfalto che ricopriva il manto stradale vi era una cavità, cioè mancava il materiale di riempimento che, secondo buona norma tecnica, deve sempre supportare la copertura di una sede stradale sottoposta al transito di veicoli di ogni genere, a maggior ragione qualora la strada, come nel caso in esame, si trovi all’interno di un’Area Industriale, frequentata anche – e prevalentemente – da mezzi pesanti utilizzati per le attività commerciali.

Il Consorzio ipotizza che il sinistro si fosse verificato il 21 aprile 2002 (giorno successivo a quello del sinistro e cadente di domenica) dopo una sosta di un giorno del semirimorchio sull’area interessata dallo sprofondamento, così ritenendo di potere sostenere la tesi dell’uso non corretto della strada.

Ma tale deduzione non è sostenuta da alcun elemento di prova, ed anzi è in contrasto con le emergenze istruttorie: il teste (…) ha, infatti, confermato che il sinistro si era verificato di sabato.

Né nel verbale di intervento dei VVFF effettuato il giorno successivo alla verificazione del sinistro, per presidiare le operazioni di rimozione in sicurezza del carico che si era riversato sulla strada e a quello che minacciava di scivolare dal rimorchio inclinatosi a causa dello sprofondamento del manto stradale, vi è indicazione della data in cui il sinistro si era verificato (peraltro il sinistro non si era verificato in loro presenza).

Ma tale deduzione è pure inconferente: infatti, sostare, e anche a lungo, magari per ragioni di necessità, come nel caso di specie, sulla strada, anche se in una zona in cui la sosta è interdetta, non costituisce uso abnorme della stessa, ma un uso assolutamente prevedibile da parte del gestore. Peraltro, non emerge da nessuno degli atti di causa che sui luoghi vi fosse un divieto di transito nè di sosta, né segnalazione di pericolo in relazione alle condizioni del manto stradale, che esteriormente si presentava “in buone condizioni” (cfr dichiarazione del teste (…)) e dunque non poteva in alcun modo allertare l’attenzione di un soggetto di media diligenza.

Sul punto, pertanto, la decisione di primo grado appare corretta.

In ogni caso, la questione sollevata dal Ctp dell'(…) – e ribadita dall’appellante – in merito alla presunta violazione degli artt. 157 e 158 del CdS da parte del conducente del mezzo danneggiato appare inconducente.

Infatti, le superiori norme sono volte a tutelare la regolare circolazione del traffico, ad impedire che i mezzi sostino in modo da costituire intralcio agli altri utenti della strada, non certo sono volte ad evitare che le strade sprofondino a casa della sosta del mezzo nell’area vietata.

Pertanto, anche sotto tale profilo, l’appello non appare fondato.

Né parte appellante ha dedotto serie ragioni tecniche o fattuali idonee a smentire le cause dello sprofondamento come accertate dal ctu in primo grado.

La relazione di CTU dell’ing. (…) ha chiarito che “la mancanza di materiale sotto il manto stradale rappresenta l’unica causa dello sprofondamento del semirimorchio. All’atto del sopralluogo lo scrivente ha riscontrato che sul punto dove si è verificato l’evento è ancora visibile un avvallamento che indica che l’intervento di ripristino è stato effettuato con un parziale riempimento della cavità” (v. ctu).

Sul punto le argomentazioni profuse nell’atto di appello, fondate sui rilievi critici del geom. (…), CTP di parte appellante, si sono concentrate sulla mancata collocazione delle “traverse di ripartizione del carico” e sulla non corretta collocazione dell’autocarro sulla strada, cioè si fondano sulla pretesa colpa del danneggiato.

Tali assunti appaiono privi di pregio e contraddetti sia dalla evidenza dei fatti, così come ricostruita nell’immediatezza del sinistro (anche dai VV.FF.) e dal teste presente, sia dalle considerazioni tecniche del CTU.

Questi ha categoricamente escluso che la causa dello sprofondamento possa imputarsi al non corretto posizionamento dell’autocarro sulla strada ed al conseguente slittamento dei forati trasportati, agevolato dalla presenza delle cinghie di contenimento posizionate longitudinalmente; ha, altresì, escluso che nella dinamica del sinistro abbia avuto un qualsivoglia ruolo causale o concausale la mancata collocazione delle traverse di ripartizione del carico, nella considerazione che il piedistallo era dotato alla base dei due piedi di una piastra di acciaio larga e robusta, idonea a distribuire adeguatamente il carico; per questo ha concluso che la causa dello sprofondamento va ricercata ed accertata esclusivamente nella mancanza di materiale al di sotto del conglomerato bituminoso e nella conseguente incapacità della strada di offrire una adeguata resistenza alla sollecitazione puntuale indotta dal piedistallo del veicolo.

Peraltro, tali circostanze dedotte dall’appellante, fermo il profilo della loro esclusione in esito all’attività istruttoria di primo grado, anche qualora fossero state provate, non sarebbero comunque idonee a configurare il caso fortuito, sub specie di comportamento del danneggiato idoneo ad interrompere il nesso causale.

Infatti, transitare o sostare con mezzi pesanti senza traverse o cinghie volte a fermare o stabilizzare il carico, o transitare con un carico non omogeneo, non è un comportamento degli utenti imprevedibile né di interesse per il gestore della strada, atteso che tali presidi sono previsti solo per la stabilità del mezzo e non certo per non far sprofondare le strade.

In assenza, poi, di divieto al transito di mezzi con massa superiore a determinati limiti si deve presumere che, a prescindere dalla omogeneità della distribuzione del carico all’interno dei veicoli stessi, la strada sia stata costruita e mantenuta per sopportare il transito e la sosta di mezzi di qualunque massa e peso.

Anche sotto tale profilo dunque le ragioni d’appello devono essere disattese.

In ordine alle contestazioni relative all’inquadramento giuridico della fattispecie deve osservarsi quanto segue.

In primo luogo deve premettersi che il fondamento della responsabilità prevista dall’art. 2051, c.c., viene individuato nel dovere di custodia che grava sul soggetto che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico sulla cosa in relazione all’obbligo di vigilare affinché la stessa non arrechi danni a terzi, nel caso di specie, ricorrono tutti i presupposti per l’applicazione dell’art. 2051 c.c.

Quindi, deve rilevarsi che è pacifico e non contestato, nel caso di specie, che la strada su cui si è verificato il sinistro, sia una strada assegnata al Consorzio, che ne ha anche la manutenzione.

E’ stato, poi, ampiamente dimostrato il nesso causale tra il danno subito dall’attore e le condizioni strutturali e di manutenzione della strada consortile sulla quale il sinistro si è verificato.

Secondo l’orientamento, ormai pacifico del Supremo Collegio “Gli enti proprietari delle strade, ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, devono – salvo che nell’ipotesi di concessione prevista dal comma 3 della predetta norma – provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e delle relative pertinenze; c) all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Trattasi di obbligo derivante dal mero fatto di essere proprietari il quale può concorrere con ulteriori obblighi (e, quindi, con ulteriori cause di responsabilità) del medesimo ente o di altri, derivanti da altre normative e, in particolare, dalla disciplina dettata dall’art. 2051 c.c.” (Cassazione civile, sez. III, 22/04/2010, n. 9527).

E ancora “La responsabilità per danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno…” (Cassazione civile, sez. III, 07/04/2010, n. 8229 ).

Peraltro, anche con riguardo alle strade di proprietà pubblica, la Suprema Corte ha, altresì affermato che “affinché la P.A. possa andare esente dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., per danni causati da beni demaniali occorre avere riguardo non solo e non tanto alla estensione di tali beni od alla possibilità di effettivo controllo su essi, quanto piuttosto alla causa concreta del danno. Se, infatti, quest’ultimo è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (vizio costruttivo o manutentivo), l’amministrazione ne risponde ex art. 2051 c.c.” (Cass. Civ. Sez. III, n. 15042 del 6.6.2008 e n.20427 del 25 luglio 2008).

In definitiva, la strada consortile, su cui il sinistro si è verificato, era sottoposta a controllo e vigilanza da parte dell’Ente proprietario, donde correttamente il Giudice di prime cure ha ritenuto che il Consorzio debba rispondere a norma dell’art. 2051 c.c., rimanendo dimostrato che la sede stradale, rientrante nel perimetro affidato all'(…), abbia avuto piena efficienza causale sui fatti per cui è processo.

L’anomalia della strada, poi, è stata accertata nel corso della CTU ed è pacifico che il Consorzio (…) abbia aperto al pubblico transito ed al pubblico utilizzo una strada che presentava un grave difetto di costruzione, atteso che nel punto in cui è avvenuto l’incidente il fondo stradale era costituito esclusivamente da un sottile strato di asfalto, sotto il quale si nascondeva una cavità, come risulta dalle risultanze peritali; e la situazione di precarietà e/o pericolo non era né visibile, né segnalata da apposita indicazione, che consentisse agli utenti di allertarsi.

Sul punto, i rilievi critici del geom. (…), CTP di parte appellante, appaiono privi di pregio e inidonei a superare la responsabilità del Consorzio, anche con riferimento all’asserzione che nel piazzale vi erano stati interventi di rifacimento della sede stradale nel 1993 – 1995. Tali interventi non solo non riguardarono l’area in cui si verificò il sinistro, non solo sono risalenti nel tempo, ma evidentemente non sono stati idonei ad eliminare il difetto e pericolo insito nella cosa.

Pertanto, non può che condividersi l’assunto posto a fondamento della ctu, e fatto proprio dal giudice di prime cure, secondo cui “è palese che il piedistallo, perforando il conglomerato bituminoso, non ha incontrato sufficiente resistenza al suo avanzamento verso il basso. Tale condizione ha comportato il netto sprofondamento del piedistallo del semirimorchio e quindi il successivo ribaltamento dello stesso” (pag. 7 relazione CTU dep. 24.5.2007).

Né la presunzione di colpa di cui all’art. 2051 c.c., è stata superata da alcuna prova della riconducibilità dei fatti al caso fortuito, neanche inteso come colpa del danneggiato, per le ragioni sopra esposte.

Infine, in ordine alla quantificazione dei danni al mezzo ed alla merce, operata dal CTU, gli stessi vennero constatati nell’immediatezza dal perito assicurativo (…) e dal perito (…), il quale ultimo, sentito come teste, li ha confermati in udienza; essi sono stati poi accertati e quantificati dal CTU.

La quantificazione dei danni contenuta nella sentenza è, pertanto perfettamente coerente con la tipologia del pregiudizio lamentato, nonché conforme alle indicazioni del CTU e alle dichiarazioni dei testi.

Nessuna argomentazione giuridica, ma soprattutto tecnica è stata addotta dall’appellante per destituire di credibilità la ctu espletata in primo grado, e la richiesta di rinnovo della stessa è solo finalizzata a dare fondamento a tesi che non trovano riscontro probatorio.

L’appello in definitiva deve essere rigettato.

Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e nella misura indicata in dispositivo devono essere poste a carico di parte appellante.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte d’Appello, come sopra composta, uditi i procuratori delle parti costituite, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, definitivamente pronunciando:

rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza n. 1141/10 del Tribunale di Caltanissetta emessa in data 15.11.10;

condanna parte appellante al pagamento delle spese di lite in favore della parte appellata che liquida nella somma complessiva di 1940,00 Euro per compensi professionali, oltre spese generali, iva e cpa se dovute.

Così deciso in Caltanissetta il 25 ottobre 2018.

Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.