In riferimento alla responsabilita’ dell’intermediario finanziario, ed al concorso di colpa del risparmiatore, questa Corte ha affermato i seguenti principi:
– i comportamenti imprudenti del cliente possono rilevare, qualora presentino delle anomalie significative, ovvero, oltre che come indice di collusione con il promotore infedele, anche come consapevole acquiescenza della violazione delle regole o comunque come indice di inequivoca consapevolezza delle anomalie del proprio comportamento, rispetto a quello preteso dall’intermediario o seguito in precedenza;
– l’esistenza di regole di particolare protezione in favore del cliente, in ragione delle esigenze di garantire la fiducia degli investitori nel sistema di investimento che si svolga fuori sede non esime il soggetto tutelato dal rispetto quanto meno delle piu’ elementari regole di prudenza nei rapporti commerciali;
– l’affidamento nei confronti del promotore finanziario in quanto inserito in una struttura affidabile e che risponde per il suo operato non puo’ essere incondizionato ne’ puo’ giustificare l’adozione di comportamenti imprudenti che non consentano neppure all’intermediario di esercitare agevolmente i compiti di vigilanza e controllo che le sono propri;
– quello tra investitore ed intermediario costituisce pur sempre un rapporto professionale con la conseguenza che il risparmiatore compie a proprio rischio comportamenti che siano totalmente inappropriati nell’ambito di un simile rapporto e giustificabili solo nell’ambito di rapporti di parentela o amicizia personale;
– spetta al giudice di merito verificare, con analisi che tenga conto delle circostanze del caso concreto, se il cliente danneggiato abbia, con il suo comportamento in violazione delle regole della piu’ elementare prudenza, dato causa e in che misura al verificarsi del danno.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 15 febbraio 2018, n. 3703

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11174-2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) LTD, (gia’ (OMISSIS) SA), in persona del procuratore speciale Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

(OMISSIS) SPA, in persona del suo legale rappresentante pro tempore Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 7169/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/12/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2004, (OMISSIS) convenne in giudizio l'(OMISSIS) S.p.a. e (OMISSIS), quale Agente Generale (OMISSIS), esponendo di aver stipulato presso l’Agenzia Generale (OMISSIS) tra il 1985 e il 2001 numerose polizze a contenuto finanziario, che la stipula e la gestione di tali contratti era sempre avvenuta per il tramite dell’agente (OMISSIS), a mani del quale egli aveva sempre versato i corrispondenti premi; che nel 2001 gli veniva comunicato che per ogni incombente attinente le polizze avrebbe dovuto interloquire esclusivamente con l’Agenzia Generale; che a quel punto si avvedeva che due polizze vita, per le quali aveva a suo tempo versato i premi a mani del (OMISSIS), ancorche’ scadute, non erano state liquidate dalla Compagnia; che non aveva ancora ricevuto materialmente una ulteriore polizza, per la quale aveva corrisposto sempre al (OMISSIS) un premio di Lire 20.000.000; che, ad esito di reiterati solleciti e di un reclamo all’ISVAP, la compagnia assicuratrice negava il perfezionamento dei tre contratti per omessa percezione, da parte di essa compagnia, dei relativi premi; che pertanto doveva ritenersi che il (OMISSIS) avesse indebitamente trattenuto i premi corrispostigli e che di tanto doveva rispondere sia l’ (OMISSIS), sia l’Agente Generale (OMISSIS).

Chiese quindi il riconoscimento dell’efficacia dei pagamenti effettuati a mani del (OMISSIS) e la condanna dei convenuti al pagamento del capitale garantito e dell’adeguamento promesso per le prime due polizze, alla restituzione dell’importo versato con riferimento alla terza polizza, nonche’ al risarcimento del danno biologico patito, il tutto oltre interessi, rivalutazione e rimborso delle spese processuali.

Si costitui’ in giudizio (OMISSIS), contestando le avverse domande e chiedendone il rigetto. Chiese inoltre di chiamare in causa (OMISSIS) e (OMISSIS) (l’agente che aveva sostituito il (OMISSIS) una volta che questo era cessato), nonche’ la compagnia assicuratrice per la responsabilita’ civile (OMISSIS), per essere da questi manlevato.

Si costituirono, contestando la fondatezza delle domande attoree, pure l’ (OMISSIS) S.p.a., (OMISSIS) e la (OMISSIS), quest’ultima eccependo anche l’inoperativita’ della garanzia richiesta dal (OMISSIS), contestando nel quantum le pretese del (OMISSIS) e chiedendo di esperire azione di rivalsa nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS). (OMISSIS) rimase contumace.

Alla prima udienza, l’attore estese le sue domande nei confronti del (OMISSIS) e del (OMISSIS).

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 20241/2007, escluse sia la responsabilita’ contrattuale dei convenuti, non essendosi mai perfezionate le citate polizze, sia quella precontrattuale; condanno’ il (OMISSIS) alla restituzione degli importi che aveva ricevuto dall’attore, per complessivi Lire 89.000.000 e, in solido con il predetto, il (OMISSIS) e l’ (OMISSIS), ai sensi dell’articolo 2049 c.c.

2. La decisione e’ stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 7169 del 21 novembre 2014.

La Corte di Appello, da un lato, ha escluso la responsabilita’ ex articolo 2049 c.c. nei confronti dell’ (OMISSIS), ritenendo che l’istituto assicuratore non era responsabile ne’ della nomina ne’ degli atti posti in essere dal subagente, il quale apparteneva alla rete organizzativa e distributiva dell’Agente Generale ed operante sotto il controllo e la vigilanza di quest’ultimo. Dall’altro lato, la Corte territoriale ha pure escluso la responsabilita’ dell’Agente (OMISSIS), evidenziando la presenza di alcune anomalie nei comportamenti del (OMISSIS). Secondo la Corte, l’attore, accettando di fare versamenti senza pretendere il rilascio contestuale di una polizza regolarmente sottoscritta dall’Agente Generale – come era in grado di rendersi conto avendo stipulato in precedenza analoghe polizze -, si era assunto il rischio dell’inefficacia delle predette operazioni, non giustificandosi il suo affidamento per la palese mancanza di alcuna cautela e la violazione plateale delle regole di comportamento dell’intermediario.

La Corte ha invece riconosciuto la responsabilita’ ex articolo 2043 c.c. del (OMISSIS), condannandolo pero’ alla restituzione dei soli importi ricevuti, aumentati della rivalutazione monetaria, e non anche al risarcimento del mancato rendimento, non giustificandosi l’affidamento del (OMISSIS) sulla validita’ dell’operazione.

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione (OMISSIS), sulla base di diciannove motivi illustrati da memoria.

3.1. Resiste con controricorso illustrato da memoria (OMISSIS) S.p.a. (gia’ (OMISSIS) S.p.a.), nonche’ la (OMISSIS) LTD (la quale si limita a riproporre la questione relativa alla inoperativita’ della garanzia in favore del (OMISSIS), dichiarata assorbita dalla Corte di Appello di Roma). Gli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. I primi cinque motivi attengono al capo della sentenza che ha escluso la responsabilita’ dell’ (OMISSIS).

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi degli articoli 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la “omessa pronunzia su eccezioni di inammissibilita’ dell’appello incidentale; violazione dell’articolo 112 c.p.c.”.

La Corte di Appello non si sarebbe pronunciata sulle eccezioni di inammissibilita’ formulate dal medesimo ricorrente con riferimento all’appello dell’ (OMISSIS).

Quest’ultima, infatti, avrebbe censurato solo una delle due autonome rationes decidendi del giudice di primo grado in ordine al riconoscimento in capo al (OMISSIS) della qualita’ di subagente della compagnia, nulla dicendo in ordine all’altra (ovvero il fatto che l’attivita’ del (OMISSIS) sia stata svolta a beneficio della compagnia assicuratrice) e la censura sarebbe stata comunque priva del carattere della specificita’.

Il motivo e’ infondato.

Occorre in argomento dare continuita’ all’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello e’ configurabile allorche’ manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado. La violazione non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su un argomento che totalmente prescinda dalla censura o necessariamente ne presupponga l’accoglimento o il rigetto: infatti nel primo caso l’esame della censura e’ inutile, mentre nel secondo essa e’ stata implicitamente considerata (cfr., da ultimo, Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-08-2017, n. 20218).

Nel caso di specie, la costruzione logico-giuridica seguita dal giudice d’appello, che ha analizzato le ragioni – indicate nell’appello dell’ (OMISSIS) per le quali il fatto che “il preposto abbia commesso l’illecito nell’esercizio dell’attivita’ finalizzata a garantire il risultato aziendale”, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, non e’ sufficiente a concludere per la sussistenza della responsabilita’ del preponente ex articolo 2049 c.c., e’ del tutto incompatibile con quanto dedotto nell’eccezione asseritamente pretermessa, che deve quindi ritenersi implicitamente rigettata.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione delle norme sull’interpretazione e degli articoli 1362 c.c. e segg.”.

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, il Capitolato per la concessione delle Agenzie (OMISSIS), se interpretato secondo la sua formulazione letterale, non stabilirebbe la responsabilita’ dell’Agente Generale per tutto l’operato del collaboratore, ma solo su alcune attivita’.

La responsabilita’ relativa all’attivita’ tipica e filale del promotore, costituita dal rapporto con il consumatore, sarebbe invece disciplinata dalla normativa sulla intermediazione mobiliare.

Il motivo e’ infondato.

La statuizione impugnata, secondo cui la clausola in questione – che attribuisce all’Agente generale la responsabilita’ dell’operato dei suoi collaboratori – si applica con riferimento all’intero operato dei medesimi collaboratori, senza distinzione in ordine alle funzioni o alle attivita’ da essi esercitate, appare corretta ed in linea con i criteri ermeneutici invocati dal ricorrente.

Infatti, la formulazione letterale della medesima clausola appare idonea ad esaurire tutte le possibili funzioni ed attivita’ svolte dai collaboratori, compresa quella di vendita dei prodotti al consumatore, che rientra nell’attivita’ di “produzione”.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione delle norme sull’interpretazione (articoli 1362 c.c. e segg.), di principi generali, della disciplina del rapporto di agenzia (articolo 1742 c.c. e segg.), degli articoli 2049, 2697, 2727 c.c. e della L. n. 1 del 1991, ora Decreto Legislativo n. 58 del 1998”.

Il Capitolato per la concessione delle Agenzie Generali non avrebbe alcuna rilevanza nei confronti del cliente, in quanto atto interno della compagnia assicuratrice, la quale non potrebbe esonerarsi unilateralmente dalla sua responsabilita’ solidale.

Parte contraente delle polizze e’ l’ (OMISSIS) e non i suoi agenti (OMISSIS) o i subagenti. Dovrebbe quindi escludersi che l’Ina non abbia il controllo o la vigilanza sulla gestione delle polizze delle quali essa e’ parte contraente e beneficiaria. E che l’ (OMISSIS) abbia il potere di vigilanza sulla propria rete agenziale e’ stato affermato anche dall’AGCM che ha sanzionato l’Ina per condotte scorrette tenute dagli agenti.

Del resto, avendo i contratti di agenzia e di subagenzia identico contenuto, varrebbe anche per i primi il principio affermato dalla giurisprudenza secondo cui il preponente del subagente risponde dell’operato di quest’ultimo.

Inoltre, la giurisprudenza di legittimita’ avrebbe affermato che la responsabilita’ della societa’ assicuratrice non sarebbe esclusa quando, come nel caso di specie, l’agenzia e la subagenzia non sono connotate da autonomia istituzionale rispetto alla medesima societa’. Le Agenzie Generali infatti, costituirebbero mere articolazioni interne dell’ (OMISSIS), e la loro attivita’ costituirebbe attivita’ della stessa (OMISSIS).

L’Ina, pertanto, risponderebbe anche ex articolo 2049 c.c. dei fatti illeciti posti in essere sia dal proprio agente che dal proprio subagente.

Il motivo e’ in parte inammissibile, in parte infondato.

In primo luogo, non viene fatto alcun riferimento agli atti dei giudizi di merito in cui sarebbero state sottoposte ai giudici di primo e secondo grado le questioni (peraltro, di fatto) circa la struttura della rete agenziale dell’Ina, la natura di mere articolazione interne delle Agenzie Generali, nonche’ l’esistenza di un potere di vigilanza dell’Ina sui collaboratori degli Agenti Generali.

D’altra parte, i principi invocati dal ricorrente non risultano affatto desumibili dai precedenti giurisprudenziali indicati.

Al contrario, sia Cass. 23488/2014 che Cass. 7634/2012 hanno escluso che di quanto posto in essere dai subagenti possa essere chiamata a rispondere l’impresa di assicurazione, rimanendo questa estranea all’operato dei primi.

Sussiste infatti un’autonomia organizzativa e giuridica del lavoro da parte dell’agente, che quindi assume su di se’ l’onere e le spese di organizzazione della attivita’ ed il correlativo rischio della collaborazione professionale svolta al fine di promuovere la conclusione di contratti.

L’operato dell’Agente si svolge in piena indipendenza e senza vincoli di subordinazione rispetto al proponente ed a sua volta il subagente riceve direttive solo dall’agente, in assenza di un rapporto contrattuale diretto con la Compagnia.

I contratti di agenzia e subagenzia, pur avendo identico contenuto, si differenziano in quanto la persona del proponente nel secondo caso, e’ l’agente stesso.

Quindi se nel contratto di agenzia l’assicuratore risponde, in quanto preponente, ai sensi dell’articolo 2049 c.c., dei fatti illeciti posti in essere dal proprio agente, nel caso dei subagenti, scelti direttamente dall’agente quale propri collaboratori, a rispondere, ai sensi della norma richiamata, per le condotte illecite poste in essere dal subagente, dovrebbe essere eventualmente il solo agente che diviene in questo caso il proponente, mentre il collaboratore e’ da individuare nel subagente (in questo senso Cass. 7634/2012).

Nel caso di specie poi la statuizione del giudice di merito fonda sull’accertamento di fatto in forza del quale l’ (OMISSIS) non poteva controllare il subagente dell’agente che operava in piena autonomia.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione o falsa applicazione della L. n. 1 del 1991, articolo 5, comma 4 e del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 107”.

La societa’ assicuratrice (e non i suoi Agenti Generali, non costituiti nella forma di societa’ per azioni) soggiacerebbe alla disciplina dettata per le societa’ di intermediazione mobiliare, con conseguente responsabilita’ solidale per le violazioni commesse dal promotore.

Il motivo e’ inammissibile.

Il ricorrente infatti non indica gli atti dei giudizi di merito in cui sarebbe stata precedentemente dedotta l’applicabilita’ della disciplina relativa alle societa’ di intermediazione immobiliare.

Peraltro, dalla sentenza impugnata risulta che la responsabilita’ della compagnia assicuratrice e’ stata presa in considerazione solamente sotto il profilo contrattuale (sostenendo il (OMISSIS) l’avvenuto perfezionamento delle polizze) ovvero in base all’articolo 2049 c.c.

4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 della “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2049 c.c. e del principio dell’apparenza del diritto” nonche’ di “omessa pronunzia”.

La Corte avrebbe omesso di esaminare la ricorrenza della responsabilita’ ex articolo 2049 c.c. in base al principio dell’apparenza del diritto.

Infatti, il (OMISSIS) aveva riposto fiducia nel (OMISSIS) perche’ questi, nel quindicennio di rapporti precedenti aveva sempre gestito da solo le operazioni, con le medesime modalita’, e queste erano sempre andate a buon fine.

Vi sarebbe stata quindi una condotta quantomeno colposa dell’Ina, tale da ingenerare nell’attore la ragionevole convinzione che il potere di rappresentare o impegnare la medesima compagnia fosse stato effettivamente e validamente conferito al (OMISSIS).

Il motivo e’ infondato.

La Corte di Appello, al riguardo, ha escluso i presupposti di una responsabilita’ dell’ (OMISSIS) per via di una rappresentanza tollerata o apparente, evidenziando che la compagnia assicuratrice, per la peculiarita’ dell’organizzazione con riguardo alla vendita delle polizze vita, non era in condizione di operare alcun controllo e vigilanza sull’operato del (OMISSIS), ne’ era responsabile della sua nomina.

Alla luce di quanto sopra, non sussistono elementi tali dai quali dedurre un caso di applicazione dell’apparenza del diritto, in quanto non risulta, come vorrebbe parte il (OMISSIS), che l’ (OMISSIS), che non aveva nominato il (OMISSIS), ne’ poteva controllarne l’operato, abbia tenuto un comportamento colposo tale da ingenerare il ragionevole convincimento che al rappresentante apparente fosse stato effettivamente conferito il relativo potere.

La sentenza quindi ha fatto corretta applicazione delle norme invocate.

5. I motivi dal sesto al sedicesimo sono diretti a censurare il capo della sentenza che ha escluso la responsabilita’ dell’Agente generale.

5.1. In particolare, con il nono ed il decimo motivo (“extrapetizione”, “violazione dei principi della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dell’effetto devolutivo dell’impugnazione, dell’onere della prova e dell’articolo 297 c.c. e articoli 112 e 339 c.p.c.”), lamenta che il giudice dell’appello avrebbe pronunciato oltre i limiti di quanto devoluto.

Infatti, il (OMISSIS), con l’atto di appello, aveva negato la propria responsabilita’ solidale unicamente deducendo che il (OMISSIS) non aveva avuto con lui un rapporto di dipendenza.

La Corte d’appello ha invece escluso la responsabilita’ del (OMISSIS) affermando il concorso del consumatore ex articolo 1227 c.c.

Inoltre, la deduzione del (OMISSIS) aveva ad oggetto non il concorso esclusivo del danneggiato ma il concorso parziale.

Le censure sono infondate.

E’ noto infatti come l’ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell’evento dannoso (di cui all’articolo 1227 c.c., comma 1) vada distinta da quella (disciplinata dal comma 2 medesima norma) riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione.

Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, solo quest’ultima situazione deve formare oggetto di un’eccezione in senso stretto, in quanto il dedotto comportamento del creditore costituisce un autonomo dovere giuridico, posto a suo carico dalla legge quale espressione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede.

Al contrario, nella prima situazione, che e’ quella che rileva nella fattispecie in esame, il giudice procede d’ufficio all’indagine in ordine al concorso di colpa del danneggiato, sempre che risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia ricavabile la colpa concorrente, sul piano causale, dello stesso (cfr. ex multis, Cass. civ. Sez. 3, 25/05/2010, n. 12714).

5.2. Con un ulteriore gruppo di motivi (sesto e settimo – “erroneita’ del principio” e “violazione e falsa applicazione della disciplina del concorso e della L. n. 1 del 1991, articolo 5, comma 4, articoli 1227 2697 e 2729 c.c., articoli 3 e 112 c.p.c.” -, ottavo – “errata interpretazione del principio”, “violazione e falsa applicazione dello stesso, dell’articolo 1227 c.c. e dei principi generali su concorso e sul rapporto di causalita’”), censura la ritenuta applicabilita’ astratta dell’articolo 1227 c.c. alla fattispecie in esame.

Secondo il ricorrente, infatti, l’articolo 1227 c.c. non potrebbe essere applicato alla responsabilita’ solidale dell’impresa di intermediazione mobiliare:

– in base alla portata della stessa norma, che non troverebbe spazio laddove l’impresa non abbia commesso il fatto dannoso;

– in base al fatto che, per escludere la responsabilita’ dell’impresa, non sarebbe sufficiente una condotta qualsiasi concretamente idonea al fine, ma sarebbe necessaria una condotta specifica di “collusione” o “fattiva partecipazione” che esplicitano inequivocabilmente una partecipazione congiunta del promotore e del consumatore.

Inoltre, l’applicabilita’ nella fattispecie dell’articolo 1227 c.c. sarebbe esclusa anche dalla normativa sull’intermediazione finanziaria, la quale fisserebbe a favore del consumatore una presunzione iuris et de iure di responsabilita’ solidale dell’impresa.

La giurisprudenza avrebbe sostanzialmente escluso l’applicabilita’ dell’articolo 1227 c.c. alla responsabilita’ solidale dell’impresa, affermando che il concorso del consumatore rileverebbe solo se determina l’interruzione del nesso di causalita’ tra lo svolgimento dell’attivita’ del promotore finanziario e la consumazione dell’illecito.

Anche tali censure sono infondate.

La giurisprudenza di legittimita’ ha gia’ in precedenza ammesso che la responsabilita’ solidale dell’intermediario per i danni arrecati a terzi nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori di prodotti finanziari – tra i quali rientrano pacificamente le polizze assicurative del ramo vita – possa essere esclusa, o che la condotta del risparmiatore possa rilevare, ai fini del concorso di colpa, laddove presenti connotati di “anomalia” (cfr., da ultimo, Cass. civ. Sez. 1, 13/05/2016, n. 9892 e Cass. civ. Sez. 3, Sent., 22-09-2015, n. 18613).

E ancora, che l’intermediario finanziario non puo’ invocare, quale causa di esclusione della responsabilita’ per i danni arrecati a terzi Decreto Legislativo n. 415 del 1996, ex articolo 23 (applicabile ratione temporis) nello svolgimento delle incombenze affidate ai promotori finanziari, la semplice allegazione del fatto che il cliente abbia consegnato al promotore le somme di denaro di cui quest’ultimo si e’ illecitamente appropriato con modalita’ difformi da quelle con cui lo stesso sarebbe legittimato a riceverle ai sensi dei vigenti regolamenti Consob (nella specie, versate con assegno bancario recante, in bianco, il nome del prenditore invece che con assegni non trasferibili intestati al soggetto abilitato per conto del quale il promotore operava), ne’ un tal fatto puo’ essere addotto dall’intermediario come concausa del danno subito dall’investitore al fine di ridurre l’ammontare del risarcimento dovuto, atteso che le disposizioni regolamentari emanate dalla Consob, anche se inserite nel documento contrattuale sottoscritto dal cliente, sono dirette unicamente a porre a carico del promotore finanziario un obbligo di comportamento a tutela dell’interesse del risparmiatore, sicche’ non possono tradursi in un onere di diligenza a carico di quest’ultimo, tale da risolversi in un addebito di colpa nei confronti del danneggiato dall’altrui atto illecito, salvo che la condotta dell’investitore presenti connotati, se non di collusione, quanto meno di consapevole e fattiva acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore (diventando, cosi’, rilevante ai fini dell’articolo 1227 c.c.) (Cass. n. 4037/2016).

Quindi correttamente la Corte territoriale, con riferimento ai predetti principi, ha svolto il proprio accertamento di fatto (cfr. pagg. 6 e 7) per concludere che il (OMISSIS) era consapevole ed acquiesciente alla violazione di regole che gravano sul mediatore.

5.2. Un terzo gruppo di motivi (undicesimo – “erronea individuazione della fattispecie”, “violazione e falsa applicazione del diritto, del principio”, dell’onere della prova, della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dell’effetto devolutivo dell’appello, nonche’ degli articoli 1227, 2049, 2697 e 2729 c.c., articoli 112, 115 e 342 c.p.c., della L. n. 1 del 1991, articolo 5, comma 4″ -, dodicesimo – “erronea individuazione e violazione e falsa applicazione del principio, della disciplina del concorso e degli articoli 1227, 2697 e 2729 c.c. e articolo 112 c.p.c.” -, tredicesimo – “violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 e 2729 c.c. e articolo 112 c.p.c.” -, quattordicesimo – “erronea interpretazione e falsa applicazione del principio e violazione e falsa applicazione della L. n. 1 del 1991” -, quindicesimo – “violazione e falsa applicazione degli articoli 1227 e 2049 c.c., della L. n. 1 del 1991 e dell’articolo 112 c.p.c.” -, sedicesimo – “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”) censura infine la statuizione nella parte in cui ha ritenuto che la condotta del (OMISSIS) fosse connotata da anomalie tali da escludere il giustificato affidamento dello stesso sulla validita’ dell’operazione e costituire quindi concausa del danno.

Al fine di evitare che sia vanificata la tutela del consumatore, il principio del concorso ex articolo 1227 c.c., nel caso di responsabilita’ solidale dell’impresa assicuratrice, andrebbe applicato solo se il consumatore abbia partecipato fattivamente alla violazione.

Nella specie, le irregolarita’ riscontrate dalla Corte d’appello – consegna delle polizze non contestualmente al pagamento, consegna di polizze formalmente irregolari, mancata consegna delle polizze dopo l’avvenuto pagamento – concreterebbero l’omissione di adempimenti gravanti sul promotore, mentre il consumatore si sarebbe limitato ad anticipare i premi.

Secondo la giurisprudenza, la sola circostanza che il cliente abbia consegnato il promotore somme di denaro con modalita’ difformi da quelle con cui quest’ultimo sarebbe stato legittimato a riceverle non esclude, in caso di indebita appropriazione di tali somme da parte del promotore, la responsabilita’ solidale dell’intermediario preponente per il fatto illecito commesso dal promotore ne’ puo’ costituire da sola concausa del danno subito dall’investitore.

Ne’ potrebbe valere la mera consapevolezza da parte del cliente della violazione delle regole di comportamento da parte del promotore, poiche’ la partecipazione fattiva dovrebbe consistere o in un’autorizzazione preventiva o nel successivo avallo.

Inoltre, La Corte di appello, rilevate le condotte anomale del cliente, le avrebbe considerate causa automatica di esclusione della responsabilita’ dell’impresa, mentre sarebbe necessaria una comparazione dei comportamenti dei due soggetti, al fine di individuarne la rispettiva incidenza causale.

D’altra parte, il fatto che la condotta di un soggetto abbia creato condizioni che consentano di un altro soggetto di commettere un fatto illecito non importerebbe di per se’ che quella condotta abbia costituito concorso nel fatto illecito medesimo.

La Corte d’appello avrebbe poi violato il divieto di presunzione fondata su altre presunzioni desumendo dall’unico fatto noto (che il (OMISSIS) aveva stipulato in precedenza polizze analoghe a quella per quella causa), una pluralita’ di fatti ignoti (ovvero che tale fatto lo rendeva consapevole che le polizze dovevano contenere la sottoscrizione dell’Agente Generale; che una simile consapevolezza importava in capo all’attore l’obbligo di pretendere, contestualmente al versamento, la consegna di polizze formalmente regolari; che il mancato adempimento di tale obbligo concretava un affidamento non giustificato; che di conseguenza l’attore aveva accettato il rischio di operazioni inefficaci). La sentenza sarebbe infine contraddittoria perche’, da un lato, con riferimento alla responsabilita’ dell’Agente Generale, avrebbe ritenuto che la condotta del consumatore rendeva lo stesso responsabile esclusivo della violazione, mentre dall’altro lato, con riferimento alla responsabilita’ del promotore, avrebbe ritenuto in maniera del tutto inconciliabile che la medesima condotta rendeva lo stesso consumatore solo parzialmente responsabile della stessa violazione, escludendo dal risarcimento del danno il rendimento delle polizze.

Le suddette censure sono infondate.

In riferimento alla responsabilita’ dell’intermediario finanziario, ed al concorso di colpa del risparmiatore, questa Corte ha affermato i seguenti principi:

– i comportamenti imprudenti del cliente possono rilevare, qualora presentino delle anomalie significative, ovvero, oltre che come indice di collusione con il promotore infedele, anche come consapevole acquiescenza della violazione delle regole o comunque come indice di inequivoca consapevolezza delle anomalie del proprio comportamento, rispetto a quello preteso dall’intermediario o seguito in precedenza;

– l’esistenza di regole di particolare protezione in favore del cliente, in ragione delle esigenze di garantire la fiducia degli investitori nel sistema di investimento che si svolga fuori sede non esime il soggetto tutelato dal rispetto quanto meno delle piu’ elementari regole di prudenza nei rapporti commerciali;

– l’affidamento nei confronti del promotore finanziario in quanto inserito in una struttura affidabile e che risponde per il suo operato non puo’ essere incondizionato ne’ puo’ giustificare l’adozione di comportamenti imprudenti che non consentano neppure all’intermediario di esercitare agevolmente i compiti di vigilanza e controllo che le sono propri;

– quello tra investitore ed intermediario costituisce pur sempre un rapporto professionale con la conseguenza che il risparmiatore compie a proprio rischio comportamenti che siano totalmente inappropriati nell’ambito di un simile rapporto e giustificabili solo nell’ambito di rapporti di parentela o amicizia personale;

– spetta al giudice di merito verificare, con analisi che tenga conto delle circostanze del caso concreto, se il cliente danneggiato abbia, con il suo comportamento in violazione delle regole della piu’ elementare prudenza, dato causa e in che misura al verificarsi del danno (Cass. civ. Sez. 3, Sent., 22-09-2015, n. 18613; Cass. civ. Sez. 3, 11/06/2009, n. 13529).

Nel caso di specie la Corte di Appello, all’esito della valutazione dei fatti ad essa esclusivamente demandata e che non puo’ essere rinnovata in questa sede, ha evidenziato che il (OMISSIS) aveva gia’ stipulato in precedenza analoghe polizze, che in tali occasioni la modalita’ di pagamento era stata diversa, e che il ricorrente non aveva nemmeno preteso il rilascio di idonea documentazione scritta.

Alla luce di cio’, con un ragionamento conforme ai principi sopra enunciati ed immune da vizi logico-giuridici, la Corte ha ritenuto che la grave imprudenza del (OMISSIS) escluda la responsabilita’ oggettiva dell’intermediario per fatto illecito del promotore, senza peraltro che cio’ impedisca la configurabilita’ di una responsabilita’ del promotore stesso per fatto proprio.

6. I restanti tre motivi di ricorso sono diretti a censurare la sentenza della Corte romana relativamente alla liquidazione del risarcimento del danno a carico del (OMISSIS).

6.1. Con il diciassettesimo motivo, il ricorrente si duole della mancata liquidazione del danno non patrimoniale, che, essendo stata accertata la commissione di un reato, avrebbe potuto essere provato in via presuntiva e liquidato in via equitativa.

Il motivo, oltre che inammissibile perche’ privo di indicazione dello specifico vizio fatto valere, e’ infondato.

La sussistenza del danno non patrimoniale non puo’ mai essere ritenuta in re ipsa, nemmeno quando il fatto illecito integra gli estremi del reato, ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca (Cass. n. 20143 del 2009; Cass. n. 7695 del 2008).

6.2. Con il diciottesimo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la “violazione dei principi di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato, dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e dell’onere della prova”, “extrapetizione”, nonche’ “violazione degli articoli 2697 c.c. e articolo 112 c.p.c. e articolo 339 c.p.c. e segg.”.

La Corte di appello avrebbe escluso il risarcimento integrale del danno, per via del concorso del creditore, senza che il (OMISSIS) avesse validamente formulato domande o eccezioni al riguardo.

Il motivo e’ infondato.

Come ammette lo stesso ricorrente, la riduzione del risarcimento del danno per effetto della colpa del danneggiato era stata invocata con l’appello proposto dal (OMISSIS) e rientrava quindi nel thema decidendum devoluto al giudice di secondo grado.

6.3. Con il diciannovesimo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la “violazione dei principi in tema di risarcimento del danno e del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato”, “omessa pronuncia”, nonche’ “violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 c.c. e segg. e articolo 112 c.p.c.”.

La sentenza impugnata, ove interpretata letteralmente, si sarebbe limitata a riconoscere il danno da svalutazione monetaria, senza attribuire il danno da mancato guadagno.

In alternativa, avrebbe riconosciuto il solo danno da mancato guadagno, senza liquidare la rivalutazione.

Il motivo e’ infondato.

La Corte di Appello, contrariamente a quanto lamenta il ricorrente, ha riconosciuto sia il danno da svalutazione monetaria sia quello per la temporanea indisponibilita’ delle somme liquidate (assumendo a base di calcolo la semisomma tra gli importi ricevuti dal (OMISSIS) e quelli rivalutati alla data della sentenza ed applicandovi, a partire dalla data dell’illecito, un saggio di rendimento ricavato equitativamente dalla media ponderata del rendimento dei titoli di stato e dal tasso degli interessi legali).

7. Le spese del presente giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente (OMISSIS) S.p.a., delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Nulla per la controricorrente AIG S.p.a., nei cui confronti il ricorso era stato notificato solo per l’integrita’ del contraddittorio.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.