La responsabilità del socio di società a responsabilità limitata prevista dall’art. 2476, comma 7, c.c. presuppone non soltanto che il socio abbia partecipato all’attività dannosa, ma che il suo comportamento si connoti in termini di “intenzionalità”, cosicché occorre dare la prova della volontà del socio cogestore di cagionare specifiche lesioni patrimoniali alla società o a terzi mediante l’induzione dell’amministratore all’inadempimento dei suoi doveri o, quanto meno, della piena consapevolezza del socio della contrarietà dell’atto di gestione a norme di legge o dell’atto costitutivo o ai principi di corretta amministrazione nonché delle sue possibili conseguenze dannose.

Tribunale Perugia, Sezione 3 civile Sentenza 10 gennaio 2019, n. 80

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

La società in epigrafe, unitamente alla due socie An. Ca. e Ro. St., ha convenuto in giudizio i signori (…) e Pe. Ma. esponendo essenzialmente che la To. S.r.l. era stata costituita in data 10 luglio 2008 per realizzare una specifica iniziativa imprenditoriale in campo immobiliare, ossia l’acquisto di alcuni lotti di terreno edificagli nel Comune di Todi facenti parte di una lottizzazione approvata con delibera del Consiglio Comunale di Todi, sui quali realizzare delle unità abitative affidandone l’esecuzione a terzi per poi rivenderle sul mercato;

che dalla data di costituzione e sino al 30 giugno 2014 la Società era stata amministrata dal Sig. (…) in qualità di amministratore unico; che quest’ultimo, senza alcun contratto scritto, aveva affidato la realizzazione dei lavori alle società Edilizia Pe. S.n.c. ed Edilizia Pe. s.a.s., direttamente riferibili ai convenuti Sigg. Ma. ed (…); che i costi sostenuti erano pari ad Euro 972.512,53 oltre iva, ben superiori rispetto a quelli preventivati dai tecnici incaricati;

che la vendita delle unità abitative era stata gestita in maniera approssimativa e negligente, ricavando prezzi inferiori al valore di mercato; che in ragione della precaria situazione finanziaria nella quale si era venuta a trovare la società erano stati sostenuti ingenti oneri finanziari che avrebbero potuto essere altrimenti evitati; che (…) ed Is.Pe. (quest’ultimo per aver intenzionalmente concorso con il primo al compimento degli atti gestori) hanno agito in palese conflitto di interessi ed al solo fine di favorire gli interessi economici delle società loro riconducibili, senza alcun contratto scritto e trasferendo importi addirittura prima che fossero ottenuti i permessi a costruire e con cadenze temporali non spiegabili, in assenza di una contabilità lavori e di SAL, vendendo le abitazioni a prezzi che non hanno consentito nemmeno di coprire i costi di acquisto dei terreni e di edificazione.

Hanno chiesto quindi la condanna dei convenuti in solido ex art. 2476 c.c. al risarcimento dei danni subiti e subendi per l’importo di Euro 826.711,90 o la diversa misura risultante all’esito del giudizio.

(…) si è costituito eccependo in via preliminare la nullità dell’atto di citazione ex art. 163 n. 3 e 4, non essendo in particolare precisato il soggetto in favore del quale il danno dovrebbe essere liquidato e l’inammissibilità dell’azione di responsabilità proposta dalla società per mancanza di valida deliberazione sociale; ha chiesto il rigetto della domanda (e la condanna per lite temeraria) sul presupposto della piena condivisione dei soci dell’iniziativa imprenditoriale, della scelta come appaltatrice della Edilizia Pe. snc, poi divenuta sas, dell’approvazione dei bilanci annuali e delle opere consegnate, evidenziando che i corrispettivi realizzati dalle vendite erano stati condizionati dal noto crollo dei valori immobiliari.

(…) ha invece contestato la propria legittimazione passiva, per non aver mai ricoperto la carica di amministratore, nonché l’improcedibilità dell’azione per difetto di valida deliberazione assembleare, chiedendo comunque il rigetto nel merito e la condanna per lite temeraria.

Ammessa ed espletata ctu, la causa è stata riservata per la decisione all’udienza del 7/6/2018.

Ciò premesso, va disattesa l’eccezione di nullità dell’atto di citazione essendo agevolmente desumibili sia il petitum che la causa petendi, poiché parte attrice ha chiesto il risarcimento del danno da responsabilità dell’amministratore di società a responsabilità limitata ex art. 2476 c.c. nonché del socio concorrente ex art. 2476 comma 7 c.c. É palese poi che il soggetto nei cui confronti si chiede venga pronunciata la condanna è solo la società, dal momento che le socie hanno agito unitamente alla prima solo ad adiuvandum (o comunque in forza della speciale legittimazione spettante a ciascun socio in base al medesimo articolo 2476), ma non per far valere un danno subito direttamente in proprio, non essendovi alcuna allegazione sul punto.

La domanda è poi procedibile in quanto l’assemblea dei soci, come risulta dal doc. 14, ha deliberato l’azione. La delibera è stata validamente assunta a maggioranza dei soci, non potendosi ovviamente computare nel quorum costitutivo e deliberativo i due soci nei cui confronti l’azione si doveva proporre, essendo in conflitto di interessi. In ogni caso, anche in assenza di valida delibera, ciascun socio sarebbe stato legittimato a proporre l’azione sociale di responsabilità e nel giudizio avrebbe dovuto essere convenuta la società quale litisconsorte necessario. Il contraddittorio è quindi validamente instaurato.

In via preliminare si ritiene che debba essere trattata la posizione di (…), il quale ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.

Va evidenziato che (…) rivestiva (e riveste) la carica di socio al 25% in (…) srl. Non si pone quindi alcun problema (processuale) di legittimazione, dal momento che non è stata invocata una sua responsabilità diretta quale amministratore (di diritto o di fatto) della società, ma appunto una responsabilità per concorso.

L’art. 2476 c.c stabilisce che gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società.

Il settimo comma della citata disposizione prevede poi che sono solidalmente responsabili con gli amministratori i soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.

Si tratta di un concorso nell’operazione posto in essere da soci che, senza averne il potere, hanno tuttavia partecipato, allo scopo di recare danno alla società, all’operazione intrapresa dagli amministratori. Si tratta di una partecipazione dolosa ad attività decise per danneggiare la società, soggetta alla norma generale contenuta nell’art. 2043, di cui l’articolo in esame costituisce una specifica applicazione.

La responsabilità del socio di società a responsabilità limitata prevista dall’art. 2476, comma 7, c.c. presuppone non soltanto che il socio abbia partecipato all’attività dannosa, ma che il suo comportamento si connoti in termini di “intenzionalità”, cosicché occorre dare la prova della volontà del socio cogestore di cagionare specifiche lesioni patrimoniali alla società o a terzi mediante l’induzione dell’amministratore all’inadempimento dei suoi doveri o, quanto meno, della piena consapevolezza del socio della contrarietà dell’atto di gestione a norme di legge o dell’atto costitutivo o ai principi di corretta amministrazione nonché delle sue possibili conseguenze dannose (Tribunale Salerno Sez. I Ord., 09/03/2010).

Così chiariti i concetti pare evidente che non è stata fornita alcuna prova in ordine ad un coinvolgimento di (…) nelle operazioni ed atti dannosi posti in essere dall’Amministratore unico (…). Non si ritiene in particolare sufficiente né decisivo il rapporto di parentela tra i due soggetti, né il ruolo di socio amministratore della società che doveva curare l’edificazione del complesso immobiliare: la consapevolezza dell’esistenza di una posizione di conflitto di interessi dell’amministratore non significa, per ciò solo, che vi fosse la specifica intenzione del socio (…) di cagionare un danno alla società appaltante. Non emerge dagli atti alcuna manifestazione di volontà espressa dal socio Is. che riveli un’ingerenza o influenza effettiva da lui spiegata sull’unico amministratore di (…).

D’altra parte, in assenza di specifiche delibere assembleari autorizzative al compimento di specifici atti dell’amministratore, la posizione di Is. rispetto a possibili atti dannosi compiuti da quest’ultimo è perfettamente speculare a quella delle altre due socie oggi attrici, cui pure non poteva dirsi ignota la partecipazione dei fratelli Pe. alla società costruttrice e che per questo risulterebbero esse stesse concorrenti nell’illecito, secondo la loro stessa prospettiva.

Per quanto riguarda invece Pe. Ma., egli ha contestato che gli possano essere addossati i risultati negativi dell’affare, dipendenti dal crollo dei valori immobiliari negli anni successivi al 2008.

I noti principi in tema di business judgment rule, ossia di insindacabilità del merito delle scelte di gestione e di non imputabilità all’amministratore di una società di capitali dell’insuccesso dell’attività sociale, trovano però un limite nella valutazione della ragionevolezza delle scelte stesse, da compiersi sia “ex ante”, secondo i parametri della diligenza del mandatario, sia tenendo conto della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere (ex multis Cass. Sez. 1 -, Sentenza n. 15470 del 22/06/2017, Cass. sez. I, n. 3409 del 2013).

Anche la giurisprudenza di merito ha più volte affermato che può essere valutato dal giudice il quadro delle scelte dell’amministratore al fine di verificare l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche o informazioni normalmente richieste per una scelta di quel genere, tali da configurare la violazione dell’obbligo di adempiere con diligenza il mandato di amministratore ovvero la conduzione degli affari in conflitto di interessi, ovvero ancora la manifesta illogicità ed arbitrarietà dell’agire.

Non si tratta di valutare con giudizio a posteriori l’economicità delle scelte gestionali operate, ovvero il mancato profitto conseguito da quella specifica scelta, quanto di valutare che quello specifico atto contestato non avrebbe dovuto essere compiuto, con giudizio riferito al tempo della sua consumazione.

Si osserva che gli amministratori di una società di capitali sono tenuti ad agire in modo informato, ai sensi dell’art. 2381, ultimo comma, c.c., ed ogni decisione gestionale deve essere adottata con le cautele, le verifiche e le informazioni preventive richieste per la scelta da compiere.

Nel caso di specie certamente non si può ascrivere all’amministratore che l’affare per il quale la società era stata specificamente costituita non abbia avuto l’esito sperato, e che si siano realizzate perdite anziché utili; occorre però verificare se l’amministratore abbia sempre agito con prudenza e diligenza e se il suo eventuale agire omettendo le cautele necessarie abbia cagionato danno alla società.

Orbene, l’affidamento dei lavori di costruzione a Edilizia Pe. snc, società di cui Pe. Ma. era socio ed amministratore, è un dato pacifico, ma probabilmente la scelta di tale contraente era condivisa da tutti i soci, anche quelli che oggi hanno assunto la veste processuale di attori, sicché non è la scelta in sé fonte di responsabilità, se non nel concreto dispiegarsi del rapporto contrattuale, per quanto di seguito si dirà.

In corso di lite è emerso (vedasi doc. 6 allegato alla CTU) che prima di intraprendere l’affare, nella fase precedente l’ottenimento del finanziamento bancario, (…) S.r.l. aveva incaricato il geom. (…) di redigere un piano finanziario. Tale documento evidenziava che il costo totale di costruzione sarebbe stato pari ad Euro 1.054.960,51, di cui Euro 245.000 relativi all’acquisto dei lotti edificabili; Euro 705.000 riferibili a costi diretti di costruzione; Euro 104.960.51 per costi indiretti. Il possibile ricavo del cantiere veniva invece indicato in Euro 1.316.000 ipotizzando Euro 1.900 al mq per gli appartamenti ed Euro 900 al mq per cantine e garage.

Orbene, va certamente escluso che l’amministratore abbia assunto nei confronti dei soci la garanzia del realizzo dei suddetti valori; al tempo stesso però si deve evidenziare che detto business plan non è stato per nulla rispettato in quanto i costi diretti sostenuti per la realizzazione del compendio, come risulta dalla ctu, sono ammontati ad Euro 972.512.52 (superando quelli preventivati di Euro 267.512,52) ed i costi complessivi pari ad Euro 1.286.418,92, mentre i ricavi sono stati pari ad Euro 915.000 complessivi, con una perdita secca lorda del 29% circa.

In proposito il ctu geom. Me. ha evidenziato che l’analisi dei costi iniziale è stata totalmente insufficiente rispetto a quella realmente ipotizzabile in quanto non sono stati neppure considerati i costi riguardanti gli oneri passivi derivanti da operazioni finanziarie (mutui, affidamenti in conto corrente, etc.) ed anche gli eventuali costi di intermediazione intervenuti per la vendita dei cespiti.

In più è stata operata una analisi previsionale dei possibili ricavi palesemente viziata da valori immobiliari eccessivamente elevati rispetto a quelli effettivamente applicabili all’epoca.

Il ctu ha riscontrato che l’affidamento dei lavori ad Edilizia Pe. snc, poi trasformatasi in s.a.s., è stato effettuato in posizione di conflitto di interessi dell’amministratore, che contemporaneamente ne era socio ed amministratore; inoltre non è stato mai stipulato un contratto scritto, o tenuta una contabilità dei lavori: solo nel 2014 i geometri Br. e Ca. incaricati dalla (…) hanno redatto computi metrici ed il ctu ha dichiarato di aver desunto date e percentuali di avanzamento lavori solo dalle relazioni S.A.L. redatte dal tecnico (…) della Ba.Mu.

Dalle verifiche effettuate dal ctu risulta quindi che, tenendo conto dei costi riportati nel computo metrico depositato agli atti a cura di parte attrice, durante l’inizio dei lavori la soc. Edilizia Pe. di Pe. Ma. e Is. s.n.c. ha ricevuto dalla (…) s.r.l. somme superiori all’effettivo stato di avanzamento lavori; nei successivi 4 S.A.L. poi la stessa Edilizia Pe. di Pe. Ma. e Is. s.n.c. ha ricevuto somme dalla (…) s.r.l. ben inferiori all’effettivo stato di avanzamento lavori; il sostanziale pareggio tra stato di avanzamento lavori e pagamenti (con una discrepanza da valutarsi come trascurabile) si è materializzato alla data del 31/08/2012 (data di attestazione fine lavori da parte del tecnico della Banca Mutuataria).

L’importo congruo dei costi diretti di costruzione calcolato dal ctu è poi pari ad Euro 962.723,96, applicando il prezziario regione Umbria 2009 ed una scontistica di circa il 6%. Il geom. Me. ha concluso però che la discrepanza di circa 10.000.00 Euro con i costi effettivi di cui alle fatture è trascurabile, per un intervento edilizio di tale entità.

Circa l’altro aspetto oggetto del quesito il ctu ha rilevato che le vendite sono avvenute a corrispettivi sostanzialmente congrui “considerando il margine di trattabilità che generalmente si riscontra in trattative private immobiliari”. In altri termini il ctu ha determinato il probabile valore di mercato all’epoca di vendita ed in base alle caratteristiche dei singoli compendi, concludendo che rispetto al ricavato vi sarebbe una differenza negativa di Euro 75.634,00, tuttavia in linea con la consuetudine di trattabilità dei prezzi in regime di libero mercato.

Riepilogando, un primo profilo di responsabilità di Pe. Ma. è quello di non aver adottato idonee cautele nella fase preliminare dell’affare, affidandosi ad un business plan palesemente sottostimato, cosa di cui non poteva non rendersi conto, data la propria pregressa esperienza nel settore edilizio.

Infatti delle due l’una: o deve ritenersi che il business plan fosse palesemente incompleto nelle voci e sottostimato quanto ai costi (il che significa che Pe.Ma. non avrebbe dovuto proprio porre in essere l’attività programmata) oppure deve ritenersi che nel momento in cui Pe.Ma. approvò il business plan ritenne pienamente attendibile e condivise l’importo dei costi di costruzione ivi indicato, anche in veste di amministratore della ditta che l’appalto doveva eseguire. C

iò significa che ove fosse stato stipulato un contratto per iscritto, il corrispettivo sarebbe stato l’importo indicato in preventivo ed in corso d’opera l’amministratore, a tutela della società rappresentata, ben avrebbe potuto pretenderne il rispetto, oppure assumere specifiche iniziative per il contenimento dei costi, se del caso rivedendo il business plan.

D’altra parte non è stato allegato e provato che detti costi di costruzione siano lievitati per fattori imprevisti ed imprevedibili, cioè per difficoltà preesistenti e non conoscibili oppure insorte in corso d’opera.

Il corrispettivo globale dei lavori è stato ritenuto dal ctu sostanzialmente congruo, anche se vi è una piccola differenza per eccesso a danno della (…) ed è contestata da parte attrice l’applicazione del prezziario 2009 (osservando che ove fosse stato sottoscritto un contratto nel luglio 2009 le parti avrebbero potuto al più far riferimento, per determinare il prezzo dell’appalto, al prezzario Regione Umbria 2008, non essendo stato ancora pubblicato il successivo).

Se ciò è vero, resta il fatto che tali costi sono stati nettamente superiori rispetto a quelli preventivati e mai, in corso d’opera, è stata verificata la corrispondenza del realizzato agli acconti erogati in base alle fatture emesse, anzi in una prima fase la società attrice ha finanziato la Edilizia Pe., erogando acconti superiori al realizzato.

Anche tale controllo è stato precluso dalla assenza di una contabilità ufficiale dei lavori.

Per quanto riguarda invece gli incassi realizzati – anche alla luce delle condivisibili valutazioni del consulente d’ufficio, che il Tribunale ritiene di fare proprie – non si reputa che vi sia stata una condotta negligente di (…), dal momento che i prezzi inizialmente ipotizzati non erano più ragionevolmente realizzabili per fattori esogeni quali il notorio crollo dei valori immobiliari. I prezzi applicati sono sostanzialmente congrui rispetto ai valori di mercato, dovendosi certamente escludere che i beni siano stati “svenduti”, pur se solo un’abitazione è stata alienata come finita, mentre le altre erano ancora parte allo stato grezzo e prive di finiture.

Non vi sono infatti concreti elementi per ritenere che la scelta di vendere a quel prezzo ed in quel dato momento storico sia stata avventata e che attendendo, o scegliendo di completare le opere, si sarebbe potuto ricavare di più.

Ricapitolando, quindi, che il danno che la società ha subito per effetto della condotta negligente di (…) può essere parametrato alla differenza tra i costi indicati nel business plan e quelli fatturati (Euro 267.512,52) in quanto, se si fosse agito diligentemente, il contratto sarebbe stato stipulato per iscritto, la società appaltante avrebbe potuto pretendere il rispetto dei costi preventivati, eventualmente agendo per la risoluzione del contratto, e detti esborsi in eccesso non sarebbero stati sostenuti o comunque sarebbero stati addebitati ad Edilizia Pe. snc, in ipotesi di affidamento ad altra impresa.

Tale importo è quello che l’amministratore dovrà risarcire alla società.

Le spese seguono la soccombenza nei singoli rapporti e si liquidano come da dispositivo.

Le spese di ctu, nella misura provvisoriamente liquidata in corso di giudizio, vanno poste definitivamente a carico del convenuto Pe. Ma. in quanto soccombente in relazione alle domande per le quali si è reso necessario disporre la ctu.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: rigetta la domanda attrice nei confronti di (…);

condanna Pe.Ma. al pagamento in favore di (…) S.r.l. della somma di Euro 267.512,52 oltre interessi nella misura legale fino al soddisfo;

condanna Pe.Ma. a rimborsare a parte attrice le spese di lite, che si liquidano d’ufficio, in assenza di specifica, in Euro 3.477,68 per spese, Euro 21.387,00 per compensi ex DM 55/14, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese generali ex art. 2 DM 55/14;

condanna parte attrice a rimborsare a (…) le spese di lite, che si liquidano in Euro 21.387,00 per compensi ex DM 55/14, oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00% per spese generali ex art. 2 DM 55/14 da distrarsi in favore di avv. Co. dichiaratasi antistataria.

Pone le spese di ctu, nella misura liquidata in corso di giudizio, definitivamente a carico del convenuto Pe. Ma.

Così deciso in Perugia il 10 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 10 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.