la sentenza che accoglie la domanda revocatoria fallimentare ha natura costitutiva, in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti, nei confronti della massa fallimentare, atti che avevano gia’ conseguito piena efficacia, sia determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale (articolo 2740 c.c.) ed alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell’atto; conseguentemente la situazione giuridica vantata dalla massa ed esercitata dal curatore non integra un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni) esistente prima del fallimento (ne’ nascente all’atto della dichiarazione dello stesso) e indipendentemente dall’esercizio dell’azione giudiziale, ma rappresenta un vero e proprio diritto potestativo all’esercizio dell’azione revocatoria, rispetto al quale non e’ configurabile l’interruzione della prescrizione a mezzo di semplice atto di costituzione in mora. Va negato, dunque, che la prescrizione potesse essere interrotta con la nominata diffida.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1456

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21985/2013 proposto da:

(OMISSIS) S.r.l., in Amministrazione Straordinaria, in persona del commissario straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente, controricorrente al ricorso incidentale –

contro

(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) S.A., gia’ (OMISSIS) S.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale condizionato;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 758/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 09/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/09/2018 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 3 luglio 2008 (OMISSIS) s.r.l. in amministrazione straordinaria conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Tortona (OMISSIS) s.p.a. chiedendo che fossero revocati i pagamenti eseguiti in favore della convenuta nell’anno anteriore alla dichiarazione d’insolvenza, intervenuta il 17 settembre 2003 per complessivi Euro 46.862,25.

(OMISSIS) si costituiva in giudizio eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, evidenziando che destinataria dei pagamenti oggetto di causa risultava essere (OMISSIS) s.a..

Con ordinanza del 6 marzo 2009 il Tribunale disponeva la chiamata in causa di quest’ultima societa’, la quale si costituiva in giudizio il 17 marzo 2010: nell’occasione veniva eccepita la nullita’ della notificazione della citazione e la nullita’ della citazione per inosservanza del termine minimo di comparizione; veniva altresi’ richiesta la remissione in termini; era inoltre domandato che l’azione revocatoria fosse dichiarata prescritta e che, nel merito, la domanda venisse respinta.

Il Tribunale accoglieva la domanda revocando i pagamenti e condannava la convenuta e la terza chiamata, in solido tra loro, a restituire l’importo sopra indicato.

2. – (OMISSIS) proponeva appello con citazione notificata il 10 dicembre 2010. Con altro atto di citazione, notificato il 29 giugno 2011, spiegava impugnazione pure (OMISSIS), che svolgeva gravame incidentale nella comparsa di risposta depositata nel primo giudizio di appello.

La Corte di Torino riuniva le impugnazioni, che erano decise con sentenza del 9 aprile 2013. Il giudice distrettuale accoglieva i due gravami e rigettava la domanda proposta nei confronti della convenuta e della societa’ chiamata in giudizio, condannando (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali.

3. – Tale pronuncia e’ stata impugnata per cassazione dall’amministrazione straordinaria di (OMISSIS) con un ricorso articolato in sette motivi.

Il primo motivo investe la sentenza impugnata della parte in cui ha accolto l’appello di (OMISSIS); quelli successivi, fino al sesto, integrano censure che attengono alla ratio decidendi posta a fondamento della statuizione reiettiva adottata nei confronti (OMISSIS); il settimo motivo, infine, investe il capo della sentenza relativo alla condanna della ricorrente alle spese processuali.

Resistono con controricorso sia (OMISSIS) s.p.a. che (OMISSIS)q s.a. (gia’ (OMISSIS) s.a.); la seconda ha pure svolto un ricorso incidentale condizionato basato su due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo viene dedotta la violazione dell’articolo 1189 c.c., dei principi in tema di apparenza giuridica e dell’articolo 2697 c.c..

Rileva l’istante che l’azione revocatoria era stata proposta identificando l’obbligato principale alla restituzione nel soggetto (la societa’ italiana (OMISSIS)) che aveva sempre gestito il rapporto contrattuale in modo tale da ingenerare nella controparte l’oggettiva e incolpevole convinzione che il rapporto coinvolgesse direttamente la propria sfera patrimoniale, in senso giuridico ed economico.

Osserva la ricorrente che la Corte di appello di Torino avrebbe dovuto cogliere il senso della questione giuridica ad essa devoluta, che doveva risolversi attribuendo rilievo non gia’ al dato della titolarita’ del conto corrente sul quale i pagamenti erano transitati, quanto, piuttosto, alle circostanze che assumevano rilievo ai fini della concreta possibilita’, da parte di (OMISSIS), di percepire chi fosse il beneficiario effettivo dei pagamenti eseguiti.

In tal senso, il giudice del gravame era incorso nella falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., per l’inesatta identificazione del fatto impeditivo che la convenuta avrebbe dovuto provare per risultare vittoriosa in giudizio: fatto impeditivo per l’appunto costituito dalla impossibilita’, da parte di (OMISSIS), di comprendere che la societa’ italiana non aveva avuto un ruolo sostanziale nella vicenda dedotta in giudizio, “restando estraneo il suo patrimonio ai movimenti finanziari” della stessa attrice.

1.1. – Il motivo e’ infondato.

La Corte di appello ha operato una ricognizione dei documenti comprovanti i pagamenti oggetto della domanda di revocatoria ricavandone che questi ultimi erano affluiti sul conto corrente di riferimento di (OMISSIS).

Ha escluso, quindi, che avesse fondamento l’affermazione del giudice di primo grado, secondo cui le due societa’ appellanti avevano creato “l’apparenza giuridica della cura degli stessi interessi e della loro sovrapposizione soggettiva”, osservando come, di conseguenza, soltanto nei confronti della societa’ belga potesse essere richiesta la pronuncia L. Fall., ex articolo 67.

Cio’ posto, l’accertamento riguardo al destinatario del pagamento non e’ stato censurato; ne’, del resto, avrebbe potuto esserlo sulla scorta di rilievi che ponessero in discussione l’apprezzamento delle risultanze probatorie: profilo, questo, estraneo al sindacato di legittimita’.

La circostanza per cui i pagamenti vennero ricevuti da (OMISSIS) assume, del resto, rilievo dirimente, giacche’ l’azione revocatoria fallimentare deve dirigersi verso il terzo che sia partecipe o diretto destinatario dell’atto pregiudizievole compiuto dal debitore: e quindi, nel caso di pagamento, verso il creditore che ha riscosso quest’ultimo.

Non e’ quindi concludente dibattere dell’apparenza della posizione creditoria in capo a un terzo soggetto ( (OMISSIS)): non lo e’ in quanto l’adempimento si e’ attuato in favore della societa’ chiamata in giudizio (cui, oltretutto, e’ pacificamente riferibile la posizione di creditrice delle prestazioni controverse, giacche’ sul punto non vi e’ censura: e la prospettazione, da parte di (OMISSIS), di un’apparenza della qualita’ di creditore in capo alla societa’ italiana si spiega, sul piano logico, proprio negando che la stessa fosse la creditrice effettiva).

2. – I successivi motivi del ricorso principale investono, da diverse angolazioni, la pronuncia impugnata nella parte in cui ha ritenuto prescritta l’azione revocatoria nei confronti della societa’ (OMISSIS), oggi (OMISSIS)q.

2.1 – Col secondo motivo e’ lamentata violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 342 c.p.c.: si deduce che la sentenza impugnata non avrebbe rilevato l’inammissibilita’ dell’appello nella parte in cui conteneva una censura non pertinente rispetto alla motivazione della decisione di primo grado. Rileva l’istante che quest’ultima pronuncia aveva ritenuto valido l’atto interruttivo del termine prescrizionale posto in essere da (OMISSIS) nei confronti dell’apparente debitrice (OMISSIS), considerandolo efficace anche nei confronti di (OMISSIS).

La sentenza di appello aveva invece mancato di attribuire rilievo alla detta costituzione in mora del 10 dicembre 2007: viene rammentato come, sul punto, il giudice di primo grado avesse ritenuto che la comunicazione in questione, pur essendo indirizzata a (OMISSIS), aveva prodotto i suoi effetti anche nei confronti di (OMISSIS), dal momento che entrambe le societa’ avevano concorso a creare l’apparenza circa il fatto che esse coincidessero nella persona di un unico creditore.

Ad avviso dell’istante, quindi, il giudice del gravame avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il motivo di appello in quanto inidoneo a superare la motivazione posta a base della sentenza del Tribunale di Tortona.

2.2. – Con il terzo motivo la sentenza e’ censurata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., avendo la stessa omesso di pronunciarsi su di una eccezione che era stata sollevata: quella relativa alla tardivita’ della deduzione -formulata in primo grado dalla chiamata in causa (OMISSIS) – circa la prescrizione dell’azione revocatoria.

Lamenta l’istante che la Corte di merito, benche’ abbia riconosciuto la tardivita’ della costituzione di (OMISSIS), abbia mancato di rilevare la decadenza in cui la stessa era incorsa nel proporre le eccezioni di merito non rilevabili d’ufficio, tra cui era da ricomprendere quella di prescrizione.

2.3. – Il quarto motivo prospetta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 167 c.p.c., comma 2, avendo la sentenza pronunciato su di un’eccezione non rilevabile d’ufficio che era stata sollevata dopo il maturarsi della decadenza di cui alla menzionata norma del codice di rito.

Osserva sul punto la ricorrente che il rigetto della propria eccezione circa la tardivita’ della deduzione di controparte, fondata sulla prescrizione, non trovava fondamento giustificativo, dal momento che entrambi i giudici di merito avevano escluso che l’appellante potesse fruire del beneficio della rimessione in termini.

2.4. – Il quinto mezzo censura la sentenza per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti: l’esistenza di un atto interruttivo indirizzato a (OMISSIS), ma idoneo a spiegare effetti nei confronti di (OMISSIS).

Reputa la ricorrente che ove pure il destinatario del pagamento fosse da individuare nella societa’ belga, cosi’ da escludere una legittimazione passiva, ancorche’ concorrente, della societa’ italiana, cio’ non basterebbe per escludere automaticamente la rilevanza dell’atto interruttivo, siccome indirizzato a soggetto che non aveva titolo a riscuotere la prestazione.

2.5. – Con il sesto motivo (OMISSIS) si duole della violazione dell’articolo 2943 c.c., comma 4, nonche’ del principio dell’apparenza del diritto. Assume la ricorrente che essa, nell’indirizzare la diffida alla societa’ italiana, “aveva la perfetta, giustificata e incolpevole consapevolezza”, motivata dalle modalita’ si era svolta la vicenda contrattuale, che della questione sarebbe rimasta investita anche la societa’ belga.

Al riguardo, l’istante richiama il principio per cui un atto interruttivo della prescrizione puo’ essere idoneo a raggiungere i suoi effetti anche se diretto a un soggetto che abbia la rappresentanza o abbia agito come rappresentante della controparte, sempre che, in quest’ultimo caso, il rappresentato abbia tenuto un comportamento colposo tale da ingenerare nel terzo il ragionevole convincimento che al rappresentante apparente fosse stato effettivamente conferito il relativo potere e sempre che il terzo abbia in buona fede fatto affidamento sull’esistenza del detto potere.

2.6. – Precede, secondo l’ordine logico, l’esame del terzo e del quarto motivo, che concernono il tema della tempestivita’ dell’eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria. Tali censure non sono fondate.

E’ da premettere che l’evocazione in giudizio di (OMISSIS) ebbe luogo senza rispettare il termine minimo di comparizione.

La Corte di appello ha ritenuto esistente il vizio processuale denunciato rilevando come l’inosservanza del predetto termine fosse stata eccepita dalla chiamata in causa: la circostanza e’ riconosciuta dalla stessa ricorrente, la quale ricorda come (OMISSIS), costituendosi con comparsa del 17 marzo 2010, avesse concluso chiedendo, tra l’altro, la declaratoria della nullita’ della citazione per tale motivo.

Ora, la nullita’ dell’atto introduttivo del giudizio per violazione dei termini a comparire o per mancanza dell’avvertimento previsto dall’articolo 163 c.p.c., comma 3, n. 7 (nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990, articolo 7) e’ sanata dalla costituzione del convenuto, e, ove quest’ultimo eccepisca tali vizi, il giudice e’ tenuto, ai sensi dell’articolo 164 c.p.c., comma 3 (nel testo novellato dalla cit. L. n. 353 del 1990, articolo 9), a fissare nuova udienza nel rispetto dei termini (Cass. 7 marzo 2002, n. 3335; Cass. 13 maggio 2004, n. 9150).

Il fatto che la costituzione del convenuto abbia effetto sanante non implica, pero’, che ove essa si attui oltre il termine di venti giorni di cui all’articolo 166 c.p.c., le eccezioni non rilevabili d’ufficio contenute nella comparsa di risposta siano da ritenersi tardive (come lo sarebbero in tutte le ipotesi in cui il rapporto processuale venga validamente instaurato).

Non puo’ infatti omettersi di considerare che nel caso in esame la costituzione del convenuto fa seguito a una citazione nulla per il mancato rispetto dei termini minimi di cui all’articolo 163 bis c.p.c. – i quali sono deputati ad assicurare all’evocato in lite un periodo di tempo congruo per l’approntamento delle sue difese – e che, proprio in considerazione di tale inosservanza, l’articolo 164 c.p.c., comma 3, prevede che il convenuto stesso, costituendosi, sia legittimato a beneficiare della fissazione di una nuova udienza nel rispetto del termine, cosi’ da poter procedere alla compiuta articolazione delle proprie deduzioni.

La disciplina sulla nullita’ di cui qui si discute si fonda, all’evidenza, sulla presunzione che l’inosservanza del termine a comparire precluda al convenuto una piu’ adeguata difesa (cfr. Cass. 16 ottobre 2014, n. 21957), onde la mancata proposizione delle eccezioni in senso stretto nel termine di venti giorni dall’udienza fissata nel mancato rispetto dell’articolo 163 bis c.p.c. e’ del tutto priva di giuridica rilevanza.

La decadenza si produrra’, semmai, ove il convenuto non provveda a formulare le dette eccezioni nel nuovo termine da calcolarsi a ritroso rispetto alla nuova udienza fissata dal giudice a norma dell’articolo 164 c.p.c., comma 3.

In conclusione, come sono da considerarsi tempestive le eccezioni sollevate con la comparsa depositata entro tale termine, a maggior ragione lo sono quelle fatte valere dallo stesso convenuto all’atto della sua costituzione in giudizio (allorquando egli eccepisca la nullita’ della citazione, inducendo in tal modo il giudice alla fissazione dell’udienza di cui si e’ detto).

Nel caso in esame il convenuto ebbe a proporre l’eccezione di prescrizione nella propria comparsa di risposta, in cui lamento’ la mancata osservanza del termine minimo di comparizione: e’ indubbio, pertanto, che tale eccezione sia stata sollevata tempestivamente.

2.7. – Pure da disattendere sono le censure svolte nel secondo, nel quinto e nel sesto motivo, con cui la ricorrente invoca l’interruzione della prescrizione che si sarebbe a suo dire determinata per effetto della diffida da essa inoltrata a (OMISSIS).

Va escluso che sulla detta interruzione sia caduto il giudicato interno. Anzitutto, come ricorda la stessa (OMISSIS) (ricorso, pag. 6), col proprio atto di appello (OMISSIS) aveva fatto valere la prescrizione dell’azione revocatoria.

Rammenta inoltre la stessa (OMISSIS) che nell’atto di gravame (OMISSIS) aveva espressamente dedotto fosse insussistente la “sovrapposizione soggettiva tra le due societa’ convenute relativamente ai profili della prescrizione e della solidarieta’” (pag. 5 del ricorso per cassazione).

Deve quindi ritenersi che in appello sia stata efficacemente contrastata la statuizione del giudice di prima istanza (il quale aveva escluso l’eccepita prescrizione in considerazione dell’atto interruttivo della medesima consistente nella diffida da essa intimata all’italiana (OMISSIS): diffida che, ad avviso del Tribunale, avrebbe spiegato effetto, in ragione dell’apparenza, pure nei confronti della belga (OMISSIS)).

Per il resto, risulta assorbente il rilievo, in diritto, per cui la sentenza che accoglie la domanda revocatoria fallimentare ha natura costitutiva, in quanto modifica ex post una situazione giuridica preesistente, sia privando di effetti, nei confronti della massa fallimentare, atti che avevano gia’ conseguito piena efficacia, sia determinando, conseguentemente, la restituzione dei beni o delle somme oggetto di revoca alla funzione di generale garanzia patrimoniale (articolo 2740 c.c.) ed alla soddisfazione dei creditori di una delle parti dell’atto; conseguentemente la situazione giuridica vantata dalla massa ed esercitata dal curatore non integra un diritto di credito (alla restituzione della somma o dei beni) esistente prima del fallimento (ne’ nascente all’atto della dichiarazione dello stesso) e indipendentemente dall’esercizio dell’azione giudiziale, ma rappresenta un vero e proprio diritto potestativo all’esercizio dell’azione revocatoria, rispetto al quale non e’ configurabile l’interruzione della prescrizione a mezzo di semplice atto di costituzione in mora (articolo 2943 c.c., u.c.), (Cass. Sez. U., 13 giugno 1996, n. 5443; in senso conforme, tra le tante: Cass. 26 luglio 2012, n. 13302; Cass. 6 agosto 2010, n. 18438; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3379; Cass. 8 gennaio 2003, n. 58). Va negato, dunque, che la prescrizione potesse essere interrotta con la nominata diffida.

3. – Il settimo motivo denuncia la motivazione inesistente, per insanabile contraddizione tra motivazione e dispositivo, e la conseguente nullita’ della pronuncia impugnata con riferimento al capo delle spese processuali. Lamenta in sintesi l’istante che il giudice del gravame, a fronte di diversi elementi che dovevano orientarlo verso una parziale compensazione delle spese processuali, abbia mancato di disporre in tal senso.

3.1. – Il motivo e’ palesemente infondato.

In tema di spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non puo’ essere condannata nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse (Cass. 4 agosto 2017, n. 19613; Cass. 11 gennaio 2008, n. 406), mentre qualora ricorra la soccombenza reciproca e’ rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimita’, decidere quale delle parti debba essere condannata e se ed in quale misura debba farsi luogo a compensazione (Cass. 5 ottobre 2001, n. 12295; Cass. 2 marzo 1994, n. 2124).

Ne’ l’impugnata decisione puo’ ritenersi carente di motivazione. Infatti, solo la compensazione deve essere sorretta da motivazione, e non gia’ l’applicazione della regola della soccombenza cui il giudice si sia uniformato, atteso che il vizio motivazionale, ove ipotizzato, sarebbe relativo a circostanze discrezionalmente valutabili e, percio’, non costituenti punti decisivi idonei a determinare una decisione diversa da quella assunta (Cass. 23 febbraio 2012, n. 2730; Cass. 2 aprile 1979, n. 1868).

4. – Come avvertito in precedenza, il ricorso incidentale condizionato si compone di due motivi.

4.1 – Il primo lamenta la violazione dell’articolo 164 c.p.c., comma 1, n. 3. La censura si dirige contro la decisione della Corte di appello con cui e’ stata negata la rimessione in termini sul presupposto che la societa’ non avesse formulato istanza di tipo istruttorio; viene dedotto che l’articolazione delle prove avrebbe avuto luogo ove fossero stati concessi termini di cui all’articolo 183 c.p.c..

4.2. – Il secondo mezzo di ricorso incidentale condizionato oppone l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti “con riferimento all’articolo 112 c.p.c.”. Rileva l’istante come la Corte di merito abbia omesso alcuna pronuncia sulla eccezione da essa proposta circa la propria conoscenza dell’esistenza dello stato di insolvenza della debitrice.

4.3. – Tali motivi rimangono assorbiti stante il rigetto del ricorso principale.

5. – In conclusione, va respinto il ricorso principale, con assorbimento di quello incidentale di (OMISSIS)q.

6. – Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.