la revocatoria fallimentare del pagamento di cui alla L. Fall., articolo 67, e’ esperibile anche quando il pagamento sia stato effettuato da un terzo, purche’ questi abbia pagato il debito con danaro dell’imprenditore poi fallito, ovvero con danaro proprio, sempre che, dopo aver pagato, il medesimo abbia esercitato azione di rivalsa prima dell’apertura del fallimento.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di diritto fallimentare, si consiglia di consultare la Raccolta di massime delle principali sentenze della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1455

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23557/2013 proposto da:

(OMISSIS) soc. cons. a r.l. in amministrazione straordinaria, in persona dei commissari liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1168/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 17/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/09/2018 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

FATTI DI CAUSA

1. – Con citazione notificata il 24 luglio 2001 le amministrazioni straordinarie di (OMISSIS) soc. cons. a r.l. e (OMISSIS) s.p.a., entrambe facenti capo al (OMISSIS), convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Catania, (OMISSIS) s.p.a. deducendo quanto segue:

(OMISSIS) era stata dichiarata insolvente dal predetto Tribunale con sentenza del 27 giugno 1996 e quindi sottoposta alla procedura di amministrazione straordinaria con decreto del Ministro dell’industria del 2 settembre 1996;

nell’anno antecedente la dichiarazione d’insolvenza la societa’, gia’ debitrice nei confronti di (OMISSIS), aveva effettuato alla predetta tre pagamenti (un primo per Lire 8.500.000 con assegno tratto da (OMISSIS) s.p.a.;

un secondo per 59.500.000 mediante assegno tratto da (OMISSIS); un terzo per Lite 16.062.500 mediante assegno tratto sempre da (OMISSIS));

i pagamenti dovevano ritenersi revocabili in quanto gli assegni bancari, sebbene tratti da altre societa’ del (OMISSIS), erano stati spediti direttamente dalla stessa (OMISSIS) e dovevano pertanto essere considerati quali pagamenti eseguiti dalla medesima;

i pagamenti in questione potevano comunque essere oggetto di revocatoria, anche qualora fossero stati ritenuti versamenti eseguiti dalle societa’ traenti, giacche’ queste ultime avevano agito per conto di (OMISSIS) e avevano potuto computare gli esborsi a deconto dei propri maggiori debiti verso l’ordinante, esercitando in tal modo la rivalsa verso la stessa prima dell’avvio della procedura concorsuale;

comunque i pagamenti eseguiti con assegni tratti da (OMISSIS) erano revocabili a norma della L. Fall., articolo 67, comma 2, giacche’ quest’ultima societa’, dichiarata insolvente con sentenza del 9 luglio 1996, era stata assoggettata alla procedura dell’amministrazione straordinaria il 24 ottobre 1996;

vi era piena consapevolezza dello stato di insolvenza delle societa’ attrici da parte di quella convenuta, come attestato tanto dalla stampa nazionale, quanto da quella locale, oltre che dai numerosissimi protesti cambiari elevati in danno delle azioniste (OMISSIS) e (OMISSIS).

Nella contumacia della convenuta, il Tribunale respingeva la richiesta di prova testimoniale delle attrici e, in seguito, rigettava le domande dirette alla declaratoria di inefficacia dei pagamenti e alla restituzione delle somme riscosse che erano state formulate in giudizio. Riteneva, in particolare, che la revocatoria avrebbe dovuto essere indirizzata contro la rivalsa esercitata dalle societa’ traenti nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS): non, quindi, contro il pagamento attuato a mezzo della consegna degli assegni.

2. – Avverso la predetta sentenza proponevano appello (OMISSIS) e (OMISSIS).

La Corte di appello di Catania, con sentenza del 17 luglio 2012, respingeva il gravame. In estrema sintesi, il giudice distrettuale rilevava che il Tribunale avrebbe dovuto considerare che la revocatoria si fondava sull’esecuzione di un pagamento operato su richiesta della debitrice utilizzando provvista appartenente a quest’ultima: onde essa andava orientata verso l’atto solutorio di cui aveva beneficiato (OMISSIS) “non diversamente dall’ipotesi in cui fosse stata la stessa insolvente (OMISSIS) ad eseguire il pagamento, posto che il peso economico del pagamento operato tramite il terzo era direttamente incidente sul patrimonio di quest’ultima, alla quale il pagamento stesso andava altresi’ giuridicamente attribuito”.

Sul piano probatorio rilevava che il “mastrino di sottoconto” riferito a (OMISSIS) non indicava i pagamenti dedotti, ne’ alcun altro elemento da cui desumere la compensazione delle ragioni di debito e credito tra la predetta societa’ e (OMISSIS).

Inoltre, tale scrittura era priva di efficacia probatoria dal momento che (OMISSIS) era soggetto terzo rispetto ai due imprenditori (OMISSIS) e (OMISSIS) e, comunque, il libro, oltre ad essere privo di bollature e vidimature, risultava sprovvisto di alcuna attestazione che desse atto della sua regolare tenuta.

Il “mastrino di sottoconto” riferito a (OMISSIS), invece, mancava agli atti.

D’altro canto – aggiungeva la Corte del merito -, la prova testimoniale dedotta non forniva le indicazioni atte a supportare la prospettazione attorea, ne’ poteva demandarsi ai testimoni una valutazione squisitamente giuridica quale quella afferente l’estinzione dell’obbligazione derivante dal pagamento per compensazione (infatti le appellanti avevano fondato la loro pretesa sull’assunto per cui la rivalsa, da parte di (OMISSIS) e (OMISSIS), era stata esercitata compensando il loro credito con pregresse esposizioni debitorie di (OMISSIS) nei loro confronti).

3. – La sentenza e’ stata impugnata per cassazione dall’amministrazione straordinaria di (OMISSIS) con un ricorso articolato in un unico motivo. (OMISSIS), benche’ intimata, non ha svolto attivita’ difensiva nella presente sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – La ricorrente lamenta il vizio di motivazione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5. La censura e’ articolata esponendosi quanto segue. L’istante aveva dedotto che le societa’ trattarie avevano agito su suo ordine, potendo conteggiare gli esborsi fatti a deconto dei loro maggiori debiti verso l’ordinante, e si erano quindi rivalse verso essa (OMISSIS) prima dell’avvio della procedura concorsuale.

Per fornire prova del proprio assunto, la ricorrente aveva chiesto di provare che i crediti di rivalsa sorti dai pagamenti di (OMISSIS) e (OMISSIS) in favore di (OMISSIS) erano stati iscritti nei conti correnti dalle societa’ solventi e (OMISSIS) e si erano estinti per compensazione prima del 2 settembre 1996, come risultava dai “mastrini di sottoconto” prodotti in giudizio e da esibire ai testi.

Il mastrino riferito al rapporto tra (OMISSIS) e (OMISSIS) era stato regolarmente prodotto con la memoria ex articolo 184 c.p.c., ed era stato verosimilmente smarrito, sicche’ il mancato suo rinvenimento non era dipeso dall’omesso deposito del documento.

La prova dell’avvenuta rivalsa attraverso la compensazione era stata del resto affidata alla escussione testimoniale, e non ai mastrini prodotti; non aveva pertanto rilievo l’osservazione formulata dalla Corte di appello, secondo cui al mastrino non poteva attribuirsi efficacia probatoria nei confronti di (OMISSIS): affermazione, questa del giudice distrettuale, basata, per un verso, sul rilievo per cui (OMISSIS) era terza rispetto ai due imprenditori e, per altro verso, sul dato della mancata bollatura e vidimatura del libro, del quale non era nemmeno attestata la regolare tenuta.

Posto, dunque, che (OMISSIS) non aveva inteso invocare, a supporto delle compensazioni, la regola posta dall’articolo 2710 c.c., la prova testimoniale da essa articolata doveva essere ammessa: il mezzo istruttorio, infatti, aveva puntualmente ad oggetto la circostanza per cui i crediti di rivalsa di (OMISSIS) e (OMISSIS) si erano estinti per compensazione prima della dichiarazione d’insolvenza della medesima (OMISSIS).

2. -Il ricorso e’ fondato.

2.1. – La Corte di merito ha rettamente osservato che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, la controversia concerneva (anche) la fattispecie di pagamenti posti in essere da terzi ( (OMISSIS) e (OMISSIS)) che avevano poi esercitato fruttuosamente la rivalsa nei confronti di (OMISSIS) compensando il proprio credito insorgente dalle rimesse solutorie in favore di (OMISSIS) con debiti da esse precedentemente contratti con la stressa odierna ricorrente.

2.2. – Come e’ noto, la revocatoria fallimentare del pagamento di cui alla L. Fall., articolo 67, e’ esperibile anche quando il pagamento sia stato effettuato da un terzo, purche’ questi abbia pagato il debito con danaro dell’imprenditore poi fallito, ovvero con danaro proprio, sempre che, dopo aver pagato, il medesimo abbia esercitato azione di rivalsa prima dell’apertura del fallimento (Cass. 13 ottobre 2017, n. 24172; Cass. 31 marzo 2016, n. 6282; Cass. 31 maggio 2012, n. 8783).

Rispetto all’ipotesi prospettata risultava quindi centrale il punto relativo all’esercizio della rivalsa che si sarebbe attuato attraverso le nominate compensazioni.

2.3. – Il relativo accertamento di fatto era stato affidato dalla ricorrente al capitolo di prova testimoniale vertente sulla circostanza per cui “i crediti di rivalsa della (OMISSIS) s.p.a. e della (OMISSIS) s.p.a. – rispettivamente di Lire 8.500.000 e di Lire 75.562.500 – sorti dei pagamenti dalle stesse eseguite in favore della (OMISSIS) s.p.a. a riduzione dei debiti della (OMISSIS) soc. cons. a r.l, (erano) stati iscritti nel conto corrente tra le societa’ solventi e la (OMISSIS) e si (erano) estinti per compensazione prima del 2 settembre 1996 come (risultava) anche dai mastrini di sottoconto doc. 12 e 13 esibiti al teste”.

2.4. – Occorre anzitutto osservare, con riferimento al mastrino n. 12, che il mancato rinvenimento di esso all’interno del fascicolo di causa non consentiva alla Corte di appello di prescindere dal detto documento, il quale risultava ritualmente prodotto.

Infatti, ove non risulti alcuna annotazione dell’avvenuto ritiro del fascicolo di una parte, il giudice non puo’ rigettare una domanda, o un’eccezione, per mancanza di una prova documentale inserita nel fascicolo di parte, ma deve disporre le opportune ricerche tramite la cancelleria, e, in caso di esito negativo, concedere un termine all’appellante per la ricostruzione del proprio fascicolo, presumendosi che le attivita’ delle parti e dell’ufficio si siano svolte nel rispetto delle norme processuali e, quindi, che il fascicolo, dopo l’avvenuto deposito, non sia mai stato ritirato: soltanto in caso di insuccesso delle ricerche da parte della cancelleria, ovvero in caso di inottemperanza della parte all’ordine di ricostruire il proprio fascicolo, il giudice potra’ pronunciare sul merito della causa in base agli atti a sua disposizione (Cass. 14 febbraio 2017, n. 3771; Cass. 18 aprile 2016, n. 7630; Cass. 3 giugno 2014, n. 12369).

Competeva dunque alla Corte di merito attivarsi, con le modalita’ indicate, per l’acquisizione del documento non piu’ presente nel fascicolo d’ufficio.

2.5. – Cio’ posto, e’ sufficiente la semplice lettura del capitolo di prova testimoniale per avvedersi che la dimostrazione dell’esistenza di preesistenti crediti di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) (oggetto della compensazione con cui si sarebbe perfezionata la rivalsa) risultava affidata a tale mezzo istruttorio e non, quindi, ai “mastrini di sottoconto”, che, infatti, dovevano essere semplicemente esibiti, nel corso della deposizione, al testimone perche’ questi identificasse i controcrediti dell’odierna istante che con cui doveva attuarsi la compensazione.

Tanto vale ad escludere il rilievo che la Corte di appello annette a plurime circostanze che avrebbero dovuto, di contro, essere valorizzate nell’ipotesi in cui l’odierna ricorrente avesse invocato l’autosufficienza probatoria delle nominate scritture contabili. In particolare, risulta non decisivo quanto osservato dal giudice distrettuale con riguardo ai suddetti mastrini (da un lato, il fatto che l’amministrazione straordinaria risultava estranea al rapporto tra (OMISSIS) e le societa’ che avevano eseguito i pagamenti in favore di (OMISSIS); dall’altro, il dato afferente alla bollatura, alla vidimatura e alla regolare tenuta dei libri stessi).

Da ultimo, non merita condivisione l’assunto circa l’inammissibilita’ della richiesta prova testimoniale, siccome implicante la sottoposizione di giudizi ai testimoni, giacche’ tale mezzo istruttorio risulta preordinato, nella sostanza, a dar conto della coesistenza dei crediti di rivalsa con altri crediti (annotati nei mastrini prodotti in giudizio): coesistenza da cui deriverebbe la compensazione delle rispettive partite.

E non e’ inutile rammentare, al riguardo, che analogo capitolo di prova e’ stato ritenuto ammissibile dalla gia’ citata Cass. 31 maggio 2012, n. 8783, ove si e’ osservato come esso concerna circostanze di fatto, intese a provare che il credito di rivalsa del terzo solvens si era estinto per compensazione con il maggior credito, vantato da altra societa’ in amministrazione straordinaria verso quel soggetto, prima della dichiarazione di insolvenza.

3. – La sentenza va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, la quale e’ altresi’ investita della statuizione circa le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.