La risoluzione del contratto di locazione di immobili sulla base di una clausola risolutiva espressa non può essere pronunciata di ufficio, ma postula la corrispondente e specifica domanda giudiziale della parte nel cui interesse quella clausola è stata prevista, sicché, una volta proposta l’ordinaria domanda ex art. 1453 cod. civ., con l’intimazione di sfratto per morosità, non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell’avvenuta risoluzione “ope legis” di cui all’art. 1456 cod. civ., atteso che quest’ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al “petitum”, perchè invocando la risoluzione ai sensi dell’articolo 1453 cod. civ. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all’articolo 1456 cod. civ. ne postula una dichiarativa, sia relativamente alla “causa petendi”, perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1453 cod. civ., il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa.

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Tribunale Torino, Sezione 8 civile Sentenza 11 gennaio 2019, n. 105

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SEZIONE OTTAVA CIVILE

Il giudice istruttore, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iniziata iscritta al n. 3746-2018 di R.G., promossa da:

(…), elettivamente domiciliati in Pinerolo c.so (…), presso lo studio dell’avv. (…) che li rappresenta e difende per delega 7.11.2017

Parti ricorrenti

contro

(…), in proprio ed in qualità di titolare della ditta individuale (…)

Parte convenuta n.c.

Oggetto: ricorso ex art. 447 bis c.p.c.

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Per parte ricorrente: “nel merito: in via principale ritenuta l’operatività della clausola risolutiva espressa contenuta all’art. 13) del contratto di locazione dichiarare risolto ai sensi dell’art. 1456 c.c. il contratto di locazione commerciale 15.06.2016 intercorso fra i signori (…) e la ditta individuale (…) nella persona di (…) in subordine ritenuta la gravità dell’inadempimento dichiarare risolto il contratto de quo per grave inadempienza del conduttore ex art. 1455 c.c. e per conseguenza dichiarare tenuta e condannare la ditta individuale (…) nella persona di (…) al rilascio immediato dell’immobile sito in (…) al pagamento in favore degli attori della somma di Euro 5.650,00 quale corrispettivo dei canoni di locazione maturati al mese di marzo 2018 nonché dei canoni maturandi sino all’effettivo rilascio, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo. Con vittoria di spese di giudizio.”

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il presente giudizio trae origine da un’ordinanza di mutamento del rito ex art. 667 del c.p.c. emessa in data 22 febbraio 2018 a seguito dell’avvenuta notifica dell’atto di intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida ai sensi dell’art. 143 c.p.c.

Come noto (e recepito nel Protocollo sul rito locatizio dell’Osservatorio della Giustizia civile di Torino) la notificazione ex art. 143 c.p.c. è considerata incompatibile con il procedimento per convalida di sfratto.

La notifica ex art. 143 c.p.c. è, tuttavia, idonea a introdurre validamente un giudizio di cognizione ordinario in punto di risoluzione del contratto di locazione ex art. 156 c.p.c. (Cfr altresì Corte d’Appello di Milano, sez. III, 4/06/2008, n. 1562, nella quale si ribadisce che la notifica ex art. 143 c.p.c. “è del tutto incompatibile con il procedimento di convalida di sfratto che, per la sua specialità e per la gravità delle conseguenze, richiede che il giudice acquisisca certezza circa la conoscenza effettiva (e non solo legale) dell’atto di intimazione da parte del destinatario, prima di procedere alla convalida”, nonché Trib. Nola. 24 gennaio 2013).

La domanda di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. non è proponibile in questo giudizio alla luce del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione secondo cui

“la risoluzione del contratto di locazione di immobili sulla base di una clausola risolutiva espressa non può essere pronunciata di ufficio, ma postula la corrispondente e specifica domanda giudiziale della parte nel cui interesse quella clausola è stata prevista, sicché, una volta proposta l’ordinaria domanda ex art. 1453 cod. civ., con l’intimazione di sfratto per morosità, non è possibile mutarla in richiesta di accertamento dell’avvenuta risoluzione “ope legis” di cui all’art. 1456 cod. civ., atteso che quest’ultima è radicalmente diversa dalla prima, sia quanto al “petitum”, perchè invocando la risoluzione ai sensi dell’articolo 1453 cod. civ. si chiede una sentenza costitutiva mentre la domanda di cui all’articolo 1456 cod. civ. ne postula una dichiarativa, sia relativamente alla “causa petendi”, perché nella ordinaria domanda di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1453 cod. civ., il fatto costitutivo è l’inadempimento grave e colpevole, nell’altra, viceversa, la violazione della clausola risolutiva espressa” (Cass. civ., Sez. III, 9 giugno 2015, n. 11864; Id., Sez. III, 24 maggio 2016, n. 10691).

Secondo i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento” (Cass. civ., Sez. I, 15 luglio 2011, n. 15659, nonché Cass. Civ., Sez. Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533).

Nella fattispecie in esame il locatore ha depositato il contratto di locazione regolarmente registrato stipulato con il convenuto ed ha quindi fornito la prova della sussistenza del rapporto contrattuale dedotto e delle conseguenti obbligazioni economiche mentre il conduttore non si è costituito in giudizio e non ha provato di aver pagato i canoni di locazione.

Da ciò consegue l’accoglimento della domanda di dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento imputabile a parte convenuta e la condanna di quest’ultimo al rilascio dell’immobile nella disponibilità di parte ricorrente.

A norma dell’art. 56 della legge n. 392 del 1978 viene fissato quale termine per l’esecuzione la data del 31 gennaio 2019 (cfr Cass. civ., Sez. III, 10 febbraio 1987 n. 1426, in tema di determinazione d’ufficio del termine) e ciò tenuto conto delle condizioni del conduttore comparate con quelle del locatore nonché della ragione per cui viene disposto il rilascio, ossia il mancato pagamento dei canoni a far data dal mese di luglio 2016.

Per i medesimi motivi merita accoglimento la domanda di pagamento dei canoni di locazione per la somma complessiva di Euro 5.650,00, oltre alla somma di Euro 400,00 mensili dal 5 febbraio 2019 alla data di rilascio dell’immobile, ed oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.

In applicazione del principio della soccombenza si condanna parte convenuta al pagamento delle spese di lite come liquidate in dispositivo a norma del d.m. n. 55 del 2014, con esclusione della fase istruttoria attesa la natura documentale della causa e riduzione del valore medio indicato per la fase decisionale avuto riguardo alla discussione orale svolta ed alla semplicità della causa.

P.Q.M.

il giudice istruttore in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, visti gli artt. 429 e 447 bis c.p.c.

rigetta la domanda di risoluzione del contratto ex art. 1456 c.c. accerta e dichiara l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione per inadempimento di parte convenuta e, per l’effetto, ordina il rilascio dell’immobile a favore di parte ricorrente e fissa la data dell’esecuzione al 31 gennaio 2019; dichiara tenuta e condanna parte convenuta al pagamento a favore di parte attrice della somma di Euro 5.650,00, oltre alla somma di Euro 400,00 mensili dal 5 febbraio 2019 al rilascio effettivo, ed oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

dichiara tenuta e condanna parte convenuta al pagamento a favore di parte ricorrente delle spese di lite che liquida, in assenza di nota spese, in Euro 3.625,00 per competenze professionali (di cui Euro 600,00 per fase di mediazione, Euro 600,00 per fase di convalida, Euro 875,00 per fase di studio, Euro 740,00 per fase istruttoria ed Euro 810,00 per fase decisione) ed Euro 690,93 per spese, oltre accessori di legge come richiesti.

Così deciso in Torino, il 10 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria l’11 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

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