in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, al risarcimento del danno riconosciuto alla parte adempiente, ai sensi dell’articolo 1453 c.c., puo’ aggiungersi anche il maggior danno, rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali, ai sensi dell’articolo 1224 c.c., comma 2, “sempre che questo risarcimento ulteriore, del quale il richiedente ha l’onere di provare le condizioni, non rimanga assorbito dal risarcimento accordato per il danno derivante dall’inadempimento, dovendosi evitare un’ingiustificata duplicazione del risarcimento dello stesso danno.

 

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 14 giugno 2018, n. 15708

CONTRATTO – RISOLUZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25121/2014 proposto da:

(OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.a.s., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 310/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 12/02/2013;

lette le memorie ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1, depositate da entrambe le parti;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/03/2018 dal cons. VELLA PAOLA.

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino, ha dichiarato risolto per inadempimento della societa’ (OMISSIS) S.p.a. il contratto qualificato come contratto di prestazione d’opera intellettuale ovvero appalto di servizi – da essa stipulato in data 13 luglio 2006 con (OMISSIS) (quale inventore di un sistema riscaldante per l’accoppiamento e laminazione a caldo di film in PVC o materiale plastico) e la (OMISSIS) s.a.s. (quale societa’ costituita per lo sfruttamento dell’invenzione), in base al quale la prima affidava a questi ultimi “lo svolgimento di prestazioni aventi ad oggetto lo studio e la progettazione di nuovi sistemi di riscaldamento a combustibile gassoso per applicazioni nel campo delle materie plastiche, al fine di acquisire il diritto allo sfruttamento dei risultati di dette attivita’ di studio e progettazione ed eventualmente, ove brevettabili, la contitolarita’ dei relativi brevetti”, realizzando cosi’ una “collaborazione fra la parte committente dell’opera e il ricercatore, resa necessaria dalla natura industriale delle applicazioni di progettazione presso lo stabilimento della (OMISSIS)”.

2. Di conseguenza il giudice d’appello, ritenuto il grave inadempimento di (OMISSIS) S.p.a. per il mancato “pagamento delle rate di canone previste, a partire dalla rata del terzo trimestre 2008”, l’ha condannata al risarcimento del danno, che ha quantificato – in assenza di prova del danno emergente – nel lucro cessante esistente al momento della domanda (proposta con citazione notificata l’8 agosto 2008), corrispondente alla rata del terzo trimestre 2008 (pari ad Euro 25.638,00), con detrazione delle spese e dei costi non sopportati dalle controparti, liquidati equitativamente nella misura del 20%, con un risultato finale di Euro 20.511,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

3. Gli odierni ricorrenti hanno impugnato la decisione con ricorso affidato a due motivi, cui l’intimata ha resistito con controricorso; entrambe le parti hanno prodotto memorie difensive finali.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso – rubricato “Sulla violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1458 c.c., e dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Sulla nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 132 c.p.c., n. 4, nonche’ sull’omesso esame circa fatti e documenti decisivi ex articolo 360 c.p.c., n. 5” – i ricorrenti lamentano: i) la mancata pronuncia sulle ulteriori domande n. 3 e n. 4 di cui all’atto di appello (trascritte a pag. 12 e s. del ricorso), quali conseguenze ulteriori della accertata risoluzione avente effetto retroattivo a far data dalla stipula del contratto, e non dalla data della domanda; ii) l’assoluta mancanza di motivazione sulle domande suddette, di assegnazione dei diritti di brevetto e di inibitoria; iii) l’omesso esame dell’articolo 5 del contratto, in base al quale si sarebbe dovuto “accertare e dichiarare che l’unico titolare dei diritti relativi al brevetto oggetto di causa era solo ed esclusivamente gli appellanti e precisamente (OMISSIS) quale titolare e (OMISSIS) quale inventore”.

1.1. La censura, articolata in plurimi profili, non puo’ trovare accoglimento.

1.2. Le doglianze di omessa pronuncia, violazione di legge, omessa motivazione ed omesso esame – tutte afferenti le rivendicazioni in termini di titolarita’ e sfruttamento delle invenzioni di cui alle domande di brevetto “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)” – non tengono conto che la decisione impugnata e’ sotto ogni aspetto consequenziale ad una interpretazione del contratto inter partes del 13 luglio 2006 diversa da quella che i ricorrenti avevano gia’ proposto in entrambi i gradi dei giudizi di merito, che i giudici delle relative sezioni specializzate in materia di impresa hanno disatteso (anche all’esito di apposita c.t.u. in ordine ai rapporti tra la domanda di brevetto “(OMISSIS)” e l’idea inventiva di cui alla domanda “(OMISSIS)”) e che i ricorrenti tornano a proporre, inammissibilmente, in questa sede.

1.3. Invero, tanto il Tribunale quanto la Corte d’appello di Torino hanno motivatamente escluso che l’accordo in questione costituisse (come si insiste a pag. 17 del ricorso) un “unicum” – quale “accordo di ricerca e sviluppo” – ritenendo invece che si trattasse di un contratto rientrante “nel novero dei contratti sinallagmatici tipizzati dello scambio facio ut des, ossia dei contratti di prestazione d’opera intellettuale, ovvero del contratto di appalto (di servizi), a seconda della natura del soggetto ricercatore”, o in altri termini “un contratto atipico di studio e consulenza, con riconducibilita’ alla disciplina dell’articolo 64, comma 1 CPI, sulle cd. invenzioni di servizio”; in particolare, il giudice a quo ha sottolineato che le parti hanno esplicitamente richiamato nel contratto l’articolo 64 cit. – “il cui ambito di applicazione non e’ limitato ai rapporti di lavoro ed alle invenzioni dei dipendenti, ma riguarda tutte le tipologie contrattuali che abbiano ad oggetto una invenzione industriale” – e che tale norma prevede, tra l’altro, che ove “si tratti di invenzione industriale rientrante nel campo di attivita’ del datore di lavoro, quest’ultimo ha il diritto di opzione per l’uso, esclusivo o non esclusivo dell’invenzione o per l’acquisto del brevetto… verso la corresponsione di un canone del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l’inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all’invenzione”.

1.4. Cosi’ circoscritto il perimetro della ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito, ogni diversa prospettazione volta ad un diverso apprezzamento dell’equilibrio contrattuale non e’ piu’ scrutinabile in questa sede, nemmeno nei riflessi che se ne vorrebbero far derivare in termini di retroattivita’ degli effetti della disposta risoluzione, alla luce dei principi in base ai quali “nei contratti ad esecuzione continuata, l’esigenza di rispetto dell’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni non viene meno neppure nella disciplina della risoluzione” (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 4267 del 03/03/2015) e, “in caso di scioglimento, qualora una prestazione gia’ eseguita non sia proporzionale all’altra, occorre che, anche attraverso una restituzione parziale, sia ristabilito l’equilibrio sinallagmatico tra prestazioni e controprestazioni. Pertanto le prestazioni gia’ eseguite, che non possono essere oggetto di restituzione, sono solo quelle che sono riferibili nel loro valore satisfattorio al periodo di vigenza del contratto, e non quelle anticipatamente eseguite e che, in relazione alla sopravvenuta risoluzione, non trovano piu’ giustificazione causale, in tutto o in parte” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9906 del 06/10/1998).

2. Con il secondo mezzo – rubricato “Sulla violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1218, 1223, 1225, 1226, 1227 e 1452 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Sulla nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 132 c.p.c., n. 4, nonche’ sull’omesso esame circa fatti e documenti decisivi ex articolo 360 c.p.c., n. 5, e sulla violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1124 e 1372 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3” – i ricorrenti lamentano: i) l’erronea limitazione del calcolo del lucro cessante al momento della domanda e quindi alla sola rata del terzo trimestre 2008, piuttosto che a tutte le successive rate a scadere per l’intera durata decennale del contratto, stante la loro “impossibilita’ di sostituire (OMISSIS) con altro soggetto per eseguire il contratto”; ii) il mancato riconoscimento della svalutazione monetaria, in aggiunta agli interessi legali, trattandosi di debito di valore; iii) la motivazione contraddittoria e comunque carente sullo sconto del 20% in via equitativa per pretesi costi e spese da essi non sopportati; iv) l’omesso esame dell’articolo 8 del contratto in base al quale (OMISSIS) era tenuta a pagare le restanti rate e peraltro con interessi di mora pari al tasso legale vigente, maggiorato di sei punti percentuali.

2.1. Anche questa seconda censura, parimenti articolata su diversi piani, non puo’ trovare accoglimento.

2.2. Invero, muovendo dalle stesse considerazioni sopra svolte in termini di preclusione di una diversa prospettiva di merito, le doglianze sul mancato riconoscimento dell’intero importo della rata del terzo trimestre (stante la decurtazione di costi equitativamente quantificati nel 20%) e delle ulteriori rate a scadere (stante la durata pluriennale del contratto) non possono trovare ingresso in questa sede, avendo il giudice d’appello attribuito a titolo di risarcimento del danno da lucro cessante, in via equitativa, l’importo della sola rata del terzo trimestre 2008, decurtato dei costi forfetari – rispetto ai quali gli odierni ricorrenti non hanno nemmeno rappresentato una diversa quantificazione alternativa – sulla base di una discrezionale valutazione dell’equilibrio sinallagmatico complessivo, risultante all’esito della risoluzione del contratto tra le parti.

2.3. Quanto alla doglianza per il mancato riconoscimento del danno da svalutazione monetaria e degli interessi moratori, occorre muovere dal principio per cui, in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, al risarcimento del danno riconosciuto alla parte adempiente, ai sensi dell’articolo 1453 c.c., puo’ aggiungersi anche il maggior danno, rispetto a quello soddisfatto dagli interessi legali, ai sensi dell’articolo 1224 c.c., comma 2, “sempre che questo risarcimento ulteriore, del quale il richiedente ha l’onere di provare le condizioni, non rimanga assorbito dal risarcimento accordato per il danno derivante dall’inadempimento, dovendosi evitare un’ingiustificata duplicazione del risarcimento dello stesso danno” (Cass. Sez. 2, Sent. n. 3073 del 13/02/2006; cfr. Sez. 3, Sent. n. 5639 del 12/03/2014; Sez. 2, Sent. n. 9039 del 05/05/2016; v. anche Cass. n. 12140, n. 11899 e n. 4450 del 2016).

2.4. Al riguardo la Corte d’appello, dopo aver premesso che “l’onere di provare l’entita’ del danno spetta, ovviamente, alla parte che richiede il risarcimento”, ha inequivocabilmente affermato che “nel caso di specie gli appellanti nulla hanno provato ne’ allegato con riferimento ad un eventuale danno emergente” limitandosi a chiedere, per il danno da lucro cessante, “la liquidazione di un importo complessivo pari alle trenta rate, in parte gia’ scadute e in parte a scadere, a partire da quella del terzo trimestre 2008 pari ad Euro 25.638,00 fino alla scadenza del contratto in data 31.12.2015”.

2.5. Puo’ quindi concludersi che la liquidazione del danno operata dal giudice d’appello sia esaustiva iuxta alligata et probata, anche tenuto conto che l’operativita’ della clausola contrattuale sugli interessi moratori (articolo 8) deve ritenersi venuta meno a seguito della disposta risoluzione, ai cui fini il giudice a quo ha peraltro sottolineato – proprio con riferimento alla clausola solve et repete contenuta nello stesso articolo 8 – che “l’appellata (OMISSIS) ha riconosciuto di non aver provveduto al pagamento delle rate, a partire da quella relativa al terzo trimestre 2008… adducendo che tale fatto e’ dipeso e risulta giustificato dall’inadempimento della controparte”, in particolare “a fronte dell’evidente insoddisfacente funzionamento del riscaldatore realizzato dal sig. (OMISSIS)”.

2.6. In altri termini, la quantificazione del danno effettuata dai giudici di merito, nell’ambito di una globale valutazione del sinallagma contrattuale e degli effetti indotti dalla sopravvenuta risoluzione, ha finito per sterilizzare il rilievo pattizio del ritardo, oggettivamente scaturito dalla interruzione del pagamento delle rate di canone in contestazione.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.