Nel giudizio di revindica della proprietà di un immobile, sul piano probatorio, deve escludersi che possa riconoscersi rilevanza ad una denuncia di successione. Invero, nel giudizio di revindica di un immobile ai fini della prova della proprieta’ non e’ sufficiente un atto di divisione che per il suo carattere dichiarativo (e non costitutivo di diritto) non ha per se’ solo forza probante nei confronti dei terzi del diritto di proprieta’ attribuito ai condividenti, ma occorre necessariamente dimostrare il titolo di acquisto in base al quale il bene e’ stato attribuito in sede di divisione. Detto titolo non puo’ essere costituito dal testamento, quando risulta escluso o contestato che il bene rivendicato appartenesse al de cuius.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|20 giugno 2022| n. 19872

Data udienza 17 marzo 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BELLINI Ubaldo – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. ROLFI Federico V. A. – Consigliere

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16620/2017 proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), residente in (OMISSIS), rappresentato e difeso, in forza di procura speciale alle liti in calce al ricorso, dagli Avv.ti (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) del Foro di Verona e (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) del Foro di Venezia ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l’Avv. (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrente-

contro

(OMISSIS), nato il (OMISSIS) e residente in (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), e (OMISSIS), nato il (OMISSIS) ed ivi residente, alla (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi, giusta mandato in calce al controricorso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti (OMISSIS), del Foro di Verona (C.F.: (OMISSIS)) e (OMISSIS), del Foro di Roma (C.F.: (OMISSIS)), con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2992/2016 emesso dalla Corte d’appello di Venezia in data 28/12/2016 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea Penta.

RITENUTO IN FATTO

Con atto di citazione regolarmente notificato (OMISSIS) citava in giudizio (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), affermando di essere possessore dal 1970 del compendio immobiliare sito in (OMISSIS), costituito da edificio ed annesso terreno, comprendente il mappale (OMISSIS) (parte dell’originario mapp. (OMISSIS)) e il mappale (OMISSIS) (del Comune di (OMISSIS)) che era adibito a parcheggio ed era sempre stato libero. L’attore lamentava che dal 3 febbraio 2009 lo (OMISSIS) parcheggiava senza averne titolo la propria autovettura su detta area su indicazione del (OMISSIS) e del (OMISSIS), proprietari dell’immobile confinante con il mapp. (OMISSIS), i quali gli avevano locato l’appartamento di loro proprieta’.

L’ (OMISSIS) lamentava, inoltre, che il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), che avevano completato nell’anno 2006 la ristrutturazione del loro immobile confinante con il mappale (OMISSIS), avevano occupato illegittimamente parte del mappale (OMISSIS), asseritamente di sua proprieta’, con la realizzazione di un marciapiede largo 80 cm. ed alto 10 cm.

L’attore, pertanto, chiedeva, previo accertamento del diritto di proprieta’ in capo a se’ dell’area scoperta distinta al Catasto Terreni del Comune di (OMISSIS) mappale (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), di dichiararsi mai costituita la servitu’ di parcheggio a favore del mappale (OMISSIS) di proprieta’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) ed a carico del mappale (OMISSIS) di sua proprieta’ e, conseguentemente, la condanna di (OMISSIS), di (OMISSIS) e di (OMISSIS), in via tra loro solidale e/o alternativa, al rilascio dell’area, costituita dal mappale (OMISSIS), e l’inibizione del parcheggio ai suddetti convenuti, con condanna al risarcimento dei danni tutti subiti e subendi, da liquidarsi in separato giudizio.

L’attore chiedeva, inoltre, nei soli confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS), previo accertamento di essere proprietario esclusivo del mappale (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), la condanna dei suddetti convenuti, in via tra di loro solidale e/o alternativa, alla rimozione del marciapiede posto sul mappale (OMISSIS), nonche’ alla rimozione della tettoia che sporgeva sulla sua proprieta’.

Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), contestando le pretese di parte attrice e chiedendone il rigetto.

Si costituiva altresi’ (OMISSIS), eccependo la carenza di legittimazione passiva, in quanto conduttore dell’appartamento di proprieta’ dei convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS), e, per l’effetto, l’estromissione; in subordine, chiedeva il rigetto delle domande dell’attore.

Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 159/2015, rigettava le domande proposte da (OMISSIS), con condanna alle spese.

Per la riforma della sentenza proponeva appello l’ (OMISSIS). Si costituivano (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendone il rigetto. (OMISSIS) restava contumace.

Con sentenza del 28.12.2016, la Corte d’appello di Venezia rigettava l’appello sulla base delle seguenti considerazioni:

– il giudice di primo grado aveva condivisibilmente affermato che:

a) l’attore, con i due atti del 2008 e del 2009, risultava titolare del mapp. (OMISSIS);

b) i convenuti, con atto del 1997, risultavano titolari del fabbricato, mappale (OMISSIS), pacificamente corrispondente all’attuale (OMISSIS), condotto in locazione dal (OMISSIS), davanti al quale veniva parcheggiata l’auto oggetto di domanda;

c) dallo stesso atto emergeva che la corte, mappale (OMISSIS), era promiscua tra il mappale (OMISSIS) ed altri e, dunque, sia l’attore che i convenuti potevano goderne;

d) l’attore agiva con un’azione tipica di rivendicazione per sentire accertare e dichiarare di essere proprietario esclusivo del mappale (OMISSIS);

e) con la comparsa di costituzione e risposta, oltre a contestare le avverse domanda, i convenuti avevano contestato la proprieta’ e il possesso circa il mappale (OMISSIS), affermandone la promiscuita’ con il mappale (OMISSIS) da loro acquistato;

f) essendo contestata l’esclusiva proprieta’ dell’attore sul mappale (OMISSIS), occorreva dare la piena dimostrazione del proprio diritto di proprieta’, non essendo sufficiente un titolo di acquisto, risalendo, attraverso i propri dante causa, fino ad un acquisto a titolo originario, oppure dimostrando essersi compiuta l’usucapione, prova che non era stata fornita dall’attore; – invero, gli atti, del 2008 e del 2009 non fornivano la prova richiesta dall’articolo 948 c.c. e, in particolare, della continuita’ dei passaggi di proprieta’ fino a giungere ad un acquisto a titolo originario, fermandosi (quello del 2008) per una meta’ al 2003 e per l’altra (quello del 2009) non apparendo efficace il riferimento ad una denuncia di successione, di regola predisposta unilateralmente per fini fiscali e non idonea a fornire la prova del diritto di proprieta’ di un immobile;

– non avendo l’attore idoneamente allegato e successivamente provato la proprieta’ del bene per escludere l’uso da parte degli altri aventi diritto sul mappale promiscuo, gli ulteriori motivi restavano assorbiti.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso (OMISSIS), sulla base di sette motivi.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

In prossimita’ dell’adunanza entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte d’appello omesso di pronunciarsi circa la richiesta nullita’ della sentenza di primo grado per omessa pronuncia su tutte le domande di causa.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullita’ della sentenza e/o del procedimento per violazione degli articoli 100 e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte territoriale omesso di pronunciarsi sulle domande proposte dai convenuti.

2.1. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono inammissibili.

In tema di impugnazioni, l’interesse ad agire di cui all’articolo 100 c.p.c. postula la soccombenza nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della decisione, da apprezzarsi in relazione all’utilita’ giuridica che puo’ derivare al proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento.

Da cio’ deriva che una parte e’ carente di interesse processuale a che venga censurata l’omessa pronuncia sulla domande (nel caso di specie, riconvenzionali) proposte dalla controparte e rimaste assorbite dal rigetto delle sue.

In quest’ottica, e’ pienamente condivisibile l’affermazione della corte veneziana secondo cui “e’ evidente la carenza di interesse dell’attore circa l’asserita omessa pronuncia del giudice di primo grado su domande riconvenzionali proposte dai convenuti e non riproposte in questa sede” (pag. 6 della sentenza impugnata).

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte di merito violato il principio di non contestazione, non avendo la controparte, nella sua comparsa di costituzione e risposta, mai contestato che egli fosse proprietario del mappale (OMISSIS).

3.1. Il motivo e’ infondato.

Affinche’, nell’ambito di un giudizio volto a rivendicare la proprieta’ di un bene, possa assumere rilevanza il comportamento processuale di “non contestazione” della controparte, occorre che non sia contestata l’originaria appartenenza del bene ad un comune dante causa, ma venga esclusivamente contrapposto non un titolo derivativo, anteriore o contemporaneo, ma l’usucapione successiva da parte del convenuto, senza fornire la prova. Nel qual caso all’attore rivendicante e’ sufficiente dimostrare la prevalenza del proprio titolo di acquisto (Sez. 2, Sentenza n. 21829 del 17/10/2007). Non puo’ assimilarsi alla fattispecie indicata il caso in cui i convenuti abbiano chiesto il rigetto delle domande di parte attrice “previa declaratoria dell’esistenza di un diritto di proprieta’ e/o di uso e/o personale di godimento sull’area scoperta” (destinata a parcheggio).

In ogni caso, in violazione del principio di specificita’ del ricorso, il ricorrente ha omesso di trascrivere, nei suoi passaggi maggiormente significativi, l’avversa comparsa di costituzione in primo grado, in tal guisa precludendo a questa Corte la possibilita’ di scrutinare la portata delle difese svolte in quel contestato dagli originari convenuti. A tal fine non puo’ ritenersi sufficiente la riproduzione, alle pagine 5 e 6 del ricorso, delle sole conclusioni rassegnate dal (OMISSIS) e dal (OMISSIS), seguita dalla estrema sintesi (a pag. 7) delle argomentazioni logiche dagli stessi sviluppate nell’atto di costituzione in primo grado. Del resto, in termini inequivoci la corte di merito ha evidenziato (pag. 4 della sentenza) che “con la comparsa di costituzione e risposta, oltre a contestare le avverse domand(e), i convenuti contestano la proprieta’ e il possesso circa il mappale (OMISSIS) affermandone la promiscuita’ con il mappa(I)e (OMISSIS) da loro acquistato con il mappale (OMISSIS) dell’attore e il mappale (OMISSIS) della venditrice”.

4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte d’appello erroneamente, a suo dire, applicato le norme ermeneutiche nel valutare la dichiarazione contenuta nell’atto notarile datato 21.4.1997 (rep. n. 50369).

4.1. Il motivo e’ inammissibile.

Il ricorrente ha omesso, in violazione del principio di autosufficienza, di trascrivere, almeno nei suoi passaggi salienti, l’atto pubblico di compravendita del 21.4.1997, sulla base del quale le controparti si sono rese acquirenti del mappale n. (OMISSIS). A tal fine non puo’ reputarsi idonea la riproduzione di alcuni stralci contenuta alle pagine 7 e 20-21 del ricorso. In ogni caso, l’affermazione nello stesso contenuta, alla cui stregua “Detta corte e’ promiscua tra i M.n. ri. (OMISSIS), qui ceduto, (OMISSIS) di (OMISSIS) e (OMISSIS) e (OMISSIS) della venditrice”, non e’ stata valorizzata dalla corte di merito al fine di rigettare la domanda attorea, avendo la stessa semmai rilevato che gli atti del 2008 e del 2009 “non forniscono la prova richiesta dall’articolo 948 c.c. ed in particolare della continuita’ dei passaggi di proprieta’ fino a giungere ad un acquisto a titolo originario” (pag. 5 della sentenza).

Inoltre, l’interpretazione del contratto, traducendosi in una operazione di accertamento della volonta’ dei contraenti, si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione, oltre che per violazione delle regole ermeneutiche, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per inadeguatezza della motivazione, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – nel vigore della novellato testo di detta norma – nella ipotesi di omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Sez. 3, Sentenza n. 14355 del 14/07/2016).

Nel caso di specie, il ricorrente, da un lato, non ha denunciato la violazione di alcuna regola ermeneutica e, dall’altro, a ben vedere, sollecita una rivalutazione del materiale probatorio, preclusa nella presente sede.

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 948 e 949 c.c. e 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la corte territoriale erroneamente, a suo dire, qualificato la sua domanda come azione di rivendica, anziche’ come azione negatoria.

5.1. Il motivo e’ infondato.

In tema di difesa della proprieta’, l’azione di rivendicazione e quella di restituzione, pur tendendo al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilita’ del bene, hanno natura e presupposti diversi: con la prima, di carattere reale, l’attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprieta’; con la seconda, di natura personale, l’attore non mira ad ottenere il riconoscimento di tale diritto, del quale non deve, pertanto, fornire la prova, ma solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso, e, quindi, puo’ limitarsi alla dimostrazione dell’avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa. In tale seconda ipotesi, la difesa del convenuto che pretenda di essere proprietario del bene in contestazione, non e’ idonea a trasformare in reale l’azione personale proposta nei suoi confronti, atteso che, per un verso, la controversia va decisa con esclusivo riferimento alla pretesa dedotta, per altro, la semplice contestazione del convenuto non costituisce strumento idoneo a determinare l’immutazione, oltre che dell’azione, anche dell’onere della prova incombente sull’attore, imponendogli, una prova ben piu’ onerosa – la probatio diabolica della rivendica – di quella cui sarebbe tenuto alla stregua dell’azione inizialmente introdotta (Sez. 2, Sentenza n. 4416 del 26/02/2007; conf. Sez. 2, Sentenza n. 1929 del 27/01/2009 e Sez. 2, Sentenza n. 26003 del 23/12/2010).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha neppure dedotto l’avvenuta consegna in base ad un titolo ed il successivo venir meno di questo.

6. Con il sesto motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e ss. e articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la corte di merito ritenuto che egli, sulla base della documentazione prodotta, avesse fornito la prova della proprieta’ sul bene fino a dimostrare il compimento dell’usucapione.

6.1. Il motivo e’ infondato.

Si e’ gia’ detto, nell’analizzare il terzo motivo, che l’onere probatorio a carico del ricorrente non poteva ritenersi attenuato sulla base della linea difensiva adottata dalla controparte.

Va qui aggiunto che il ricorrente, in violazione del principio di autosufficienza, ha omesso di trascrivere gli atti di compravendita del 5.11.2008 (rep. n. 98916) e del 2.11.2009 (rep. n. 17230), in virtu’ dei quali ha acquistato la intera proprieta’ del mappale (OMISSIS).

Avuto riguardo, in particolare, al secondo atto, condivisibilmente la corte d’appello ha escluso che, sul piano probatorio, potesse riconoscersi rilevanza ad una denuncia di successione del 1966. Invero, nel giudizio di revindica di un immobile ai fini della prova della proprieta’ non e’ sufficiente un atto di divisione che per il suo carattere dichiarativo (e non costitutivo di diritto) non ha per se’ solo forza probante nei confronti dei terzi del diritto di proprieta’ attribuito ai condividenti, ma occorre necessariamente dimostrare il titolo di acquisto in base al quale il bene e’ stato attribuito in sede di divisione. Detto titolo non puo’ essere costituito dal testamento, quando risulta escluso o contestato che il bene rivendicato appartenesse al de cuius (Sez. 2, Sentenza n. 1511 del 10/03/1979; conf. Sez. 2, Sentenza n. 1392 del 31/01/2012).

7. Con il settimo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la corte territoriale emesso una pronuncia ultra o extra petita, affermando che il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) sono comproprietari del mappale (OMISSIS), nonostante gli stessi non avessero in appello riproposto le domande riconvenzionali.

7.1. Il motivo e’ infondato.

Da nessun passaggio logico della sentenza impugnata si evince quanto dedotto dal ricorrente, essendosi la corte d’appello limitata a rigettare la domanda di rivendica dal medesimo proposta ed avendo solo “per completezza” rilevato, con riferimento al marciapiede e alla tettoia, che non erano stati dedotti e, comunque, provati i pregiudizi derivati dalla realizzazione dei detti manufatti.

8. In definitiva il ricorso non merita di essere accolto, con conseguente condanna del ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.

Ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 3.500,00 per compensi professionali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge (se dovuti);

– dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.