la scala metallica “a chiocciola” non può essere valutata come nuova opera edilizia, integrante una costruzione soggetta alla disciplina codicistica in tema di distanze. Tale conclusione risulta avallata dalla considerazione della ratio delle norme codicistiche in materia di distanze, che è quella di evitare la formazione di intercapedini dannose tra edifici: deve infatti valutarsi che non sia idoneo ad integrare la tipologia di costruzione prevista dagli artt. 873 c.c. e seguenti, un manufatto che non crei un aumento volumetrico e sia insuscettibile, per le sue caratteristiche – come la scala in questione – di formare uno spazio vuoto tra gli edifici che, intercettando luce ed aria ( intercapedine ) sia pregiudizievole alla sicurezza ed alla salubrità del godimento dell’altrui proprietà privata.

Tribunale Nocera Inferiore, Sezione 2 civile Sentenza 19 marzo 2019, n. 374

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Nocera Inferiore, seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Onorario avvocato Maria Enrica Trucillo ha pronunziato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n.4352 2005 R.Gen.Aff.Cont.

TRA

(…) nata (…) S. E. del M. A. – (…) – (…) nata il (…) a S. F. a C. – (…) – rappresentate e difese giusta mandato a margine della citazione, dall’avv. Pa.Vi. (…) – e con lo stesso elettivamente domiciliate in Nocera Superiore Via (…)

ATTRICI

CONTRO

(…) – (…) – rappresentato e difeso dall’avv. LO.GE. – (…) – presso il cui studio elettivamente domicilia come da mandato in atti

CONVENUTO

OGGETTO : Diritti reali

FATTO E DIRITTO

Si presumono noti i fatti di causa.

In estrema sintesi, le parti in causa hanno dedotto reciproche violazioni delle norme in materia di distanze tra costruzioni, chiedendo la condanna della controparte alla rimozione ed al risarcimento. Con sentenza depositata in data 23/12/2016 questo giudice ha deciso su alcune delle questioni introdotte, rimettendo la causa sul ruolo, in ordine alle ulteriori, disponendo, con separata ordinanza, la comparizione personale delle parti, ritenuta opportuna, prima di conferire incarico per il supplemento di CTU, ritenuto necessario.

Invitate le parti ad un tentativo di bonario componimento, con concessione di rinvio allo scopo, non avendo avuto, tale sollecitazione, esito positivo, è stato disposto ed espletato il supplemento di CTU avente ad oggetto i seguenti quesiti.

1) Descriva dettagliatamente il CTU i manufatti indicati ai nn. 6 – 7 dell’atto di citazione;

2) in particolare, verifichi se il locale di cui al punto 6 sia costruito in appoggio o in aderenza a muro posto sul confine ovvero in appoggio o in aderenza a muro posto a una distanza dal confine che vorrà specificare;

3) descriva le modalità attraverso le quali è stato realizzato l’ampliamento del preesistente garage, indicato al punto 7 della citazione, ed in particolare verifichi se il nuovo volume aggiunto abbia modificato la sagoma presistente del manufatto incidendo sulla sua distanza dal confine o dalla proprietà aliena

4) Dica quanto altro utile ai fini del giudizio

L’oggetto dell’odierna decisione concerne, quindi, i manufatti descritti ai punti 6) e 7) dell’atto di citazione e le domande risarcitorie.

Rispetto al locale di cui al punto 6) citazione, il CTU, in sede di integrazione, ha precisato che si tratta di costruzione in aderenza, ovvero di un manufatto che presuppone l’assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino nonchè la piena autonomia statica e funzionale nei riguardi dello stesso; tale costruzione, è consentita, dalla normativa codicistica, che si ispira al principio della prevenzione temporale, secondo il quale il proprietario che costruisce per primo determina, le distanze da osservare per le altre costruzioni da erigersi sui fondi vicini e, qualora edifichi a confine, faculta il vicino a chiedere la comunione forzosa del muro o a realizzare la propria fabbrica in aderenza allo stesso.

Tale principio, però, deve essere applicato nel rispetto delle norme integrative eventualmente previste dai regolamenti locali.

Nel caso in esame, nell’elaborato del CTU si legge che “dalle norme di attuazione del P.R.G. del Comune di S. Egidio (…) la distanza minima delle nuove costruzioni dai confini liberi non deve essere inferiore a m.5 ed il distacco minimo dalle stesse non deve essere inferiore a m.10,00” e che “nella zona dell’immobile de quo, le costruzioni in aderenza non sono consentite”.

Tale ultima affermazione risulta inesatta; gli immobili in questione sono allocati nella zona E5 – Territorio Rurale – Agricolo Frutteto, contemplata dall’art. 23 Norme Attuazione P.R.G del Comune di S. Egidio (…) che prevede l’applicazione delle stesse norme previste dalla precedente zona omogenea E 4, per la quale sono imposti un distacco dai confini di mt 5 ed un distacco tra gli edifici mt 10,00, ma non è presente alcun riferimento all’edificazione in aderenza e tanto meno l’espresso divieto, che l’affermazione del CTU induce a ritenere esistente.

La problematica concerne, quindi, la disposizione del regolamento locale che prevede sia la distanza tra costruzioni sia quella minima dal confine e deve essere esaminata alla luce della pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite n.10318/2016, con la quale, componendo il contrasto tra indirizzi giurisprudenziali in ordine all’applicazione del principio di prevenzione, nel caso di strumenti edilizi locali che deroghino alle disposizioni del codice civile, si sono enunciati i seguenti principi:

nel caso che il regolamento locale si limiti a stabilire un distacco minimo tra le costruzioni maggiore rispetto a quello contemplato dall’art. 873 c.c., senza prescrivere una distanza minima delle costruzioni dal confine, deve privilegiarsi l’interpretazione favorevole all’operatività del criterio della prevenzione, posto che, essendo la ratio delle norme sulle distanze minime tra costruzioni, quella di evitare creazioni di intercapedini ristrette, una simile finalità non viene frustrata dalla previsione della facoltà di costruire in aderenza o in appoggio;

– se, invece, le norme dei regolamenti edilizi fissano anche la distanza dal confine, hanno una portata integrativa delle disposizioni del codice civile che si estende all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione, che i regolamenti locali possono quindi escludere, sia prescrivendo una distanza minima delle nuove costruzioni dal confine sia negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza.

In applicazione di tale ultimo principio, nel caso in esame, deve affermarsi la insussistenza, in capo al convenuto, della facoltà di costruire una nuova fabbrica a distanze inferiori a quelle stabilite dal regolamento edilizio, e, ciò, neanche in aderenza, non potendo applicarsi il principio della prevenzione.

Consegue l’accoglimento della domanda attrice sul punto, limitatamente al vano avente dimensioni di m. 1,30 per 1,20 descritto sub (…)) dell’atto di citazione.

Non può invece accogliersi la domanda di demolizione e ripristino in relazione alla scala a chiocciola esterna, che, come si evince dalla documentazione fotografica in atti, è necessaria al collegamento tra il primo piano ed il sottotetto ovvero, tra unità immobiliari la cui preesistenza e regolarità non è oggetto di contestazione. E’ altresì emerso dall’istruzione che tale collegamento tra piani era normalmente attuato ancor prima degli interventi edilizi posti in essere dal convenuto, attraverso una scala a pioli posta in appoggio al sovrastante solaio.

Non è inutile ricordare che, nella fattispecie, si verte in materia di controversia tra privati, il cui oggetto è la lesione del diritto di proprietà, determinata dalla violazione della normativa in tema di distanze legali, cosicchè l’abusività della costruzione per mancanza di autorizzazione edificatoria è di per se irrilevante, attenendo al rapporto tra il privato e la P.A.

In tale ottica, ritiene il giudicante che, per quanto concerne la scala a chiocciola, debba darsi rilievo alla ratio delle norme codicistiche ed al concetto di costruzione ivi individuato, da considerarsi riferito, in via generale, ad un manufatto che emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo ed abbia connotati di consistenza e stabilità.

Nella fattispecie, la scala metallica “a chiocciola” non può essere valutata come nuova opera edilizia, integrante una costruzione soggetta alla disciplina codicistica in tema di distanze.

Tale conclusione risulta avallata dalla considerazione della ratio delle norme codicistiche in materia di distanze, richiamata dalla citata SS.UU. 10318/2016, che è quella di evitare la formazione di intercapedini dannose tra edifici: deve infatti valutarsi che non sia idoneo ad integrare la tipologia di costruzione prevista dagli artt. 873 c.c. e seguenti, un manufatto che non crei un aumento volumetrico e sia insuscettibile, per le sue caratteristiche – come la scala in questione – di formare uno spazio vuoto tra gli edifici che, intercettando luce ed aria ( intercapedine ) sia pregiudizievole alla sicurezza ed alla salubrità del godimento dell’altrui proprietà privata.

In tale ottica la giurisprudenza citata nella CTP di parte attrice e recepita dal CTU, non risulta attinente al caso, essendo relativa alla definizione di “costruzione” al diverso fine di individuazione della abusività per carenza dei titoli abilitativi richiesti dalla legge urbanistica.

In definitiva l’accertamento demandato al giudice della controversia tra privati, in tema di violazione delle distanze, comporta l’applicazione concorrente di due criteri:

1 – le distanze minime, determinate dall’articolo 873 del codice civile, come integrate da eventuali norme di regolamenti locali, indicano le condizioni ritenute essenziali perché le intercapedini non siano dannose o pericolose, per cui, in caso di loro difetto, al giudice non è dato di accertare in concreto se siffatta situazione si sia verificata, essendo essa presupposta dalla norma applicabile in materia di distanze;

2 – l’applicazione di tale criterio però, non esclude il potere del giudice del merito di stabilire l’oggettiva idoneità dell’elemento costruttivo in questione a determinare, per la sua struttura, entità e ubicazione, intercapedini che siano fonti di danno o di pericolo, in quanto l’accertamento della concreta dannosità o pericolosità dell’opera viene compiuta al fine esclusivo di stabilire se essa presenti le caratteristiche necessarie per poterla qualificare costruzione, nel senso voluto dal codice e non già per decidere se un’opera qualificabile come costruzione, sia soggetta o meno all’osservanza della distanza.

In applicazione dei criteri esposti la domanda di demolizione della scala a chiocciola non può essere accolta, non potendosi ritenere la stessa integrante una “nuova costruzione” soggetta a tutela delle distanze nei rapporti tra privati proprietari.

Va, quindi, esaminata, nella medesima ottica, la contestazione di parte attrice relativa al manufatto descritto al n. 7 in citazione ovvero ad “ampliamento di circa m. 3,60 di un garage già esistente, costituito da pilastri e travi in ferro”.

In relazione a tale costruzione l’attrice ha dedotto la difformità dalle norme edilizie e l’abusività. Peraltro, il quesito rivolto, a titolo di chiarimento, al CTU non concerneva l’abusività – come già esposto, di per se, irrilevante – ma la modalità di realizzazione del preteso ampliamento del garage e la possibilità che, in conseguenza di tale nuova costruzione, se avvenuta, fossero state violate le normative in materia di distanze come integrate dal regolamento comunale.

Si presenta pertanto una problematica analoga a quella rilevata per la scala a chiocciola, dovendosi accertare l’oggettiva idoneità del nuovo manufatto ad integrare il concetto di costruzione previsto dalla norma codicistica.

A tale esigenza di qualificazione dell’opera, sulla scorta dell’elaborato del CTU, deve darsi riscontro positivo nel senso di ritenere che la tettoia in questione sia una nuova costruzione, soggetta al rispetto delle distanze, in quanto, pur essendo attualmente aperta su tre lati, identifica un volume che è suscettibile sia di modifica con inserimento di pareti, sia di possibilità, per il proprietario, di acquistare per usucapione la relativa servitù, in danno del vicino.

Si tratta, pertanto, di una “costruzione” potenzialmente idonea a determinare intercapedini la cui dannosità è presupposta, che, in base ai rilievi effettuati dal CTU, è allocata a distanze non conformi alle prescrizioni dal regolamento edilizio comunale.

Di conseguenza va accolta la domanda di demolizione avanzata dall’attrice in relazione alla tettoia addossata al locale garage preesistente, costituente l’oggetto del punto 7) dell’atto di citazione

Vanno quindi esaminate le reciproche domande risarcitorie avanzate dalle parti in causa.

Sul punto, va innanzitutto rilevato che con la precedente sentenza parziale 2029/2016 sono state accertate violazioni a carico sia dell’attrice che del convenuto, con ordine di demolizione delle relative opere: deve pertanto ritenersi che l’esistenza della limitazione di godimento, subita in conseguenza di ingiusta servitù di fatto, sia addebitabile da ciascuno dei proprietari all’altro, con conseguente compensabilità, ove fosse liquidabile una somma a titolo di risarcimento.

Tale possibilità di liquidazione, nella fattispecie, deve però escludersi, posto che le domande risarcitorie sono state avanzate in modo del tutto sommario e generico, non avendo fornito, nessuna di esse parti in causa, i necessari parametri oggettivi di quantificazione del preteso pregiudizio, e, ciò, neanche in via meramente indicativa.

In tema, costituisce principio ormai consolidato quello per il quale “l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa; esso, pertanto, da un lato, è subordinato alla condizione che, per la parte interessata risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo ammontare, e dall’altro non ricomprende l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno.(Cass n. 4310 /2018)

Consegue il rigetto della domanda risarcitoria sia di parte attrice che di parte convenuta, per carenza di allegazione in ordine al quantum

Le spese del giudizio sono liquidate in applicazione del criterio della soccombenza, riferito globalmente all’esito finale della lite.

In tale ottica globale, deve ritiene la sussistenza di un’ipotesi di soccombenza reciproca, ravvisabile nella pluralità di domande contrapposte, in parte accolte e in parte rigettate, fra le parti in causa (cass. 3438/2016)

Le spese di giudizio, comprese quelle di CTU, vanno pertanto integralmente compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale di Nocera Inferiore, respinta ogni diversa domanda eccezione e deduzione, così provvede:

accertata la violazione da parte del convenuto (…) delle norme in materia di distanze come integrate dalle disposizioni del regolamento edilizio comunale, ordina al predetto la demolizione del vano realizzato in aderenza alla parete sud del proprio fabbricato ed alla parete est che delimita il fabbricato delle attrici, come meglio descritto nella relazione del CTU e di cui al punto 6) dell’atto di citazione;

accertata la violazione da parte del convenuto (…) delle norme in materia di distanze come integrate dalle disposizioni del regolamento edilizio comunale,

ordina al predetto la demolizione della tettoia addossata al locale garage preesistente costituita da n. 3 pilastri in tubolari di acciaio e da n.1 trave in tubolare di acciaio con sovrastante copertura inclinata di circa mt 6,10×3,75, come meglio descritta nella relazione del CTU e di cui al punto 7) dell’atto di citazione;

dichiara infondate e per l’effetto rigetta le ulteriori domande proposte dalle attrici nei confronti del convenuto e da quest’ultimo nei confronti delle attrici;

compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero presente giudizio, ivi comprese quelle occorse per CTU

Così deciso in Nocera Inferiore l’11 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.