In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale “utilitas” di carattere reale”. Il vantaggio del fondo dominante su di un piano reale anziché su quello di una mera utilitas personale (la cui valutazione é riservata al giudice di merito) non è tuttavia il solo elemento sufficiente per il riconoscimento del diritto, dovendo aversi riguardo anche allo stato del fondo serviente, in conseguenza del peso da imporre, evitando che da esso derivi lo svuotamento delle facoltà del proprietario del fondo servente.

Corte d’Appello|Genova|Sezione 2|Civile|Sentenza|9 aprile 2020| n. 360

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA

SEZIONE II CIVILE

composta dai sigg.ri magistrati

Dott. Carmela Alparone Presidente

Dott. Marcello Castiglione Consigliere

Dott. Valeria Albino Consigliere

riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nelle cause d’appello riunite, iscritte al R.G. n.907/15 (cui sono state riunite RG 976/15 e RG 990/15), avverso la sentenza n.1014420/15 emessa dal Tribunale di Genova pubblicata in data 1.6.2015

promosse da

(…) residente in San Colombano Certenoli (GE), rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. (…), che la rappresenta e difende, in forza di mandato conferito a margine del presente atto d’appello, e domiciliata presso il suo studio in Genova

R.G. n.976/15

(…) e residente in San Colombano Certenoli,

(…) residente in Rapallo

(…) residente in Milano,

(…), rappresentati e difesi dall’Avv. prof. (…), ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Genova in forza di mandato conferito a margine del presente atto d’appello

CONDOMINIO (…) in persona dell’amministratore pro tempore rappresentato e difeso dall’Avv. prof. (…), ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova in forza di mandato conferito a margine del presente atto, giusta delibera assebleare del 29-7-2015

INTERVENUTO

(…), ed (…), rappresentati, difesi ed assistiti dall’Avv. (…) del Foro di Chiavari con domicilio eletto presso quest’ultima in Chiavari (Ge), giusto mandato in calce al presente atto d’appello

PARTI APPELLANTI

contro

(…), rappresentati e difesi dall’Avv. (…) del foro di Genova, ed elettivamente domiciliati nel suo studio in Chiavari (…) in forza di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta nanti il Tribunale di Chiavari datata 1 -6 giugno 2011.

PARTI APPELLATE nelle cause riunite

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Dagli atti di causa, si ricava il seguente svolgimento del processo di primo grado:

“Con atto di citazione notificato in data 9 marzo 2011 nei confronti dei signori (…) la signora (…) adiva il Tribunale di Chiavari per ivi sentire “accertare e dichiarare che la porzione di terreno ricadente nel mapp. 306 fg 37 del Comune di San Colombano Certeno il come evidenziata in colore viola nel rilievo planimetrico redatto dal geom. (…) e prodotto sub. 2 è di piena ed esclusiva proprietà, per maturata usucapione ultraventennale, della sig. (…)”.

La causa veniva iscritta a ruolo con il numero RG 568/2011.

Gli odierni esponenti si costituivano chiedendo il rigetto della domanda.

Con successivo atto di citazione notificato in data 24.2.2012, i signori (…) convenivano in giudizio i signori (…) chiedendo al Tribunale di Chiavari di accertare e dichiarare che gli attori, nella loro qualità di condomini del Super Condominio di (…), sono divenuti proprietari del terreni mapp. 306, 727 e 720 del fg. 37 del NCT del Comune di San Colombano per maturata usucapione; in via subordinata graduata gli attori chiedevano l’accertamento del loro diritto di parcheggio e passaggio sui mapp. 306 e 727 sempre per maturata usucapione, o l’accertamento della comproprietà pro quota in forza dei rispettivi titoli di proprietà dei mapp. 306 e 727, l’accertamento ex art. 41 sexies della legge 6 agosto 1967 n. 765 del diritto reale di parcheggio sui mapp. 306 e 727, con condanna alla rimozione di ogni impedimento all’utilizzo e godimento delle predette aree.

La causa veniva iscritta al ruolo con il numero RG 354/2012.

I signori (…) si costituivano nel giudizio chiedendo la riunione del procedimento con altro già pendente RG. 568/2011, contestando le domande attoree e chiedendo in via riconvenzionale di “dichiarare tenuti e condannare i signori (…) e (…) a rimuovere immediatamente ogni impedimento (paletti, catene/le e quant’altro) posto sul mappa/e 306 de/fg 37 del NCT del Comune di San Colombano Certenoli”.

Il giudizio veniva quindi riunito al precedente RG 568/2011 con provvedimento in data 12.10.2012.

Nella causa così riunita il Giudice autorizzava il deposito di memorie ex art. 183 comma VI c.p.c., che peraltro erano già state autorizzate e depositate nella causa RG. 568/2011 prima della riunione.

– Successivamente, con atto di citazione notificato in data 31.10.2012, i signori (…) convenivano in giudizio i signori (…) chiedendo al Tribunale di Chiavari di accertare e dichiarare che gli attori sono divenuti proprietari di un’area di 15,25 mq. insistente sempre sul mappale 306 del Comune di San Colombano Certenoli, per maturata usucapione o, in subordine che gli attori hanno acquisito per usucapione il diritto di passaggio e di parcheggio su detta area, con condanna alla rimozione di ogni ostacolo che ne impedisca il godimento.

Nella causa così instaurata, iscritta a ruolo con il n. RG 2074/2012 i signori (…) si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attrici.

Con provvedimento in data 27.2.2013 il fascicolo RG 2074/2012 veniva riunito al fascicolo RG 568/2011 a cui era già stato riunito il fascicolo RG 354/2012.

Il Giudice, nelle cause riunite RGN 56812011, 354/2012 e 2074/2012, ammetteva le prove orali, al termine delle quali fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 19.02.2015 ed a tale udienza tratteneva la causa in decisione.

La sentenza n. 10144/2015 emessa dal Tribunale di Genova ha così statuito:

– “rigetta le domane svolte da tutti gli attori e per l’effetto condanna (…) alla rimozione delle catene apposte sulla porzione di mapp. 306 oggetto di causa a margine del tratto stradale, e condanna (…) alla rimozione di ogni impedimento (paletti, catenelle e quant’altro) posto sul mappale 306 a limitazione del diritto di proprietà di (…);

– rigetta la domanda svolta ex art. 96 c.p.c. dai convenuti nei confronti di (…);

– condanna (…) alla rifusione in favore di (…) delle spese di lite, pari a Euro 43,60 per spese ed Euro 4.800,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15916, Iva e Cpa nella misura e con le modalità di legge;

– condanna (…), in solido, alla rifusione in favore di (…) delle spese di lite, pari a Euro 100,70 per spese ed Euro 15.540,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15916, Iva e Cpa nella misura e con le modalità di legge”

– Con distinti atti di appello innanzi alla Corte d’Appello di Genova avverso la sentenza n. 10144/2015 del Tribunale di Genova, emessa in data 1.06.2015 a conclusione del procedimento RG 568/2011 ex Tribunale di Chiavari (a cui erano state riunite anche le cause n. RG. 354/2012 e n. RG 2074/12), per i motivi oltre illustrati in motivazione, erano instaurati dai rispettivi appellanti contro gli appellati (…) i seguenti giudizi di secondo grado.

In particolare con un primo atto di appello notificato in data 14.7.2015 la signora (…) impugnava la sopra citata sentenza, dando vita al procedimento con il numero di ruolo RG 907/2015.

Con successivo atto di appello notificato il 27.07.2015 i signori (…) impugnavano la stessa sentenza radicando il giudizio RG 976/2015, giudizio in cui, con atto di intervento in data 14.12.2015, interveniva volontariamente, ex. art. 105 c.p.c., il Condominio di (…) in San Colombano Certenoli.

Infine con atto di appello notificato in data 13.8.2015 i signori (…) proponevano ulteriore appello avverso la stessa sentenza radicando il giudizio RG 990/2015.

Con provvedimento in data 2.2.2016 la Corte disponeva la riunione del giudizio RG 976/2015 a quello 907/2015, e con provvedimento in data 2.2.2016 disponeva la riunione del procedimento Rg 990/2015 al 907/2015.

In corso di causa veniva ammessa, in via istruttoria, consulenza tecnica d’ufficio con ordinanza in data 10.2.2016.

Precisate le conclusioni, all’udienza del 9.7.2019, le cause riunite erano trattenute in decisione, assegnati ex art. 190 cpc, i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. In queste ultime gli appellanti non rinnovavano l’istanza di discussione in pubblica udienza pur formulata nelle precisate conclusioni

MOTIVI DELLA DECISIONE

Causa 907/15

La sentenza di primo grado ha ritenuto non provata l’usucapione da parte dell’appellante (…) della porzione del mappale 306, (facente parte dei beni acquistati dai (…), con atto notaio (…) in data 29-3-2010), quale indicata nel doc. 4 di parte attrice, nonché più specificamente identificata dalla CTU espletata in questo secondo grado (ed ivi rappresentata in colore verde tratteggiato, nella planimetria, allegato 11 alla Relazione).

L’appello proposto critica la motivazione addotta dal primo giudice nel valorizzare le sole dichiarazioni dei testi di parte convenuta, peraltro oggetto di denuncia penale di falso nei loro confronti, senza invece dare alcun rilievo alle credibili e convincenti dichiarazioni dei testi di parte attrice, ritenute dal primo giudice incompatibili con le affermazioni dei primi.

Prima di affrontare il tema delle collegate censure di cui sopra, vale precisare che con orientamento consolidato, la giurisprudenza, nel contrasto tra le dichiarazioni di testi escussi su una stessa circostanza, che non consenta di emettere un giudizio di prevalenza di talune dichiarazioni, in quanto suffragate da altri oggettivi e concreti elementi, rispetto ad altre, il giudice debba ritenere non raggiunta la prova idonea ad adottare una decisione di favorevole accoglimento della domanda di usucapione.

In tal senso si è espresso il giudice di primo grado, il cui giudizio andrà confermato.

Esaminando ora in particolare la censura dell’appellante circa l’errata valutazione del giudice delle singole prove testimoniali delle rispettive parti, si osserva che la stessa non può condividersi.

In specie, alcuni elementi di fatto sono stati concordemente riferiti dai testi delle due parti, i quali concordano nella descrizione dello stato dei luoghi, ed in particolare sull’assenza di coltivazione dell’area, di volta in volta indicata come libera, incolta, ovvero abbandonata (incombendo poi al giudice valutare se i testi, al di la di una mera diversità lessicale, abbiano espresso sostanzialmente uno stesso concetto), precisando, i medesimi, in modo univoco che dette aree, proprio perché prive di coltivazione, potevano essere utilizzate per il parcheggio delle auto.

Così é a dire del termine “abbandonata” “libera” o “incolta” riferita alla porzione del mappale 306 rivendicata in usucapione dalla (…), aggettivi che altro non esprimono che lo stato dell’area, priva di coltivazione e dunque libera in quanto adibita a parcheggio.

Ma anche tale coincidenza di significato dei suddetti termini lessicali ed il fatto che l’assenza di colture sia compatibile con l’attività di pulizia del sedime, da parte dell’attrice, non possono univocamente attestarne il possesso esclusivo.

Altra è più ampia è infatti la valutazione riservata al giudice estesa alle modalità del possesso dell’area in termini di esclusività o meno, quanto alle attività, ed in particolare al parcheggio ivi svolte.

Altro dato irrilevante è la condizione del sedime che l’appellante afferma di avere sempre tenuto pulito il sedime tagliando l’erba.

Tale pulizia per costante giurisprudenza, anche di questa sezione, non è infatti sintomo di esclusività del possesso, in assenza di altri elementi.

Tale cura non esclude infatti che, come confermato in modo sostanzialmente uniforme dalla maggior parte dei testi, l’area in questione, posta in fregio alla strada comunale, come chiaramente si evince dalle plurime foto e dalla citata planimetria del CTU (All. 11), fosse liberamente accessibile a tutti, oltre la stessa (…) ovviamente, tanto da essere liberamente utilizzata, dal 1978, per il parcheggio da parte di chiunque senza autorizzazione alcuna, non essendo possibile riconoscere di chi fossero tutte le auto, come parimenti precisato dai testi.

L’area era inoltre priva di recinzioni o catenelle o cartelli che, come parimenti precisato, furono apposte non prima del 2008. (v. testimonianze (…)).

Anche i due testi di parte attrice (…) che hanno dichiarato di ricordare l’esistenza di una catenella non hanno negato che sull’area parcheggiassero anche auto di cui non conoscevano i proprietari.

L’appellante sostiene inoltre che debbano essere considerati elementi caratterizzanti del proprio possesso esclusivo, oltre al dato pacifico dell’estensione di fatto sul mapp. 306, del sedime del proprio mappale 299, in occasione delle opere di rifacimento del muro di sostegno di tale mappale, sul lato nord, anche, (come riferito dal teste geom. (…)) l’esborso delle relative spese, per la realizzazione del nuovo muro, le cui fondazioni, per mq. 14, si trovano nel sottosuolo del limitrofo mapp. 306, come precisato dal CTU a p. 44 della relazione. Per contro, non sarebbe decisivo il fatto che l’area fosse stata adibita dopo il 1978 a parcheggio di auto varie, sostenendo l’appellante che sarebbe stato onere dei convenuti dimostrare che le vetture parcheggiate non fossero di proprietà della (…) o di persone dalla stessa autorizzate.

In contrario, si osserva che l’onere della prova incombe direttamente sull’attore e che pertanto era onere della (…) dimostrare di avere parcheggiato sull’area in modo esclusivo con la propria auto, ovvero che la sosta era stata esercitata da persone autorizzate, risultando invece dalle plurime testimonianze già indicate che il parcheggio era libero e che spesso sull’area parcheggiavano anche cacciatori o cercatori di funghi di passaggio, come precisato dal teste (…) nonché dichiarato anche dal teste (…), che parcheggiava di persona quando andava a caccia. In proposito, è privo di rilievo è l’assunto di parte appellante, secondo cui i testi indicati, ed in particolare il (…) avrebbero dovuto individuare singolarmente e nominativamente i soggetti che andavano a caccia, e che ivi parcheggiavano, essendo tale dato irrilevante e, al contrario, nota la riconoscibilità immediata dei cacciatori, sia dal loro abbigliamento che dal loro assetto, specie se accompagnati da cani da caccia, ed essendo pertanto del tutto superflua la loro identificazione.

E’ poi irrilevante, nonché frutto di valutazioni soggettive e ad oggetto giuridico, come tali precluse ai testi, l’affermazione del teste (…) e (…), secondo cui la (…) era da tutti considerata la proprietaria di quel sedime, tanto da essere stata segnalata come tale dal condominio ad un potenziale acquirente della suddetta porzione del mapp. 306, come detto libera e prospiciente la strada.

Dunque, in conclusione, sia l’avere sostenuto le spese per il muro di sostegno sia il tenere pulito il sedime, sono elementi che non provano il possesso utile ad usucapionem, mancando i connotati dell’esclusività dello stesso, in considerazione del fatto che l’area, prospiciente la strada, fosse comunque aperta ed accessibile nonché utilizzabile, e di fatto utilizzata, per il parcheggio, da chiunque, non essendo la stessa delimitata, come avvenuto solo di recente, da alcuna chiusura, ipotesi nella quale soltanto la (…) avrebbe potuto decidere se e chi dovesse parcheggiarvi.

La pronuncia di rigetto della domanda di usucapione di (…) per carenza dei requisiti deve essere pertanto confermata. (Causa RG n. 990/15)

Con l’appello proposto dai soli (…) (RG990/15) detti appellanti lamentano il mancato accoglimento della domanda principale di usucapione della porzione del mapp. 306 (visibile nella planimetria All. 11 CTU in colore viola tratteggiato; nonché rappresentato nella planimetria geom. (…)) nel tratto in fregio alla strada comunale.

La parte appellante insiste sulla circostanza, da ritenersi sostanzialmente incontestata, per ammissione di tutti i testi, della possibilità di parcheggio sul piccolissimo sedime da parte dei condomini che ne invocano l’usucapione.

Come si evince sia dalla planimetria e dalle foto allegate alla CTU, sia dalla perizia di parte del geom. (…), il piccolo sedime in questione, è posto tra la strada e la rampa d’accesso al condominio. Gli appellanti censurano in primis la negata sussistenza dei presupposti dell’usucapione ventennale adducendo di avere sempre parcheggiato in via esclusiva su detto sedime sin dall’epoca del loro acquisto dell’atto e del mappale 745, con rogito notaio (…) del 20-7-2001, avendo inoltre nello stesso anno 2001 (come da richiesta di autorizzazione presentata in Comune) praticato dei fori per la posa di paletti, che di fatto furono apposti, con catenella di chiusura, solo nel 2012, come confermato anche dai testi, essendo stata in precedenza l’area segnalata mediante il cartello con la scritta “proprietà privata”, nonché delimitata solo con strisce bianche.

Vale precisare che tale porzione del mapp. 306 (mappale che nel complesso ha una conformazione stretta e allungata) è diversa da quella rivendicata dalla (…) (in colorazione verde), che, come si ricava dall’esame della stessa, citata planimetria, è posta al confine nord con il mapp. 299 di proprietà della stessa (…).

Come già evidenziato dalla sentenza di primo grado, che in punto si condivide, non può che rilevarsi come, sia dalle testimonianze che dall’esame dello stato dei luoghi, quale rappresentato nelle foto e descritto anche graficamente dal CTU, emerga chiaramente che tale piccola area del mapp. 306 sia posta in fregio alla strada comunale, sia in realtà accessibile a chiunque, non ravvisandosi pertanto (secondo i principi prima illustrai trattando della causa d’appello riunita RG 907/15) il requisito dell’esclusività del possesso.

In proposito, sia il teste (…) che (…), pur non identificando i mappali, ma ben, invece, i luoghi, hanno riconosciuto il piccolo sedime, ove ricordavano di avere usualmente parcheggiato con il motorino molti anni prima, mentre non é decisiva l’eventuale presenza di una linea bianca, quale riferita dal teste (…), né di un cartello con la scritta “proprietà privata”.

Peraltro, gli stessi appellanti ammettono di avere praticato i fori per la posa di paletti, nel 2001, ma di averli, di fatto, apposti, con catenella di chiusura, solo nel 2012, come confermato anche dai testi indicati.

Non rileva, poi, il fatto che il complesso condominiale (…) sorga fuori dall’abitato, e che pertanto la presenza di vetture di terzi parcheggiate possa essere occasionale e sporadica.

Decisiva è invece l’assenza di chiusura del sedime, anteriormente al 2012, non potendo neppure ipotizzarsi, in assenza di alcuna protezione realmente interdittiva, che l’uso dell’area sia avvenuto per tacita tolleranza da parte degli appellanti.

Gli appellanti hanno altresì invocato, in alternativa, l’usucapione abbreviata dello stesso sedime ai sensi dell’art. 1158 cc, in conseguenza dell’acquisto a non domino, i cui presupposti sono però smentiti per tabulas.

La domanda seppure formulata con la memoria ex art 183 cpc non è tradiva, essendo riferita ad un diritto reale autodeterminato, come costantemente indicato dalla giurisprudenza.

Dalla stessa perizia di parte appellante, del geom. (…), risulta infatti che il mappale 745, acquistato dal (…) con lo stesso rogito del 20-7-2001, ha come confini, secondo le indicazioni del rogito, il muro di sostegno del condominio sormontato da una ringhiera nonché la strada Comunale. (v foto n. 6 p. 25 CTU di cui il piccolo sedime del mapp.. 306 in esame costituisce porzione).

Ed invero, esaminata la consistenza reale del sedime, il geom. (…), ha precisato, senza smentita sul punto, che “tra il mappale 745 e la strada è presente una porzione del mapp. 306, rimasta di proprietà del venditore (…)”. (v. doc. 4 (…): ctp (…) e planimetrie ivi allegate; v. foto n. 6 p. 25 CTU di cui il piccolo sedime del mapp.. 306 in esame costituisce porzione).

Come detto, l’intero mapp. 306 (comprensivo pertanto anche di tale porzione specificata dallo stesso CTP) essendo rimasto di proprietà del (…), poi fallito, fu compreso tra i beni del compendio fallimentare, e poi ceduto, assieme ad altri, in tale sede, agli appellati (…), con atto pubblico autorizzato dalla procedura, rogito notaio Piana in data 29-3-2010.

Dunque, gli appellanti non avrebbero potuto ottenere, in ogni caso, l’usucapione decennale, non essendo detta porzione del mapp 306 (peraltro indicata dal CTU in mq 8,80 invece di 15,23) ricompresa, seppure erroneamente, nel proprio titolo d’acquisto, sì da non potersi configurare i requisiti dell’acquisto “a non domino” ex art. 1158 cc.

Né, infine, potrebbe ritenersi efficace e opponibile agli odierni appellati la scrittura privata notaio Poggio del 9-4-1983, cui fa riferimento il teste (…), con cui il posto auto sarebbe stato concesso dal (…) ai danti causa dei (…), non risultando tale scrittura trasfusa nell’atto d’acquisto di questi ultimi, e riguardando, la stessa, pur sempre, il solo mappale 745.

Quanto alla servitù, irregolare, di parcheggio, di cui é parimenti invocata l’usucapione, si precisa che la giurisprudenza della Suprema Corte dopo averne negato con orientamento pressoché costante la configurabilità, (v. per tutte Cassazione civile, sez. II, 07/03/2013, n. 5769) l’ha invece ritenuta ammissibile in più recenti pronunce.

Secondo Cassazione civile, sez. II, 18/03/2019, n. 7561:

In tema di servitù, lo schema previsto dall’art. 1027 c.c. non preclude in assoluto la costituzione di servitù aventi ad oggetto il parcheggio di un’autovettura su un immobile di proprietà altrui, a condizione che, in base all’esame del titolo, tale facoltà risulti essere stata attribuita a diretto vantaggio del fondo dominante, per la sua migliore utilizzazione, quale “utilitas” di carattere reale”. (Cass. civile, sez. II, 18/03/2019, n. 7561 Giustizia Civile Massimario 2019, rv 653147 – 01 Vedi anche Cass. Civ., n. 8737 del 2001 – Conforme Cass. civile, sez. II 06/07/2017 n. 16698).

Il vantaggio del fondo dominante su di un piano reale anziché su quello di una mera utilitas personale (la cui valutazione é riservata al giudice di merito) non è tuttavia il solo elemento sufficiente per il riconoscimento del diritto, dovendo aversi riguardo anche allo stato del fondo serviente, in conseguenza del peso da imporre, evitando che da esso derivi lo svuotamento delle facoltà del proprietario del fondo servente.

Infatti, più ampiamente, in motivazione, la stessa Suprema Corte precisa: “3.5. Quanto detto non è peraltro ancora sufficiente a individuare la servitù di parcheggio distinguendola dal diritto personale di godimento, poichè occorre guardare anche al fondo servente, il cui utilizzo non può mai risultare del tutto inibito.

Posto, infatti, che la servitù consiste nella conformazione del diritto di proprietà in modo divergente dallo statuto legale, essa non è compatibile con lo svuotamento delle facoltà del proprietario del fondo servente, al quale deve residuare la possibilità di utilizzare il fondo, pur con le restrizioni e limitazioni che discendono dal vantaggio concesso al fondo dominante.

Detto in altre parole, l’asservimento del fondo servente deve essere tale da non esaurire ogni risorsa ovvero ogni utilità che il fondo servente può dare e il proprietario deve poter continuare a fare ogni e qualsiasi uso del fondo che non confligga con l’utilitas concessa. Diversamente si è fuori dallo schema tipico della servitù.

4. La questione si pone quindi non già in termini di configurabilità in astratto della servitù di parcheggio, ma di previsione, in concreto, di un vantaggio a favore di un fondo cui corrisponda una limitazione a carico di un altro fondo, come rimodulazione dello statuto proprietario, a carattere tendenzialmente perpetuo”.

Alla luce del principio esposto, si ritiene che, in specie, il sedime servente, per la sua modestissima estensione, verrebbe pertanto svuotato di ogni utilità o possibilità di utilizzo per il proprietario qualora lo si gravasse del vincolo a favore di una pluralità di condomini.

Manca dunque tale secondo elemento indicato dalla giurisprudenza per la configurabilità del diritto di parcheggio, pur sussistendo il primo, ovvero quello della funzionalità e del vantaggio del parcheggio rispetto al fondo di proprietà degli appellanti e non già a titolo personale dei medesimi.

Peraltro, la servitù di parcheggio andrebbe negata anche nel merito alla luce delle risultanze testimoniali.

Si degnala, in ipotesi analoga a quella in esame, la seguente pronuncia, in termini, della CdA di Brescia, ove si afferma:

“Anche per la domanda relativa alla servitù di parcheggio si osserva che i testi hanno genericamente riferito della possibilità di lasciare la propria autovettura da parte di chiunque, motivo per cui non può ritenersi raggiunta la prova di un esercizio esclusivo di detta facoltà da parte degli appellanti con modalità tali, ivi compresa la presenza di segni visibili, da consentire l’accoglimento della loro domanda. (Corte Appello Brescia, sez. II, 20/01/2017, n. 90 Redazione Giuffrè 2017). Anche tale subordinata domanda di usucapione della servitù di parcheggio, seppure con diversa motivazione, alla luce del diverso orientamento giurisprudenziale citato, va pertanto respinta.

Causa 976/15

I capi della sentenza impugnata relativi al contenzioso tra (…) contro (…), resisi acquirenti, dal Fallimento di (…), dei mapp. 306, 727 e 720, con atto notaio Piana, in data 29-3-2010, hanno per oggetto il rigetto delle domande di usucapione del sedime, o in alternativa della servitù di parcheggio, sui mappali 306 (per la parte occupata dalla rampa d’accesso ai parcheggi (esclusa l’area ritenuta di proprietà (…)), 727 e 720 del fg. 37, domande entrambe respinte dal primo giudice per carenza dei presupposti dell’usucapione.

I testi escussi di parte convenuta nonché lo stesso teste (…) di parte attrice avevano poi in particolare dichiarato che il mapp. 720 (identificato in colorazione azzurra tratteggiata nella planimetria allegata alla CTU) era incolto e abbandonato, analogamente alle aree non occupate da parcheggi di cui ai mapp. 306 e 727, parimenti rivendicate.

Il giudice respingeva anche la subordinata istanza di accertamento dell’usucapione della servitù di parcheggio, categoria non prevista dall’ordinamento.

La stessa sentenza affermava che gli attori avevano proposto dette domande, ciascuno, in proprio, agendo uti singuli, poiché quali condomini del supercondominio, costituito dai tre immobili individuati come “Casa A”, “B”, “C”, adibite a seconda abitazione, essi non avrebbero potuto agire per la declaratoria di usucapione di aree ritenute condominiali, se non nel contraddittorio di tutti i partecipanti al condominio, non ravvisando poi nel merito i requisiti di un possesso continuativo, essendo le suddette abitazioni adibite a seconde case.

Preliminarmente, deve essere ritenuta sussistente, in accoglimento della specifica doglianza di parte appellante, la legittimazione attiva degli attori, ora appellanti, in qualità di condomini del Supercondominio, nell’odierna causa riunita, avente ad oggetto l’usucapione quali cose comuni delle aree indicate, dovendo smentirsi, sul punto, l’affermazione del primo giudice secondo cui gli stessi non avrebbero potuto agire per la declaratoria di usucapione di aree ritenute condominiali, se non nel contraddittorio di tutti i partecipanti al condominio.

In contrario, la Suprema Corte (ponendo una netta distinzione tra la legittimazione attiva e quella passiva dei condomini nei giudizi aventi per oggetto l’usucapione di enti condominiali, ha precisato:

In tema di giudizio diretto all’accertamento dell’usucapione, la fattispecie del litisconsorzio necessario ricorre esclusivamente nel caso in cui la pluralità soggettiva sia rinvenibile dal lato passivo del rapporto, cioè tra coloro in danno dei quali la domanda è diretta, non anche nell’ipotesi in cui essa si riscontri dal lato attivo, atteso che, in tale evenienza, l’azione proposta è diretta a costituire una situazione compatibile con la pretesa che i soggetti non citati in giudizio potranno eventualmente vantare in futuro”. (Cass. civile, sez. II, 20/03/2006, n. 6163 Giust. civ. Mass. 2006. 3 Il civilista 2008. 7-8, 20 (nota (…)).

Lo stesso principio si evince indirettamente dalla sentenza che segue che consente all’assemblea condominiale adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 stesso codice e dunque non all’unanimità dei condomini, di dare mandato all’amministratore per proporre la domanda di rivendica per usucapione di un’area finitima al fabbricato:

“In tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 n. 4 c.c.) possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art. 1131, comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 stesso codice”. (Cass. civile, sez. II, 03/04/2003, n. 5147 Giust. civ .Mass. 2003 ,4 Riv. giur. edilizia 2003, 1,1490; Cass. civile 08 gennaio 2015 n. 40 sez.II).

Vale precisare che la porzione oggetto di causa del mapp. 306 (mappale che nel suo complesso ha una conformazione stretta e allungata con andamento da nord a sud), è diversa da quella rivendicata dalla (…), testé esaminata, posta al confine nord con il mapp. 299, e diversamente identificata in verde nella stessa planimetria del CTU.

Le censure avverso i capi di sentenza indicati affrontano anche in tal caso il tema del travisamento da parte del giudice delle risultanze testimoniali, sulla base di una lettura ritenuta erronea del loro contenuto.

Ed invero, si sostiene che, a fronte delle chiare e coerenti affermazioni dei testi di parte attrice il giudice aveva invece dato credito alle sole generiche dichiarazioni dei testi di parte convenuta, alcuni dei quali, come il (…) e (…) avevano espressamente ammesso di non riuscire a collegare i mappali oggetto della domanda con le foto loro rammostrate dei mapp 306, 720 e 727).

Tanto bastava, secondo gli appellanti per connotare di estrema incertezza le risultanze della prova.

L’appello censura altresì l’affermazione del primo giudice circa l’assenza del requisito della continuità del possesso delle aree a parcheggio, trattandosi di unità condominiali adibite a seconda abitazione.

Nel merito, la Corte, pur rilevando che l’uso discontinuo di un bene come una casa vacanze destinata ad una fruizione stagionale non escluda la continuità del possesso che può essere esercitato o ripreso ad libitum in qualsiasi momento, ritiene tuttavia non sussistenti, sotto altri profili, i presupposti dell’usucapione.

Quanto al quadro probatorio, si osserva in proposito che, se è pur vero che i testi (…) e(…) hanno ammesso di non riuscire a collegare i mappali oggetto della domanda con le foto loro rammostrate, riguardanti sia le porzioni dei mapp. 306 e 727 sia il mapp 720 (difficoltà da ritenere del tutto comprensibile, tenuto conto della frammentazione in più porzioni di tali mappali che ha reso necessario l’espletamento di una ctu per la loro esatta individuazione), essi sono stati però perfettamente in grado di individuare e descrivere i luoghi raffigurati operandone, sulla base delle stesse foto, il confronto tra lo stato pregresso e quello attuale, come oltre più avanti esposto.

– Quanto ai mapp 727 e 306, per le porzioni prima indicate, la CTU ne indica per entrambe, come area di parcheggio solo una modesta parte di rispettivi mq 38 del mapp 727 e di soli mq. 26,40, per il mapp. 306, (entrambe colorate in “magenta” sulla planimetria CTU All. 11).

Precisa il CTU che la restante striscia del mapp 727 di mq 48, (distinta in colore rosso tratteggiata, sulla stessa planimetria), di fatto destinata al mero passaggio pedonale dei condomini, consiste invece in parte della rampa di discesa nonchè in un pianerottolo e porzione del sentiero d’accesso al mapp. 720, per la parte adibita a giardino di proprietà (…). (v. CTU) p. 30)

E’ dunque evidente, come precisa il CTU, che per tale porzione non transitabile se non pedonalmente e non destinata a parcheggio non potrebbe trovare in ogni caso accoglimento la domanda di usucapione, avente espressamente ad oggetto l’area destinata a parcheggio.

Ma anche con riguardo alle restanti porzioni pianeggianti ed accessibili alle autovetture dei mapp. 727 e 306, il quadro probatorio smentisce la tesi attorea, circa il comune possesso dei condomini ad usucapionem, come già affermato dal primo giudice.

Gli stessi testi, già sentiti, sulla stessa circostanza, nella parallela causa 990/15, (…), dopo aver premesso che, anche su dette aree pianeggianti dei mappali 306 e 727, poteva parcheggiare chiunque, e pertanto non solamene i condomini, hanno confermato che non vi era alcuna delimitazione delle stesse, fino al 2012, epoca della posa dei paletti, come peraltro indicato dagli stessi appellanti, i quali hanno ammesso di averne praticato i fori, nel 2001, ma di averli, di fatto, apposti, con catenella di chiusura, solo nel 2012.

Anche le critiche alle dichiarazioni del teste (…), sentito in entrambe le cause sono prive di fondamento, coincidendo le dichiarazioni del medesimo con quelle dei testi (…). Pare evidente che lo stato “incolto” o di “abbandono”, riferito dal (…), nonché, espressamente sottolineato anche dallo stesso geom. (…), riguardi, per intero, solo la superficie del mapp. 720, descritto in atti come terrapieno confinante con i caseggiati (v. appello p.45) o area verde (v. p. 33 CTU e planimetria All. 11 in colorazione azzurra tratteggiata) e comunque non adibito a parcheggio, laddove la circostanza della posa dei fori nel 2001 e dei paletti nel 2012, a loro delimitazione, riguarda invece le aree libere destinate a parcheggio di cui ai mappali 306 e 727, secondo la deposizione dello stesso (…), peraltro confermata anche dai testi (…) e (…) e dagli stessi appellanti.

Non è dunque vero che i suddetti testi siano poco credibili per avere affermato, diversamente dal vero, che anche i mappali 727 e 306 (per le porzioni rivendicate in usucapione) sarebbero stati incolti e impraticabili, avendo invece essi correttamente dichiarato, in conformità con le risultanze della CTU, che parte di tali aree erano libere e adibite a parcheggio, ma al contempo precisando che su di esse poteva parcheggiare chiunque.

Infine i testi (…) e (…), pur non citati in sentenza, e lo stesso geom. (…) nulla aggiungono al quadro probatorio emerso. Essi non fanno che ribadire, con riguardo alle porzioni di cui ai mappali 306 e 727, la circostanza che tali aree erano utilizzate per il parcheggio dei condomini, essendo tuttavia tale circostanza, come detto, priva di rilievo decisivo, alla luce dell’assenza di ogni possibile interdizione dell’area, priva di chiusura o protezione sino al 2012, sia a terzi sia allo stesso proprietario, peraltro parimenti condomino.

E’ infatti lo stesso teste geom. (…), di parte attrice, a precisare che nelle parti libere e accessibili dei mapp. 306 e 727, anch’egli era solito parcheggiare prima della posa dei paletti nel 2012. (v. testimonianza (…) in data 17-5-14 in atti).

Ne emerge pertanto un uso promiscuo del suddetto sedime, non essendo neppure significativa la scelta del condominio di inserire tra le spese condominiali, come riferito dai testi geom. (…), ex amministratore, e geom. (…), la manutenzione di dette aree secondo la previsione del regolamento, che non potrebbe attestarne anche la titolarità comune, non costituendo neppure tale elemento la prova della sussistenza, di fatto, di un possesso esclusivo delle stesse da parte dei soli condomini del complesso..

– Inoltre, proprio la circostanza riferita dal teste geom. (…), che ha dichiarato di essere stato anche progettista del complesso, di avervi inserito dette aree quali “stalli condominiali”, conferma ancora una volta che al momento della costituzione del condominio e del frazionamenti, non vi fu la necessaria accortezza di armonizzare quanto previsto progettualmente con l’esatta individuazione delle parti comuni condominiali, mediante il necessario aggiornamento catastale, e la cessione delle aree destinate a parcheggio ma ancora intestate al costruttore venditore (…), sì da consentirne la piena corrispondenza con i successivi atti pubblici di trasferimento delle proprietà individuali, individuandone le pertinenze. Né altrettanto il vincolo in questione, di natura reale, potrebbe affermarsi solo in forza del contenuto dei progetti e delle pratiche edilizie, le cui previsioni non confluirono, con i conformi aggiornamenti catastali, negli atti pubblici di costituzione del condominio e di vendita delle singole unità.

In contrario alla tesi appellante, si osserva che le particelle in contestazione sono sempre rimaste nella titolarità del costruttore ed unico proprietario dell’area su cui sorse il complesso, (…), nonché successivamente alienate agli odierni appellati nell’ambito procedimento fallimentare a carico dello stesso (…), non potendo pertanto dette aree (di cui è esclusa ut supra l’usucapione) neppure entrare a far parte degli enti condominiali, in assenza di un preciso atto di trasferimento, a nulla rilevando anche le generiche clausole di stile (circa l’inserimento nella vendita delle parti comuni ex art. 1117 cc e delle pertinenze) contenute nei singoli atti d’acquisto dei condomini, puntualmente elencati dagli appellanti.(v. p. 48-50 atto d’appello).

Sul punto, conclusivamente si osserva che, come ben rileva la sentenza di primo grado, le aree di progetto individuate a parcheggio non avrebbero potuto riferirsi al mappale 306, che, al momento del rilascio delle licenze edilizie (del 1979/80) “era già stato separatamente identificato e acquistato dal fallito (…) nel 1974”. (v. sentenza p. 15).

Non può dunque condividersi la tesi appellante secondo cui il vincolo pertinenziale sarebbe oggettivo nonché insito nei titoli di acquisto dei singoli condomini e loro aventi causa.

Quanto al mapp.. 720, esso è descritto dagli stessi appellanti come un terrapieno, essendo formato, come precisato poi dalla CTU, che ne ha verificato lo stato attuale, da due porzioni rispettivamente antistanti le unità immobiliari ora di proprietà (…), di cui costituiscono in gran parte il giardino.

Sia (…) che il (…), sentiti quali testi, sulla base delle foto rammostrate hanno riconosciuto perfettamente i luoghi ivi rappresentati, confermando lo stato del mappale 720 prima (foto 22) e dopo (foto 25) l’acquisto dei (…), nonché precisando, unitamente al teste di parte attrice geom. (…), che detto sedime risultava incolto sino al 2010 (foto 11 12 13), epoca del loro acquisto.

Il (…) ha altresì riconosciuto nella foto 25 i lavori di consolidamento del muraglione, la cui esecuzione fu ordinata dal (…).

Deve dunque escludersi che, con riguardo a detto descritto mappale, dapprima in abbandono e poi interamente utilizzato, a partire dal 2010, in conformità ai titoli d’acquisto menzionati in atti, dai proprietari (…), che vi hanno realizzato anche opere di consolidamento, possa essere stato esercitato qualsivoglia possesso ad excludendum da parte dei condomini, si da attribuirne loro, come richiesto, in via di usucapione, la piena proprietà.

– Va infine la subordinata domanda di riconoscimento del diritto d’uso dei parcheggi ai sensi della l. n. 765/1967, con riguardo alle suddette aree, stante la nullità degli atti di trasferimento ex art. 41 sexies l. urb. n. 1150/1942.

L’appello contesta nel merito la declaratoria di prescrizione del relativo diritto, negandone i presupposti.

In contrario, con diversa motivazione, preliminarmente, si osserva, che, in specie, le aree di cui si discute non sono mai esattamente individuate né mai cedute con tale funzione di parcheggio in nessuno dei rispettivi titoli atti d’acquisto dei condomini né di costituzione del condominio, essendo rimaste, come illustrato, aree libere, nella proprietà del (…), sino al suo fallimento e alla successiva loro cessione agli appellati, da parte della procedura concorsuale, nel 2010. Né tantomeno dette aree, per quanto sopra deciso, sono state usucapite o attribuite in proprietà ad altro titolo agli odierni appellanti come aree di parcheggio o pertinenziali.

L’appello sul punto deve pertanto respingersi, pur se con altra motivazione.

Quanto alla subordinata pretesa di declaratoria della servitù di parcheggio sui mapp 727 e 306 si richiamano le argomentazioni di cui sopra circa la configurabilità dell’istituto e l’ammissibilità della domanda, non senza tuttavia precisare che anche nel caso concreto in esame, la modestissima estensione dei sedimi in contestazione (di mq. mq 38 per il mapp. 727 e di mq.26,40 per la porzione del mapp. 306, come indicato dalla CTU) preclude il riconoscimento del diritto di servitù attiva in capo ai condomini, che comporterebbe il totale sacrificio del fondo servente, stante l’evidente sproporzione numerica dell’utenza condominiale (8 i condomini in causa cui potrebbero in futuro aggiungersene altri i virtù del richiamato principio giurisprudenziale), rispetto alla proprietà individuale del fondo servente, con l’inevitabile insorgere di una nuova fonte di contenzioso tra le parti.

– Resta assorbito, ove pure potesse ritenersi ammissibile, l’intervento, definito ad adiuvandum, del Condominio (…), in persona dell’amministratore pro tempore, autorizzato con delibera in atti.

– Deve altresì dichiararsi inammissibile e tradiva ai sensi dell’art. 345 cpc la documentazione catastale depositata dalla difesa appellante all’udienza del 27-3-2018, sostanzialmente volta ad ampliare tardivamente il thema decidendum, in assenza di contraddittorio. L’appello in esame (RG 976/15)deve pertanto respingersi con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.

– Va respinto l’appello incidentale degli appellati contro (…) e (…) nel relativo contenzioso sia sotto il profilo dell’art. 96 cpc, domanda già respinta dal primo giudice e di cui anche in questo grado non si ravvisano i presupposti di pregiudizio ulteriore, specie considerando le difficoltà ricostruttive dello stato dei luoghi e delle complesse questioni tecnico giuridiche oggetto di causa.

Quanto alle spese deve ritenersi che il giudice di primo grado abbia effettuato una liquidazione unica, anche per le due cause di cui erano parti i (…), considerata anche la notevole entità liquidata, essendo riservata alle stesse parti condannate una diversa ripartizione interna in considerazione del doppio giudizio di cui i (…) erano parti in primo grado.

– Le spese del grado devono interamente compensarsi tra tutte le parti, in ciascuna causa riunita, in considerazione, sotto il profilo dei gravi ed eccezionali motivi, dell’obiettiva difficoltà delle cause e dell’impegno difensivo delle contrapposte difese, stante la complessità e difficoltà di ricostruzione e di lettura del materiale probatorio tecnico documentale acquisito (catastale e progettuale, nonché costituito dai titoli di proprietà), tanto da richiedere, in questo secondo grado, l’espletamento di una ctu.

– Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.p.r. 30/5/2002 n. 115, come modificato dalla l. 24/12/2012 n. 228, si dà atto che ricorrono i presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, per ciascuna delle cause riunite, nonché da parte degli appellanti incidentali, (…) e (…), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, contrariis reiectis, definitivamente pronunciando nelle cause d’appello riunite, in epigrafe, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Genova n. 10144/15 pubblicata in data 1.6.2015

respinge

gli appelli riuniti e l’appello incidentale, e, per l’effetto, conferma, pur con parziale diversa motivazione, la sentenza impugnata

compensa

tra tutte le parti le spese del presente grado di giudizio.

Dà atto che ricorrono nel caso concreto i presupposti ex art. 13 comma 1-quater d.p.r. 30/5/2002 n. 115 per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, sia da parte degli appellanti principali, per ciascuna delle cause riunite, nonché da parte degli appellanti incidentali, (…) e (…).

Così deciso in Genova, in camera di consiglio, in data 14 gennaio 2020.

Depositata in Cancelleria il 9 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.