il sindacato della Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilita’ (ma anche in sede di giurisdizione di conto), alla luce del principio, posto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 1, comma 1, secondo il quale l’esercizio dell’attivita’ amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicita’ e di efficacia, criteri rilevanti sul piano della legittimita’, e non della mera opportunita’, non e’ circoscritto alla verifica se l’agente abbia compiuto l’attivita’ per il perseguimento di finalita’ istituzionali dell’ente, ma deve estendersi alle singole articolazioni dell’agire amministrativo, escludendone soltanto quelle in relazione alle quali la legge attribuisce all’amministrazione – riconducendone l’agire discrezionale al principio di legalita’ – una scelta elettiva fra diversi comportamenti, negli stretti limiti di tale attribuzione. Uno scorretto esercizio, da parte del giudice contabile, del potere di riesame in ordine all’applicazione delle clausole generali contenute nella L. n. 241 del 1990, detto articolo 1, comma 1, non costituisce pertanto invasione della sfera discrezionale dell’amministrazione, ma “error in iudicando”, non denunciabile in cassazione quale vizio attinente alla giurisdizione.

 

Corte di Cassazione, Sezioni Unite civile Sentenza 13 settembre 2018, n. 22399

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f.

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente di Sez.

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez.

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere

Dott. MANNA Felice – Consigliere

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6667/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso Io STUDIO LEGALE (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1105/2014 della CORTE DEI CONTI – I SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO – ROMA, depositata il 25/09/2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/09/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

La Corte dei Conti, sezione prima giurisdizionale centrale, adita in appello da (OMISSIS), gia’ direttore del settore pubblica istruzione della Provincia di Roma, avverso la sentenze indicata in epigrafe, ha respinto il gravame, confermando nei suoi confronti la condanna a risarcire alla detta Provincia di Roma, quale danno patrimoniale ingiusto causato con colpa grave, la somma di Euro 197.000.

La Provincia di Roma, con Delib. marzo 1995, adottata su parere favorevole dell’ (OMISSIS), affido’ a trattativa privata alla srl (OMISSIS) – gia’ aggiudicataria nel 1990 con la procedura dell’appalto concorso di un primo lotto di lavori relativi alla costruzione in (OMISSIS) di un immobile destinato a sede di istituto scolastico statale polifunzionale – un secondo lotto di lavori, con applicazione di un aggiornamento prezzi in aumento del 33%.

L’ (OMISSIS) era stato quindi citato in giudizio dal Procuratore regionale del Lazio perche’ fosse condannato al pagamento dell’importo di cui al debito fuori bilancio oggetto di deliberazione del Consiglio provinciale dell’aprile 2010, con pagamenti effettuati in favore dei cessionari del credito vantato dalla srl (OMISSIS) nei confronti della Provincia di Roma, debito contratto da quest’ultima in forza della sentenza irrevocabile del Tribunale civile di Roma per il danno provocato da inadempimento contrattuale derivante dall’inutile prolungamento dei tempi contrattuali.

Il giudice d’appello, posto che la fattispecie concerne il danno indiretto imputabile all’allora dirigente del servizio che aveva disposto la consegna dei lavori anche in qualita’ di responsabile del procedimento, ha rilevato come si verteva in una tipica situazione di danno indiretto, dove ai fini del giudizio di responsabilita’ contabile era necessario accertare a chi, persona fisica, fosse riconducibile il danno sofferto in via diretta dal soggetto entificato, in questo caso la Provincia di Roma. E proprio dal giudizio civile era emerso che l’elemento generatore del danno era stata la cosiddetta consegna anticipata dei lavori, per la quale se soggetto principale era stato l’ente, nella presente sede la ricerca della responsabilita’ andava mirata nei confronti di chi quel fatto generatore aveva posto in essere.

In proposito ha osservato come i lavori erano stati affidati con urgenza all’impresa (OMISSIS) ed in assenza di contratto, sottoscritto solo anni dopo, e in mancanza delle verifiche in ordine al possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi da parte del detto appaltatore aggiudicatario, e infine quando la stazione appaltante, a modifica della precedente Delib. del 1995, aveva deciso di far ricorso alla licitazione privata.

Quanto alla deduzione che le omissioni procedurali e contrattuali sarebbero state determinate dal cosiddetto stato di urgenza, ha osservato che lo stato di urgenza qualificato, quello che legittima la deroga a una norma, secondo la giurisprudenza nazionale e comunitaria deve essere connotato da elementi strettamente oggettivi e non da comportamenti che hanno indotto a qualificare lo stato di fatto come tale. Il fatto che la stazione appaltante avesse di per se’ deciso di fare ricorso a selezione tramite gara, dimostra che nell’intendimento dell’amministrazione non era presente alcun carattere d’urgenza, e che anche se si fosse prescelto un metodo selettivo semplificato, non vi era intenzione da parte della medesima stazione appaltante di omettere gli elementi essenziali della procedura quale in particolare la stipula del contratto. Neppure poteva essere sottovalutato il mancato accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi in capo alla ditta interessata.

L’obiezione dell’ (OMISSIS) che cio’ che difettava alla srl (OMISSIS) era solo il formale aggiornamento della sua iscrizione all’Albo Nazionale Costruttori dimenticava la circostanza che, all’epoca dei fatti, non vi erano altre forme normativamente previste di accertamento della qualificazione delle imprese per l’esecuzione di una determinata tipologia di lavori. “Conseguentemente, il mancato aggiornamento costituiva proprio l’elemento ostativo alla verifica, in termini cronologicamente puntuale, della capacita’ dell’impresa ad eseguire lavori”.

La condotta dell’appellante era stata quindi carente di quella necessaria attenzione amministrativa che, pur dovendo tenere conto delle aspettative della popolazione e degli “aventi diritto”, avrebbe dovuto tenere in debito conto anche le misure di cautela a tutela dell’amministrazione stessa.

Vi era dunque colpa grave nel comportamento del signor (OMISSIS) e non vi era stata alcuna violazione da parte del primo giudice della L. 14 gennaio 1994, n. 20, articolo 1.

Nei confronti della sentenza ricorre a queste Sezioni unite l’ (OMISSIS) con un motivo, illustrato con successiva memoria, attinente alla giurisdizione.

La Procura generale presso la Corte dei Conti resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciando “in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 1, violazione e falsa applicazione della L. 14 gennaio 1994, n. 20, articolo 1, comma 1; eccesso di potere giurisdizionale e invasione della sfera di valutazione riservata all’amministrazione”, il ricorrente assume non rientrare nei limiti esterni del potere giurisdizionale della Corte dei conti la sostituzione della legittima valutazione di urgenza operata dall’ (OMISSIS) con il diverso convincimento sull’insussistenza di una situazione qualificabile in termini di urgenza. La Corte dei Conti avrebbe potuto “affermare la responsabilita’ del ricorrente solo dissentendo nel merito dalla valutazione amministrativa discrezionale – ampiamente discrezionale – sull’urgenza di avviare i lavori” da lui operata. Il parametro normativo sul quale si fondava la decisione del ricorrente era infatti l’articolo 337 dell’Allegato F alla L. n. 2248, articolo 1, comma 1, all’epoca vigente (“I contratti in generali sono esecutori soltanto dopo l’approvazione dell’Autorita’ competente secondo le norme prescritte dalla legge di contabilita’ generale. Nei casi di urgenza il Ministero puo’ autorizzare il cominciamento dei lavori dopo il delibera mento”), il quale “non pone particolari limitazioni all’esercizio del potere da parte dell’Amministrazione…: e’ previsto in termini molto ampi un potere (“puo’ autorizzare”) da esercitarsi nei “casi di urgenza”. “Dire se in determinate circostanze ricorresse uno di quei casi urgenti nei quali la migliore cura dell’interesse pubblico avrebbe potuto essere garantita solo da un immediato affidamento dell’esecuzione dei lavori era competenza riservata all’Amministrazione e solo ad essa”.

Il ricorso e’ inammissibile.

Questa Corte ha infatti da tempo chiarito come “il sindacato della Corte dei conti in sede di giudizio di responsabilita’ (ma anche in sede di giurisdizione di conto), alla luce del principio, posto dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, articolo 1, comma 1, secondo il quale l’esercizio dell’attivita’ amministrativa deve ispirarsi a criteri di economicita’ e di efficacia, criteri rilevanti sul piano della legittimita’, e non della mera opportunita’, non e’ circoscritto alla verifica se l’agente abbia compiuto l’attivita’ per il perseguimento di finalita’ istituzionali dell’ente, ma deve estendersi alle singole articolazioni dell’agire amministrativo, escludendone soltanto quelle in relazione alle quali la legge attribuisce all’amministrazione – riconducendone l’agire discrezionale al principio di legalita’ – una scelta elettiva fra diversi comportamenti, negli stretti limiti di tale attribuzione. Uno scorretto esercizio, da parte del giudice contabile, del potere di riesame in ordine all’applicazione delle clausole generali contenute nella L. n. 241 del 1990, detto articolo 1, comma 1, non costituisce pertanto invasione della sfera discrezionale dell’amministrazione, ma “error in iudicando”, non denunciabile in cassazione quale vizio attinente alla giurisdizione (Cass., sezioni unite, 28 marzo 2006, n. 7024).

Ed ha piu’ di recente precisato che “l’insindacabilita’ “nel merito” delle scelte discrezionali compiute dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non comporta che esse siano sottratte ad ogni possibilita’ di controllo, e segnatamente a quello della conformita’ alla legge che regola l’attivita’ amministrativa, con la conseguenza che il giudice contabile non viola i limiti esterni della propria giurisdizione quando accerta la mancanza di tale conformita’” (Cass. sezioni unite, 10 marzo 2014, n. 5490).

Ad un siffatto controllo di conformita’ alla legge che regola l’attivita’ amministrativa si e’ attenuto il Giudice contabile nel sindacare le scelte discrezionali dell’agente, senza percio’ debordare dai limiti esterni fissati al suo potere giurisdizionale.

Come si e’ esposto supra, infatti, il giudice d’appello ha osservato come i lavori erano stati affidati con urgenza all’impresa (OMISSIS) ed in assenza di contratto, sottoscritto solo anni dopo, e in mancanza delle verifiche in ordine al possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi da parte del detto appaltatore aggiudicatario, e infine quando la stazione appaltante, a modifica della precedente delibera del 1995, aveva deciso di far ricorso alla licitazione privata.

Ha poi rilevato che lo stato di urgenza qualificato, quello che legittima la deroga a una norma, secondo la giurisprudenza nazionale e comunitaria deve essere connotato da elementi strettamente oggettivi e non da comportamenti che hanno indotto a qualificare lo stato di fatto come tale. Il fatto che la stazione appaltante avesse di per se’ deciso di fare ricorso a selezione tramite gara, dimostrava che nell’intendimento dell’amministrazione non era presente alcun carattere d’urgenza, e che anche se si fosse prescelto un metodo selettivo semplificato, non vi era intenzione da parte della medesima stazione appaltante di omettere gli elementi essenziali della procedura quale in particolare la stipula del contratto. Neppure poteva essere sottovalutato il mancato accertamento dei requisiti oggettivi e soggettivi in capo alla ditta interessata.

L’obiezione dell’ (OMISSIS) che cio’ che difettava alla srl (OMISSIS) era solo il formale aggiornamento della sua iscrizione all’Albo Nazionale Costruttori dimenticava la circostanza che, all’epoca dei fatti, non vi erano altre forme normativamente previste di accertamento della qualificazione delle imprese per l’esecuzione di una determinata tipologia di lavori. “Conseguentemente, il mancato aggiornamento costituiva proprio l’elemento ostativo alla verifica, in termini cronologicamente puntuale, della capacita’ dell’impresa ad eseguire lavori”.

La condotta dell’appellante era stata quindi carente di quella necessaria attenzione amministrativa che, pur dovendo tenere conto delle aspettative della popolazione e degli “aventi diritto”, avrebbe dovuto tenere in debito conto anche le misure di cautela a tutela dell’amministrazione stessa.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non vi e’ luogo a provvedere sulle spese considerata la natura di parte soltanto in senso formale del controricorrente Procuratore generale presso la Corte dei conti.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Da’ atto della sussistenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.