in tema di diritto di precedenza agli incroci, la mera circostanza che il conducente sia favorito dal diritto di precedenza non lo esonera dall’obbligo di usare la dovuta attenzione nell’attraversamento di un incrocio; l’art. 145 CdS, che disciplina rigidamente i criteri per la precedenza nella circolazione veicolare agli incroci e in generale al comma 1 prevede che nell’approssimarsi ad un incrocio come nelle altre manovre interessati la suddetta circolazione, il conducente è tenuto a rispettare il canone generale della massima prudenza allo scopo di evitare incidenti.

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Tribunale Latina, Sezione 2 civile Sentenza 22 febbraio 2019, n. 475

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA

Seconda Sezione Civile

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Roberta Nocella

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 4562/2011 promossa da:

(…) (CF (…)) e (…) (CF (…)), rappresentati e difesi dagli avv.ti MA.GI. e MA.FA., ed elettivamente domiciliati presso il loro studio sito in VIA (…), 04100, LATINA come da procura in atti

ATTORI

contro

(…) (CF (…)) e (…) (CF (…)), con il patrocinio dell’avv. Fo.La., ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Sabaudia, Corso (…), come da procura in atti

CONVENUTI

e

(…) SPA (P. IVA (…)), rappresentata e difesa dall’avv. PE.GI. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in VIALE (…), 04100 LATINA, come da procura in atti

CONVENUTA

e

(…) SPA (P. IVA (…)), con il patrocinio dell’avv. CIAVARDINI FERNANDO e dell’avv. LU.CI., ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo sito in CORSO (…), 04100, LATINA, come da procura in atti

TERZA CHIAMATA

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato i sig.ri (…) e (…) convenivano in giudizio i sig.ri (…), quale conducente, e (…), quale proprietaria dell’autovettura (…) tg. (…), nonché la (…) Spa, in qualità di compagnia assicuratrice del proprio veicolo (…) tg. (…) e pertanto gestore del sinistro, per far accertare e dichiarare la esclusiva responsabilità del sig. (…) nella causazione del sinistro oggetto di causa, e per l’effetto, per ottenere condanna nei confronti dei convenuti, in solido tra loro e con la compagnia (…) Spa, al risarcimento dei danni fisici, morali e materiali subiti.

Si costituiva in giudizio la (…) Spa contestando la fondatezza dell’azione attorea ed in particolare le modalità del sinistro descritte dalla controparte, assumendo quanto meno una mancanza di prudenza all’incrocio ex artt. 145, 140 e 141 CdS in capo al (…); in ogni caso contestava la quantificazione dei danni al veicolo di proprietà di (…), essendo le spese di riparazione assunte addirittura superiori al suo valore commerciale.

Quanto alle lesioni fisiche asseritamente subìte dal (…), si contestava la loro quantificazione, in particolare in relazione alla asserita perdita di chance laddove assumeva di aver perso l’incarico di Capo Ufficio Personale presso il Comando Artiglieria Contraerei di Sabaudia a seguito del fatto di essere rimasto fermo oltre 60 giorni dopo il sinistro.

Si costituivano altresì i sig.ri (…) e (…) con comparsa di costituzione e risposta contenente chiamata in causa del terzo ((…) Spa), chiedendo il rigetto integrale della domanda attrice per essere stato il sinistro causato dalla esclusiva responsabilità del sig. (…), conducente della (…), che non moderava la propria velocità all’altezza dell’incrocio con via della Lavorazione, così urtando il veicolo Fiat Punto condotto da (…), che già aveva impegnato l’intersezione stradale. In ogni caso, si contestava la quantificazione dei danni operata dalla controparte, in particolare quelli relativi al veicolo.

Alla prima udienza il G.I. precedente assegnatario del fascicolo autorizzava la chiamata in causa della (…) Spa e rinviava ad altra udienza per consentirne la costituzione in giudizio.

Si costituiva (…) Spa con comparsa nella quale deduceva in via preliminare la nullità dell’atto di citazione per violazione dell’art. 164 c.p.c.; assumeva l’improcedibilità dell’azione per erroneità della lettera di messa in mora ai sensi dell’artt. 145 e 148 CdA. Aggiungeva poi la contraddittorietà della citazione laddove era stata citata in causa sia la (…), che (…) e (…), trattandosi in realtà di due azioni diverse; infine, contestava la quantificazione attorea dei danni.

Concessi i termini ex art. 183, comma 6 c.p.p. e depositate le memorie, venivano espletati gli interrogatori formali della attrice (…) e del convenuto (…) all’udienza del 27/05/2014, nonché dell’attore (…) all’udienza del 23/10/2014, mentre alle udienze del 26/03/2015 e del 13/10/2015 venivano escussi i testi ammessi (per parte attrice (…) e (…), mentre veniva dichiarato incapace a testimoniare (…); per parte convenuta (…) e (…) e per la terza chiamata G., il teste (…), agente verbalizzante).

Nel corso del giudizio venivano espletate una CTU medico legale sulla persona dell’attore (…), ed una CTU contabile (eseguita dalla dott.ssa Valentina Bonaldo) ai fini della determinazione dell’indennità di comando e dell’indennità per lavoro straordinario che sarebbero state versate in favore di quest’ultimo se non avesse dovuto sospendere il servizio a causa del sinistro.

All’udienza del 9/10/2018 le parti precisavano le conclusioni e questo G.I., nuovo assegnatario della causa, concedeva alle parti i termini di legge per il deposito delle memorie conclusionali e delle memorie di replica.

Nel merito, ritiene questo organo giudicante che la domanda deve essere accolta nei limiti e per le ragioni che si verranno ad esporre.

1. Eccezioni preliminari. In via preliminare, occorre esaminare le eccezioni su cui la terza chiamata (…) ha insistito ancora in sede di proprie conclusionali.

Anzitutto, quanto a quella di “totale nullità della citazione per chiamata in causa per omessa determinazione dell’oggetto della domanda, in relazione alla omissione o assoluta incertezza del petitum, risultando omessa la formale indicazione dei relativi titoli dai quali la stessa pretesa trae fondamento… ” ai sensi dell’art. 164 c.p.c., premesso che la stessa deve essere riferita all’atto di chiamata da parte dei convenuti (…) e (…), ne rileva questo giudice l’infondatezza alla luce della pacifica e consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui

“La nullità dell’atto di citazione per “petitum” omesso od assolutamente incerto, ai sensi dell’art. 164, quarto comma, cod. proc. civ., postula una valutazione caso per caso, dovendosi tener conto, a tal fine, del contenuto complessivo dell’atto di citazione, dei documenti ad esso allegati, nonché, in relazione allo scopo del requisito di consentire alla controparte di apprestare adeguate e puntuali difese, della natura dell’oggetto e delle relazioni in cui, con esso, si trovi la controparte…” (Cass. civ., Sez. 2, Sentenza n. 1681 del 29/01/2015).

Nella specie, da una semplice lettura dell’atto di chiamata in causa di terzo si evince che i convenuti (…) e (…), responsabili civil i in quanto, rispettivamente, conducente e proprietaria del veicolo, hanno chiesto di essere manlevati dalla loro compagnia assicuratrice (sulla base del contratto stipulato con essa) in caso di condanna risarcitoria in favore degli odierni attori.

Quanto all’eccezione di improcedibilità della azione risarcitoria poiché “l’art. 145 Cod. Ass. Priv. subordina la proponibilità della domanda giudiziaria di risarcimento del danno alla persona, riportato in conseguenza di sinistro stradale, al decorso del c.d. spatium deliberandi di 90 giorni a partire dal momento in cui il danneggiato abbia presentato all’impresa di assicurazione un’istanza di risarcimento del danno, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, “avendo osservato le modalità e i contenuti previsti dall’articolo 148”, rileva questo giudicante che i richiami normativi non si attagliano al caso in esame, in cui gli attori (asseriti) danneggiati hanno agito ai sensi dell’art. 149 CdA direttamente nei confronti della loro compagnia assicuratrice, nonché nei confronti dei responsabili civili ai sensi dell’art. 2054 c.c. per l’ipotesi in cui il danno alla persona del (…) superasse le c.d. micropermanenti. Pertanto, non si comprende il riferimento agli artt. 145 e 148 CdA, considerato che i convenuti (…) e (…), chiamanti in causa la G., hanno agito chiedendo la manleva da parte di quest’ultima e non ai sensi delle norme richiamate.

Riguardo, poi, all’ulteriore eccezione di improcedibilità “in relazione alla contraddittorietà della vocatio in ius nei confronti della compagnia (…) contestualmente alla citazione del proprietario e del conducente del veicolo antagonista, Sigg. (…) e (…), presunti responsabili del sinistro; nullità determinata anche dalla richiesta di condanna nei confronti di tutte le parti in causa”, ne rileva questo giudice l’infondatezza alla luce da un lato del fatto che nell’atto di citazione gli attori si sono limitati ad agire nei confronti della loro compagnia assicuratrice ex art. 149 CdA e dei responsabili civili ex art. 2054 c.c., alcuna domanda avanzando nei confronti della assicurazione di questi ultimi; d’altro lato, è opportuno citare la recente Cassazione Civile, Sezione VI, con ordinanza 20 settembre 2017, n. 21896 secondo la cui motivazione

“…è bene rammentare che, come questa Corte ha già affermato, l’azione diretta di cui all’art.149 cit. non è originata dal contratto assicurativo, ma dalla legge, che la ricollega al verificarsi del sinistro a certe condizioni, assumendo l’esistenza di un contratto assicurativo solo come presupposto legittimante, sicché la posizione del danneggiato non cessa di essere originata dall’illecito e trovare giustificazione in esso, assumendo la posizione contrattuale del medesimo verso la propria assicurazione soltanto la funzione di sostituire l’assicurazione del danneggiato a quella del responsabile nel rispondere della pretesa risarcitoria (così l’ordinanza 13 aprile 2012, n. 5928).

In altri termini, il sistema risarcitorio costruito dall’art. 149 e dal D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, si fonda su una sorta di accollo ex lege, a carico dell’assicuratore del danneggiato, del debito che sarebbe gravante sul responsabile e sull’assicuratore di quest’ultimo.

In sostanza, la procedura in questione determina un meccanismo di semplificazione operante a condizione che si tratti di danni al veicolo, o alle cose trasportate di proprietà dell’assicurato o del conducente, ovvero anche di danno alla persona subito dal conducente non responsabile, purché nei limiti di cui all’art. 139 del decreto stesso (lesioni di lieve entità).

In tal modo il danneggiato viene risarcito dal proprio assicuratore il quale potrà recuperare quanto pagato dall’assicuratore del responsabile (v. anche la sentenza 10 agosto 2016, n. 16874).

Si tratta, quindi, di una procedura che trova il proprio fondamento, oltre che nel modesto valore dei risarcimenti di cui si tratta, principalmente in una esigenza di rapidità di tutela, assicurata dalla circostanza che il danneggiato, rivolgendosi al proprio assicuratore con cui ha un rapporto contrattuale pendente, risulta agevolato proprio dall’esistenza di tale rapporto e dalla relativa conoscenza con la struttura dell’assicuratore.

Occorre però tenere presente che il sistema previsto dal D.Lgs. n. 209 del 2005 è, per certi versi, identico a quello preesistente; ed infatti l’art. 144, comma 3, di tale decreto dispone che, quando la vittima propone l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore del responsabile, ha l’obbligo di convenire altresì, quale litisconsorte necessario, il responsabile del sinistro, identificato nel proprietario del mezzo.

L’azione che la legge offre al danneggiato nei confronti del proprio assicuratore non è diversa da quella regolata dall’art. 144 cit.; ne dà conferma in tal senso il comma 6 dell’art. 149 il quale attribuisce alla vittima la stessa azione regolata dalla norma precedente; e la possibilità che l’art. 149, comma 6, D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254 cit conferisce all’assicuratore del responsabile di intervenire in giudizio e di estromettere l’altra impresa si collega alla posizione di accollo ex lege di cui si è detto in precedenza.

La legge dice che, quando tale intervento ha luogo, la richiesta di estromissione è possibile se l’impresa interveniente riconosca la responsabilità del proprio assistito.

Ora, è palese che tale responsabilità, per essere oggetto di riconoscimento, deve essere già oggetto di discussione nel giudizio introdotto dal danneggiato contro il proprio assicuratore e ciò è un’ulteriore indiretta conferma dell’esistenza del litisconsorzio necessario.

D’altra parte, l’azione diretta di cui all’art. 144 cit. presenta tre caratteristiche essenziali: l’inopponibilità delle eccezioni, il limite del massimale ed il litisconsorzio necessario.

E poiché è pacifico che le prime due trovano applicazione anche nel caso di azione diretta promossa dalla vittima nei confronti del proprio assicuratore, in regime di risarcimento diretto, non si comprende perché mai a quest’ultima azione debba negarsi l’applicabilità della terza caratteristica dell’azione diretta, ovvero il litisconsorzio necessario.

Giova rammentare, ad ulteriore rafforzamento dell’approdo interpretativo qui raggiunto, che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 180 del 2009, ha posto in luce quali siano le effettive finalità della procedura di risarcimento in questione, rilevando che essa “non rappresenta una diminuzione di tutela, ma un ulteriore rimedio a disposizione del danneggiato…”.

Alla luce della riportata motivazione, la Suprema Corte ha concluso per il litisconsorzio necessario dei responsabili civili con la compagnia assicuratrice citata in giudizio direttamente dal danneggiato ex art. 149 CdA; per contro, gli attori non hanno proposto alcuna azione diretta nei confronti della assicurazione di questi ultimi, (…) s.p.a..

2. An del sinistro.

In ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro oggetto di causa, rileva questo giudicante che dall’istruttoria orale e documentale espletata è emerso quanto segue:

– di scarsa utilità sono state le prove orali espletate, dal momento che (…), sentita in sede di interrogatorio formale, nulla ha saputo dire non essendo stata presente al momento dello scontro; quanto al convenuto (…), dopo un primo “sì è vero quanto mi si legge” in ordine alla dinamica del sinistro descritta nel cap. 1 della memoria ex art. 183 co. VI n. 2 c.p.c. degli attori (in cui si parlava anche di sua “manovra repentina ed improvvisa” di svolta), ha poi negato tutti i successivi, più dettagliati, capitoli, negando di aver tenuto una velocità elevata e che, per superare gli altri veicoli incolonnati all’incrocio, usciva dalla fila e svoltava repentinamente a sinistra, così scontrandosi con la (…) condotta dal (…), che arrivava nell’altra direzione.

Quanto all’interpello di quest’ultimo, egli ha dichiarato che indossava le cinture di sicurezza e, per altro verso, ha insistito nella propria versione secondo cui il (…) ha svoltato improvvisamente e a tutta velocità a sinistra, abbandonando la propria corsia di marcia.

Di poco aiuto anche i testimoni escussi, ove si consideri che lo Z., agente verbalizzante, si è limitato a confermare il verbale in atti sottolineando di non essere stato presente al momento della collisione (con la conseguenza di non aver potuto neppure indicare il punto esatto in cui è avvenuta); lo stesso è a dirsi per il teste (…), che è sopraggiunto dopo lo scontro; quanto a (…), che era terzo trasportato sull’auto condotta dal (…), ne è stata esclusa la capacità a testimoniare per essere stato risarcito dalla (…) a seguito del medesimo sinistro;

– rimangono, pertanto, da valutare il rapporto dei Carabinieri Regione Lazio intervenuti e gli altri documenti in atti. Quanto al primo, deve anzitutto rilevarsi che viene descritto uno scontro frontale-laterale in prossimità di una intersezione, in condizioni di tempo sereno e traffico intenso al momento del sinistro, in strada rettilinea; il veicolo condotto dal (…) “iniziava la svolta a sx per immettersi sulla predetta via ella Lavorazione” ma, nell’effettuare tale manovra, “non si avvedeva che dal senso opposto giungeva il veicolo A…andando così ad impattare con la parte anteriore dx contro la parte frontale del veicolo A. Dopo l’urto le auto finivano la corsa di traverso parte sulla banchina e parte nel canale di scolo delle acque. L’intersezione è regolamentata da semaforo funzionante e priva di segnaletica orizzontale come da rappresentazione grafica allegata. Sul manto stradale non sono state rinvenute tracce di pneumatico frenato”.

Il passeggero del veicolo Passat, (…), nelle dichiarazioni rese nell’immediatezza del sinistro – e, quindi, particolarmente credibili – ha affermato che il semaforo emetteva luce verde per il veicolo su cui era trasportato, quando l’autovettura “(…) che sopraggiungeva nel senso opposto di marcia nell’immettersi nella svolta a sinistra ometteva di dare la precedenza a dx. L’urto è stato inevitabile”.

Alcuna contravvenzione risulta, tuttavia, spiccata nei confronti di alcuno dei veicoli coinvolti.

E’ opportuno ricordare anche che dallo scambio di corrispondenza con la V. (che non si è mai sottratta alla gestione del sinistro), gli odierni attori hanno sempre contestato l’attribuzione da parte di quest’ultima di un qualsiasi profilo di colpa (in particolare, la mancata concessione della precedenza, anziché riconoscere tale infrazione alla controparte) e a tale fine le hanno inviato il rapporto dei Carabinieri;

tuttavia, il risarcimento riconosciuto a ciascuno degli attori è stato decurtato del 50% (e non del 70%: così almeno nelle lettere di accompagnamento dei due assegni sub doc. nn. 12 e 24 fasc. attr., nonostante nel doc. n. 23 al (…) si scrivesse che la responsabilità imputabile alla controparte era del 70%). Le somme versate sono state accettate dalla difesa degli attori in acconto del maggior avere, proprio in considerazione della contestazione che essi hanno sempre mosso a qualsiasi loro corresponsabilità.

Orbene, in diritto è consolidata la giurisprudenza della Suprema Corte secondo cui

“In tema di scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall’art. 2054, comma secondo, cod. civ. ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentono di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l’evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 26004 del 05/12/2011).

Ancora, anche se in ipotesi diverse, è sempre confermato il principio secondo cui il giudice non è dispensato dall’esaminare anche la condotta tenuta dal veicolo danneggiato, sebbene risulti già provata quella, illegittima, dell’altro soggetto coinvolto:

“In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove sia accertata l’inosservanza da parte di uno dei conducenti, intento a svoltare sulla destra, dell’obbligo, ex art. 153, terzo comma, lett. a), cod. strada, di tenersi il più possibile vicino al margine destro della carreggiata, nonché di quello della moderata velocità, non sussiste automaticamente la sua colpa esclusiva e la liberazione dell’altro conducente, proveniente dal contrario senso di marcia ed intento a svoltare a sinistra, dalla presunzione di cui all’art. 2054, secondo comma, cod. civ. – sancita per l’ipotesi in cui non sia possibile accertare l’incidenza causale concreta delle rispettive condotte colpose nella determinazione dell’incidente – laddove quest’ultimo, essendo rimasta carente la prova concernente il punto della carreggiata dove era avvenuto l’urto tra i veicoli, non abbia, a sua volta, dimostrato di aver rispettato le norme di comportamento di cui all’art. 143 cod. strada” (Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 25620 del 14/11/2013);

ancora, Cass. civ., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21130 del 16/09/2013 “Nel caso di scontro tra veicoli, la presunzione di pari responsabilità prevista dall’art. 2054 cod. civ. ha carattere sussidiario, dovendosi applicare soltanto nel caso in cui sia impossibile accertare in concreto il grado di colpa di ciascuno dei conducenti coinvolti nel sinistro; l’accertamento della intervenuta violazione, da parte di uno dei conducenti, dell’obbligo di dare la precedenza, non dispensa il giudice dal verificare il comportamento dell’altro conducente onde stabilire se quest’ultimo abbia a sua volta violato o meno le norme sulla circolazione stradale ed i normali precetti di prudenza, potendo l’eventuale inosservanza di dette norme comportare l’affermazione di una colpa concorrente”;

Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 3543 del 13/02/2013, secondo cui “In tema di responsabilità civile derivante dalla circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove sia accertata l’inosservanza da parte di uno dei conducenti dell’obbligo di circolare, percorrendo una curva, il più possibile vicino al margine destro della carreggiata, ai sensi dell’art. 143, secondo e terzo comma, cod. strada, non sussistono automaticamente la colpa esclusiva di quello e la liberazione dell’altro conducente dalla presunzione di cui all’art. 2054, secondo comma, cod. civ., dovendo il giudice valutare in ogni caso se quest’ultimo abbia a sua volta rispettato le norme di comportamento di cui all’art. 141 cod. strada, nonché quelle di normale prudenza, avuto riguardo alle concrete circostanze di fatto”.

Nella specie, per entrambi i conducenti deve essere richiamato il principio generale informatore della circolazione di cui all”art. 140 del codice della strada, in forza del quale gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo per la circolazione e che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.

Ancora, in tema di diritto di precedenza agli incroci la giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, è del tutto concorde nel ritenere che la mera circostanza che il conducente sia favorito dal diritto di precedenza non lo esonera dall’obbligo di usare la dovuta attenzione nell’attraversamento di un incrocio; l’art. 145 CdS, che disciplina rigidamente i criteri per la precedenza nella circolazione veicolare agli incroci e in generale al comma 1prevede che nell’approssimarsi ad un incrocio come nelle altre manovre interessati la suddetta circolazione, il conducente è tenuto a rispettare il canone generale della massima prudenza allo scopo di evitare incidenti.

Orbene, dalle risultanze soprattutto documentali emerge che non vi sono segni di frenata; pertanto, anche se indubbiamente il (…) nello svoltare a sinistra (più o meno improvvisamente) non ha concesso la precedenza al veicolo che proveniva dalla parte opposta, in ogni caso quest’ultimo non ha neppure tentato di frenare, evidentemente perché la sua velocità non lo avrebbe consentito e, pertanto, è da ritenere che non fosse prudenziale (anche ove, in ipotesi, il limite fosse rispettato) rispetto allo stato dei luoghi, con conseguente violazione della norma generale di cui all’art. 141 co. 1, 2 e 3 CdS.

Anche la posizione finale dei due veicoli (si veda il disegno allegato al rapporto) depone per il fatto che entrambi tenevano una certa velocità, nonostante peraltro il traffico sulla strada ove è avvenuto lo scontro, tale che essi sono finiti di traverso sul canale di scolo.

Di alcun rilievo è, come sopra detto, il fatto che alcuna contravvenzione è stata spiccata dall’autorità intervenuta, perché ciò vale anche per la condotta del (…), nonostante sia incontestabile che egli abbia girato a sinistra senza curarsi di chi stesse arrivando dal lato opposto (altrimenti lo scontro non vi sarebbe stato).

Concludendo sul punto, superata la presunzione di pari responsabilità di cui all’art. 2054 co. 2 c.c., ritiene questo giudice che in concreto la diversità della gravità delle violazioni poste in essere da ciascuno dei conducenti debba essere concretizzata a livello causale nel senso che responsabilità in capo al (…) alla guida della Fiat Punto di proprietà della (…) sia da quantificarsi nel 75%, mentre quella del (…) alla guida della VW Passat di proprietà della C. nel 25%, con conseguente decurtazione in tale misura dei risarcimenti dovuti.

3. Quantificazione dei danni. In favore del Colonnello (…) è stato chiesto il risarcimento dei danni “fisici, morali e materiali subìti”, mentre della C. (proprietaria del veicolo) solo di quelli patrimoniali.

Danni non patrimoniali.

E’ opportuno richiamare alcuni principi generali, quanto alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, che devono ritenersi consolidati a partire da Cass. SS.UU. civ. n. 26972/2008; in particolare, quello della “necessaria integralità del risarcimento, con la conseguente necessità di evitare gli effetti delle duplicazioni risarcitorie in merito a voci di danno che, in via meramente descrittiva, sono menzionate in diverso modo, ma i cui indici di sofferenza, tuttavia, non rappresentano altro che i medesimi componenti del complesso pregiudizio che va integralmente ed unitariamente risarcito” (ribadito di recente da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 9320 del 08/05/2015);

ancora, “Il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi “previsti dalla legge”, e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.:

(a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;

(b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);

(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice”.

Ancora, quanto alla modalità di calcolo, è opportuno richiamare Cass. civ., sentenza n. 12408 del 7.6.2011, che fa riferimento alle tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all’integrità psico-fisica e dalla perdita del rapporto parentale elaborate dall’Osservatorio per la Giustizia civile di Milano nel 2009 e aggiornate al 2014, le quali, facendo applicazione dei principi enunciati dalle menzionate sezioni Unite della Suprema Corte n. 26792 dell’11.11.2008, propongono una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a lesione medico legale, sia nei suoi risvolti anatomo – funzionali sia relazionali, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore o sofferenza soggettiva, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di c.d. danno biologico standard, c.d. personalizzazione per particolari condizioni soggettive del danno biologico e c.d. danno morale.

Pertanto, non potrà essere effettuata la liquidazione distinta del danno da sofferenza morale, biologico ed esistenziale, ma piuttosto verrà ristorata un’unica forma di pregiudizio, il “danno non patrimoniale”, ferma la possibilità di personalizzazione del medesimo. Si veda ancora, sul punto, la recentissima Cass. III civile del 19/05/2017, n. 12603.

Fermi i principi sopra enunciati, la questione essenziale diviene quella della prova del danno, come affermato da Cass. civ., sez. III, sent. n.11851/2015, secondo cui

“La questione si sposta così sul piano della prova del danno, la cui formazione in giudizio postula, va sottolineato ancora una volta, la consapevolezza della unicità e irripetibilità della vicenda umana sottoposta alla cognizione del giudice, altro non significando il richiamo “alle condizioni soggettive del danneggiato” che il legislatore ha opportunamente trasfuso in norma.

Prova che, come efficacemente rammentato della sentenze delle sezioni unite del 2008, potrà essere fornita senza limiti, e dunque avvalendosi (anche) anche delle presunzioni e del notorio.

E di tali mezzi di prova il giudice di merito potrà disporre alla luce di una ideale scala discendente di valore dimostrativo, volta che essi, in una dimensione speculare rispetto alla gravità della lesione, rivestiranno efficacia tanto maggiore quanto più sia ragionevolmente presumibile la gravità delle conseguenze, intime e relazionali, sofferte dal danneggiato”.

Nel caso in esame è stata espletata una CTU medica sulla persona del (…), le cui conclusioni questo giudicante fa proprie essendo scevre da vizi logici e motivazionali. Il perito dott. (…) ha condivisibilmente risposto alle critiche sia di parte attrice (che proponeva un aumento del danno biologico complessivo), sia di parte convenuta (che avrebbe voluto una diminuzione dell’invalidità permanente riscontrata, alle luce del fatto che da anni non venivano riscontrati peggioramenti).

La conclusione è che, rinvenuto il nesso causale tra le lesioni subìte ed il sinistro oggetto del presente giudizio, l’invalidità temporanea totale è stata riconosciuta in giorni 40, quella relativa in giorni 90 e l’invalidità permanente in percentuale del 9%.

Orbene, nella specie (anziché le tabelle milanesi), anche in considerazione della domanda proposta dagli attori ai sensi dell’art. 149 CdA, deve applicarsi la tabella ministeriale prevista per i danni c.d. di lieve entità o “micropermanenti” (ovvero fino al 9%) aggiornata al 2018/2019, di talché il risarcimento (tenuto conto dell’età del danneggiato al momento del sinistro, pari ad anni 54) è di Euro 13.029,98 per il danno permanente; Euro 1.882,80 per invalidità temporanea totale ed Euro 2.118,15 per invalidità temporanea parziale, così per complessivi Euro 17.030,93 attuali.

Considerata la decurtazione nella misura del 25% in considerazione della riconosciuta corresponsabilità nella causazione del sinistro, il (…) ha diritto ad un risarcimento di Euro 12.773,19, da cui deve essere detratta la somma di Euro 9.250,00 che la V. gli ha riconosciuto in data 8.02.2011 (doc. n 24 fasc. att.), somma che dovrà pertanto essere rivalutata secondo gli indici ISTAT da tale data sino alla pubblicazione della presente sentenza. Sulla differenza così calcolata dovranno poi essere applicati gli interessi al tasso legale sino al saldo effettivo.

Nessun altro danno di natura non patrimoniale risulta provato o anche solo allegato; come sopra detto, non può essere ritenuto in re ipsa quello morale (anche alla luce della lievità delle lesioni subìte).

Danni patrimoniali.

Quanto all’automobile (…) tg. (…), intestata a (…) come da carta di circolazione prodotta in copia, rileva questo giudice che risulta dai documenti che essa è andata distrutta a causa dello scontro (si vedano le foto in atti: doc. n. 16 fasc. att.) e, conseguentemente, le riparazioni erano ovviamente antieconomiche (preventivate, infatti, in Euro 16.200,71: doc. n. 17).

La C. ha prodotto (doc. nn. 2 e 3) la fattura originaria di acquisto del veicolo nel febbraio 2005, pari ad Euro 23.700,00, nonché quella per il montaggio del navigatore per Euro 750,00; ancora, il certificato di rottamazione datato 10.09.2010 (doc. n. 18, in cui si dà atto che il veicolo era “non marciante”), e la copia della ricevuta del passaggio di proprietà per altro veicolo in data per Euro 715,00 pagati dal (…).

La (…) ha versato in data 13.09.2010 alla C. un assegno per Euro 5.200,00, accettato in acconto del maggiore avere (doc. n. 12), in considerazione della ritenuta pari responsabilità dei conducenti nella causazione del sinistro.

Orbene, rileva questo giudice che – anche a prescindere dal fatto che il preventivo delle riparazioni è stato effettuato proprio dalla Carrozzeria di (…), sentito come teste su altre circostanze – non può essere accolta la richiesta attorea di versamento della somma che l’auto era costata perché essa aveva già oltre 5 anni e, come noto, il mercato delle auto usate impone serie decurtazioni annuali del loro valore. Pertanto, deve ritenersi – sebbene parte attrice non abbia prodotto in giudizio, ad es., riviste specializzate che all’epoca dei fatti quantificassero il valore di una VW Passat – che il valore della medesima verosimilmente (applicato, sulla base di tutti gli elementi in atti, un criterio equitativo in assenza della possibilità di una esatta quantificazione) era pari ad Euro 12.500,00 nel 2010 (ovvero la metà del suo valore originario, incluso il navigatore).

Pertanto, considerato che nel settembre 2010 la V. versava Euro 5.200,00 in favore della C., somma che deve essere rivalutata secondo gli indici ISTAT da tale data sino ad oggi, nonché la decurtazione del 25% per la ritenuta corresponsabilità ex art. 2054 c.c., i convenuti devono essere condannati a versare la differenza tra Euro 9.375,00 attuali ed Euro 5.200,00 da rivalutare, oltre Euro 72,2 (da decurtare del 25%) per il trasporto della vettura dal luogo del sinistro alla carrozzeria (doc. n. 15 fasc. att.). Sulla somma risultante devono essere applicati gli interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo.

La somma di Euro 715,00, sostenuta per il passaggio di proprietà dal (…), deve essere rimborsata in favore di quest’ultimo, previa decurtazione nella misura del 25%, in considerazione del fatto che evidentemente la coppia è stata costretta ad acquistare una nuova vettura in cambio di quella precedente; l’importo deve essere rivalutato secondo gli indici ISTAT dal settembre 2010 ad oggi e, sulla somma così rivalutata, devono essere applicati gli interessi al tasso legale con decorrenza dalla pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo.

Ancora richiamando la CTU espletata, le spese sostenute dal (…), in base alla documentazione in atti (ed esclusa la fattura n. (…) del 19.10.2010 perché la documentazione relativa è stata prodotta direttamente al c.t.u., senza il consenso della controparte, quando erano ormai scaduti i termini processuali), sono state quantificate in complessivi Euro 686,29 (da decurtare del 25%), che dovranno essere rivalutati secondo gli indici ISTAT dalle date delle singole fatture (trattandosi di obbligazioni di valore) e, sulle somme così rivalutate, dovranno essere calcolati gli interessi al tasso legale con decorrenza dalla pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo. Non sono state previste spese mediche future per curare/diminuire ad es. i danni riscontrati.

(…) ha chiesto il versamento di somme ulteriori “a titolo di l’indennità di comando, di lavoro straordinario e di perdita di chance”, avendo sostenuto che, a causa del sinistro, ha perduto il comando che dirigeva, nonché non ha potuto svolgere lavoro straordinario (come usualmente faceva) e, infine, non ha potuto assurgere al grado di Generale di Brigata.

Rileva questo giudice che è dimostrato sia per tabulas (doc. 31 fasc. att.: cedolini stipendiali dal gennaio 2010 all’aprile 2011, da cui risulta che l’attore percepiva l’indennità di comando e, quando lo effettuava, lo straordinario) nonché sulla base della deposizione del teste (…) che il (…) era, prima del sinistro, capoufficio del personale e pertanto percepiva l’indennità di comando (in quota fissa), mentre ne è decaduto non avendo ripreso l’incarico dopo 60 giorni dall’incidente, come previsto dall’ordinamento militare. Per la medesima ragione venne “anche escluso dalle aliquote di avanzamento al grado superiore per l’anno 2011”.

Ancora, dai già richiamati cedolini in atti, nonché dalla tabella sub doc. n. 33, risulta che prima del sinistro il Colonnello svolgeva lavoro straordinario che, evidentemente, avrebbe svolto anche nel periodo di assenza, sino a quando è nuovamente risultato idoneo al lavoro.

Orbene, al fine di calcolare sia l’indennità di comando perduta che le somme che avrebbe percepito quale straordinario ove il (…) avesse potuto lavorare, è stata disposta una ctu contabile la cui metodologia è pienamente condivisa da questo giudice sia laddove il perito ha, solo per completezza, assunto documentazione complementare a quella già depositata sub doc. 31-33 dalla difesa attorea (senza che si configuri alcuna nullità, contrariamente a quanto affermato da G.), sia nell’utilizzo di un criterio medio per calcolare le ore di straordinario (prendendo a riferimento quelle effettivamente retribuite nel periodo giugno 2008-giugno 2010). E’ altresì condivisibile l’ipotesi del perito secondo cui, come nel periodo anteriore al sinistro vi erano state disponibilità finanziarie per la corresponsione dello straordinario, così sarebbe stato – si ripete, secondo una media – nel 2010-2011.

Parimenti condivisibile è la scelta del CTU di essersi attenuto al grado di Colonnello che il (…) aveva al momento del sinistro: ed invero, sebbene sia pacifico che il (…) sia stato escluso d’autorità dalle aliquote formatesi per l’avanzamento al grado superiore al 31.10.2010 come previsto dalla circolare specifica in materia, tuttavia il solo fatto di essere inseriti nelle suddette aliquote (prodotte in atti) non implica un automatico passaggio al grado superiore, che è comunque rimesso alla discrezionalità dell’Esercito.

Pertanto, ad opinione di questo giudicante non può valutarsi un danno per “perdita di chance” di passare già dal novembre 2010 di grado (con le conseguenze stipendiali), poiché non vi è alcuna certezza che tale passaggio (rimesso pur sempre ad una valutazione discrezionale) sarebbe avvenuto.

Deve, quindi, essere riconosciuta la perdita per il mancato percepimento dell’indennità di comando nel periodo di assenza, pari ad Euro 2.160,70 (lordi, ovvero Euro 1.954,27 netti), nonché per il mancato svolgimento del lavoro straordinario, pari ad Euro 6.902,94 (lordi, al netto delle ritenute previdenziali Euro 6.243,41), come da quantificazioni effettuate dal ctu.

Su tutte le somme suddette deve essere applicata la decurtazione del 25% in considerazione della riconosciuta corresponsabilità in tale misura ex art. 2054 c.c..

Tutte le somme sopra quantificate devono essere poste a carico dei convenuti, litisconsorti necessari, (…) s.p.a., (…) e (…). Questi ultimi hanno chiamato in manleva, sulla scorta del contratto di assicurazione per l’auto Fiat Punto tg. (…), la cui esistenza/validità non è mai stata contestata, la compagnia (…) s.p.a., che pertanto deve essere condannata a manlevare i chiamanti in causa da tutto ciò essi sono stati condannati a versare in favore degli attori.

La disciplina delle spese di lite segue la soccombenza (sia in relazione alla domanda principale degli attori nei confronti di tutti i convenuti, sia alla domanda di manleva proposta da questi ultimi nei confronti della loro compagnia assicuratrice, anche in considerazione della pretestuosità delle eccezioni sollevate da quest’ultima), ed esse sono liquidate come da tabelle di cui al D.M. n. 55 del 10 marzo 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

a) condanna in solido (…) s.p.a., nonché (…) e (…) alla refusione dei danni subiti dagli attori, quantificati rispettivamente, in favore di (…) a titolo di danno patrimoniale, nella differenza tra Euro 9.375,00 attuali ed Euro 5.200,00 da rivalutare secondo gli indici ISTAT dal 2010 ad oggi, oltre Euro 54,15 per il trasporto della vettura dal luogo del sinistro alla carrozzeria; in favore di (…), a titolo di danno non patrimoniale, nella differenza tra Euro 12.773,19 attuali ed Euro 9.250,00 da rivalutare secondo gli indici ISTAT dal febbraio 2011 sino alla pubblicazione della presente sentenza, nonché per i danni patrimoniali subiti: Euro 536,25 oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT dal 2010 ad oggi; Euro 514,71, oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT dalle date delle singole fatture mediche ad oggi; Euro 6.797,73 (lordi) per mancato percepimento indennità di comando e lavoro straordinario. Su tutte le somme suddette devono essere applicati gli interessi al tasso legale con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza sino al saldo effettivo;

b) in accoglimento della domanda di manleva proposta da (…) e (…) nei confronti di (…) s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, condanna quest’ultima a manlevare i chiamanti in causa da tutto ciò essi sono stati condannati a versare in favore degli attori in base al punto a) del presente dispositivo;

c) condanna in solido (…) s.p.a., nonché (…) e (…) a rimborsare in favore degli attori (…) e (…) le spese di lite, che si liquidano in Euro 4.835,00 per compensi ed Euro 750,00 per spese, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge; condanna altresì (…) s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, alla refusione delle spese di lite subite dai convenuti chiamanti in causa (…) e (…), che si liquidano in Euro 4.835,00 per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali come per legge

Così deciso in Latina, il 20 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.