l’azione prevista dall’articolo 2392 c.c., in quanto volta alla reintegrazione del patrimonio societario leso dall’inosservanza degli obblighi incombenti sull’amministratore, puo’ essere esercitata solo dalla societa’, non anche da un terzo, cui spetta, invece, quella ex articolo 2395 c.c., ove il danno da lui lamentato costituisca non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito la societa’, ma una conseguenza, diretta ed immediata, del denunciato comportamento, doloso o colposo, dell’organo gestorio.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|31 maggio 2019| n. 14896

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5262-2018 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1260/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 04/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/03/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 28 marzo 2006 (OMISSIS) conveniva davanti al Tribunale di Brindisi (OMISSIS) perche’ ne fosse dichiarata la responsabilita’ solidale in via extracontrattuale per l’inadempimento di un’obbligazione risarcitoria nei confronti dell’attore da parte di (OMISSIS) S.r.l. e fosse pertanto condannato a corrispondere all’attore Euro 152.091,29, oltre accessori, quale risarcimento per lesione del diritto di credito dell’attore verso (OMISSIS) S.r.l., nonche’ a corrispondergli, sempre come risarcimento, spese sostenute nelle procedure esecutive e concorsuali nei confronti di (OMISSIS) S.r.l..

Il (OMISSIS) si costituiva resistendo. Mutato il rito da ordinario in societario, con sentenza del 9 gennaio 2014 il Tribunale rigettava le domande attoree.

Avendo il (OMISSIS) proposto appello ed il (OMISSIS) resistito,la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 4 dicembre 2017, accoglieva il gravame, dichiarando la responsabilita’ solidale in via extracontrattuale del (OMISSIS) per l’inadempimento delle obbligazioni di (OMISSIS) S.r.l. nei confronti del (OMISSIS) e condannando il (OMISSIS) a risarcire i danni per lesione del diritto di credito dell’appellante nei confronti di (OMISSIS) S.r.l. nella misura di Euro 76.045,64 oltre accessori, e a rifondere a controparte la meta’ delle spese dei gradi, l’altra meta’ compensando.

2. Ha presentato ricorso il (OMISSIS), sulla base di tre motivi. Si difende il (OMISSIS) con controricorso. Entrambi hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.1.1 Il primo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, falsa applicazione dell’articolo 2395 c.c..

La Corte ha ritenuto applicabile l’articolo 2395 c.c. perche’ (si richiama la pagina 6 della motivazione) l’azione proposta dal (OMISSIS) andava “correttamente inquadrata come azione di responsabilita’ extracontrattuale sulla base della norma generale del 2043 c.c. che in tema societario trova esplicito richiamo nell’articolo 2476, comma 6 e nell’articolo 2395”. Secondo il ricorrente, invece, la domanda doveva qualificarsi come riconducibile all’articolo 2394 c.c..

Il discrimen tra le due specie di azione risiede nel fatto che l’azione ex articolo 2395 c.c. esige che il terzo lamenti di essere stato danneggiato direttamente dalla condotta dell’amministratore della societa’, mentre nell’azione ex articolo 2394 c.c. il suo danno e’ soltanto un riflesso del pregiudizio subito dal patrimonio sociale per inosservanza degli obblighi da parte dell’amministratore.

Nel caso in esame, sempre ad avviso del ricorrente, il (OMISSIS) ha lamentato che il (OMISSIS) ha “svuotato la (OMISSIS)” per impedirle di adempiere alle sue obbligazioni: condotta che “costituisce un caso tipico di danno riflesso”.

In ordine alla qualificazione dell’azione proposta dal (OMISSIS) la corte territoriale fornirebbe una motivazione “incomprensibile e tautologica” affermando l’applicazione dell’articolo 2395 c.c. per avere il (OMISSIS) lamentato lo svuotamento totale della societa’, e non “il mero depauperamento”.

Anche se vi fosse svuotamento totale, comunque, dovrebbe applicarsi l’articolo 2394 c.c..

(OMISSIS) S.r.l., inoltre, fu dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza 24 luglio 2007; tenendo conto del fallimento la corte territoriale avrebbe dovuto applicare l’articolo 2394 bis c.c. e articolo 146 L. Fall., per cui, in caso di fallimento, le azioni di responsabilita’ spettano al curatore fallimentare. Pertanto avrebbe dovuto dichiarare difetto di legittimazione attiva del (OMISSIS).

Il motivo si conclude chiedendo la decisione nel merito che dichiari intervenuta carenza di legittimazione attiva del (OMISSIS), solo in subordine chiedendo cassazione con rinvio.

3.1.2 Il discrimen tra l’azione ai sensi dell’articolo 2395 c.c. e l’azione ai sensi dell’articolo 2394 c.c. e’ indicato da consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, dalla quale non sussiste alcuna ragione per discostarsi.

E’ stato recentemente ribadito, invero, da Cass. sez. 1, 25 ottobre 2016 n. 21517 che “l’azione prevista dall’articolo 2392 c.c., in quanto volta alla reintegrazione del patrimonio societario leso dall’inosservanza degli obblighi incombenti sull’amministratore, puo’ essere esercitata solo dalla societa’, non anche da un terzo, cui spetta, invece, quella ex articolo 2395 c.c., ove il danno da lui lamentato costituisca non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito la societa’, ma una conseguenza, diretta ed immediata, del denunciato comportamento, doloso o colposo, dell’organo gestorio.”

Sulla stessa linea, poco prima, l’ancor piu’ rilevante Cass. sez. 1, 10 aprile 2014 n. 8458 – massimata nel senso che

“in tema di azioni nei confronti dell’amministratore di societa’, a norma dell’articolo 2395 c.c., il terzo (o il socio) e’ legittimato, anche dopo il fallimento della societa’, all’esperimento dell’azione (di natura aquiliana) per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l’azione, contrattuale, di cui all’articolo 2394 c.c., esperibile, in caso di fallimento della societa’, dal curatore, ai sensi dell’articolo 146 della L. Fall.”

– ha affermato espressamente la sussistenza della “legittimazione del creditore ad agire ex articolo 2395 c.c. nel caso in cui si accerti che gli amministratori della societa’ fallita, attraverso il sostanziale trasferimento di tutte le attivita’ e passivita’ aziendali in favore di altro soggetto, avessero perseguito l’obiettivo di sottrarre la garanzia patrimoniale con riguardo unicamente all’obbligazione di cui l’attore era titolare”. Sempre a proposito del presupposto dell’assenza di danno diretto inferito al socio quale conseguenza dalla condotta dell’amministratore per giustificare l’azione ex articolo 2394 c.c. – relativa appunto alla fattispecie del danno riflesso -, essendo altrimenti esercitabile l’azione, di natura aquiliana, di cui all’articolo 2395 c.c., ancora tra gli arresti recenti, si sono pronunciate Cass. sez. 1, 22 marzo 2010 n. 6870, Cass. sez. 1, 3 aprile 2007 n. 8359; e si consideri altresi’ Cass. sez. 1, 8 settembre 2015 n. 17794, che delinea l’onere probatorio del terzo, controparte di un contratto stipulato con una societa’ di capitali risultata inadempiente, per agire nei confronti degli amministratori ai sensi dell’articolo 2395 c.c., dovendosi in particolare dimostrare la condotta dolosa o colposa degli amministratori stessi – nell’ipotesi, anche con un bilancio sociale falso – e il conseguente danno patito dal terzo contraente (sempre a proposito di una fattispecie di falsita’ cfr. da ultimo Cass. sez. 1, ord. 14 febbraio 2018 n. 3656).

E’ dunque esercitabile l’azione ex articolo 2395 c.c. nell’ipotesi in cui il danno di cui viene cosi’ chiesto il risarcimento non costituisce un riflesso sull’individuo di un danno direttamente subito dalla societa’, bensi’ integra un danno direttamente patito dall’attore e cagionato da una condotta dolosa o colposa degli amministratori della societa’ volta, appunto, non a pregiudizio della societa’ e del suo ceto creditorio in generale, bensi’ a ledere uno specifico diritto del terzo corrispondente ad un’obbligazione della societa’ stessa.

3.1.3 Chiarito quanto sopra, deve rilevarsi che la qualificazione della domanda attorea nel senso che abbia addotto che il (OMISSIS) aveva agito ponendosi come diretto scopo l’impedire al (OMISSIS) di riscuotere il suo credito verso la societa’ di cui il (OMISSIS) era amministratore, (OMISSIS) S.r.l., ha costituito una legittima interpretazione su base fattuale (su questa tematica cfr., da ultimo, Cass. sez. 6-L, ord. 11 gennaio 2019 n. 513, Cass. sez. 3, ord. 27 novembre 2018 n. 30607, Cass. sez. L, ord. 20 luglio 2018 n. 19435, Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17015, Cass. sez. 6-3, ord. 1 giugno 2018 n. 14077, Cass. sez. 2, 14 maggio 2018 n. 11289), che la Corte ha specificamente espletato.

Si vedano in particolare le pagine 6-7 della sentenza impugnata, ove la corte rileva che “cio’ che l’attore-appellante ha sempre lamentato e’ lo svuotamento totale (cd morte della societa’), non il mero depauperamento, da parte del (OMISSIS), con atti illeciti diretti a danneggiarlo nel suo diritto di credito verso la societa’ (OMISSIS)”; e rileva altresi’ che “e’ fondato l’assunto dell’appellante per cui egli non intende agire per la riduzione o la perdita della garanzia del credito ma per la perdita totale dello stesso”.

Corretta pertanto – alla luce della giurisprudenza sopra citata di questa Suprema Corte – risulta l’applicazione dell’endiadi 2395-2043 c.c.; e allora, non essendo l’esercitata azione sussumibile nell’articolo 2394 c.c., la legittimazione attiva rimane anche al danneggiato onde non sussiste alcun suo difetto di legittimazione a favore del curatore fallimentare (cfr. da ultimo sulla legittimazione del curatore fallimentare per le azioni di responsabilita’ degli amministratori della societa’ S.U. 23 gennaio 2017 n. 1641 e la conforme Cass. sez. 1, ord. 12 ottobre 2018 n. 25610); e cio’ a prescindere dal fatto che il fallimento pare essere stato dichiarato nel 2007 e poi chiuso il 7 maggio 2009. Peraltro, si nota ad abundantiam, la questione del difetto di legittimazione non risulta neppure essere stata introdotta dal ricorrente prima del giudizio di legittimita’: al riguardo il motivo non e’ autosufficiente; anzi, nella premessa del ricorso, descrivendosi le posizioni delle parti in primo grado e in secondo grado, non si menziona alcuna questione/eccezione di difetto di legittimazione.

(D’altronde la sentenza di primo grado e’ stata emessa nel 2014, e quindi ben oltre l’apertura del fallimento del 2007, ed e’ pertanto da presumere che l’eccezione non sia stata sollevata anche per la chiusura del fallimento nel 2009, ovvero ben prima della pronuncia della sentenza di primo grado del presente giudizio).

In conclusione, la prima parte del motivo e’ infondata, avendo la corte territoriale operato correttamente la verifica del contenuto della domanda per applicarvi la norma qualificante; e, quanto alla seconda parte, a prescindere dal fatto che la dichiarazione di fallimento non ha tolto la legittimazione ex articolo 2043 c.c. al (OMISSIS), si tratta comunque una questione nuova, per cui la censura e’ inammissibile.

3.2 Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’articolo 2043 c.c..

Adduce il ricorrente che “elemento cardine” della responsabilita’ aquiliana e’ individuare chi ha commesso il fatto illecito; ma la corte territoriale non avrebbe individuato “neppure un elemento utile” a dimostrare, almeno presuntivamente, che questo sia stato commesso dal (OMISSIS). Il motivo si sviluppa in una esposizione dei fatti della vicenda relativa alla societa’ (OMISSIS), giungendo a concludere che il giudice d’appello avrebbe commesso errore logico ed errore giuridico non individuando appunto chi avrebbe commesso il fatto illecito.

3.3 Il terzo motivo denuncia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullita’ della sentenza per assoluta assenza di motivazione.

Si richiamano l’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articolo 118 disp. att. c.p.c. e articolo 111 Cost., comma 6, e si sostiene che non vi sarebbe motivazione in ordine alla commissione del fatto illecito da parte dell’attuale ricorrente.

3.4 I suddetti secondo e terzo motivo, che ben possono essere vagliati congiuntamente visto il loro reale oggetto, non godono di alcuna consistenza. Il secondo motivo, infatti, apporta una valutazione alternativa sul piano fattuale, inammissibilmente perseguendo un terzo grado di merito; e il terzo motivo, considerata la motivazione offerta dalla corte territoriale nella impugnata sentenza, tutt’altro che inferiore al minimum costituzionale ma al contrario assai pregevole, e’ manifestamente infondato.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2012, ex articolo 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, stesso art..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 13.000, oltre a Euro 200 per esborsi e agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.