Si tenga presente all’uopo che l’art. 2284 c.c. – che, per le società di persone, nell’ipotesi di morte di un socio, attribuisce agli eredi dello stesso il diritto alla liquidazione della quota secondo le modalità stabilite nel successivo art. 2289, salvo che gli altri soci preferiscano sciogliere la società – trova applicazione in tutti i casi di morte del socio, anche quando la società sia composta da due soli soci, poiché pure in tale situazione, a fronte del suindicato diritto degli eredi alla liquidazione della quota, ed in posizione prevalente rispetto ad esso, si configura il potere (diritto potestativo) dell’unico socio superstite di optare per lo scioglimento della società, il quale deve essere esercitato entro sei mesi dallo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio defunto, in correlazione con gli analoghi termini fissati dall’art. 2289 citato e dall’art. 2272 n. 4 c.c. rispettivamente, per il soddisfacimento del diritto alla liquidazione della quota sopra menzionato e per l’estinzione della società conseguente al venir meno della pluralità dei soci ed alla mancata ricostituzione della stessa.

 

Tribunale Latina, Sezione 1 civile Sentenza 23 luglio 2018, n. 1954

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE CIVILE DI LATINA

PRIMA SEZIONE CIVILE

in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Concetta Serino, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile, avente ad oggetto domanda di pagamento, iscritta al numero (…) del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2011, trattenuta in decisione all’udienza del 13.03.2018

TRA

(…) (C.F. (…)) in persona del genitore esercente la potestà in via esclusiva e legale rappresentante S.S.M.A. (C.F. (…)), nata a S. B. (B.) il (…), rappresentata e difesa, giusta procura allegata all’atto di citazione, dall’avv. El.Ro. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Latina, via (…),

ATTRICE

E

(…) ((…)) E (…) N.Q. DI AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO DI (…) ((…)) IN PROPRIO E N.Q. DI SOCIO ACCOMANDATARIO DELLA (…), rappresentati e difesi, giusta procura in margine alla comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. Lu.Me. ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Latina, via (…),

CONVENUTI

E

(…)

PARTE CONVENUTA CONTUMACE

E

(…) ((…)), rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di intervento volontario, dall’avv. Al.Lu. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Formia, via (…),

INTERVENUTA VOLONTARIAMENTE

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO

All’odierno giudizio è applicabile l’art. 58, comma II, L. 18 giugno 2009, n. 69 e, per l’effetto, la stesura della sentenza segue l’art. 132 c.p.c. come modificato dall’art. 45, comma 17, della L. n. 69 del 2009, con omissione dello “svolgimento del processo” (salvo richiamarlo dove necessario o opportuno per una migliore comprensione della ratio decidendi).

Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra (…), erede del socio della (…), deceduto in data 10.1.2017, conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Latina, la sig.ra (…) E (…) e la (…), chiedendo l’accoglimento delle seguenti domande: “1) accertare e liquidare la parte della quota di liquidazione nella società “(…) s.n.c.”, attualmente denominata “(…) s.a.s. di (…)”, di competenza dell’attrice, alla medesima spettante quale erede del defunto (…), secondo il valore di essa al momento dello scioglimento del rapporto sociale, comprensivo di avviamento commerciale, da stabilirsi a mezzo di CTU contabile ed estimativa, oltre interessi dalla data del dovuto all’effettivo soddisfo; 2) condannare la società “(…) s.a.s. di (…)” ed i signori (…) e (…) – questi ultimi sia quali soci illimitatamente responsabili ai sensi e per gli effetti dell’art. 2291 c.c. sia in proprio ai sensi e per gli effetti dell’art. 2500 bis, secondo comma, del c.c. – a pagare all’attrice (…), in solido fra loro, la parte di propria competenza della quota di liquidazione nella suddetta società, alla medesima spettante quale erede del defunto (…), per un importo pari ad Euro 100.000,00 o per la maggiore o minore somma che sarà accertata a mezzo della predetta CTU contabile ed estimativa o che sarà ritenuta equa o di giustizia, con interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto fino all’effettivo soddisfo. Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio”.

Si costituivano (…) in proprio e nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della società convenuta e (…), depositando comparsa di costituzione e risposta con cui chiedevano di rigettare la domanda proposta siccome inammissibile ed infondata; in via del tutto subordinata, accertare e dichiarare che l’eventuale responsabilità sussidiaria della convenuta nei confronti dell’attrice non ha natura solidale ma è proporzionata al valore della quota sottoscritta e posseduta, pari al 25% del capitale sociale. In ogni caso procedere alla determinazione del valore della quota spettante all’erede del socio defunto (…), in base all’effettiva consistenza economica della società al momento dello scioglimento del rapporto (10.11.07) ed eventualmente anche a mezzo di c.t.u. contabile – estimativa. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio.

Nessuno, invece, si costituiva per la società convenuta.

Concessi i termini ex art. 183 VI c.p.c., veniva espletata CTU contabile e interrotto il giudizio per decesso del difensore di parte convenuta, lo stesso veniva riassunto da parte attrice.

Con la prima memoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c. parte attrice precisava le proprie conclusioni in tali termini: “1) accertare e liquidare la parte della quota di liquidazione nella società “(…) s.n.c.”, attualmente denominata “(…) s.a.s. di (…)”, di competenza dell’attrice, alla medesima spettante quale erede del defunto (…), secondo il valore di essa al momento dello scioglimento del rapporto sociale, comprensivo di avviamento commerciale, da stabilirsi a mezzo di CTU contabile ed estimativa, oltre interessi dalla data del dovuto all’effettivo soddisfo; 2) condannare la società “(…) s.a.s. di (…)” ed i signori (…) e (…) – questi ultimi sia quali soci illimitatamente responsabili ai sensi e per gli effetti dell’art.2291 c.c. sia in proprio ai sensi e per gli effetti dell’art.2500 bis, secondo comma, del c.c., in caso di incapienza del patrimonio sociale per avere illecitamente evitato la liquidazione e proseguito le ordinarie attività aziendali – a pagare all’attrice (…), in solido fra loro, la parte di propria competenza della quota di liquidazione nella suddetta società, alla medesima spettante quale erede del defunto (…), per un importo pari ad Euro 100.000,00 o per la maggiore o minore somma che sarà accertata a mezzo della predetta CTU contabile ed estimativa o che sarà ritenuta equa o di giustizia, con interessi e rivalutazione monetaria dal dì del dovuto fino all’effettivo soddisfo. Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio”.

All’udienza del 12.04.16 si costituiva (…) con comparsa di intervento volontario, dichiarando di aderire alle richieste anche istruttorie, alle deduzioni ed alle istanze formulate fino a tale data dalla difesa dell’attrice e di farle proprie in quanto erede, al pari di (…), del defunto (…), al fine di sentir accertare e liquidare la parte spettante ad essa intervenuta della quota di liquidazione della (…) s.n.c., in base al valore di detta quota all’epoca dello scioglimento del rapporto sociale, oltre interessi dal dovuto al saldo, come quantificata a mezzo CTU, nonché di al fine di sentir condannare (…), in proprio e n. q. di legale rappresentante della (…) s.a.s. di (…), ora in persona dell’amministratore di sostegno (…), e (…), come soci illimitatamente responsabili ed in proprio quali responsabili degli illeciti dagli stessi posti in essere nelle operazioni di trasformazione della (…) s.n.c., al pagamento in solido tra loro, a favore della concludente (…) della porzione spettante alla stessa, quale erede di (…), della quota di liquidazione della (…) s.n.c. per l’importo di Euro 29.172,00, come accertato e quantificato dal nominato CTU, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 10.05.08 al saldo.

Ciò premesso, in ordine alla legittimazione attiva dell’attrice, non oggetto di contestazione, risulta che il defunto (…) decedeva senza testamento in data 10.11.2007 e che erede dello stesso (cfr. accettazione con beneficio di inventario in atti) è l’attrice (…).

Ciò detto, in ordine alla domanda formulata da parte attrice va detto che ai sensi dell’art. 2289 c.c., nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio questi o i suoi eredi hanno diritto soltanto ad una somma di denaro che rappresenti il valore della quota e la liquidazione della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica lo scioglimento.

Orbene, verificatosi il decesso di uno dei soci, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2284 c.c., sorge in capo al socio superstite l’obbligo di provvedere alla liquidazione in favore degli eredi della quota del socio defunto nel termine di sei mesi dal giorno dello scioglimento del rapporto sociale, mentre in capo agli eredi si determina l’acquisto del diritto alla liquidazione della predetta quota secondo i criteri di cui all’art. 2289 c.c.

La quota del socio all’epoca dello scioglimento del rapporto sociale è stata quantificata a mezzo di CTU contabile che ha potuto così determinare la quota di liquidazione spettante a (…) in Euro 29.172,00 al 10.11.2007, data di apertura della successione.

Nel determinare la quota spettante a (…), il C.T.U. ha tenuto conto della situazione patrimoniale della società al 10.11.2007, giungendo ad un calcolo immune da censure sia per le motivazioni tecniche rese sia per gli accertamenti effettuati, senza nulla trascurare considerando in modo analitico il valore delle singole categorie di beni materiali e il loro eventuale deprezzamento per effetto del trascorrere del tempo tra la data di acquisto dei beni e la data suddetta.

Peraltro, le risultanze della CTU, oggetto di osservazioni da parte dei convenuti, venivano puntualmente confermate con le repliche del CTU depositate in data 29.11.13, le cui argomentazioni appaiono pienamente condivisibili.

Ne deriva che le censure svolte alla perizia del CTU sono infondate. I motivi che inducono a dover recepire la consulenza succitata sono diversi: in primo luogo, il CTU ha adottato un metodo di indagine serio e razionale, provvedendo ad analitici, secondo le direttive di cui al quesito formulato dal Tribunale. In secondo luogo, il Ctu ha espressamente analizzato e visionato i documenti di causa, così dando la stura ad una perizia che rappresenta una compiuta e razionale indagine.

Trattasi, pertanto, di indagine tecnica che questo giudice reputa di dovere condividere e fare propria e dal quale trarre elementi per la formazione del proprio convincimento (Cass. civ., Sez. III, 8 ottobre 1990, n. 9863 in Mass. Giur. It., 1990; v. anche Cass. civ., 5 agosto 1982, n. 4398).

Le conclusioni del consulente sono integralmente recepite da questo Giudice che, dunque, le richiama espressamente nell’odierna sentenza.

Parte attrice ha quindi il diritto di ottenere dalla società la liquidazione ed il pagamento della suddetta quota, con interessi sino al soddisfo dallo scadere dei sei mesi concessi dalla legge dalla data di accettazione dell’eredità e di maturazione del diritto all’ottenimento della quota di liquidazione del socio defunto.

Nella società di persone composta da due soli soci, infatti, ove la morte di un socio determini il venir meno della pluralità dei soci, non può riconoscersi un diritto degli eredi del socio defunto a partecipare alla liquidazione della società ed a pretendere una quota di liquidazione, anziché il controvalore in denaro della quota di partecipazione, in quanto lo scioglimento della società costituisce un momento successivo ed eventuale rispetto allo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio e trova causa non tanto nel venir meno della pluralità dei soci, quanto nel persistere per oltre sei mesi della mancanza della pluralità medesima (Cassazione civile, sez. I 26 giugno 2000).

La liquidazione della quota del socio ai sensi dell’art. 2289 c.c., poi, consiste nella dazione di una somma di danaro, per la cui esecuzione il debitore è costituito in mora alla data della scadenza del termine entro il quale ne è imposto l’adempimento (sei mesi dal giorno in cui si è verificato lo scioglimento della società), ed il corrispondente credito, risultando da una liquidazione che va compiuta attraverso un mero calcolo aritmetico, deve considerarsi liquido ed esigibile. Ne consegue che il credito di cui all’art. 2289 c.c., relativo alla liquidazione della quota del socio uscente, avendo fin dall’origine ad oggetto una somma di danaro, è un credito di valuta ed è soggetto, quindi, al principio nominalistico di cui all’art. 1277 c.c.; nondimeno la svalutazione monetaria assume rilevanza quando, non essendo avvenuto l’adempimento entro il termine di sei mesi previsto dall’ultimo comma dell’art. 2289, diventino applicabili i principi sul risarcimento del danno conseguente alla mora del debitore (Cass. n. 19150/2012, Cass. n. 5732/1999).

Ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2289 c.c., infatti, il pagamento della quota spettante al socio deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

Non essendovi né richiesta né prova dell’ulteriore danno, spettano, quindi, all’attrice interessi dalla data di scadenza del termine di sei mesi a decorrere dalla data dell’accettazione dell’eredità a seguito del decesso, ovvero dal 10.5.2008.

Gli interessi legali sulla somma predetta, quindi, decorreranno da tale ultima data.

Ciò detto, va rilevato che parte attrice, a tal fine, evoca in giudizio sia la s.a.s. sia i soci di essa (…) e (…).

Riguardo alla concorrente responsabilità del socio (…) parte attrice sostiene che con l’atto di trasformazione il sig. (…), assumendo di voler ricostituire la pluralità dei soci nei termini previsti ex art. 2272, primo comma, n. 4, c.c., senza aver prima ricostituito la pluralità dei soci necessaria per l’esistenza di una valida società in accomandita semplice, quale unico socio superstite della s.n.c., procedeva alla trasformazione di quest’ultima in s.a.s. e nello stesso istante in cui veniva deliberata la trasformazione (e non dopo), la s.a.s. avrebbe dovuto avere la pluralità dei soci, tra cui l’esistenza di almeno un socio accomandante ed almeno un socio accomandatario.

Deve convenirsi con l’attrice che la trasformazione della società non era possibile, dal momento che, una volta venuto meno l’atro socio della società in nome collettivo, si era verificata un’ipotesi di scioglimento della società ai sensi dell’art. 2272 n. 4 c.c.

Inoltre, la nuova società avrebbe dovuto avere sin dall’origine tutti i requisiti di una accomandita semplice, primo fra tutti il requisito della pluralità dei soci e della differenziazione di questi in soci accomandanti e soci accomandatari.

Viepiù il socio (…) rilevava, nell’atto notarile di trasformazione, che la quota del socio deceduto andava ad accrescere la propria, così attribuendosi, al fine di trasferirla a (…), anche la quota del socio stesso, invocando l’applicazione di una disposizione non applicabile alla s.n.c. quale quella di cui all’art. 2609 c.c. in materia di consorzio.

Con l’atto rogato dal notaio Coppola, lo stesso, poi, acquisiva la qualifica di socio accomandatario e legale rappresentante con responsabilità illimitata, senza alcun socio accomandante.

Ne deriva che il socio ha anziché deciso di sciogliere la società e liquidare la quota dell’attrice, trasformato la stessa.

Si tenga presente all’uopo che l’art. 2284 c.c. – che, per le società di persone, nell’ipotesi di morte di un socio, attribuisce agli eredi dello stesso il diritto alla liquidazione della quota secondo le modalità stabilite nel successivo art. 2289, salvo che gli altri soci preferiscano sciogliere la società – trova applicazione in tutti i casi di morte del socio, anche quando la società sia composta da due soli soci, poiché pure in tale situazione, a fronte del suindicato diritto degli eredi alla liquidazione della quota, ed in posizione prevalente rispetto ad esso, si configura il potere (diritto potestativo) dell’unico socio superstite di optare per lo scioglimento della società, il quale deve essere esercitato entro sei mesi dallo scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio defunto, in correlazione con gli analoghi termini fissati dall’art. 2289 citato e dall’art. 2272 n. 4 c.c. rispettivamente, per il soddisfacimento del diritto alla liquidazione della quota sopra menzionato e per l’estinzione della società conseguente al venir meno della pluralità dei soci ed alla mancata ricostituzione della stessa (Cassazione civile, sez. I, 16/02/1981, n. 936).

Non può, tuttavia, ravvisarsi nella fattispecie in oggetto, come dedotto da parte attrice, una frode alla legge o una violazione dell’art. 2744 c.c.

Inoltre, l’invalidità della trasformazione è stata sanata con la pubblicità di cui all’art. 2500-bis c.c. Parte attrice sostiene, poi, che deve ritenersi che la ricostituzione della pluralità dei soci sia avvenuta in realtà prima della trasformazione della società in accomandita semplice, con la conseguenza che la signora (…), in realtà, è entrata a far parte dell’organizzazione sociale prima della trasformazione della s.n.c. in s.a.s. ed ha, quindi, anch’essa assunto la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali.

Tale ricostruzione non appare accoglibile.

Parte convenuta (…) eccepisce, infatti, il proprio difetto di legittimazione.

Ebbene, sul punto va detto che se è vero che la domanda di liquidazione della quota di una società di persone, da parte del socio receduto o escluso, ovvero degli eredi del socio defunto, fa valere un’obbligazione non degli altri soci, ma della società, e, pertanto, ai sensi dell’art. 2266 cod. civ., va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia necessità di evocare in giudizio anche detti altri soci (Cassazione Sez. Un. Civili 291/2000), Con essa si fa valere, infatti, un’obbligazione non degli altri soci ma della società e, pertanto, ai sensi dell’art. 2266 c.c., va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato, senza che vi sia necessità di evocare in giudizio anche gli altri soci.

Tuttavia, l’assenza del litisconsorzio necessario tra società e soci non significa mancanza di titolo di responsabilità anche a carico di costoro, i quali dunque non devono ma possono essere chiamati in giudizio nel caso in cui siano solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali (Cassazione civile, sez. I, 28/08/2001, n. 11298).

Ciò detto, va aggiunto che una volta verificatasi la morte del socio, il vincolo particolare che lo lega alla società è senz’altro risolto, con la conseguenza che gli eredi rimangono totalmente e completamente estranei alla società, così assumendo la veste di titolari di un diritto di credito avente ad oggetto quanto risulterà loro dovuto a seguito della liquidazione della quota del loro de cuius, per cui vanno equiparati ai normali creditori della società, responsabili ai sensi dell’art. 2304 c.c. solidalmente ed illimitatamente.

Tale ultima qualifica non può, tuttavia, attribuirsi in capo alla convenuta (…), che non può dirsi socia della s.n.c. né può attribuirsi alla stessa responsabilità ex art. 2500 bis comma 2 c.c., non avendo partecipato alla trasformazione societaria che ha pregiudicato l’interesse dell’attrice, ma essendo semplicemente destinataria di un’acquisizione di quota societaria.

Né può condannarsi la costituita s.a.s, soggetto giuridico diverso e distinto dalla s.n.c. di cui era socio il de cuius.

Ne deriva che la condanna deve essere pronunciata nei soli confronti del sig. (…).

Sussiste, infatti, la responsabilità di quest’ultimo, quale socio della disciolta s.n.c., sulla quale parte attrice non può agire esecutivamente, in quanto soggetto giuridico non più esistente.

Inoltre, sussiste, come detto, la sua responsabilità per aver trasformato la summenzionata s.n.c. in s.a.s., assumendo la qualità di accomandatario, modificando la denominazione sociale in (…) s.a.s. di (…) e cedendo inoltre quote del capitale sociale a (…), figlia del defunto (…), impendendo la liquidazione delle quote degli eredi del defunto socio.

Sull’ammissibilità, infine, della domanda proposta da (…), si evidenzia che la stessa intervenuta nel giudizio entro l’udienza di precisazione delle conclusioni e che la stesa ha fatto valere un diritto – quello di partecipare alla liquidazione delle quote societarie della (…) s.n.c., ora (…) s.a.s. di (…), in quanto erede di (…) al pari delle sorelle (…), (…) e (…) – avente il medesimo oggetto, petitum e causa petendi di quelli attorei e dipendente dal medesimo titolo dedotto nel processo promosso dall’attrice.

Ebbene, ai sensi dell’art. 268, 2 comma, c.p.c. il terzo che interviene nel giudizio deve accettare il processo nello stato in cui si trova e non può, pertanto, compiere atti, domande o istanze che al momento dell’intervento non sono consentite alle parti.

La preclusione sancita dall’art. 268 cod. proc. civ., nel nuovo testo introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti, perciò, non è operante il divieto di proporre domande nuove ed autonome in seno al procedimento, configurandosi solo l’obbligo, avuto riguardo al momento della sua costituzione, di accettare lo stato del processo in relazione alle preclusioni istruttorie già verificatesi per le parti originarie (Cass. Civ. 3186/2006, Cass. Civ. 15787/2005).

La formulazione della domanda, infatti, costituisce l’essenza stessa dell’intervento principale e litisconsortile, sicché, la preclusione sancita dall’art. 268 cod. proc. civ. (in virtù del quale il terzo intervenuto nel processo non può svolgere l’attività istruttoria preliminare e probatoria che la fase eventualmente avanzata del procedimento non consenta alle altre parti) non si estende all’attività assertiva del volontario interveniente, nei cui confronti non è operante il divieto di proporre domande nuove che vincola le parti originarie ex artt. 167 e 183 cod. proc. civ. (Cass. Civ. 4771/1999).

Premesso ciò, se è vero che l’ampliamento soggettivo del processo è giustificato dall’esigenza di economia dei giudizi al fine di trattare contestualmente le controversie connesse in ragione del medesimo oggetto o titolo dei contrapposti diritti e ridurre così il rischio della contraddittorietà dei giudicati, deve, però, comunque, salvaguardarsi l’economia interna al processo tra le parti originarie, dovendo trovare tutela l’interesse di esse a una sollecita decisione.

I soggetti, pertanto, che intervengono con la legittimazione di cui all’art. 105 c.p.c. debbono accettare il processo nello stato in cui si trova, operando anche nei loro confronti le preclusioni connesse funzionalmente alle fasi di sviluppo del procedimento.

Il terzo che interviene in un processo, qualora il proprio intervento si possa definire come adesivo autonomo, quindi, può proporre proprie autonome domande sino alla precisazione delle conclusioni. Secondo la Cassazione (Sezione Terza Civile, Sentenza 16 ottobre 2008, n. 25264) “sostenere che l’interveniente adesivo autonomo, vale a dire il terzo che interviene nel processo tra altre persone per far valere in confronto di alcune di esse un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo (art. 105 primo comma c.p.c.), possa farlo sino a che non vengano precisate le conclusioni (come dispone l’art. 268 primo comma c.p.c.), ma senza poter proporre proprie autonome domande per le preclusioni poste dagli artt. 183 e 184 c.p.c. alla facoltà delle parti originarie del processo di compiere determinati atti (come quello di proporre domande nuove), significherebbe di fatto vanificare qualsiasi valore ed utilità processuale all’istituto degli interventi contemplati nel suddetto primo comma dell’art. 105 c.p.c. (quello principale e quello litisconsortile), nei quali fondamentale ed ineludibile risulta invero l’attività assertiva del volontario interveniente a tutela dei propri diritti”.

In altre parole, è evidente che l’aver consentito normativamente che i predetti interventi del terzo nel processo potessero effettuarsi sino al momento di precisazione delle conclusioni perderebbe ogni significato logico – giuridico ove non fosse consentita contestualmente – secondo l’interpretazione dell’art. 268 c.p.c. che qui si contrasta – la formulazione della domanda, che costituisce l’essenza stessa degli interventi in questione. In realtà, con il termine “atti” utilizzato dal citato art. 268 c.p.c. il legislatore ha inteso certamente fare riferimento esclusivamente all’attività istruttoria che l’interveniente dovrebbe svolgere, in conseguenza della domanda proposta, a dimostrazione del diritto vantato, nel senso che, avvenuta la formulazione definitiva delle richieste istruttorie delle parti originarie del processo.

Ne deriva, quindi, che l’interveniente nel processo non può svolgere attività istruttoria preliminare e probatoria che la fase eventualmente avanzata del processo stesso non consenta più alle altre parti originarie e, pertanto, rimane soggetto alle preclusioni già formatesi tra le parti in causa, dovendo la domanda suddetta essere decisa alla stregua delle prove già acquisite in atti senza poterne espletare altre e svolgendosi comunque l’intervento del terzo in un giudizio in cui le altre parti interessate sono già regolarmente costituite o sono state messe in grado ritualmente di farlo.

Risulta, invero, che (…) decedeva, ab intestato, in data 10.11.07 a Latina, lasciando a sé superstiti, quali eredi, le figlie (…), (…), (…) e (…).

Risulta, poi, incontestato che dell’asse ereditario di (…) faceva parte anche la quota sociale della (…) S.n.c. che vedeva come unici soci (…) ed il germano (…) titolari per metà ciascuno del capitale sociale.

Tutto ciò premesso, quindi, e ritenuta l’ammissibilità della domanda proposta dalla terza intervenuta, avendo provato la qualità di erede di (…), la stessa ha il medesimo diritto dell’attrice all’ottenimento della quota di Euro 29.172,00, oltre interessi legali dal 10.5.2008 al saldo.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte convenuta (…) e sono decurtate già della metà, stante l’ammissione della parte attrice al gratuito patrocinio. Esse dono da corrispondersi in favore dell’erario.

Le spese di CTU sono, parimenti poste a carico della parte convenuta indicata risultata soccombente.

Nulla sulle spese della convenuta non costituita.

Vanno, invece, compensate le spese con la convenuta (…), vista la peculiarità della vicenda e la problematicità delle questioni trattate, di non agevole inquadramento.

Vanno, infine, compensate anche le spese di lite con la parte intervenuta (…), vista la limitatissima attività difensiva svolta, la richiesta di liquidazione avanzata a distanza di diversi anni dal decesso del socio defunto e l’assenza di richieste prima dell’instaurazione del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa Concetta Serino, così provvede:

– in accoglimento della domanda di parte attrice (…) accerta e dichiara il diritto di quest’ultima, quale erede del defunto (…), alla liquidazione della quota della società “(…) s.n.c.” e, per l’effetto, condanna (…) al pagamento in suo favore della somma di Euro 29.172,00, oltre interessi legali dal 10.5.2008 all’effettivo soddisfo,

– in accoglimento della domanda di parte attrice (…) accerta e dichiara il diritto di quest’ultima, quale erede del defunto (…), alla liquidazione della quota della società “(…) S.n.c.” e, per l’effetto, condanna (…) al pagamento in suo favore della somma di Euro 29.172,00, oltre interessi legali dal 10.5.2008 all’effettivo soddisfo,

– condanna (…) al pagamento, in favore dell’erario, vista l’ammissione della parte attrice al gratuito patrocinio, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 600,00 per la fase di studio, Euro 550,00 per la fase introduttiva, Euro 1.000,00 per la fase istruttoria e Euro 1.100,00 per la fase decisoria, oltre a Iva, spese generali e CPA.

– compensa le spese di lite tra parte attrice e (…),

– compensa le spese di lite tra parte convenuta e (…),

– nulla sulle spese di “(…) S.a.s. di (…)”,

– pone le spese di CTU a carico di parte convenuta (…).

Così deciso in Latina il 20 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2018

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.