il giudice di merito e’ tenuto a determinare il compenso liquidato a titolo di spese di lite in base al valore effettivo della causa, considerando l’attivita’ difensiva che il legale ha svolto in concreto e tenendo conto delle peculiarita’ del caso specifico, in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all’effettivo valore della controversia, perche’, in tale ultima eventualita’, il compenso va determinato tenendo conto del criterio generale della corrispettivita’ rispetto alla prestazione in concreto espletata.

Corte di Cassazione|Sezione 6 2|Civile|Ordinanza|19 giugno 2019| n. 16438

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11702-2018 proposto da:

(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi in proprio ed elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CAVRIAGO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di REGGIO EMILIA, depositata il 29/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/03/2019 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex articoli 702-bis c.p.c. e Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) invocavano la condanna del Comune di Cavriago al pagamento in loro favore della somma di Euro 13.853,76 a fronte di attivita’ professionale svolta nell’interesse dell’Ente locale.

Si costituiva in giudizio quest’ultimo resistendo alla domanda ed eccependo preliminarmente l’improponibilita’ della domanda per abusivo frazionamento del credito.

Con il provvedimento oggi impugnato il Tribunale di Reggio Emilia rigettava l’eccezione di improcedibilita’ proposta dal Comune; riteneva pacifico lo svolgimento, da parte dei due professionisti, di attivita’ professionale svolta nell’interesse e su incarico del Comune; ravvisava tuttavia un errore nella condotta dei predetti professionisti e, sul presupposto che il Comune avesse adeguatamente dimostrato l’esito diverso della lite in assenza di detto errore, escludeva il loro diritto al compenso, ritenendo sufficiente l’importo di Euro 31.164,39 gia’ corrisposto dall’Ente locale.

Ricorrono per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) e (OMISSIS) affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Cavriago.

A seguito di proposta del relatore ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. il ricorso e’ stato chiamato in camera di consiglio dinanzi la sezione sesta civile.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione ed erronea applicazione dell’articolo 10 c.p.c., del Decreto Ministeriale n. n. 55 del 2014, articoli 4 e 5 e dell’articolo 99 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 perche’ il Tribunale avrebbe erroneamente determinato il valore della controversia distinta dal numero R.G.362/2014 tenendo conto del valore del decisum e non di quello del disputatum.

La doglianza e’ infondata, dovendosi riaffermare il principio secondo cui in caso di accoglimento parziale della domanda non dipendente dall’adempimento banco iudicis eseguito dal convenuto il valore della controversia, ai fini della quantificazione delle spese di lite, va apprezzato con riferimento al criterio del decisum (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19014 del 11/09/2007, Rv.598765).

Peraltro va anche ribadito il concorrente principio secondo cui il giudice di merito e’ tenuto a determinare il compenso liquidato a titolo di spese di lite in base al valore effettivo della causa, considerando l’attivita’ difensiva che il legale ha svolto in concreto e tenendo conto delle peculiarita’ del caso specifico, in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato all’effettivo valore della controversia, perche’, in tale ultima eventualita’, il compenso va determinato tenendo conto del criterio generale della corrispettivita’ rispetto alla prestazione in concreto espletata (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 18507 del 12/07/2018, Rv.649591; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1805 del 08/02/2012, Rv. 621663 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13229 del 31/05/2010, Rv. 613148).

Peraltro va osservato che la censura in esame non tiene conto del fatto che il Tribunale, dopo aver determinato in Euro 2.700 il quantum dovuto agli odierni ricorrenti a fronte dell’attivita’ da questi svolta e ritenuto ampiamente satisfattivo quanto dai medesimi gia’ percepito (Euro 31.164,39) ha anche affermato – con statuizione non specificamente censurata dal motivo in esame – che “conclusione identica si raggiungerebbe anche qualora si prendesse a riferimento lo scaglione indicato da parte ricorrente” (cfr. pag.3 del provvedimento impugnato).

La statuizione, che integra una autonoma ratio decidendi, non e’ stata impugnata dai ricorrenti, il che comporta una ulteriore ragione di rigetto della doglianza in esame.

Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione ed erronea applicazione delle norme e principi in tema di responsabilita’ professionale e del Decreto Legislativo n. 28 del 2010, articolo 8, comma 4-bis, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche’ l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 perche’ il Tribunale avrebbe erroneamente ravvisato la sussistenza di un errore professionale ascrivibile a loro responsabilita’, nell’ambito dell’altra controversia distinta dal numero R.G.2516/2016, senza considerare che in atti vi era la prova contraria.

La doglianza e’ inammissibile sotto due concorrenti profili.

Da un lato essa si risolve in una censura dell’accertamento del fatto e della valutazione delle risultanze istruttorie condotte dal giudice di merito, entrambi non sindacabili in questa sede (cfr. quanto al primo profilo Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790; quanto al secondo Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Dall’altro lato il motivo non tiene conto che l’apprezzamento circa la sussistenza e la gravita’ dell’inadempimento nelle obbligazioni contrattuali integra una tipica quaestio facti incensurabile in Cassazione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6401 del 30/03/2015, Rv. 634986; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14974 del 28/06/2006, Rv. 593040).

L’accoglimento dell’eccezione di inadempimento contrattuale fa venir meno il diritto al compenso e supera ogni altro argomento, inclusi quelli – introdotti tardivamente soltanto alle pagg. 4 e 5 della memoria depositata per l’udienza e quindi da considerare inammissibili – relativi alla prospettata non contestazione, da parte del Comune, dello scaglione di valore indicato dai ricorrenti e all’intervenuto pagamento della somma di Euro 31.161,39 indicato dal giudice di merito (che invece, ad avviso dei ricorrenti, sarebbe stata corrisposta solo in parte).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione, che liquida in Euro 3.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.