costituiscono norme integrative dell’articolo 873 c.c. anche quelle contenute negli strumenti urbanistici locali che stabiliscano una distanza minima rispetto al confine e non tra le costruzioni, sicche’ anche in tal caso e’ ammissibile disporne l’arretramento.

 

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24232

USUCAPIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente

Dott. CARATO Aldo – Consigliere

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3306/2014 R.G. proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso quest’ultimo in (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS), con domicilio eletto presso quest’ultimo in (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1403/2013, depositata il 13.6.2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5.2.2018 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fortunato.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) ha convenuto in giudizio (OMISSIS), chiedendo di accertare l’usucapione del diritto a mantenere nel proprio fondo (in catasto al fl. (OMISSIS)), taluni manufatti a distanza inferiore a quella legale e di costituire, e di dichiarare, a carico del fondo del convenuto, la sussistenza della servitu’ di nor edificare fino ad una profondita’ di ml. 10, fatti salvi i manufatti realizzati anteriormente al 17 novembre 1986.

Ha dedotto che, a seguito di un accordo tra i precedenti proprietari dei fondi confinanti, i manufatti in questione erano rimasti in loco ininterrottamente per oltre cinquant’anni, essendo stati costruiti net 1956 dal precedente proprietario, (OMISSIS).

Il convenuto ha resistito alla domanda, chiedendo in via riconvenzionale la demolizione dei manufatti e dei pluviali. Il Tribunale di Venezia ha rigettato la domanda principale ed ha accolto la riconvenzionale con pronuncia confermata in appello.

La Corte di Venezia ha ritenuto inammissibile l’usucapione del diritto a mantenere le costruzioni in violazione della distanza inderogabile prevista dagli strumenti urbanistici locali, escludendo, inoltre, che vi fosse prova che le costruzioni del ricorrente erano state realizzate da oltre un ventennio.

Per la cassazione di questa sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso in cinque motivi, illustrati con memoria, cui (OMISSIS) ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si censura la violazione degli articoli 873 e 1158 c.c., nonche’ dell’articolo 8.6. delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore del Comune di Venezia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che non sussiste alcun divieto di usucapire il diritto a tenere costruzioni a distanza inferiore a quella inderogabile, prevista dagli strumenti urbanistici locali, dovendosi distinguere le disposizioni che regolano i rapporti tra i privati da quelle volte a disciplinare i rapporti con la pubblica amministrazione.

Inoltre, la sentenza avrebbe ritenuto applicabili le norme tecniche di attuazione del piano regolatore di Venezia benche’ adottate dopo la realizzazione delle opere e riguardanti una sottozona diversa da quella in cui ricadeva la costruzione del ricorrente.

Con il secondo motivo si censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La sentenza avrebbe trascurato le risultanze documentali (gli atti relativi all’appello del PM e della parte civile avverso la sentenza di assoluzione dei testi introdotti dal resistente, il contratto di vendita comprovante l’esistenza dei magazzini sin dal 1957, i rilievi Fotografici descrittivi dello stato dei luoghi, la presenza del contatore dei consumi di gas collocato sul muro dei locali sin dal 1968), comprovanti la realizzazione delle costruzioni da oltre un ventennio.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono infondati.

La Corte territoriale ha respinto l’appello del ricorrente asserendo che, da un lato, non e’ ammissibile l’usucapione del diritto a tenere una ostruzione a distanza inferiore a quella imposta dagli strumenti urbanistici locali, e che, in ogni caso, non era stata raggiunta la prova che le costruzioni fossero state realizzate da almeno un ventennio.

Riguardo a tale ultimo profilo, il ricorrente, pur lamentando l’omessa valutazione di una pluralita’ di elementi probatori contrari, ha omesso anzitutto di trascrivere, almeno per sintesi, il contenuto dei documenti volti a dimostrare l’effettiva datazione delle costruzioni e ha omesso di indicare in quali fasi e gradi di merito siano stati prodotti.

L’attuale formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificata dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54 conv. dalla L. n. 134 del 2012, consente la denuncia di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali a condizione che siano indicati in ricorso il fatto storico il cui esame sia stato omesso, dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, come e quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisivita’ (Cass. 23.3.2017, n. 7472; Cass. 19.1.2017, n. 1297; Cass. 1.9.2016, n.17500; Cass. 21.10.2015, n. 21439; Cass. s.u. 22.9.2014, n. 19881; Cass. 7.4.2014, n. 8053).

In ogni caso, la Corte territoriale, valutando le deposizioni testimoniali, la loro attendibilita’ e le acquisizioni delle indagini penali, ha ritenuto, con accertamento in fatto, che le opere fossero state realizzate da oltre un ventennio, il che esclude, di per se’, la violazione lamentata (Cass. s.u. 8053/2014), non essendo, inoltre, consentito censurare il modo in cui il giudice abbia valuta:o le prove, trattandosi di apprezzamento in fatto, sindacabile per vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr., Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. 21.2.2013, n. 4346; Cass. 18.5.2011, n. 10921; Cass. 7.4.2014, n. 8053).

1.1. La sussistenza dei presupposti in fatto (ubicazione delle opere ed epoca di costruzione) per l’applicabilita’ dell’articolo 8.6. delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore e’ stata desunta dalle indagini effettuate dal Comune di Venezia e dal contenuto del provvedimento con cui era stata respinta l’istanza di sanatoria avanzata da ricorrente.

Tale accertamento concerne il merito e non e’ scrutinabile per violazione di legge.

L’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si riferisce al tipico “error in iudicando” e, nel menzionare la violazione o falsa applicazione di legge, sintetizza i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto, cioe’ quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso esaminato e – il secondo – l’applicazione della norma alla fattispecie concreta, una volta correttamente individuata ed interpretata.

In relazione al primo momento, la violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata. La falsa applicazione consiste invece o nell’assumere la fattispecie concreta sotto una norma non applicabile o nel trarre dalla norma conseguenze giuridiche che contraddicano la sua pur corretta interpretazione (Cass. 13.12.2012, n. 22912; Cass. 26.9.2005, n. 18782; Cass. 11.8.2004, n. 15499; Cass. 7.8.2003, n. 11936).

Per contro, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e invade l’ambito degli accertamenti rimessi al giudice di merito.

1.2. Non occorre infine stabilire se fosse ammissibile usucapire il diritto a tenere le costruzioni ad una distanza inferiore a quella prescritta dalle norme locali, avendo la sentenza escluso, con accertamento definitivo, la loro realizzazione da oltre un ventennio.

Con il terzo motivo si censura la violazione dell’articolo 295 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentando che la Corte di merito non abbia sospeso il giudizio fino alla definizione del processo penale pendente a carico dei testi di controparte, pur sussistendo le condizioni di cui all’articolo 295 c.p.c..

La censura e’ inammissibile per difetto di specificita’.

Il ricorso nulla dice circa l’esito del giudizio penale, dovendo, per contro, considerarsi che qualora il giudice di secondo grado non abbia disposto la sospensione del processo ex articolo 295 c.p.c. occorre dimostrare la pendenza del giudizio avente carattere pregiudiziale sia in grado di appello che in quello di cassazione, non avendo alcun rilievo la mancata contestazione della controparte, trattandosi di materia sottratta alla disponibilita’ delle parti (cfr. Cass. 16.6.2008, n. 23720; Cass. 1.8.2007, n. 16992).

3. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la sentenza omesso di pronunciare sull’eccezione di nullita’ dell’elaborato del consulente tecnico nominato d’ufficio, che aveva effettuato accertamenti non oggetto dei quesiti conferiti dal giudice ed utilizzato una perizia prodotta dalla controparte solo nel corso delle operazioni.

Il motivo e’ infondato.

Il consulente d’ufficio, pur in mancanza di espressa autorizzazione del giudice puo’, ai sensi dell’articolo 194 c.p.c., comma 1, assumere informazioni da terzi e procedere all’accertamento dei fatti accessori costituenti i presupposti necessari per rispondere ai quesiti (salvo il divieto di accertare i fatti posti a fondamento di domande ed eccezioni il cui onere probatorio incombe sulle parti). Tali accertamenti sono nulli per violazione del principio del contraddittorio solo se il c.t.u. abbia sconfinato dai limiti intrinseci al mandato conferitogli (Cass. 28.1.2010, n. 1.901; Cass. 19.1.2006, n. 1020).

Nel caso in esame, occorrendo verificare l’osservanza delle distanze legali, era invece consentito assumere tutti gli elementi utili ad individuare le norme tecniche applicabili e l’epoca di costruzione delle opere anche mediante l’acquisizione della pratica di condono, trattandosi di indagini ricomprese nel mandato conferito dal giudice.

L’omessa pronuncia sull’eccezione di nullita’ della consulenza non spiega, quindi, alcun effetto, poiche’ dal suo accoglimento non potrebbe derivarne l’annullamento della decisione impugnata (Cass. 1602;2016).

4. Con il quinto motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 lamentando che il giudice distrettuale abbia aderito acritica mente e senza alcuna motivazione alla pronuncia di primo grado, sebbene quest’ultima avesse ritenuto illegittima la costruzione del ricorrente, calcolando la distanza prima dai fabbricati e poi dal confine, trascurando che la demolizione non poteva essere disposta, poiche’ lo strumento urbanistico prevedeva solo l’obbligo di osservare la distanza dal confine.

La censura e inammissibile nel punto e volta a sindacare la sufficienza della motivazione della sentenza impugnata, atteso che, per effetto della modifica dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con L. n. 134 del 2012, il vizio di motivazione e’ denunciabile in sede di legittimita’ solo nei casi di mancanza della motivazione dal punto di vista materiale o grafico, di motivazione apparente, di insuperabile contraddittorieta’ che non consenta di individuare l’iter logico della decisione o quando la sentenza contenga affermazioni inconciliabili (Cass. s.u. 8053/2014).

La Corte territoriale ha, per contro, asserito, richiamando l’articolo 8.6 delle norme attuative del piano regolatore, che le opere realizzate dal ricorrente violavano le distanze, essendo state realizzate a meno di mt. 3 dal confine, dando conto delle prescrizioni applicabili e del criterio assunto per stabilire l’illegittimita’ delle opere, con motivazione esente dai vizi denunciati.

Va inoltre ribadito che costituiscono norme integrative dell’articolo 873 c.c. anche quelle contenute negli strumenti urbanistici locali che stabiliscano una distanza minima rispetto al confine e non tra le costruzioni, sicche’ anche in tal caso e’ ammissibile disporne l’arretramento (Cass. 5.4.2002, n. 4895; Cass. 2.10.2002, n. 13007; Cass. 13.12.1999, n. 16963).

Il ricorso e’ quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 2700,00 per compenso, oltre ad iva, cnap e rimborso forfettario spese generali in misura del 15%.

Si da’ atto che il ricorrente e’ tenuto a versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 che ha aggiunto il comma 1-quater al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.