il criterio dell’estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall’articolo 729 c.c., a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, e, pertanto, e’ derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunita’, la cui valutazione non e’ sindacabile in sede di legittimita’, se non sotto il profilo del difetto di motivazione, non solo ove il giudice di merito abbia ritenuto di derogare al criterio suddetto, ma anche se abbia scelto di respingere la richiesta di deroga avanzata dalla parte, deve considerarsi che quanto meno in relazione alla successione materna manca il requisito dell’identita’ quantitativa delle quote vantate dalle condividenti, essendo stata la ricorrente favorita dal testamento della madre.

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Eredità e successione ereditaria

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 15 gennaio 2018, n. 726

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2754/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende in virtu’ di procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5167/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/11/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate da entrambe le parti.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con citazione notificata il 23 luglio 2004 (OMISSIS) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Viterbo la sorella (OMISSIS) deducendo che in data (OMISSIS) era deceduto ab intestato il padre (OMISSIS) al quale erano succedute le figlie (OMISSIS) e (OMISSIS) e la madre (OMISSIS), successivamente deceduta in data (OMISSIS), la quale con testamento olografo aveva attribuito alla figlia (OMISSIS) la quota di legittima e la disponibile, riservando la sola legittima all’altra figlia.

Assumeva che la convenuta occupava in maniera esclusiva gli appartamenti caduti in successione siti in (OMISSIS), e per l’effetto chiedeva procedersi allo scioglimento delle comunioni ereditarie.

Si costituiva in giudizio la convenuta la quale evidenziava che la de cuius in vita aveva alienato alcuni dei diritti vantati sui beni in successione a (OMISSIS), marito della convenuta, e che nella successione andava incluso anche un immobile intestato all’attrice, ma acquistato con denaro del padre, e con l’intesa che l’attrice avrebbe dovuto trasferire alla convenuta la meta’ dello stesso.

Disposta CTU, il Tribunale con la sentenza n. 142 del 2010 accoglieva la domanda di divisione procedendo allo scioglimento delle comunioni secondo il progetto di divisione di cui all’ipotesi n. 1 formulata dal CTU, condannando (OMISSIS) al pagamento del conguaglio in favore della sorella nella misura determinata dallo stesso progetto divisionale approvato.

A seguito di appello proposto da (OMISSIS), la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 5167/2013 del 2/10/2013 rigettava il gravame, rilevando che non poteva esser accolto l’unico motivo di appello proposto.

Ed, infatti, pur dovendosi ribadire che le quattro diverse ipotesi divisionali formulate dal CTU erano in grado di assicurare una divisibilita’ in natura del patrimonio relitto, la scelta del Tribunale in favore della prima soluzione divisionale non violava le norme in tema di scioglimento delle comunioni, assicurando il risultato di contenere al minimo la misura del conguaglio dovuta tra i condividenti.

Inoltre era altresi’ possibile derogare alla regola del sorteggio, sussistendo in sentenza una valida indicazione di una ragione volta a favorire l’attribuzione diretta delle quote.

A cio’ andava anche aggiunto che la soluzione prescelta consentiva alle condividenti di ricevere beni anche qualitativamente omogenei a differenza della soluzione preferita dall’appellante, che avrebbe escluso l’appellata dall’assegnazione di immobili urbani.

Per la cassazione della sentenza di appello ricorre (OMISSIS) sulla base di un motivo.

(OMISSIS) resiste con controricorso.

2. L’unico articolato motivo sviluppato dalla ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli articoli 713, 720, 727, 728 e 729 c.c., nonche’ degli articoli 112 e 277 c.p.c., oltre che l’irrazionalita’ ed illogicita’ della motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Deduce la parte che l’asse ereditario si componeva di vari immobili, alcuni dei quali rappresentati da appartamenti in (OMISSIS), con due locali garage e vari appezzamenti di terreno.

Il progetto di divisione approvato da parte del Tribunale, e confermato dalla Corte d’Appello, prevede l’attribuzione ad ognuna delle condividenti di quote sia degli appartamenti che dei terreni, impedendo in tal modo, a detta della ricorrente, che si pervenga allo scioglimento della comunione, in quanto anche gli appartamenti non verrebbero assegnati in proprieta’ esclusiva ad ognuna delle due assegnatarie, ma rimarrebbero in comunione, determinando quindi la permanenza di uno stato di indivisione foriero di rilevanti problemi di gestione, anche in vista delle spese da affrontare per la ristrutturazione degli immobili.

Inoltre, essendo gli appartamenti ubicati nella medesima palazzina, residuerebbe la necessita’ di conservare dei beni comuni ex articolo 1117 c.c., soluzione questa palesemente illogica, e che verrebbe scongiurata aderendo alla diversa ipotesi divisionale indicata come n. 3, per effetto della quale alla ricorrente verrebbero attribuiti in via esclusiva gli immobili urbani, cessando quindi la comunione.

Inoltre la soluzione alla quale sono pervenuti i giudici di merito viola altresi’ l’articolo 713 c.c., articoli 112 e 277 c.p.c., in quanto non assicura il conseguimento del risultato cui tende il giudizio di divisione, e cioe’ lo scioglimento della comunione.

Ancora, risulta violato l’articolo 720 c.c., che in caso di beni non comodamente divisibili impone, prima della vendita, che i beni debbano essere assegnati preferibilmente ad uno dei condividenti che ne faccia richiesta, e nel caso di specie alla ricorrente, quale titolare della maggiore quota.

Del pari risulta violata la previsione di cui all’articolo 727 c.c., non essendo previsto come criterio preferenziale quello che porti a preferire la soluzione divisoria che contenga al minimo il conguaglio, nonche’ l’articolo 729 c.c., non essendo giustificata l’assegnazione diretta delle quote, in luogo del ricorso al criterio di assegnazione legale del sorteggio.

2.1 Il motivo e’ infondato e deve essere disatteso.

Il ragionamento di parte ricorrente, laddove denunzia l’irrazionalita’ ed illegittimita’ della decisione alla quale e’ pervenuto il giudice di merito non tiene in adeguata considerazione la circostanza che nella fattispecie si controverte in tema di divisione di masse plurime, essendo oggetto della domanda attorea lo scioglimento della comunione scaturente sia dalla successone materna che da quella paterna, ancorche’ entrambe incidano sugli stessi beni.

Ne deriva da cio’ che a seguito dell’apertura delle due successioni non e’ dato piu’ discorrere di una comunione che investa la piena proprieta’ di entrambi i beni, non avendo le parti acconsentito nelle forme imposte dalla costante giurisprudenza di questa Corte alla riunione delle due autonome masse (e cioe’ solo con il consenso di tutte le parti, consenso che non puo’ risultare da una manifestazione tacita o da un semplice comportamento processuale non oppositivo avverso la domanda di divisione unitaria, ma deve materializzarsi in uno specifico e apposito negozio giuridico, da cui possa evincersi in modo inequivocabile tale comune volonta’, cosi’ ex multis Cass. n. 3029/2009), essendo altresi’ evidente che la successione della madre si compone unicamente di quote indivise, pervenute alla moglie a seguito del decesso del marito (quote delle quali aveva in parte anche disposto con atto inter vivos in favore del coniuge della ricorrente).

Attesa la peculiare consistenza dell’asse relitto, e tenuto conto che per alcuni dei beni i diritti successori ancora in comunione tra le condividenti concernevano a loro volta quota indivise, essendo la proprieta’ dell’immobile in comunione con il (OMISSIS), e’ evidente che lo scioglimento della comunione non poteva che riguardare l’assegnazione alle condividenti di quote indivise sui singoli beni, assegnazione questa che avrebbe favorito lo scioglimento della comunione ereditaria, rimanendo comunque in piedi la comunione ordinaria sui beni interessati, nata per effetto delle varie vicende traslative che li hanno interessati (a conferma di tale assunto, e come si ricava dalla lettura dello stesso ricorso, alle pagg. 6 e 7, nella descrizione delle quote di proprieta’ sui beni nn. 2 e 4 si specificava che la ricorrente vantava una quota di 2/3, di cui 1/3 pervenuta per successione ed 1/3 per atto di vendita, sicche’ nella soluzione divisionale n. 1, si prevedeva appunto che all’attrice fosse assegnata la quota di 1/3 sui detti beni spettante alla convenuta, trattandosi appunto della quota che questa vantava iure successionis).

Alla luce di tale puntualizzazione risulta evidente l’inconsistenza della critica mossa da parte ricorrente, essendosi in ogni caso pervenuti alla divisione delle componenti che facevano effettivamente parte delle comunioni ereditarie, risultando quindi esclusa la dedotta violazione dell’articolo 713 c.c. (in tal senso si consideri anche che, ove volesse accedersi alla soluzione indicata dalla ricorrente, l’attribuzione alla stessa di tutte le quote relative agli immobili urbani comunque lascerebbe in piedi la comunione con il (OMISSIS), risultando irrilevante ai fini giuridici che lo stesso sia il coniuge della ricorrente, essendo quindi escluso che la soluzione auspicata assicuri l’acquisto in proprieta’ esclusiva dei beni da parte di una delle condividenti).

Ne consegue che deve essere ribadito il principio anche richiamato dai giudici di merito, circa la non sindacabilita’ in questa sede della scelta compiuta in sede di merito in ordine al progetto di divisione da approvare (cfr. Cass. n. 6134/2010, a mente della quale, rientra nei poteri del giudice di merito, ed e’ percio’ incensurabile in cassazione, accertare se, nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano piu’ immobili da dividere, il diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entita’ immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo il conguaglio in favore degli altri).

2.2 La soluzione accolta non incorre nemmeno nelle altre censure dedotte in ricorso.

Ed, invero, attesa la consistenza degli assi, composti come detto anche da quote indivise, l’assegnazione delle quote relative a beni in parte urbani ed in parte agricoli, ed in favore di entrambe le condividenti assicura il rispetto del criterio di omogeneita’ delle quote di cui all’articolo 727 c.c., non potendo nemmeno condividersi l’assunto secondo cui la ridotta entita’ del conguaglio non sia criterio ispiratore della scelta piu’ appropriata del giudice.

In tal senso si veda Cass. n. 7961/2003 secondo cui, ancorche’ ai fini della valutazione della comoda divisibilita’ del bene comune, ai sensi dell’articolo 720 c.c., si e’ ritenuta ostativa alla divisione in natura l’elevata misura dei conguagli altrimenti dovuti fra le quote da attribuire, affermandosi quindi un principio suscettibile di trovare applicazione anche al caso in esame, dovendosi per l’appunto limitare al massimo la misura dei conguagli, assicurando che la quota sia prevalentemente formata in natura, riservando al conguaglio la funzione di perequare le contenute differenze di valore tra le quote stesse, posto che una quota formata in prevalenza da denaro a titolo di conguaglio sortirebbe l’effetto sostanziale di assicurare la cessione di una quota in natura (e precisamente del beneficiario del conguaglio) a favore del soggetto tenuto a versarlo, negando, sempre nella sostanza, il conseguimento dell’obiettivo della divisione in natura.

Anche la denunzia della violazione dell’articolo 720 c.c., appare fuorviata dall’erronea individuazione dell’oggetto delle componenti cadute in successione, riferendosi il giudizio di non comoda divisibilita’ alla piena proprieta’ degli immobili (per i quali come detto gia’ sussiste una comunione con un terzo) anziche’ alle quote rimaste in comunione.

Infine va esclusa anche la dedotta violazione dell’articolo 729 c.c., in quanto oltre a doversi ricordare il principio di recente ribadito da questa Corte secondo cui (cfr. Cass. n. 4426/2017) il criterio dell’estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall’articolo 729 c.c., a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, e, pertanto, e’ derogabile in base a valutazioni discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunita’, la cui valutazione non e’ sindacabile in sede di legittimita’, se non sotto il profilo del difetto di motivazione, non solo ove il giudice di merito abbia ritenuto di derogare al criterio suddetto, ma anche se abbia scelto di respingere la richiesta di deroga avanzata dalla parte, deve considerarsi che quanto meno in relazione alla successione materna manca il requisito dell’identita’ quantitativa delle quote vantate dalle condividenti, essendo stata la ricorrente favorita dal testamento della madre.

Ne consegue che vertendosi in materia di quote diseguali (come confermato anche dagli stessi prospetti di calcolo eseguiti dal CTU e riportati in ricorso, dai quali si evince il maggior valore della quota ideale di (OMISSIS)), correttamente il giudice di merito e’ pervenuto all’attribuzione diretta delle quote.

3. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

4. Ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 5.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Dichiara la ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.