Allorquando oggetto della lite sia l’abuso della cosa comune da parte di uno dei condomini, deve riconoscersi all’amministratore il potere di agire in giudizio, al fine di costringere il condomino inadempiente alla osservanza dei limiti fissati dall’articolo 1102 c.c.. In tale ipotesi, l’interesse, di cui l’amministratore domanda la tutela, e’ un interesse comune, in quanto riguarda la disciplina dello uso di un bene comune, il cui godimento limitato da parte di ciascun partecipante assicura il miglior godimento di tutti. La denuncia dell’abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra, pertanto, tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio che spetta di compiere all’amministratore, ai sensi dell’articolo 1130 c.c., n. 4, senza alcuna necessita’ di autorizzazione dell’assemblea dei condomini.
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|1 agosto 2022| n. 23823
Data udienza 6 maggio 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30576/2019 proposto da:
(OMISSIS), in persona del Direttore Generale e legale rappresentante, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso la Dott.ssa (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
Condomino Del Fabbricato Sito (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 1311/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2022 da PELLECCHIA ANTONELLA.
RILEVATO IN FATTO
che:
1. Nel 2010, l’ (OMISSIS) S.p.a. conveniva in giudizio il Condominio in (OMISSIS), per sentire accertare che lo stesso si era abusivamente allacciato alla rete idrica di proprieta’ dell’ (OMISSIS) S.p.A., approvvigionandosi il legittimamente di acqua da oltre un decennio, e per la pronuncia della conseguente condanna del predetto convenuto a risarcire la societa’ di tutti i danni subiti ex articolo 2043 c.c., da quantificarsi nella misura di Euro 15.068,78 e, in subordine, perche’ fosse accertato l’indebito arricchimento ex articolo 2041 c.c., che il medesimo condominio aveva posto in essere in danno di essa attrice, per aver consumato l’acqua di proprieta’ della stessa senza corrispondere alcunche’.
A fondamento della domanda, l’attrice assumeva che il condominio di (OMISSIS) era dotato di impianto idrico condominiale a servizio dei singoli appartamenti e che, nonostante non avesse 1t1W SOtto8eritto un regolare contratto di somministrazione, si approvvigionava da lungo tempo di acqua, mediante un allaccio abusivo alle condotte di proprieta’ dell’ (OMISSIS). Tale circostanza era stata constatata nel corso di due sopralluoghi eseguiti congiuntamente ai carabinieri della stazione di (OMISSIS).
Nonostante i numerosi solleciti l’ (OMISSIS)., al fine di quantificare il danno aveva instaurato dinanzi al Tribunale di Napoli un procedimento per ATP, nel corso del quale il c.t.u. aveva verificato il consumo medio giornaliero di acqua da parte dell’intero condominio.
Il condominio costituito si contestava la fondatezza della domanda ritenendo che l’allacciamento del fabbricato all’impianto di adduzione dell’acqua venne eseguito dal costruttore dell’edificio chi singoli condomini avendo ricevuti gli appartamenti con tutti i servizi funzionanti non avevano mai apportato alcuna modifica la condotta di allacciamento alla rete pubblica. I condomini, secondo la tesi proposta, ignoravano l’esistenza dell’allaccio abusivo e pertanto non potevano ritenersi responsabili dell’illecito. Inoltre il diritto di credito vantato dall’attrice si era estinto per effetto della prescrizione quinquennale, mentre l’azione ex articolo 2041 era inammissibile e infondata.
Il Tribunale di Napoli, ritenuta inammissibile perche’ tardivamente formulata l’eccezione di prescrizione, accoglieva la domanda e condannava il condominio a pagare in favore dell’ (OMISSIS) l’importo di Euro 15.068 oltre interessi legali e spese processuali
2. La Corte d’Appello di Napoli ha riformato la sentenza del giudice di primo grado. Ha ritenuto che la pur pacifica e documentata presenza di un allaccio abusivo del fabbricato de guo alla condotta idrica dell’ (OMISSIS) e di un’unica montante idrica a servizio dei singoli appartamenti, non e’ di per se’ sufficiente per ritenere che l’amministratore del condominio e, quindi, il condominio quale ente di gestione dei beni e servizi comuni, del quale non e’ stato dedotto e provato in alcun modo il diretto coinvolgimento nella condotta di utilizzo della fornitura, debba rispondere solidalmente del danno cagionato alla societa’ dei singoli condomini.
Secondo la Corte territoriale anche ammettendo che l’amministratore del condominio fosse consapevole dell’illecita fruizione dell’acqua da parte dei singoli condominip stesso non avrebbe mai potuto vietare, per far cessare l’azione illecita, l’utilizzo delle tubature idriche condominiali. Esula dai compiti e dai doveri dell’amministratore, quali sono delineati dal combinato disposto degli articoli 1130 e il 1133 c.c., quello di vietare l’utilizzo di un servizio comune. Pertanto, ha ritenuto che non e’ ravvisabile nella condotta inerte e tenuta, rispetto all’illecita apprensione di acqua da parte dei singoli condomini, dai vari amministratori succedutesi nel tempo, un fatto illecito, idoneo a fondare, ai sensi dell’articolo 2055 c.c., una responsabilita’ in solido del condominio. Esula dai poteri dell’amministratore quello di attivarsi per impedire che mediante l’utilizzo di un impianto comune venga commesso un reato.
Inoltre, non ha ravvisato alcun referente normativo che consenta di fondare una responsabilita’ del condominio, per illecita apprensione di acqua posta in essere dai singoli condomini.
Solo nei confronti di quest’ultimi, l’ (OMISSIS) avrebbe potuto e dovuto indirizzare le proprie istanze.
3. l’ (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)) propone ricorso in cassazione con un motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
4. Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “Violazione e comunque falsa applicazione di norme di diritto e precisamente degli articoli 2043 e 2051 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.
Denuncia la societa’ (OMISSIS) che la corte d’appello avrebbe errato dove ha escluso la responsabilita’ del condominio nonostante abbia ammesso sia la documentata esistenza di un allaccio abusivo del fabbricato alla condotta idrica dell’ABC attraverso un’unica montante idrica, di proprieta’ condominiale, unitamente alle sue diramazioni fino alle singole unita’ immobiliari; sia la consapevolezza dell’amministratore dell’illecita fruizione dell’acqua da parte dei singoli condomini.
La Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che l’articolo 2043 e’ applicabile alla fattispecie per il fatto che l’amministratore e’ stato evocato in giudizio non personalmente ma nella qualita’ di amministratore di un bene di proprieta’ condominiale posto nella sua custodia e sotto il suo controllo.
5. Il motivo e’ fondato.
La Corte d’Appello pur riconoscendo l’esistenza di un allaccio abusivo del fabbricato alla condotta idrica dell’ABC attraverso un’unica montante idrica, di proprieta’ condominiale, unitamente alle sue diramazioni fino alle singole unita’ immobiliari e la consapevolezza dell’amministratore dell’illecita fruizione dell’acqua da parte dei singoli condomini conclude affermando che non ravvisa alcun referente normativo che consenta di fondare una responsabilita’ del condominio per illecita apprensione di acqua posta in essere dei singoli condomini. E solo nei confronti di questi ultimi L’ABC avrebbe dovuto indirizzare le proprie istanze. Ebbene tale motivazione non e’ condivisibile.
La Corte territoriale avrebbe dovuto considerare che tale allaccio costituisce di per se’ un illecito di cui non puo’ non rispondere il condominio nella sua interezza ai sensi dell’articolo 2043 c.c., e che tale illecito si configura come illecito permanente produttivo di danni del quale deve rispondere il condominio finche’ non cessa l’illecito.
L’amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinche’ non rechino danni a terzi od agli stessi condomini (Cass. n. 25251/2008; Cass. n. 22179/2014).
Allorquando oggetto della lite sia l’abuso della cosa comune da parte di uno dei condomini, deve riconoscersi all’amministratore il potere di agire in giudizio, al fine di costringere il condomino inadempiente alla osservanza dei limiti fissati dall’articolo 1102 c.c.. In tale ipotesi, l’interesse, di cui l’amministratore domanda la tutela, e’ un interesse comune, in quanto riguarda la disciplina dello uso di un bene comune, il cui godimento limitato da parte di ciascun partecipante assicura il miglior godimento di tutti. La denuncia dell’abuso della cosa comune da parte di un condomino rientra, pertanto, tra gli atti conservativi inerenti alle parti comuni dell’edificio che spetta di compiere all’amministratore, ai sensi dell’articolo 1130 c.c., n. 4, senza alcuna necessita’ di autorizzazione dell’assemblea dei condomini (Cass. n. 7874/2021).
Nel caso di specie il compito dell’amministratore sarebbe stato quello di compiere gli atti idonei ad evitare il perpetuarsi dell’illecito permanente consumato, in modo determinante, attraverso l’impianto condominiale, consistente nel tratto di condotta che diparte dal punto in cui avvenne l’allaccio abusivo e attraverso il quale si e’ perpetuato l’illecito emungimento dell’acqua dal sistema idrico dell’ (OMISSIS). Pertanto, ai sensi del 2043 c.c., il Condominio, in persona dell’amministratore, risponde per non aver improntato la propria condotta omettendo di compiere quelle attivita’ che avrebbe dovuto compiere.
6. Pertanto, la Corte accoglie l’unico motivo di ricorso, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla corte d’appello di Napoli in diversa composizione personale.
P.Q.M.
la Corte accoglie l’unico motivo di ricorso, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla corte d’appello di Napoli in diversa composizione personale.
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