il coerede rimasto nel possesso ereditario dopo la morte del de cuius puo’, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi solo qualora il godimento del bene avvenga in modo inconciliabile con la possibilita’ di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volonta’ di possedere uti dominus e non piu’ “uti condominus”, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 9 novembre 2018, n. 28746

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22646-2014 proposto da:

(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) F (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 166/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 20/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/05/2018 dal Consigliere ROSSANA GIANNACCARI.

RILEVATO

che:

la vicenda oggetto del giudizio trae origine da un giudizio di divisione ereditaria, definito dal Tribunale di Pescara con sentenza N.387/2002, confermato dalla Corte d’Appello di L’Aquila con sentenza N. 664/2005, con la quale veniva dichiarato lo scioglimento della comunione ereditaria tra (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) F. (OMISSIS) e dichiarata inammissibile, in quanto nuova ex articolo 345 c.p.c., la domanda di usucapione di un locale proposta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS);

a seguito di ricorso per cassazione, proposto da (OMISSIS) per violazione dell’articolo 345 c.p.c., questa Corte, con sentenza N. 1708 del 30.8.2011 cassava la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila, ritenendo che il (OMISSIS) avesse proposto, in primo ed in secondo grado, una eccezione riconvenzionale di usucapione volta ad escludere l’inclusione del bene nell’ambito della comunione ereditaria sussistente tra le parti; osserva giudice di legittimita’ che, a norma dell’articolo 345 c.p.c., nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla L. 26 novembre 1990, n. 353, applicabile alla fattispecie ratione temporis, la proponibilita’ di eccezioni riconvenzionali nuove in appello doveva ritenersi consentita all’appellante, perche’ dirette all’esclusivo fine di ottenere la reiezione della domanda avversaria, e non ad introdurre una nuova pretesa;

riassunto il giudizio da (OMISSIS), la Corte d’Appello di Campobasso, con sentenza N. 105/2014, confermava la sentenza impugnata, ritenendo che il (OMISSIS) non avesse fornito la prova dell’usucapione del piccolo locale, in quanto, dopo aver articolato la prova testimoniale nella comparsa di costituzione del giudizio di primo grado, aveva chiesto la fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, cosi’ rinunciando alle istanze istruttorie;

avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) sulla base di due motivi;

le parti intimate non hanno svolto attivita’ difensiva;

in prossimita’ dell’udienza (OMISSIS) ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso di ricorso, proposto ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 4, si deduce la violazione dell’articolo 345 c.p.c. per avere la corte molisana erroneamente ritenuto che il (OMISSIS) avesse rinunciato alla prova testimoniale proposta in primo grado, mentre dagli atti di causa risultava non solo che, in primo grado, la prova testimoniale non era stata articolata, ragione per la quale non sarebbe consentita la rinuncia, ma che, in ogni caso, poteva essere proposta in appello, secondo il principio di diritto affermato dalla corte di legittimita’, cui il giudice d’appello era tenuto ad uniformarsi;

il motivo e’ inammissibile;

questa Corte, con orientamento consolidato, al quale il collegio intende dare continuita’, ha affermato che il coerede rimasto nel possesso ereditario dopo la morte del de cuius puo’, prima della divisione, usucapire la quota degli altri eredi solo qualora il godimento del bene avvenga in modo inconciliabile con la possibilita’ di godimento altrui e tale da evidenziare una inequivoca volonta’ di possedere uti dominus e non piu’ “uti condominus”, non essendo sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall’uso della cosa comune (Cass. Civ. Sez 2, 25.3.2009 n. 7221);

nella specie, i capitoli di prova erano volti ad accertare che (OMISSIS), dante causa del ricorrente avesse posseduto ” in modo esclusivo, continuato, ininterrotto, palese, pacifico, indisturbato, non violento ne’ clandestino da oltre quarant’anni” il locale oggetto di causa ma non che tale godimento fosse avvenuto in maniera esclusiva, tanto piu’ che al locale si accedeva anche dall’androne condominiale;

i capitoli di capitoli di prova volti a provare che il locale era parte integrante dell’abitazione della (OMISSIS), che ne deteneva le chiavi e lo utilizzava come cucina, sono inammissibili perche’ articolati per la prima volta con la memoria autorizzata dell’atto di riassunzione, mentre nel giudizio di rinvio, configurato dall’articolo 394 c.p.c., comma 3, quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, non sono ammesse nuove conclusioni e richieste di nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, cosi’ da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perche’ ritenuti erroneamente privi di rilievo (Cassazione civile, sez. 6, 18/04/2017, n. 9768; Cass. Civ., sez. 02, del 26/06/2013, n. 16180; Cass. Civ., sez. 01, del 09/01/2009, n. 341);

– il secondo motivo di ricorso, con il quale si ripropone, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 la medesima questione articolata nel motivo precedente – l’omesso esame della prova testimoniale diretta a provare l’avvenuta usucapione del bene comune – e’ inammissibile in quanto il fatto decisivo, di cui e’ denunciabile l’omessa pronuncia ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 deve avere ad oggetto un fatto storico e non la violazione di norme processuali, deducibile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4;

la memoria depositata dal difensore non offre argomenti decisivi nuovi rispetto al ricorso, essendo meramente re iterativa degli stessi;

– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile;

– nulla va statuito sulle spese, non avendo le parti intimate svolto attivita’ difensiva;

ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (applicabile ratione temporis, essendo stato il ricorso proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

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