E’ infatti onere di chi chiede accertarsi l’intervenuta usucapione dimostrare di aver esercitato sul bene un potere di fatto che si e’ estrinsecato in un’attivita’ corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’. Lo stesso deve, infatti, provare non solo il corpus – dimostrando di essere nella disponibilita’ del bene ma anche l’animus possidendi per il tempo necessario ad usucapire. Ai fini dell’usucapione e’, infatti, necessaria la manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell’interessato attraverso un’attivita’ apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene.

Applicando tali principi la Corte ha ritunuto che: “L’aver utilizzato il terreno per il deposito di materiale ferroso, in assenza di un atto apprensivo della proprieta’, e’ inidoneo al possesso ad usucapionem, perche’, di per se’, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento di possedere, occorrendo, invece, che tale attivita’ materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa e’ svolta uti dominus.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|3 novembre 2021| n. 31238

Data udienza 9 aprile 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. VARRONE Luca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16829/2016 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1622/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione di primo grado, rigetto’ la domanda di usucapione, proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS), avente ad oggetto un appezzamento di terreno sito in (OMISSIS).

La corte di merito fondo’ la decisione sull’assenza di prova dell’esercizio del possesso uti dominus, non ritenendo, a tal fine, rilevanti le dichiarazioni dei testi, che avevano riferito dell’utilizzo del terreno da parte degli attori per il deposito di materiale ferroso.

Per la cassazione della sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso (OMISSIS).

In prossimita’ dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa, illogica ed insufficiente motivazione per avere la corte di merito rigettato la domanda di usucapione nonostante i testi escussi avessero riferito di un possesso esclusivo del terreno da parte dei ricorrenti. Dette dichiarazioni sarebbero dettagliate e non generiche, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, perche’ idonee all’individuazione del fondo ed al suo utilizzo continuo per il deposito di materiale ferroso.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1158 c.c., articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’utilizzo prolungato del terreno per il deposito di materiale ferroso sarebbe incompatibile con atti di tolleranza del proprietario, caratterizzati da transitorieta’ e dall’assenza di stabilita’ propri dei rapporti di vicinato.

I motivi, che per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1.

In seguito alla riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non e’ piu’ deducibile quale vizio di legittimita’ il semplice difetto di sufficienza della motivazione; tuttavia, i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione, previsto in via generale dall’articolo 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo e’ violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perche’ perplessa ed obiettivamente incomprensibile; in tal caso, si concreta una nullita’ processuale deducibile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cassazione civile sez. VI, 25/09/2018, n. 22598; Cass. Sez. 07/04/2014 n. 8053).

Poiche’ la sentenza, sotto il profilo della motivazione, si sostanzia nella giustificazione delle conclusioni, oggetto del controllo in sede di legittimita’ e’ la plausibilita’ del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilita’ delle conseguenze. L’implausibilita’ delle conclusioni puo’ risolversi tanto nell’apparenza della motivazione, quanto nell’omesso esame di un fatto che interrompa l’argomentazione e spezzi il nesso tra verosimiglianza delle premesse e probabilita’ delle conseguenze e assuma, quindi, nel sillogismo, carattere di decisivita’ (Cass. Sez. Unite 07/04/2014 n. 8053).

Nel caso di specie, la sentenza impugnata consente di cogliere l’iter logico della decisione, attraverso il compiuto esame delle ragioni di fatto e di diritto, oltre ad essere conforme ai principi consolidati in materia di acquisto di usucapione, ai quali il collegio intende dare continuita’.

La corte di merito, sulla base delle dichiarazioni dei testi, che avevano riferito di un utilizzo del terreno da parte dei ricorrenti per il deposito di materiale ferroso, ha correttamente affermato che detta relazione del bene non fosse idonea a dimostrare il possesso uti dominus.

E’ infatti onere di chi chiede accertarsi l’intervenuta usucapione dimostrare di aver esercitato sul bene un potere di fatto che si e’ estrinsecato in un’attivita’ corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’. Lo stesso deve, infatti, provare non solo il corpus – dimostrando di essere nella disponibilita’ del bene ma anche l’animus possidendi per il tempo necessario ad usucapire (Cassazione civile sez. II, 02/10/2018, n. 23849).

Ai fini dell’usucapione e’, infatti, necessaria la manifestazione del dominio esclusivo sulla res da parte dell’interessato attraverso un’attivita’ apertamente contrastante e inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene (Cassazione civile sez. II, 02/10/2018, n. 23849).

L’aver utilizzato il terreno per il deposito di materiale ferroso, in assenza di un atto apprensivo della proprieta’, e’ inidoneo al possesso ad usucapionem, perche’, di per se’, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento di possedere, occorrendo, invece, che tale attivita’ materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa e’ svolta uti dominus.

Cio’ debitamente premesso, la corte di merito ha reputato che sussistessero elementi fattuali idonei a dimostrare che la relazione con il bene derivasse da atti di tolleranza del proprietario in quanto il terreno sul quale era depositato il materiale ferroso era sprovvisto di recinzione ed ha tratto ulteriore conferma dalla circostanza che, appena i ricorrenti vi apposero dei paletti metallici, il proprietario denuncio’ il fatto al Sindaco del Comune di (OMISSIS) e propose querela per gli stessi fatti.

Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo;

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.