Non è pertanto possibile usucapire un bene condominiale dimostrandone semplicemente il possesso, ma è necessario fornire la prova di un possesso esclusivo, che si protrae per più di vent’anni in modo pacifico ed ininterrotto, creando così i presupposti per l’acquisto, da parte del condomino che usi la cosa comune in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui; in modo, cioè, da evidenziare, al di fuori di una possibile altrui tolleranza, una inequivoca volontà di possedere il bene in via esclusiva, impedendo agli altri ogni atto di godimento o di gestione attraverso una attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene.

Tribunale|Roma|Sezione 5|Civile|Sentenza|12 maggio 2021| n. 8317

Data udienza 11 maggio 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE QUINTA CIVILE

in persona del dr. Lorenzo Pontecorvo ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 21792/2016, trattenute in decisione all’udienza del 27.1.2021 e vertente

TRA

Condominio Via (…) n. 11 in Roma, Ro.Ci., ed altri, nella qualità di procuratore generale di Ma.Be., ed altri, elettivamente domiciliati in Roma, Largo (…) presso lo studio dell’Avv. Ro.Gu. che li rappresenta e difende per procura in atti.

– ATTORI –

E

Ma.Li., elett.te dom.ta in Roma via (…) n. 1426 presso lo studio dell’Avv. Gi.De. che la rappresenta e difende per procura in atti.

Conclusioni: all’udienza del 27.1.2021 i procuratori delle parti hanno concluso come in atti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione ritualmente notificata il Condominio Via (…) n. 11 Roma ha premesso che lo stabile, composto di 10 unità immobiliari, è dotato di un locale autorimessa posto al piano sotterraneo ed avente accesso da V.le (…) n. 407 e che solo 8 unità immobiliari, delle 10 unità che compongono lo stabile, sono dotate di un’area di parcheggio nell’autorimessa.

Ha altresì evidenziato che il locale autorimessa, che dispone di soli 6 posti auto, è in comunione pro indiviso in quote uguali pari a 1/8 tra i proprietari delle 8 unità immobiliari dotate di area di parcheggio che – come previsto dal regolamento di Condominio e come statuito dal Tribunale di Roma con sentenza 7257/1965 – è parte comune dell’edifico.

Ha al riguardo riferito che con delibera del 23.04.2015 i comproprietari avevano stabilito di regolamentare l’uso dell’autorimessa tramite turnazione prevedendo per ciascun comproprietario il pari uso del garage in turni di 8 mesi consecutivi, alternati a turni di 4 mesi di non utilizzazione dei posti auto e che, a fronte di tale regolamentazione, la condomina (…) si era rifiutata di rilasciare il posto auto n. 6 entro la data del 3 giugno 2015, come previsto dalla deliberata di turnazione ed aveva altresì provveduto nel mese di novembre 2015, contro la volontà degli altri comproprietari, ad apporre all’entrata del posto auto n. 6 una catena chiusa con lucchetto al fine di assicurarsi il godimento esclusivo del posto auto e di impedire agli altri comproprietari di parcheggiarvi.

Ha quindi chiesto che venga accertata la proprietà comune dell’autorimessa e che, ritenuta la legittimità della delibera assembleare del 23.04.2015, venga accertato che (…) detiene senza titolo il posto auto n. 6.

In forza di tali statuizioni ha chiesto la condanna della controparte al rilascio del posto auto ed alla rimozione della catena nonché al risarcimento del danno subito per il mancato godimento del bene comune.

Si è costituita Ma.Li. riferendo di essere proprietaria dell’appartamento contraddistinto con l’interno n. 10, della cantina distinta con il numero 10 nonché di una area di parcheggio per autovettura posta al piano terra del garage condominiale contraddistinta con il n. 10, ciò in virtù di atto di compravendita del 16/6/1983.

Ha al riguardo sostenuto di aver acquistato l’annessa pertinenza, posto auto n. 10, da (…) e che avrebbe continuato nel possesso pacifico, pubblico ed incontrastato di tale area già esercitato dal dante causa – ora numerato e/o identificato come posto auto n. 6 – evidenziando al riguardo che tale spazio, sin dall’anno 1955 e fino a tutt’oggi, era delimitato e chiuso con un’apposita catenella metallica al fine di evitare occupazioni da parte di autovetture appartenenti agli altri condomini e/o terzi estranei.

La convenuta pertanto, nell’opporsi alle domande proposte dal condominio, ha chiesto nei confronti di tutti i condomini la declaratoria in proprio favore dell’intervenuto acquisto per usucapione del posto auto numero 10.

Gli stessi condomini sono intervenuti ribadendo le difese e conclusioni già formalizzate dal condominio che, con specifico riguardo alla domanda riconvenzionale, ha escluso i presupposti per l’acquisto per usucapione del posto auto numero 10.

Escussi i testi ed espletato un approfondimento tecnico la causa e stata trattenuta in decisione Air udienze in epigrafe indicata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dall’atto di compravendita prodotto dalla convenuta stipulato il 16 giugno 1983 emerge che Ma.Li. aveva acquistato l’appartamento interno 10 nonché una cantina posta al piano scantinato distinta con il numero 10. Risulta altresì compresa nella vendita “un’area parcheggio di un’auto tipo medio, sita nell’autorimessa con gli altri condomini avente accesso da una rampa giusto il regolamento di condominio ..”.

Risulta pertanto per tabulas che la convenuta non aveva acquistato un determinato posto auto bensì la mera facoltà di utilizzare l’area destinata a parcheggio condominiale che – quale bene comune – resta oggetto di uso paritario da parte di tutti a mente dell’art. 1102 cc..

Una tale destinazione del resto risulta accertata con la sentenza emessa dal tribunale civile di Roma 7257/65 anche nei confronti di (…), dante causa dell’odierna convenuta, avendo in quella sede il tribunale rilevato che l’area parcheggio o garage è di proprietà comune fra tutti i condomini e che con i vari atti di compravendita era stato trasferito un diritto di comunione sull’autorimessa.

Diverso sarebbe stato se l’autorimessa comune fosse stata divisa tra tutti i condomini in via definitiva con l’attribuzione del posto auto come proprietà individuale. L’attribuzione di un tale diritto avrebbe dovuto, tra l’altro, anche essere sottoscritta da tutti i condomini per il perfezionamento sotto il profilo formale, stante, com’è noto, l’obbligo della forma scritta per tutti i trasferimenti.

Accertato pertanto che la convenuta è proprietaria di una quota della proprietà indivisa dell’autorimessa condominiale è da considerare che l’assegnazione dei posti auto rappresenta proprio una modalità di attuazione dei diritti riconosciuti a ciascun condomino sul bene comune ex art. 1102 c.c. (ciò accade anche se i posti fossero in numero inferiore alle unità immobiliari, potendo l’assemblea fissare un uso turnario) e non è pertanto sufficiente l’uso esclusivo del bene o di una parte di esso per acquistarne la proprietà esclusiva, ma è necessario che il proprietario abbia esercitato sullo stesso un comportamento che denoti in modo univoco la volontà di possederlo uti dominus e non uti condominus (v. Cass. 13200/99 dove si chiarisce che, nel caso di “uso esclusivo del posto auto contrassegnato”, in mancanza di prova certa di un possesso che si manifesti in comportamenti atti ad escludere il mero uso esclusivo, concesso o tollerato dagli altri condomini, questi ultimi mantengono pur sempre il titolo a utilizzare il bene comune per finalità collettive).

Non è pertanto possibile usucapire un bene condominiale dimostrandone semplicemente il possesso, ma è necessario fornire la prova di un possesso esclusivo, che si protrae per più di vent’anni in modo pacifico ed ininterrotto, creando così i presupposti per l’acquisto, da parte del condomino che usi la cosa comune in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui; in modo, cioè, da evidenziare, al di fuori di una possibile altrui tolleranza, una inequivoca volontà di possedere il bene in via esclusiva, impedendo agli altri ogni atto di godimento o di gestione (Cassazione, 9903/06; Cassazione, 16841/05; Cassazione, 5226/02) attraverso una attività durevole, apertamente contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene (Cass. n. 19478 del 20/9/2007).

Nel caso concreto emerge che già con il verbale assembleare del 11 marzo 1963, sottoscritto “per l’interno 10” da Carlo (…) dante causa della convenuta, i comproprietari dell’autorimessa avevano deliberato all’unanimità l’uso turnario del garage stabilendo dei turni trimestrali di utilizzazione nonché un compenso mensile a favore del condomino che per turno avrebbe dovuto rinunciare ad utilizzare l’autorimessa.

Inoltre, con la successiva delibera straordinaria del 23.03.1995 il Condominio – presente anche il rappresentante della (…) – nel deliberare sul punto 2 all’ordine del giorno avente al oggetto la “riconsiderazione di una nuova regolamentazione per i posti macchina deliberazioni in merito” aveva deliberato all’unanimità che i posti macchina sarebbero restati “come attualmente sono bisogna però tenere conto che la signora Cimino per un periodo di tempo non si avvarrà della facoltà di utilizzare il suo posto macchina e per questo mancato utilizzo le verrà corrisposto la somma di Lire. 105.000 pari a 15.000 per ogni condomino. Tale proposta viene accettata all’unanimità dei presenti”.

Alla luce delle decisioni adottate emerge che tutti i posti auto all’interno dell’autorimessa condominiale erano considerati – sia dal dante causa della convenuta che dalla stessa (…) – beni comuni il cui godimento doveva trovare disciplina con deliberato dell’assemblea e che il (…) prima e successivamente la convenuta l’attrice, manifestando adesione a tale decisione e comunque non promuovendone la giudiziale impugnazione ex art. 1137 c.c., ne avevano riconosciuto la titolarità dominicale condominiale con diritto di pari facoltà di godimento e disposizione in capo a tutti i partecipanti alla comunione.

E comunque da escludere che la parte convenuta abbia provato di aver avuto l’uso esclusivo per oltre 20 anni del posto auto oggetto di contenzioso che ha una superficie netta pari a metri quadrati 14,50. Non è in particolare emerso che lo spazio in questione fosse stato continuamente chiuso per oltre vent’anni con una catena che avrebbe inibito in via assoluta l’utilizzo del posto auto da parte degli altri condomini.

Nessuno dei testi escussi è stato infatti in grado di confermare che la catenella metallica, lunga circa 3 mt. – che la (…) assume essere stata ancorata ai muri condominiali sin dall’anno 1955 – fosse stata installata in epoca antecedente al 1996 e soprattutto che la stessa catena fosse rimasta sempre chiusa in modo da impedire in maniera assoluta l’utilizzo dello spazio da parte degli altri condomini. Né appare superfluo evidenziare che dalla documentazione fotografica allegata all’elaborato peritale emerge che lo spazio intercluso dalla catena (il cui ottimo stato di conservazione appare peraltro incompatibile con un suo costante uso ventennale) risulta facilmente accessibile da tutti i frequentatori dell’autorimessa anche per usi diversi dal parcheggio di autovetture quali quello del deposito di materiali o per il parcheggio di ciclomotori e biciclette.

E’ altresì da considerare che il teste (…) particolarmente attendibili essendo totalmente estraneo ai fatti di causa ed in nessun rapporto con le parti in causa – nell’evidenziare di aver provveduto negli anni 2009 e 2010 alla ristrutturazione di due appartamenti all’interno dello stabile condominiale (lavori questi durati circa quattro mesi per il primo appartamento e circa 5 mesi per il secondo con scarico del materiale nel garage che aveva una porta comunicante con la scala condominiale) – ha dichiarato”. Riconosco i luoghi di causa di cui alle fotografie che mi vengono mostrate dai numeri 1 a 6 e riconosco anche il posto auto di cui alle fotografie 4, 5 e 6 ed escludo che all’epoca vi fosse una catena. In diverse occasioni ho visto macchine parcheggiate e posso dire che io stesso quando lavoravo e lo trovavo libero vi parcheggiavo il furgone (…). Lo lasciavo parcheggiato non più di due ore. Non ho avuto alcuna rimostranza per il fatto che avevo parcheggiato il furgone in quello spazio. sicuramente vi ho parcheggiato più di una volta in quello spazio ed anche gli operai che lavoravano per me. Le volte in cui io non parcheggiavo nello spazio ho visto parcheggiare altre macchine non sempre la stessa autovettura. Non ricordo se ho parcheggiato perpendicolarmente o trasversalmente il furgone. Non mi ricordo se vicino allo spazio di cui è causa vi fossero altri posti auto”.

Ne deriva in definitiva che la Ma.Li., quale condomina comproprietaria del locale autorimessa, è tenuta a rispettare la delibera relativa alla turnazione che, oltre a non risultare caducata, non risulta affetta da alcuna nullità considerando che l’assemblea ha approvato a maggioranza la turnazione senza violare, per i motivi fin qui esplicitati, diritti esclusivi dei singoli condomini relativi agli spazi interessati da detta turnazione e considerando che nel caso di specie il condominio non ha disposto alcuna innovazione essendosi limitato a disciplinare l’uso delle cose comuni con le maggioranze previste dall’art. 1136 comma 2 c.c. (per tutte Cass. 12873/2005).

Con riguardo alla richiesta risarcitoria è da ritenere che nessun danno risulta provato quale conseguenza della lamentata occupazione esclusiva dell’area in questione non avendo il condominio ed i condomini fornito alcun elemento di valutazione a sostegno dell’an o che possa, comunque, giustificare una valutazione del quantum quantomeno in via equitativa.

E’ del resto da considerare che in un recente arresto (Sez. 3, sentenza n. 13071 del 25/05/2018) la Corte di Cassazione si è posta in esplicito dissenso rispetto al tralatizio orientamento che, nel caso di occupazione illegittima di un immobile, configura il danno subito dal proprietario quale danno “in re ipsa”, rapportato al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del “dominus” ed all’impossibilità per costui di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso.

La Corte ha in particolare evidenziato che tale configurazione finisce con l’identificare il danno con l’evento dannoso ponendosi così in contrasto con l’insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale ciò che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato.

Già la Cassazione con sentenza 17 giugno 2013 n. 15111 (richiamando il precedente di Cass. sez. 3, 11 gennaio 2005 n. 378) aveva condivisibilmente affermato che “il danno da occupazione abusiva di immobile non può ritenersi sussistente “in re ipsa” e coincidente con l’evento, che è viceversa un elemento del fatto produttivo del danno, ma, ai sensi degli artt. 1223 e 2056 cod. civ., trattasi pur sempre di un danno-conseguenza, sicché il danneggiato che ne chieda in giudizio il risarcimento è tenuto a provare di aver subito un’effettiva lesione del proprio patrimonio per non aver potuto ad esempio locare o altrimenti direttamente e tempestivamente utilizzare il bene, ovvero per aver perso l’occasione di venderlo a prezzo conveniente o per aver sofferto altre situazioni pregiudizievoli, con valutazione rimessa al giudice del merito, che può al riguardo peraltro pur sempre avvalersi di presunzioni gravi, precise e concordanti (la Cassazione, con ordinanza 15 dicembre 2016 n. 25898 ha osservato che il danno da occupazione è in re ipsa, ma solo “in senso descrittivo cioè di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene, senza comunque far venir meno l’onere per l’attore quantomeno di allegare e anche di provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione”).

Orbene, nel caso di specie, le parti istanti non hanno in alcun modo allegato, né tantomeno provato, di aver subito un danno dal mancato rispetto della turnazione dei posti auto (sotto il profilo del non averne potuto godere direttamente e di aver sostenuto spese per il reperimento di spazi alternativi o altro).

Deve infine essere accolta la richiesta degli attori di fissare, ai sensi dell’articolo 614 bis c.p.c., una somma a carico del condomino per l’eventuale ritardo nell’esecuzione della condanna.

Detta somma, tenuto conto della natura della prestazione, del danno prevedibile e di ogni altra circostanza utile, viene determinata in Euro 10 per ogni giorno di ritardo successivo al 15° giorno dalla data di notifica del presente provvedimento. La somma sarà dovuta fino all’esecuzione del provvedimento e comunque (onde evitare che le “astreintes”, per effetto del progressivo cumularsi nel corso del tempo, assumano un ammontare complessivo manifestamente iniquo) per non oltre 150 giorni.

Le spese incluse quelle relative alla CTU disposta d’ufficio, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando, così provvede:

1) dichiara che l’autorimessa sita in Roma con ingresso carrabile e pedonale da Viale (…) (…) n. 407 e con ingresso pedonale dal vano scala condominiale di Via (…) n. 11 è di proprietà comune ed è, come tale, destinata all’uso ed al godimento comune;

2) accerta che (…), senza titolo ed in violazione di quanto disposto con la delibera assembleare del 23.04.2015, detiene ed utilizza in via esclusiva il posto auto identificato dal consulente tecnico con il n. 1, nell’allegato n. 05 dell’elaborato peritale;

3) condanna (…) a rilasciare il posto auto individuato al precedente punto 2 ed a ripristinare lo stato dei luoghi anche mediante la rimozione, a propria cura e spese, della catena installata all’entrata del posto auto;

4) condanna (…), ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c., a versare al Condominio di Via (…) n. 11 la somma di Euro 10,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del presente provvedimento, a decorrere dal 16° giorno successivo alla notifica dello stesso, fino alla data in cui detto provvedimento verrà eseguito e comunque per non oltre 150 giorni;

5) rigetta ogni ulteriore o diversa domanda;

6) condanna (…) al pagamento delle spese relative alla consulenza tecnica disposta d’ufficio nonché al pagamento delle ulteriori spese di lite in favore delle controparti costituite che si liquidano in Euro 580,00 per spese ed in Euro 3.972,00, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma l’11 maggio 2021.

Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2021.

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Avv. Umberto Davide

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