È principio consolidato quello secondo il quale il nudo proprietario si trova in posizione di terzietà rispetto ai contratti conclusi dall’usufruttuario avente ad oggetto il bene concesso in usufrutto. Ai sensi dell’art. 999 c.c., comma 1, il contratto di locazione stipulato dall’usufruttuario è opponibile allo stesso proprietario solo se risulti da scrittura avente data certa anteriore, come nel caso in esame, anche nella ipotesi di estinzione dell’usufrutto per consolidazione.

 

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Tribunale Firenze, Sezione 2 civile Sentenza 20 settembre 2018, n. 2457

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

SECONDA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del got Liliana Anselmo, pronuncia ex art. 281 sexies c.p.c.

SENTENZA

nella causa civile di primo Grado iscritta al n. r.g. 1904/2016 promossa da:

LO.CO. (…), con il patrocinio dell’avv. RU.LO. e dell’avv. RU.IV., anche disgiuntamente, come da mandato in calce all’atto di citazione

ATTORE

contro

Bu.D’E., quale erede di PA.CO., con il patrocinio dell’avv. MA.PA. come da mandato a margine della comparsa di costituzione

CONVENUTO

E

Bu.Ma., quale erede di Pa.Co. (…), nato (…), residente a Tembalang Semarang (Indonesia), Jl.Bu., cittadino iscritto all’AIRE

CONVENUTO CONTUMACE

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, il dott. LO.CO. ha convenuto in giudizio la sorella, sig.ra PA.CO., per sentir accogliere le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ecc.mo Tribunale, respinta ogni contraria domanda ed eccezione, condannare Pa.Co. a pagare all’attore la somma di Euro 63.750,00 a titolo di indennità per il mancato uso della sua quota di comproprietà (1/8) dell’appartamento ad uso abitativo posto in Milano, Via (…), per il periodo compreso tra il 1 luglio 2007 e il 31.12.2105, ovvero la maggiore o minore somma che sarà ritenuta dal Tribunale, oltre interessi scalari per ogni mensilità (ovvero dalla domanda al tasso di cui all’art. 5 comma 2 del D.lgvo 231/2002) e condanna alle spese di giudizio”.

L’attore assume che dopo la morte del padre Ne.Co. e del fratello Ro., avvenuta nel 1984, è divenuto comproprietario, nella misura di 1/8, della nuda proprietà di un appartamento sito in Milano, Via (…), di cui i 5/8 erano già di proprietà della sorella PA.CO.. Nel marzo del 1995, dopo il decesso della madre/usufruttuaria del bene, M.sa La.Ve., vi è stata la riunione della nuda proprietà con l’usufrutto e quindi, a pieno titolo, ha chiesto alla sorella Pa.Co., che abitava in tale immobile, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento dei danni per il mancato godimento della sua quota di comproprietà piena.

A tale scopo Lo.Co. ha adito il Tribunale di Firenze, che, con sentenza n. 2806 del 27.7.2006, poi confermata da sentenza del 18.7.2013 della Corte di Appello di Firenze, ha condannato Pa.Co. al risarcimento dei danni subiti dall’attore sino al 19.12.2000.

E’ seguita altra azione giudiziaria promossa sempre da Lo.Co. avverso la sorella per la sua condanna al pagamento dell’ulteriore somma risarcitoria dal 20.12.2000 al giugno 2007; in tal caso, il Tribunale di Firenze ha respinto la domanda e la sentenza del 9.12.2010 è stata impugnata presso la Corte di Appello di Firenze.

Poiché Pa.Co. ha continuato ad occupare l’immobile, LO.CO. agisce in questa sede per ottenere il pagamento dei danni dal mese di luglio 2007 al 31.12.2015, quantificando l’importo in Euro 63.750,00 (calcolato sulla scorta del canone di locazione di “mercato” pari ad Euro 5.000 circa al mese).

Costituitasi in giudizio, PA.CO. ha precisato che ella occupa l’immobile in virtù di contratto di locazione, registrato il 31.5.1994, stipulato con la madre, usufruttuaria all’epoca, che, nonostante il decorso di 5 anni dalla morte dell’usufruttuaria (ex art. 999 primo comma c.c.), non è stato disdettato tempestivamente per le scadenze successive (anni 2004 – 2008 – 2012): pertanto ella continua a detenere legittimamente l’immobile, senza nulla dover corrispondere al fratello.

In occasione dell’udienza del 6.10.2016 il giudice ha concesso termine alle parti per contraddire sulla eccezione di incompetenza territoriale emersa durante la comparizione e discussione della causa.

Parte attrice ha depositato memoria nella quale, in considerazione del fatto che l’art. 28 c.p.c. consente al Giudice di rilevare di ufficio l’incompetenza solo in determinati casi, ha fatto definitivamente radicare la causa presso questa A.G.

Sono stati concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c.

La causa è stata assegnata all’odierno giudicante per gli effetti del Decreto del Presidente del Tribunale di Firenze nr. 85 del 2017; all’udienza del 12.4.2018 il processo è stato interrotto per il decesso della convenuta avvenuto l’11.3.2018, per cui l’attore lo ha riassunto nei riguardi degli eredi, notificati dell’atto di riassunzione presso l’ultima residenza della sig.ra Pa.Co. in Milano. Si è costituito in giudizio il sig. Gi.Bu. riportandosi alle deduzioni ed eccezioni sollevate dalla difesa, producendo la copia della sentenza – oggi irrevocabile – n. 928 del 26.4.2017 della Corte di Appello di Firenze, con la quale la sentenza n. 3805 del 2010 del Tribunale di Firenze è stata confermata. La causa viene dunque decisa sulla scorta dei documenti prodotti.

Il contratto di locazione relativo a tale unità immobiliare stipulato il 26.5.21994 tra l’usufruttuaria M.sa La.Ve. e la figlia Co.Pa. è opponibile al (com)proprietario Lo.Co., essendo di data certa (la registrazione è avvenuta il 31.5.1994) ed essendo intervenuto il consolidamento della nuda proprietà con l’usufrutto; decorso il quinquennio previsto dall’art. 999 c.c. (che in quanto norma speciale ha derogato la legislazione vigente in tema di locazione1), esso si è estinto.

È principio consolidato quello secondo il quale il nudo proprietario si trova in posizione di terzietà rispetto ai contratti conclusi dall’usufruttuario avente ad oggetto il bene concesso in usufrutto.

Ai sensi dell’art. 999 c.c., comma 1, il contratto di locazione stipulato dall’usufruttuario è opponibile allo stesso proprietario solo se risulti da scrittura avente data certa anteriore, come nel caso in esame (Cass. n. 1643/99), anche nella ipotesi di estinzione dell’usufrutto per consolidazione (Cass. n. 1165/75).

Tuttavia, stante il carattere dispositivo della norma, in quanto rivolta a dirimere interessi privati (Cass. n. 1263/72) e non essendovi stata alcuna adesione da parte del nudo proprietario alla durata del contratto, così come convenuta con l’usufruttuario, come accertato dalla sentenza impugnata – il contratto è risolto nel 2000. La norma codicistica, che si applica anche alle locazioni concluse dall’enfiteuta (v. art. 976 c.c.) in ipotesi di consolidazione dell’usufrutto, prescrive che comunque il contratto debba avere una durata non oltre il quinquennio dall’estinzione e ciò significa che si privilegia il nudo proprietario al fine di fargli godere pienamente il bene, ma si tengono presenti anche le ragioni del conduttore, che all’epoca della stipula e, a meno che il locatore non gli abbia nascosto la sua qualità, contravvenendo al principio immanente in materia contrattuale della correttezza, sa bene che la locazione è stata stipulata non già con il proprietario, ma con l’usufruttuario.

Il raffronto con la disciplina di cui alla L. n. 392 del 1978, comporta la prevalenza della norma codicistica in quanto, come in questo caso, l’estinzione è avvenuta per fatto naturale e non convenzionale.

In linea di principio, va affermato che a fronte del diritto reale limitato, che limita il diritto assoluto del proprietario, qualora non vi siano motivi di sociale solidarietà, come per le locazioni abitative ristrette al nucleo familiare, l’ordinamento non può non privilegiare il carattere assoluto di quel diritto, cui viene a riconoscere, tramite il tetto dei cinque anni dalla estinzione, la sua funzione sociale, ovvero quella di consentire al conduttore la possibilità di reperire altro immobile.

Il convenuto ritiene il contratto ancora in essere perché non tempestivamente disdettato prima della scadenza del contratto, ma la disciplina di cui alla legge 392/78 – legge 431/1998 non si applica.

L’inesistenza di un valido titolo legittimante l’occupazione del bene da parte della de cuius comporta la condanna ex art. 1591 c.c. dei suoi eredi al pagamento dell’indennità di occupazione di pertinenza del sig. Lo.Co. per il periodo 11 luglio 2007/dicembre 2015 (101 mesi e 20 gg., complessivamente n. 102 mesi) durante il quale il comproprietario dell’immobile non ha potuto disporre liberamente della propria unità immobiliare.

La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto in plurime occasioni che “il danno da occupazione abusiva è in “re ipsa”, ricollegandosi al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del dominus e alla conseguente impossibilità per costui di conseguire l’utilità anche solo potenzialmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. La determinazione del danno può ben essere operata facendo riferimento al c.d. danno figurativo e quindi al valore locativo del cespite usurpato” (tra le tante Cass. 6780/2012).

La Corte di Appello di Firenze (v. sentenza n. 928 del 26.4.2017, irrevocabile) ha calcolato che dal 20.12.2000 fino al 10.7.2007 è riconoscibile all’attore una somma di Euro 30 al mese; questo giudice intende aderire al medesimo criterio di quantificazione, giungendo alla determinazione della somma finale di Euro 3.060,00 (102 x 30 Euro).

Trattandosi di debito di valore, è riconosciuta la rivalutazione monetaria dal mese di luglio 2007 alla data di deposito della presente sentenza; sulla somma ottenuta, devalutandola al luglio 2007 vanno calcolati gli interessi compensativi del 2% via via fino al saldo.

Le spese processuali seguono la soccombenza e vengono liquidate nell’importo parametrato allo scaglione di riferimento, valori medi (detratta la fase decisoria).

P.Q.M.

Il Tribunale di Firenze, seconda sezione civile, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, condanna gli eredi di PA.CO., in solido tra loro, al pagamento in favore del sig. Lo.CO. della somma di Euro 3.060,00, oltre rivalutazione monetaria dal luglio 2007 alla data di deposito della presente sentenza ed interessi del 2% come in parte motiva.

Pone le spese processuali di parte attrice a carico solidale degli eredi della de cuius Co.Pa. e sono liquidate in Euro 1.620,00 per compenso professionale, oltre le spese vive, rimborso forfetario del 15%, iva e cap, come per legge.

Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura ed allegazione al verbale.

Così deciso in Firenze il 20 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 20 settembre 2018.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.