l’indennita’ risarcitoria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18 deve essere liquidata in riferimento alla retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore al tempo del licenziamento, comprendendo nel relativo parametro di computo non soltanto la retribuzione base, ma anche ogni compenso di carattere continuativo che si ricolleghi alle particolari modalita’ della prestazione in atto al momento del licenziamento (con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali), in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui.

 

Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile Ordinanza 3 ottobre 2018, n. 24116

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26761-2016 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L., in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio degli avvocati (OMISSIS) che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 70/2016 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, depositata il 23/09/2016 R.G.N. 40/2016.

PREMESSO

che con sentenza n. 70/2016, depositata il 23 settembre 2016, la Corte di appello di Trento ha respinto il reclamo di (OMISSIS) S.r.l. e confermato la sentenza, con la quale il Tribunale di Rovereto, pronunciando a seguito di opposizione della societa’ e confermando l’ordinanza emessa nella fase di urgenza, aveva accertato, con le pronunce conseguenti, la illegittimita’ del licenziamento per giusta causa intimato a (OMISSIS), con lettera del 29/9/2014, per avere il lavoratore svolto, in periodo di malattia, attivita’ inconciliabili con la sussistenza di tale stato;

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) S.r.l. con otto motivi, assistiti da memoria, cui il lavoratore ha resistito con controricorso.

RILEVATO

che con il primo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 111 Cost. e L. n. 92 del 2012, articolo 1, commi 51-57, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte, pur a fronte del diritto costituzionale alla prova nell’ambito di un procedimento a cognizione piena, trascurato la richiesta di rinnovazione o di supplemento della consulenza d’ufficio disposta nella fase sommaria del procedimento;

– che con il secondo, deducendo la violazione degli articoli 2014-2106, 2110, 2119, 2697 e 2729 c.c., nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 n. 3, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto illegittimo il licenziamento nonostante il lavoratore, che ne era gravato, non avesse assolto l’onere della prova circa la compatibilita’ dell’attivita’ svolta con lo stato di malattia e nonostante la comprovata inesistenza della malattia denunciata;

– che con il terzo, deducendo la violazione dell’articolo 111 Cost., comma 2, articoli 2104-2106, 2110 e 2119 c.c., articoli 101, 115, 116, 194 e 195 c.p.c., nonche’ articolo 90 disp. att. c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto illegittimo il licenziamento senza considerare il fatto che la condotta posta in essere dal lavoratore era stata imprudente e, in ogni caso, tale da pregiudicare o ritardare la guarigione, alla stregua di una valutazione da compiersi ex ante e sotto un profilo meramente potenziale; con il medesimo motivo censura inoltre la sentenza per non avere considerato la lacunosita’ e la contraddittorieta’ della consulenza medico-legale con riferimento al ritardo o al pregiudizio per la guarigione e per avere altresi’ affermato che l’acquisizione di un documento proveniente dal medico curante del lavoratore, in violazione peraltro del principio del contraddittorio, non aveva arrecato alcun pregiudizio alla difesa del datore di lavoro;

– che con il quarto motivo, deducendo la violazione degli articoli 191, 194 e 195 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto corretta la decisione del consulente d’ufficio di non tenere in considerazione le testimonianze acquisite, nonostante che il giudice di primo grado, nel formulare il quesito, avesse chiesto esplicitamente un accertamento “letti gli atti e i documenti di causa”, nella nozione di atti processuali essendo compresi i verbali contenenti le dichiarazioni dei testi escussi;

– che con il quinto, deducendo la violazione dell’articolo 2110 c.c. e del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 41 in relazione all’articolo 360, n. 3, la ricorrente censura la sentenza per non avere la Corte di appello fatto applicazione del principio di diritto, secondo il quale il lavoratore e’ tenuto ad offrire al proprio datore la prestazione di lavoro parziale a cui sarebbe potuto risultare idoneo, prima di svolgere analoga o anche piu’ gravosa attivita’ per suo conto;

– che con il sesto, deducendo la violazione dell’articolo 196 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente censura la sentenza per avere deciso sulla base di una consulenza tecnica lacunosa e contraddittoria, che, quindi, doveva necessariamente essere rinnovata o integrata;

– che con il settimo, deducendo la violazione dell’articolo 195 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4, la ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto non necessario che il consulente d’ufficio prendesse posizione sulle specifiche e circostanziate osservazioni dei consulenti della societa’, riducendo la motivazione sul punto ad una mera e apodittica clausola di stile;

– che con l’ottavo, deducendo la violazione della L. n. 300 del 1970, articolo 18 in relazione all’articolo 360, n. 3, la societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la media degli straordinari dovesse essere inclusa nel conteggio per la determinazione della misura mensile della retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore licenziato;

Osservato:

che il primo e il sesto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per sostanziale identita’ delle censure proposte, sono infondati, posto che – come piu’ volte affermato da questa Corte – il giudice di merito non e’ tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicche’ non e’ neppure necessaria una espressa pronuncia sul punto (cfr., fra le altre, Cass. n. 22799/2017);

– che il secondo e il terzo motivo risultano inammissibili, in quanto, pur denunciando entrambi il vizio di cui all’articolo 360, n. 3, non contengono – nell’inosservanza dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4 – la specifica indicazione delle affermazioni in diritto della sentenza impugnata che motivatamente si reputano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione che di esse e’ stata fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, cosi’ da non consentire alla Corte di cassazione di adempiere il proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della violazione denunciata (cfr., fra le molte, Cass. n. 3010/2012);

– che, in realta’, i motivi in esame si risolvono nella inammissibile sollecitazione ad una rilettura e ad una nuova valutazione delle risultanze probatorie, difforme da quella della sentenza impugnata, la’ dove la Corte di merito, con ampia e articolata motivazione, ha ritenuto dimostrato lo stato di malattia del lavoratore (cfr. pp. 20-23) ed escluso che le modeste e sporadiche attivita’ desumibili dai filmati dell’agenzia di investigazioni, ad essi avendo ristretto il materiale di prova utile ai fini della decisione per l’inattendibilita’ dei testi del datore di lavoro, potessero avere avuto effetti sul processo di guarigione dalla malattia diagnosticata (cfr. pp. 27-29);

– che i motivi quarto, quinto e settimo risultano anch’essi inammissibili e in particolare: il quarto, per difetto di autosufficienza, poiche’ non riporta le dichiarazioni testimoniali non considerate dal consulente d’ufficio e che, secondo l’assunto della ricorrente, avrebbero condotto ad un diverso esito del giudizio, fermo restando che si tratta delle deposizioni dei testimoni che la Corte, nell’esercizio delle prerogative proprie del giudice di merito, ha valutato come inattendibili (pp. 25-26); il quinto, in quanto non si confronta con la specifica ragione posta dalla Corte di appello a fondamento del rigetto del corrispondente motivo di gravame (p. 33), cosi’ da essere privo di riferibilita’ alla decisione impugnata; il settimo, poiche’ la ricorrente non indica quali affermazioni in diritto contenute in sentenza giustificherebbero la censura che con il motivo in esame le viene rivolta, cosi’ da risultare anch’esso carente di specifica riferibilita’ alla decisione impugnata, dovendosi comunque rilevare che la Corte non si e’ limitata all’affermazione di p. 35, secondo cui il c.t.u. “ha spiegato con chiarezza e coerenza logica le proprie difformi conclusioni” (rispetto a quelle del consulente di parte della societa’) “indicando i criteri medico-legali di efficienza causale applicati”, ma tali conclusioni ha in dettaglio esaminato in altra parte della sentenza, confrontandole con quelle del consulente di parte (pp. 29-30) e chiarendo, con adeguata motivazione, come dall’acquisizione della relazione del medico curante del lavoratore non fosse derivato – diversamente da quanto dedotto nell’ambito del terzo motivo di ricorso – alcun pregiudizio al diritto di difesa di (OMISSIS) e al contraddittorio fra le parti (pp. 30-31);

– che, infine, l’ottavo motivo e’ infondato, essendosi la Corte uniformata al consolidato orientamento, secondo il quale l’indennita’ risarcitoria di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, articolo 18 deve essere liquidata in riferimento alla retribuzione globale di fatto spettante al lavoratore al tempo del licenziamento, comprendendo nel relativo parametro di computo non soltanto la retribuzione base, ma anche ogni compenso di carattere continuativo che si ricolleghi alle particolari modalita’ della prestazione in atto al momento del licenziamento (con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali), in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui (Cass. n. 19956/2009): previo avvenuto accertamento da parte della Corte di merito – non oggetto di censura con il motivo in esame – del fatto che il lavoratore aveva costantemente percepito emolumenti per lavoro straordinario (p. 35);

ritenuto:

conclusivamente che il ricorso deve essere respinto;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

– che di esse va disposta la distrazione ex articolo 93 c.p.c. in favore dell’avv. (OMISSIS), come da sua dichiarazione e richiesta.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge, somma di cui dispone la distrazione in favore dell’avv. (OMISSIS).

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.