le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art. 2051 c.c., allorquando assumano i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cd. dati pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della “res” oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico.

Per approfondire il tema oggetto della seguente pronuncia si consiglia la lettura del seguente articolo: La responsabilità della p.a. quale proprietaria delle strade

Tribunale Ascoli Piceno, civile Sentenza 2 ottobre 2018, n. 904

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ASCOLI PICENO

Il Tribunale, nella persona del Giudice Dott.ssa Enza Foti ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2136/2014 promossa da:

CA.ST., BR.NA. E CA.LU. tutti rappresentati e difesi congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti SA.PA. e AN.PE. ed elettivamente domiciliati presso e nello studio dell’Avv. Sa.Pa., sito in VIA (…) – PALAZZO BO. di ASCOLI PICENO giusta procura in atti;

ATTORI

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ASCOLI PICENO, in persona del suo Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. VI.SI. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Ba.Ga., sito in VIA (…) di ASCOLI PICENO giusta procura in atti;

CONVENUTA

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato a mezzo p.e.c. in data 8.9.2014, i Sigg.ri Br.Na., Ca.Lu. e Ca.St. convenivano in giudizio, dinanzi all’intestato Tribunale, l’Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno, in persona del suo Presidente pro tempore, al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni dagli stessi subiti a seguito dello smottamento della scarpata di valle della SP Ascoli – Rosara avvenuto nel novembre del 2013.

In particolare, gli attori asserivano che, a seguito del suddetto smottamento, la loro abitazione avrebbe riportato danni per complessivi Euro 29.689,68, mentre gli stessi avrebbero subito un’gravissimo danno immateriale” consistente nell’aver vissuto sin dall’ottobre 2012 in un perdurante stato di ansia e paura causato dal rischio di crolli e smottamenti.

Conseguentemente, gli attori, chiedevano l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“Piaccia all’Ecc.mo Tribunale adito, adversiis reiectis, per le ragioni e le causali esposte nel presente atto e premesse le opportune declaratorie di legge:

– accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità della Provincia di Ascoli Piceno in ordine alla produzione del sinistro in premessa e, per l’effetto, per le ragioni esposte, condannarla al risarcimento dei danni patrimoniali, conseguenti all’evento lesivo subito da Br.Na. e Ca.Lu., per complessivi Euro 29.689,68 o la diversa somma, anche maggiore, che risulterà in corso di causa, oltre rivalutazione e con gli interessi di mora dal 12/11/2013 sino al soddisfo, nonché alla rifusione dei danni non patrimoniali patiti e patiendi dagli attori, che si indicano in 55.000,00 Euro per ciascun componente il nucleo familiare come descritto in premessa o nel diverso ammontare, anche maggiore, che risulterà in corso di causa e/o sarà ritenuto di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi di mora dal 12/11/2013 sino al soddisfo.

Con vittoria di spese e competenze professionali, anche dalla fase di mediazione, da liquidare anche tenendo conto della mancata adesione dell’Ente convenuto al procedimento di mediazione e da porre a carico della convenuta, disponendone il pagamento in favore dei sottoscritti procuratori antistatari” Con comparsa di costituzione e risposta, in data 16.12.2014, si costituiva ritualmente in giudizio la Provincia di Ascoli Piceno, contestando integralmente la domanda avanzata da parte attrice e chiedendo a codesto Tribunale: “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, nel merito rigettare, così come formulata, la domanda avanzata da parte attrice nei confronti dell’Amministrazione Provinciale di Ascoli Piceno, in quanto infondata sia in fatto che in diritto e, comunque, non provata per le motivazioni indicate nelle superiori premesse. Con vittoria di spese e competenze di lite ex art. 91 c.p.c.”.

La causa veniva istruita mediante CTU tecnica e, all’udienza del 1.6.2018 era trattenuta in decisione, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. nella loro massima estensione.

Nel caso di specie, viene richiesto il risarcimento del danno da cose in custodia, disciplinato all’art. 2051 c.c.

Come noto, l’art. 2051 c.c. afferma che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Tale responsabilità costituisce un’ipotesi di responsabilità oggettiva fondandosi sulla relazione diretta tra l’evento dannoso e la cosa. Si tratta di una presunzione di responsabilità che può essere vinta dal danneggiante unicamente dimostrando che l’evento si è verificato per caso fortuito.

La nozione di caso fortuito attiene al profilo causale ed è legata alla valutazione dell’esistenza di un fattore oggettivo, estraneo alla cosa, imprevedibile, inevitabile e capace di elidere il nesso eziologico tra fatto e danno”.

L’elemento in base al quale limitare la portata dell’art. 2051 c.c. riguarda pertanto, esclusivamente, il nesso di causalità, e non anche il comportamento del custode.

È ormai pacifico in giurisprudenza che nell’alveo del caso fortuito deve farsi rientrare anche la colpa del danneggiato e più in generale qualsiasi elemento interruttivo del nesso causale ed idoneo ad assurgere a causa esclusiva del danno.

Pertanto, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tate da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile cori l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello, stesso danneggiato” (Cass. Civile, sez. VI, 11/05/2017, n. 11526).

Ciò posto, passando ad analizzare il caso di specie, ritiene questo Giudice che parte attrice abbia assolto il proprio onere di provare sia il fatto dannoso sia il nesso causale tra l’evento e la cosa.

Già nell’ottobre 2012, gli attori denunciavano alla Provincia di Ascoli Piceno, a mezzo di lettera raccomandata A/R (doc. 2 di parte attrice) con allegazione fotografica, la situazione di pericolo consistente nell’instabilità della scarpata sovrastante la loro abitazione, resa palese dalle “evidenti fessurazioni e rigonfiamenti con probabile rischio imminente di crollo”. A tale lettera faceva seguito la risposta della Provincia, inviata in data 19.2.2013, in cui la stessa (doc. 3 parte attrice) spiegava che, non essendo la scarpata di sua proprietà, “si è del parere che questa Amministrazione può ritenersi fuori da specifiche responsabilità.”

In data 12.11.2013 si verificava il primo smottamento della scarpata di valle della strada SP Ascoli – Rosara, che investiva la proprietà degli odierni attori, cui faceva seguito il crollo del 1.5.2014.

Parte attrice sosteneva che la frana fosse stata causata dalla mancanza di adeguate opere di convogliamento e regimentazione delle acque della strada e di consolidamento della scarpata, opere di pertinenza della Provincia di Ascoli Piceno.

La convenuta, contestando quanto dedotto da parte attrice, affermava che essendo la scarpata di proprietà dei Sigg.ri Ca. e Br., gli stessi avrebbero dovuto provvedere alle opere di manutenzione e messa in sicurezza, così come predisposto anche dall’art. 30 del Codice della Strada, il quale enuncia che “La costruzione e la riparazione delle opere di sostegno lungo te strade ed autostrade, qualora esse servano unicamente a difendere ed a sostenere i fondi adiacenti, sono a carico dei proprietari dei fondi stessi”. In aggiunta, la convenuta riteneva che il muro di sostegno dell’abitazione degli attori non fosse a norma e che, spettando agli stessi la manutenzione della scarpata, la gravità dei danni cagionati dallo smottamento sarebbe stata da attribuire all’inerzia dei Sigg.ri Br. e Ca.

Ora, per quanto concerne la spettanza della manutenzione della scarpata di cui in oggetto, se è vero che l’art. 30 del C.d.S. afferma quanto sopra riportato, – lo stesso prosegue “se hanno per scopo la stabilità o la conservazione delle strade od autostrade, la costruzione o riparazione è a carico dell’ente proprietario della strada”.

Il CTU, Doti. Ing. An.Ra., nella risposta alle osservazioni dei consulenti tecnici delle parti, riteneva “che le fessurazioni sulla pavimentazione e banchina stradale di valle si sono manifestate congiuntamente allo scivolamento del terreno posto più a valle. In definitiva lo scrivente ritiene che un unico smottamento ha causato contemporaneamente sia lo scivolamenti del terreno lungo il pendio, sia le deformazioni della sede stradale”. Tutto ciò, non farebbe altro che confermare il legame tra gli eventi e la stabilità del manto stradale della SP Ascoli – Rosara.

Le conclusioni cui è giunto il CTU appaiono a chi scrive dedotte dall’attenta analisi dell’incartamento processuale, ricavate dallo studio dei luoghi di causa effettuati nel contraddittorio delle parti con la conseguenza che manifestandosi prive di vizi logici e giuridici, questo Giudice intende farle proprie. Nella sua relazione, l’Ing. Ra. continuava facendo presente che “trattandosi di via di comunicazione extraurbana di tipo C, la fascia di rispetto della provinciale risulta di mt. 30 dal confine stradale”, per tale motivo ed essendo la pendenza della scarpata prossima al 100%, si ritiene che la stessa rientri nella cosiddetta “fascia di rispetto”, disciplinata all’art. 3 n. 22 del C.d.S. quale “striscia di terreno, esterna al confine stradale sulla quale esistono vincoli alla realizzazione, da parte dei proprietari del terreno, di costruzioni, recinzioni, piantagioni, depositi e simili”.

All’art. 3 n. 10 del D.lgs. 285/1992 viene individuata la nozione di confine stradale nel “limite della proprietà stradale quale risulta dagli atti di acquisizione o dalle fasce di esproprio del progetto approvato. In mancanza, il confine è costituito dal ciglio esterno del fosso di guardia o dalla cunetta, ove esistenti, o dal piede della scarpata se la strada è in rilevato o dal ciglio superiore della scarpata se la strada è in trincea”. Nel caso di specie, non risulta in atti nessuno dei sopra menzionati atti di acquisizione o di esproprio, e pertanto si ritiene che il confine della strada, essendo la stessa in rilevato, debba essere individuato nel piede della scarpata. Per tale motivo, sussiste sul terreno un vincolo provinciale di indisponibilità gravante anche sugli stessi proprietari ex artt. 14 e 30 C.d.S.

Si rigetta quindi, l’ipotesi di parte convenuta circa la natura di “ripa”, e come tale di pertinenza dei soli proprietari ex art. 31 C.d.S., della zona franata, essendo definita “ripa”, ex art. 3 n. 44 C.d.S.. la “zona di terreno immediatamente sovrastante o sottostante le scarpate del corpo stradale rispettivamente in taglio o in riporto sul terreno preesistente alla strada”.

Si aggiunga che il CTP di parte attrice, la Dott.ssa Ti.Ci., nelle osservazioni alla relazione del CTU, affermava, senza successiva contestazione di controparte, che a seguito della frana del novembre 2013 “la Provincia, come misura di salvaguardia, provvedeva alla realizzazione di cumuli di terra a ridosso della banchina di valle in prossimità delle fessurazioni maggiori presenti sulla sede viaria ed alla riprofilatura della scarpata, quella a ridosso del fabbricato, rimuovendo lo strato di terreno corticale più in superficie e disponendolo sulla banchina stradale”, con ciò confermando la sua qualità di custode.

Sul punto si è espresso anche il Consiglio di Stato con il parere 2158 del 2012 il quale – oltre ad aver confermato quanto sopra detto – ha anche precisato, richiamando la sentenza della Cassazione n. 1730 del 25 giugno 2008, come per la definizione di “strada” (e in conseguenza di scarpata) assuma rilievo la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico e non la titolarità pubblica o privata della proprietà.

Alla luce di quanto detto, pertanto, non può revocarsi in dubbio la qualifica ài proprietario della scarpata dalla quale è partito lo smottamento che ha cagionato i danni per cui è causa in capo alla Provincia.

Ciò chiarito, occorre ora volgere l’attenzione sul concreto susseguirsi degli eventi che hanno condotto al danno subito dagli attori al fine di vagliare se, nella catena causale degli stessi, possa dirsi inserito un evento imprevedibile di portata tale da escludere il nesso causale.

Come anticipato – e come noto – sarebbe stato onere della provincia fornire la prova della sussistenza del caso fortuito.

Ed invero, la Provincia, negli atti difensivi, invocava quale caso fortuito, atto ad escludere la propria responsabilità per i fatti di cui è causa, l’eccezionalità dell’alluvione abbattutasi sul territorio di Ascoli Piceno tra l’11.11.2013 ed il 2.12.2013. A tal proposito allegava il provvedimento del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 31.3.2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (all. 4), copia delle “Analisi dell’ondata di maltempo del 10-12 novembre 2013 nelle Marche” presa dal sito meteo delle Marche, copia degli articoli estratti dal sito ASSAM (all. 5), nonché estratto dei quotidiani online e bollettino precipitazioni da cui si sarebbe desunto che solo nel giorno 11.11.2013 sarebbero precipitati sul territorio ascolano ben 118 mm di pioggia (all. 6).

Nella CTU l’Ing. Ra.An., dopo aver affermato che i principali danni presentati dall’immobile erano stati “sicuramente causati dal franamento della coltile detritica e dalla spinta da questa esercitata”, continuava individuando i fattori dell’instabilità del pendio in: acclività del versante naturale, caratterizzato da valori di pendenza molto elevati (100% ed oltre); – proprietà geotecniche della coltre detritica, carenti e comunque non adeguate alla notevole pendenza del pendio; – abbondanti piogge che hanno interessato la zona in questione (e tutte le Marche) nei giorni 10-12 novembre 2012.

Le precipitazioni hanno accresciuto sensibilmente il peso del materiale detritico, ridotto la sua già precaria resistenza al taglio ed innescato lo scivolamento a valle della coltre superficiale” ed ancora nella risposta alle osservazioni dei CTP “lo scrivente non concorda circa il presunto carattere di eccezionalità delle precipitazioni del novembre 2013. Condivide invece il rapporto che sull’evento ha redatto il più competente Centro Funzionale per la Meteorologia, l’Idrologia e la Sismologia del Dipartimento per le Politiche Integrate di Sicurezza e per la Protezione Civile della Regione Marche, ove le piogge del 10-13 novembre 2013 sono state definite a volte abbondanti, a volte diffuse ed a volte persistenti, ma mai eccezionali”. Il CTU riteneva dunque che le condizioni metereologiche fossero state solamente una concausa, non esclusiva, dell’evento frana, la quale, da sola, non avrebbe potuto produrre l’evento.

Sul punto questo Giudice, concordando con la giurisprudenza più recente, ritiene che “le precipitazioni atmosferiche integrano l’ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell’art. 2051 c.c., allorquando assumano i caratteri dell’imprevedibilità oggettiva e dell’eccezionalità, da accertarsi con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cd. dati pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della “res” oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell’evento atmosferico” (Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 2482 dell’1.2.2018).

Alla luce dello stato della scarpata nel novembre 2013, già denunciato dagli attori alla Provincia di Ascoli Piceno con le raccomandate A/R del 2012 depositate in atti, questo Giudice ritiene che lo smottamento fosse prevedibile. Tanto più che, secondo quanto allegato da parte attrice e non contestato dalla convenuta, lo smottamento si è verificato esclusivamente all’altezza dell’abitazione dei Sigg.ri Ca. e Br.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, ritiene questo giudice che l’intensità dell’evento atmosferico che ci occupa non avrebbe potuto, da solo cagionare, l’evento se non in presenza di una “coltre di materiale detritico formatosi a seguito del processo di degrado superficiale delle marne a causa dell’azione di agenti esterni di varia origine” (cfr. CTU pag. 4).

E posto che, come visto, sarebbe stato onere della provincia assicurare la sicurezza della scarpata de qua, non può che concludersi per la sussistenza del nesso causale tra l’evento ed il danno non caratterizzandosi i fenomeni atmosferici denunciati con un’imprevedibilità tale da assorbire integralmente tutte le altre concause da sole pure idonee a determinare il danno.

In altri termini, è emerso che in presenza di un’acclività del versante naturale, caratterizzato da valori di pendenza molto elevati (100% e oltre), in considerazione delle proprietà geotecniche della coltre detritica, carenti e comunque non adeguate alla notevole pendenza del pendio e, considerata la denuncia del pericolo che circa un anno prima gli odierni attori avevano fatto alla Provincia, quest’ultima, come visto unica responsabile della scarpata, avrebbe dovuto porre in essere misure di stabilizzazione artificiale del terreno in assenza delle quali non potrebbe, oggi, invocarsi il caso fortuito.

E ciò è tanto vero che lo stesso CTU, a conclusione della propria relazione – che anche sul punto questo giudice intende condividere in quanto desunta da dati oggettivi – specifica che anche “attualmente il pendio in questione si trova in condizioni di stabilità precaria e che nel caso di sfavorevoli eventi metereologici è altamente probabile la possibilità che si verifichino ulteriori instabilità”.

In relazione all’asserita inerzia di parte attrice nella causazione del danno ex art. 1227 c.c., questo Giudice ritiene di non poter sposare la tesi della Provincia in quanto alla luce della dinamica dello smottamento, anche volendo svolgere lavori di rafforzamento del muro poggiante sulla scarpata essendo franata l’intera parte detritica superficiale, il muro non avrebbe comunque potuto fermare la discesa del materiale.

Chiarita, dunque, la responsabilità esclusiva ex art. 2051 c.c. dell’ente proprietario della strada e delle sue pertinenze occorre ora passare a vagliare i danni effettivamente risarcibili.

Sul punto il CTU ha specificato come “l’immobile presenta al momento i seguenti principali danni sicuramente causati dal franamento della coltre detritica e dalla spinta da questa esercitata in particolare sulle strutture murarie del garage: abbattimento del muretto in pietrame contro terra soprastante il terrazzo del garage; danneggiamento della balaustra in ferro soprastante il muretto; danni alla pavimentazione del terrazzo; lesione passante sul muro in pietrame posto a destra del cancello di ingresso; lesioni sulle strutture murarie della scala esterna che conduce al terrazzo; danni all’apertura automatica del cancello di ingresso” aggiungendo che “è molto probabile che anche le riscontrate infiltrazioni d’acqua attraverso la copertura a terrazzo e le macchie di umidità presenti sulle murature del garage debbono ritenersi conseguenza dell’evento franoso” (cfr. CTU pag. 5).

Si tratta di conclusioni dettate dall’attenta disamina dell’incartamento processuale riletta attraverso i sopralluoghi effettuati che, pertanto, in assenza di incongruenze, possono essere fatte proprie dallo scrivente giudice.

Ed invero, i danni individuati dal CTU corrispondono, salvo per quanto riguarda i danni all’impianto elettrico ed allo scarico delle acque esterne, a quelli individuati dal CTP di parte e oggetto di specifico computo metrico allegato dagli attori in sede di citazione (cfr. allegato 7).

Sul punto parte convenuta si è limitata a eccepire genericamente l’eccessività del quantum richiesto senza tuttavia specificamente contestare le singole voci di cui al predetto computo metrico che, pertanto, potranno essere utilizzate da questo giudice – ex art. 115 c.p.c. – ai fini del calcolo della somma spettante a titolo risarcitorio.

Pertanto, escluse le voci del computo metrico relative ai danni all’impianto elettrico ed allo scarico delle acque, la Provincia andrà condannata al risarcimento in favore della parte attrice della complessiva somma di Euro 20.874,00 oltre iva, se dovuta, interessi e rivalutazione dal giorno del fatto all’effettivo soddisfo.

In merito alla richiesta di danno non patrimoniale, essendo le allegazioni di parte attrice rimaste delle mere asserzioni del tutto sfornite sin anche di un principio di prova questo giudice non può che rigettarle.

Circa le spese, le stesse saranno liquidate in relazione al principio della soccombenza e parametrate al valore della controversia, all’attività effettivamente svolta dai procuratori delle parti ed al numero ed alla complessità delle questioni trattate con la precisazione che le stesse saranno liquidate in base al principio del decisum.

Allo stesso modo le spese di CTU vengono poste definitivamente a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale di Ascoli Piceno, in persona del Giudice Dott.ssa Enza Foti, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G.N. 2136/2014 e vertente tra le parti di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

– Accerta la responsabilità ex art. 2051 c.c. della Provincia di Ascoli Piceno in persona del suo Presidente pro tempore e, per l’effetto, condanna la parte convenuta al pagamento, a titolo di danno patrimoniale, di complessivi Euro 20.874,00 in favore degli attori, oltre iva se dovuta, se dovuta, interessi e rivalutazione dal giorno del fatto all’effettivo soddisfo;

– Rigetta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale;

– Condanna la convenuta al pagamento delle spese di lite da versarsi in favore del procuratore delle parti attrici dichiaratosi antistatario che quantifica in complessivi Euro 4835,00 oltre al 15% per spese generali, IVA e CPA come per legge;

– Pone definitivamente le spese di CTU a carico della convenuta.

Così deciso in Ascoli Piceno il 27 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 2 ottobre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.