per i giudizi di convalida di sfratto per finita locazione o per morosità, il Legislatore ha stabilito che il tentativo di mediazione divenga condizione di procedibilità solo all’esito della c.d. fase sommaria (art. 5, c. 4, lett. b, D.Lgs. n. 28 del 2010). Tale scelta, dettata da evidenti ragioni di opportunità – segnatamente finalizzate ad evitare di decelerare la fase sommaria che potrebbe anche concludersi con la mera convalida in difetto di opposizione dell’intimato – non muta la natura del successivo giudizio di merito che altro non è che la prosecuzione dell’unico giudizio introdotto con l’intimazione e articolato in due fasi. La stessa locuzione utilizzata dal legislatore non appare casuale (“il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale”). L’incipit del procedimento unitario di sfratto, articolato in una duplice fase, deve individuarsi nell’atto introduttivo della fase sommaria (e non già nelle eventuali integrazioni istruttorie evidenziate dalle parti a seguito di memorie introduttive eventualmente autorizzate ai sensi dell’art. 426 c.p.c.) e coerentemente l’onere di attivare la procedura di mediazione spetterà all’originario intimante con la conseguenza che l’inerzia non potrà che colpire – in primo luogo – la domanda principale dell’attore (di risoluzione contrattuale) e con essa la pronuncia di rilascio emessa ex art. 665 c.p.c. che risulterà travolta dalla sentenza conclusiva del giudizio che accerterà la inesistenza di uno dei presupposti della domanda (condizione di procedibilità). Laddove viceversa l’intimato si sia costituito senza contestare la morosità oppure contestandola in parte e adducendo, a sostegno delle proprie argomentazioni, eventualmente anche con domanda riconvenzionale, motivi ulteriori, non attinenti o comunque diversi rispetto a quelli oggetto dell’intimazione, il Giudice ritiene che l’onere di attivare la procedura di mediazione debba gravare su colui che intende proporre nel giudizio di merito le sue ragioni.

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Tribunale Viterbo, civile Sentenza 7 novembre 2018, n. 1489

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Francesco Scavo Lombardo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1446/2018 promossa da:

(…) (C.F. (…)), (…), (…), (…) e (…) con il patrocinio dell’avv. FA.AN., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. FA.AN.

ATTORE

contro

(…) (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MU.PA., elettivamente domiciliato in PIAZZA (…) 00199 ROMA presso il difensore avv. MU.PA.

CONVENUTO

Avente ad oggetto: Intimazione di sfratto per Morosità.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

– preso atto dei contenuti di cui al verbale di udienza del 7 Novembre 2018 nel giudizio vertente tra le parti in causa;

– viste le conclusioni delle parti di cui agli atti del giudizio;

– esaminati gli atti e la documentazione prodotta e complessivamente acquisita;

– udita la discussione orale disposta ai sensi dell’art. 429 c.p.c.;

pronuncia, ai sensi del richiamato art. 429 c.p.c., la seguente

dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle seguenti ragioni di fatto e di diritto della decisione:

– premessa la descrizione delle circostanze di fatto poste a sostegno delle domande avanzate dal ricorrente per come da quest’ultimo esposte nel corpo dell’atto introduttivo del giudizio;

– premessa altresì la descrizione delle circostanze di fatto poste a sostegno delle eccezioni sollevate dal convenuto;

– considerato che (…), (…), (…), (…) e (…) hanno intimato sfratto per morosità nei confronti di (…) lamentando il mancato pagamento dei canoni per il periodo Dicembre 2017/Marzo 2018 per un importo complessivo di euro 1.520,00 in relazione al contratto di locazione ad uso abitativo sottoscritto tra le parti e registrato in data 16.3.2017 come da atto di intimazione;

– che si è costituito in giudizio il convenuto concludendo per il rigetto dell’avversa domanda, senza contestare la morosità bensì argomentando che nell’immobile locato si erano verificate copiose infiltrazioni di acqua che determinavano muffe e umidità che impedivano di utilizzare il bene per il fine prefissato.

Con Ordinanza in data 16.5.2018 il Tribunale, preso atto della riconsegna delle chiavi dell’immobile all’avente diritto, convalidava lo sfratto, disponeva il mutamento del rito ed invitava le parti a procedere con il tentativo obbligatorio di mediazione.

Con Ordinanza riservata assunta all’udienza del 3 Ottobre 2018 e che di seguito integralmente si trascrive, il Tribunale rilevava:

” che all’udienza del 16.5.2018 il Tribunale, con Ordinanza riservata, invitava le parti ad esperire la procedura di mediazione entro 90 giorni dalla data della pronuncia;

che all’udienza del giorno 3.10.2018, nessuna delle parti depositava prova dell’esperimento della procedura suddetta né eccepiva l’improcedibilità della domanda avversa;

che ai sensi del comma 1 bis dell’art.5 D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e succ.mod., il Giudice può rilevare d’ufficio, alla prima udienza successiva, l’improcedibilità della domanda per mancato esperimento della procedura de qua;

che nella fattispecie l’onere di attivare la procedura più volte richiamata era in capo a (…), parte intimata che ha contestato nel merito la sussistenza della morosità assumendo la volontaria sospensione dei canoni in seguito alla presenza di vizi dell’immobile che ne avrebbero pregiudicato l’idoneità all’uso pattuito come da note in atti, atteso che:

come è noto, per i giudizi di convalida di sfratto per finita locazione o per morosità, il Legislatore ha stabilito che il tentativo di mediazione divenga condizione di procedibilità solo all’esito della c.d. fase sommaria (art. 5, c. 4, lett. b, D.Lgs. n. 28 del 2010).

Tale scelta, dettata da evidenti ragioni di opportunità – segnatamente finalizzate ad evitare di decelerare la fase sommaria che potrebbe anche concludersi con la mera convalida in difetto di opposizione dell’intimato – non muta la natura del successivo giudizio di merito che altro non è che la prosecuzione dell’unico giudizio introdotto con l’intimazione e articolato in due fasi.

La stessa locuzione utilizzata dal legislatore non appare casuale (“il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale”) .

L’incipit del procedimento unitario di sfratto, articolato in una duplice fase, deve individuarsi nell’atto introduttivo della fase sommaria (e non già nelle eventuali integrazioni istruttorie evidenziate dalle parti a seguito di memorie introduttive eventualmente autorizzate ai sensi dell’art. 426 c.p.c.) e coerentemente l’onere di attivare la procedura di mediazione spetterà all’originario intimante con la conseguenza che l’inerzia non potrà che colpire – in primo luogo – la domanda principale dell’attore (di risoluzione contrattuale) e con essa la pronuncia di rilascio emessa ex art. 665 c.p.c. che risulterà travolta dalla sentenza conclusiva del giudizio che accerterà la inesistenza di uno dei presupposti della domanda (condizione di procedibilità).

Laddove viceversa l’intimato si sia costituito senza contestare la morosità oppure contestandola in parte e adducendo, a sostegno delle proprie argomentazioni, eventualmente anche con domanda riconvenzionale, motivi ulteriori, non attinenti o comunque diversi rispetto a quelli oggetto dell’intimazione, il Giudice ritiene che l’onere di attivare la procedura di mediazione debba gravare su colui che intende proporre nel giudizio di merito le sue ragioni.

L’assunto prospettato trova peraltro conforto nella nota sentenza della Suprema Corte (Sez. III, 24629/2015 del 7.10/23.12/2015) che testualmente recita:

“La disposizione di cui all’art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, di non facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio.

La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell’efficienza processuale.

In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira – per così dire – a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse.

Quindi l’onere di esperire il tentativo di mediazione deve allocarsi presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.

Nel procedimento per decreto ingiuntivo cui segue l’opposizione (applicabile, ad avviso del Giudice, anche nella fase successiva all’intimazione di sfratto oggetto del presente procedimento), la difficoltà di individuare il portatore dell’onere deriva dal fatto che si verifica una inversione logica tra rapporto sostanziale e rapporto processuale, nel senso che il creditore del rapporto sostanziale diventa l’opposto nel giudizio di opposizione.

Questo può portare ad un errato automatismo logico per cui si individua nel titolare del rapporto sostanziale (che normalmente è “l’attore nel rapporto processuale) la parte sulla quale grava l’onere. Ma in realtà – avendo come guida il criterio ermeneutico dell’interesse e del potere di introdurre il giudizio di cognizione – la soluzione deve essere quella opposta.

Invero, attraverso il decreto ingiuntivo, l’attore (e quindi, nella fattispecie, l’intimante) ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore.

E’ dunque sull’opponente (nel caso che ci occupa sull’intimato) che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente (intimato) e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice.

Del resto, non si vede a quale logica di efficienza risponda una interpretazione che accolli al creditore del decreto ingiuntivo l’onere di effettuare il tentativo di mediazione quando ancora non si sa se ci sarà opposizione allo stesso decreto ingiuntivo.

E’, dunque, l’opponente ad avere interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex art. 653 c.p.c.. Soltanto quando l’opposizione sarà dichiarata procedibile riprenderanno le normali posizioni delle parti: opponente convenuto sostanziale, opposto – attore sostanziale.

Ma nella fase precedente sarà il solo opponente, quale unico interessato, ad avere l’onere di introdurre il procedimento di mediazione; diversamente, l’opposizione sarà improcedibile….”.

Tutto ciò premesso, ribadito per le motivazioni espresse che l’onere di esperire il procedimento di mediazione spettasse a (…) che ha addotto motivi nuovi non direttamente attinenti alla contestata morosità e che pertanto la sua domanda deve ritenersi improcedibile” dichiarando conseguentemente improcedibile la domanda di (…).

Ritiene comunque il Tribunale che le risultanze istruttorie non abbiano consentito di comprovare quanto asserito dal resistente, in quanto in primis le generiche allegazioni difensive sono rimaste prive di riscontro probatorio in ordine alla presunta efficienza causale delle circostanze dedotte rispetto all’inadempimento dell’obbligazione di pagamento del canone e degli oneri accessori derivanti dal contratto di locazione, né appaiono esaustive a ritenere che l’immobile non fosse idoneo all’uso prefissato.

Che, in ogni caso, costituisce insegnamento consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, quello in forza del quale, in tema di inadempimento contrattuale, vale la regola che l’exceptio non rite adimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c., che si fonda su due presupposti: l’esistenza dell’inadempimento anche dell’altra parte e la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, bensì in relazione alla situazione oggettiva;

– che, in applicazione di tale principio, qualora un conduttore abbia continuato a godere dell’immobile locato, pur in presenza di vizi, non è legittima la sospensione da parte sua del pagamento del canone, perché tale comportamento non sarebbe proporzionale all’inadempimento del locatore (cfr. Cass., ex multis, n. 8425/06);

– che – escluso alcun inadempimento imputabile al locatore in quanto non dimostrato ed accertato viceversa l’inadempimento dell’intimato nel pagamento dei canoni dovuti – dev’essere pronunciata la risoluzione del contratto di locazione registrato il 16.3.2017 per inadempimento del conduttore (…);

– che, viceversa, devono essere disattese, siccome infondate, le domande proposte dal convenuto ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento del locatore, nonché quelle dirette al riconoscimento dei vizi occulti ed al conseguente risarcimento del danno;

– ritenuto che, al di là dell’espressa valutazione delle parti, l’art. 5 della L. n. 392 del 1978 stabilisce che “salvo quanto previsto dall’articolo 55, il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’articolo 1455 del codice civile”;

– che tale valutazione legislativa vale di per sé a sollevare il giudice dalla valutazione dell’effettiva gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto;

– che, nella specie, non appare contestabile la sussistenza dell’inadempimento di parte convenuta, non avendo la stessa neppure contestato il mancato pagamento dei canoni dovuti, limitando a giustificarlo in ragione dell’inadempimento corrispettivo di controparte;

– che pertanto la conduttrice (…) è tenuta alla refusione, in favore di (…), (…), (…), (…) e (…) delle somme dovute per i canoni scaduti per il periodo Dicembre 2017/Marzo 2018 per un importo complessivo di Euro 1.520,00, oltre alle somme dovute per i canoni e relativi oneri accessori a scadere fino alla data di effettivo rilascio nonché agli interessi legali da ogni singola scadenza al saldo.

– ritenuto che le spese del giudizio debbano seguire il fondamentale canone della soccombenza.

P.Q.M.

disattesa ogni contraria istanza, eccezione o deduzione anche istruttoria, definitivamente pronunciando, così provvede:

– accoglie le domande proposte da (…), (…), (…), (…) e (…) con il ricorso introduttivo del presente giudizio.

– dichiara improcedibile per mancato esperimento della procedura di mediazione la domanda proposta da (…).

– conferma i provvedimenti assunti nella fase sommaria del presente procedimento;

– Dichiara la risoluzione del contratto di locazione registrato il 16.3.2017 sottoscritto da (…), (…), (…), (…) e (…) e (…) per inadempimento di quest’ultima;

– Condanna (…) al rimborso, in favore di (…), (…), (…), (…) e (…) delle somme dovute per i canoni scaduti per il periodo Dicembre 2017/Marzo 2018 per un importo complessivo di Euro 1.520,00, oltre alle somme dovute per i canoni e relativi oneri accessori a scadere fino alla data di effettivo rilascio, agli interessi legali da ogni singola scadenza al saldo nonché alla refusione delle spese del giudizio che liquida nel complessivo importo di Euro 2.500,00 per onorario di difesa, oltre spese per esborsi, 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Si dà atto che al termine dell’odierna udienza è stata data lettura integrale del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e che le parti sono state avvertite che la sentenza emessa si intende pubblicata immediatamente per via telematica.

Così deciso in Viterbo il 7 novembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.