Ipotesi tipica di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione è la distruzione del bene locato, la quale altera definitivamente il sinallagma contrattuale, e fa quindi venir meno anche l’obbligo di manutenzione a carico del locatore (obbligo limitato alle riparazioni da effettuare sulla cosa, e non esteso invece alla ricostruzione totale o parziale della stessa); siffatta ipotesi “ricorre non solo quando il bene locato sia totalmente distrutto ma anche quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene in modo che, con riferimento alla sua organica individualita’ ed alla sua destinazione, ne sia pregiudicata definitivamente la funzionalita’ e l’attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto”; il rapporto di locazione e’, invece, destinato a proseguire “nel caso di impossibilita’ solo temporanea di utilizzazione per effetto di danneggiamento della cosa locata che non comporti la disintegrazione degli elementi principali e strumentali di essa, e che sia quindi eliminabile non con la realizzazione di un “opus novum” costituito da una vera e propria ricostruzione, totale o parziale, bensi’ con opere di semplice riparazione, pur se straordinaria.

Per una più completa ricerca di giurisprudenza in materia di locazioni, si consiglia la Raccolta di massime delle principali sentenza della Cassazione che è consultabile on line oppure scaricabile in formato pdf

Per ulteriori approfondimenti in materia di locazioni si consiglia la lettura dei seguenti articoli:

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 12 febbraio 2019, n. 3974

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11283/2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 679/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 02/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2018 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di ragione.

FATTI DI CAUSA

Con ricorso 27-7-2012 (OMISSIS) adi’ il Tribunale di L’Aquila per sentire dichiarare risolto il contratto 15-3-2001, con il quale aveva concesso in locazione a (OMISSIS), ad uso non abitativo e per la durata di anni sei rinnovabile, l’immobile sito in (OMISSIS).

A sostegno del ricorso evidenzio’ che, a seguito del terremoto 6/4/2009, il detto immobile aveva riportato danni ed era stato classificato come “non agibile”, sicche’ il contratto doveva essere dichiarato risolto per impossibilita’ della prestazione dovuta a causa a lui non imputabile, in quanto non era piu’ in grado di mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto; con conseguente estinzione delle obbligazioni reciprocamente assunte dalle parti e declaratoria di non debenza dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento, prevista dalla L. n. 392 del 1978, articolo 34.

L’adito Tribunale, nel contradditorio tra le parti, rigetto’ le domande, ritenendo non fornita alcuna dimostrazione in ordine alla qualita’ ed all’entita’ dei danni riportati dall’immobile locato.

Con sentenza 679 del 28-6/2-11-2016 la Corte d’Appello di L’Aquila ha rigettato l’appello principale proposto dal (OMISSIS) e dichiarato inammissibile quello incidentale del (OMISSIS).

In particolare, per quanto ancora rileva, la Corte ha innanzitutto sostenuto che l’impossibilita’ sopravvenuta riconducibile ad un evento sismico richieda la definitiva alterazione del sinallagma funzionale; siffatta alterazione tuttavia, nel caso concreto, non si era verificata, in quanto il rapporto locatizio, dopo il terremoto, era proseguito per tre anni; il locatore, invero, con lettera 20/12/2012 indirizzata al conduttore, aveva disdetto il contratto di locazione “per scadenza del termine naturale del contratto”, specificamente affermando che il locale era ancora condotto in locazione dal (OMISSIS); tale disdetta, contenente l’ammissione della prosecuzione del rapporto ancora quasi tre anni dopo l’evento sismico, era da ritenersi incompatibile con la deduzione della sussistenza di una causa di impossibilita’ sopravvenuta.

A parere della Corte, inoltre, per considerarsi verificata una causa di impossibilita’ della prestazione, era necessaria una “distruzione degli elementi principali e strutturali del bene locato”, nel caso di specie, invece, non dimostrata dal locatore; la dichiarazione di inagibilita’ del locale, invero, non poteva ritenersi equivalente alla sua distruzione (totale o parziale), in quanto compatibile anche con la semplice necessita’ di interventi di riparazione o di ristrutturazione non talmente gravi da far ritenere che l’immobile dovesse essere ricostruito in tutto o in parte; la distruzione (totale o parziale), inoltre, “farebbe venir meno l’obbligo di manutenzione a carico del locatore solo quando l’onere economico delle riparazioni dovesse essere sostenuto, in concreto, da quest’ultimo, e non gia’, come nella specie, dallo Stato, che assicura la riparazione e perfino la ricostruzione degli immobili danneggiati dal terremoto”.

Avverso detta sentenza (OMISSIS) propone ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

(OMISSIS) resiste con controricorso.

Il P.G. ha chiesto l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando violazione degli articoli 1256 e 1463 c.c., nonche’ L. n. 392 del 1978, articoli 34 e 35, sostiene che l’evento sisma sia idoneo ad integrare la fattispecie dell’impossibilita’ sopravvenuta, con conseguente risoluzione ex lege del contratto di locazione sin dal 6-4-2009; ritiene, pertanto, che nessun rilievo possa assumere l’avvenuto invio di una disdetta relativa ad una locazione non piu’ in vita; si duole, inoltre, del rigetto della sua richiesta di declaratoria di non debenza dell’indennita’ di avviamento; indennita’, a suo dire, invece, effettivamente non dovuta, sia perche’ la cessazione del rapporto (e quindi la perdita della clientela) era stato causata da un evento (il sisma) estraneo alla volonta’ delle parti, sia perche’ l’inagibilita’ del locale ne aveva impedito l’utilizzazione (presupposto quest’ultimo della spettanza del diritto all’indennita’).

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando violazione dell’articolo 1 OPCM (ordinanza Presidente Consiglio Ministri) n. 3790 del 9-7-2009, si duole che la Corte territoriale abbia sostenuto, senza indicare la relativa norma a sostegno, che la riparazione e perfino la ricostruzione degli immobili danneggiati dal terremoto, sia sempre assicurata dallo Stato; nel caso di specie cio’ contrastava, invece, con quanto previsto dall’articolo 1, commi 1, 2 e 3 della citata OPCM, non sussistendo i presupposti indicati da tale norma per godere del contributo statale (in particolare: l’immobile in questione non era adibito ad abitazione principale ed il ricorrente gia’ beneficiava del contributo pubblico per l’abitazione principale: circostanze non contestate).

Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando violazione dell’articolo 1256 c.c., in relazione all’articolo 1 OPCM 3790 del 9-7-2009, articolo 1 OPCM 3778 del 6-6-2009 e articolo 1 OPCM 3779 del 6-6-2009, lamenta che la Corte, nonostante l’attribuzione al locale in questione dell’esito di agibilita’ E”, con i contenuti di cui alle dette OPCM, abbia ritenuto che la dichiarazione di inagibilita’ non equivalesse alla distruzione e che l’immobile non necessitasse di gravi interventi di ristrutturazione.

I motivi, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono infondati.

La risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilita’ della prestazione non imputabile alle parti ex articolo 1463 c.c., costituisce, come gia’ precisato da questa S.C., rimedio all’alterazione definitiva del c.d. sinallagma funzionale che rende irrealizzabile la causa concreta (Cass. 17844/2007), e cioe’, al di la’ del modello negoziale utilizzato, la finalita’ essenziale e lo scopo pratico del contratto medesimo.

Ipotesi tipica di risoluzione del contratto per impossibilita’ sopravvenuta della prestazione e’ la distruzione del bene locato, la quale altera definitivamente il sinallagma contrattuale, e fa quindi venir meno anche l’obbligo di manutenzione a carico del locatore (obbligo limitato alle riparazioni da effettuare sulla cosa, e non esteso invece alla ricostruzione totale o parziale della stessa);

siffatta ipotesi “ricorre non solo quando il bene locato sia totalmente distrutto ma anche quando la rovina, pur essendo parziale, riguardi gli elementi principali e strutturali del bene in modo che, con riferimento alla sua organica individualita’ ed alla sua destinazione, ne sia pregiudicata definitivamente la funzionalita’ e l’attitudine a prestarsi al godimento previsto dalle parti con il contratto”;

il rapporto di locazione e’, invece, destinato a proseguire “nel caso di impossibilita’ solo temporanea di utilizzazione per effetto di danneggiamento della cosa locata che non comporti la disintegrazione degli elementi principali e strumentali di essa, e che sia quindi eliminabile non con la realizzazione di un “opus novum” costituito da una vera e propria ricostruzione, totale o parziale, bensi’ con opere di semplice riparazione, pur se straordinaria” (Cass. 41119/1995).

La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei predetti principi, accertando poi, in fatto, con valutazione non sindacabile in sede di legittimita’, che l’appellante non aveva dimostrato che l’immobile necessitasse di interventi di tale gravita’ da far ritenere che dovesse essere ricostruito in tutto o in parte.

Ne’ siffatta valutazione contrasta con l’attribuzione al locale in questione dell'”esito di agibilita’ E”, non potendosi equiparare siffatta inagibilita’ alla distruzione del bene locato (cosi’ come sopra intesa) e non risultando detta equiparazione neanche dalle OPCM indicate in ricorso, atteso che, come desumibile dal testo dell’articolo 1 dell’OPCM 3790, le due ipotesi (inagibilita’ o distruzione) sono anche letteralmente distinte, sia pur accomunate dallo stesso trattamento in ordine alla richiesta di contribuzione per le spese occorrenti per la riparazione di edifici danneggiati (per la prima ipotesi) o per la ricostruzione di edifici distrutti (per la seconda).

L’accertamento in fatto che il sisma non ha determinato l’impossibilita’ della prestazione comporta l’infondatezza del primo motivo di ricorso.

Accertata, per quanto sopra, l’insussistenza dell’ipotesi di impossibilita’ sopravvenuta, ne consegue l’irrilevanza del’individuazione del soggetto (Stato o cittadino) che, nel caso concreto, avesse l’onere economico della riparazione o della ricostruzione degli immobili danneggiati dal terremoto.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, poiche’ il ricorso e’ stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed e’ stato rigettato, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 3.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.