integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; ne’ assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’articolo 2560 c.c., comma 2, in ordine alla responsabilita’ dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della gia’ consumata distrazione.

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Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 12 dicembre 2018, n. 55803

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. ZAZA Carlo – Consigliere

Dott. SCOTTI Umberto Luigi – Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia – rel. Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/01/2017 della CORTE APPELLO di CATANZARO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa MICCOLI GRAZIA;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa FILIPPI PAOLA;

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 gennaio 2017, la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Vibo Valentia, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale (OMISSIS) e (OMISSIS) erano stati condannati per reati di bancarotta relativi al fallimento (dichiarato in data (OMISSIS)) della (OMISSIS) Srl.

1.1. In particolare, entrambi gli imputati erano stati riconosciuti colpevoli del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per avere – (OMISSIS) in qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) srl e (OMISSIS) (genitore di (OMISSIS)) quale amministratore unico della societa’ fallita – distratto dal patrimonio della (OMISSIS) Srl beni societari per un ammontare complessivo di Euro 109.000,00, attraverso la cessione di un ramo di azienda, solo apparentemente a titolo oneroso, alla (OMISSIS) s.r.l.; nonche’ per avere distratto crediti societari verso i clienti per la somma di Euro 615.372,00, ceduti gratuitamente alla societa’ (OMISSIS) s.r.l. (capo A).

1.2. Il solo (OMISSIS) era stato ritenuto colpevole del reato di cui all’articolo 216, comma 1, n. 2, per avere tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del proprio patrimonio (capo B) e per il reato di cui alla L. Fall., articolo 220 per non avere ottemperato all’ordine del giudice di depositare le scritture contabili e fiscali obbligatorie e l’elenco dei creditori, in violazione della previsione di cui alla L. Fall., articolo 16, n. 3 (capo C).

2. Avverso la predetta sentenza propongono personalmente ricorso per cassazione entrambi gli imputati.

3. Il ricorso di (OMISSIS) e’ affidato a due motivi.

3.1. Con il primo si deducono violazione di legge e correlati vizi motivazionali in ordine all’affermazione di responsabilita’ per i reati di bancarotta ascritti all’imputato.

3.1.1. Si censura anzitutto la sentenza impugnata per aver affrontato in maniera solo apparente la questione di improcedibilita’ dedotta dalla difesa; osserva il ricorrente che, essendosi verificata una duplicazione di procedimenti (rispettivamente n. 309/09 e n. 2063/09), si sarebbe prodotta una violazione del principio di bis in idem sostanziale.

3.1.2. A parere del ricorrente, inoltre, la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato le norme in materia di bancarotta fraudolenta, posto che la onerosita’ degli atti di cessione – aventi ad oggetto un ramo di azienda, nonche’ crediti verso clienti – era stata puntualmente documentata dalla difesa.

Lo stesso consulente tecnico d’ufficio avrebbe precisato che, non essendosi operata una verifica sulle movimentazioni bancarie della cessionaria, non fosse possibile affermare con certezza che il prezzo della cessione non fosse stato corrisposto.

Sotto tale profilo, si chiede l’annullamento della sentenza impugnata perche’ si proceda nel giudizio di rinvio all’accertamento relativo all’effettivo pagamento del prezzo della cessione.

3.1.3. Si censura inoltre la motivazione della sentenza della Corte territoriale in relazione alla ulteriore condotta di trasferimento di crediti verso clienti; i giudici di merito avrebbero travisato le conclusioni del perito, il quale aveva chiarito che le annotazioni contabili della (OMISSIS) s.r.l. non si riferivano a crediti ceduti a titolo gratuito, bensi’ a fatture da emettere in relazione a ricavi risultanti da esercizi precedenti, stornati in quanto non realizzabili.

Non essendo stati prodotti documenti – quali contratti di appalto o singoli SAL – dai quali evincere la corretta qualificazione di tali annotazioni contabili, i giudici di merito avrebbero dovuto escludere la rilevanza penale della condotta.

3.1.4. In relazione al reato di bancarotta fraudolenta documentale ascritto all’imputato, si evidenzia anzitutto che dalle relazioni del curatore fallimentare non emerge che lo stesso abbia avuto difficolta’ nel ricostruire il patrimonio della fallita; quanto alla documentazione relativa ai contratti d’appalto e ai SAL, essi sarebbero stati rinvenibili attraverso un accesso agli uffici pubblici.

3.1.5. In ordine al reato di cui alla L. Fall., articolo 220 si osserva altresi’ che il curatore fallimentare aveva assegnato al (OMISSIS) giorni 30 per la consegna della documentazione; il ritardo nell’ottemperare a tale richiesta e’ imputabile esclusivamente alla mole di documenti da rinvenire.

L’imputato non aveva peraltro ricevuto alcuna sollecitazione da parte dello stesso curatore.

3.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione alla concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Si evidenzia come la Corte di Appello abbia disatteso la richiesta in tal senso formulata dalla difesa argomentando sulla base di un dato erroneo, ossia la “reiterazione della condotta criminosa”; si tratterebbe di un improprio riferimento all’originaria tesi accusatoria, secondo cui vi era stata un’ulteriore cessione del ramo di azienda a favore di una terza societa’, la (OMISSIS) s.r.l..

4. L’imputato (OMISSIS) affida il proprio ricorso a due motivi.

4.1. Con il primo, il cui contenuto risulta ampiamente sovrapponibile al primo motivo del ricorso di (OMISSIS), si lamentano violazione di legge e correlati vizi motivazionali in relazione all’affermazione di responsabilita’ per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale.

4.1.1. Viene anzitutto sollevata la questione relativa alla improcedibilita’ per duplicazione dei procedimenti, in violazione del divieto di bis in idem sostanziale.

Si evidenzia poi che la mancata corresponsione del prezzo per la cessione del ramo di azienda risulta indimostrata, alla luce anche delle argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio.

4.1.2. Sotto altro profilo, il ricorrente lamenta la lacunosita’ delle attivita’ investigative con riferimento alla cessione di crediti verso clienti, la cui gratuita’ sarebbe stata desunta dalla mera lettura delle annotazioni contabili della (OMISSIS) s.r.l.; si ribadisce che, nell’impossibilita’ di qualificare correttamente tali annotazioni per la mancanza della necessaria documentazione, la natura giuridica della posta contabile non potesse essere determinata dal giudice di primo grado attraverso valutazioni non supportate da adeguati riscontri probatori.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso ci si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche, sulla base delle medesime argomentazioni gia’ svolte con il corrispondente motivo di ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS).

5. A mezzo fax (inviato in data 19 settembre 2018) l’avv. (OMISSIS) ha presentato memoria contenente motivi nuovi proposti nell’interesse di (OMISSIS).

Le deduzioni difensive si incentrano sulla questione di improcedibilita’ per la duplicazione di procedimenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.

1. In via generale va rilevato che tutte le censure proposte da entrambi i ricorrenti con i rispettivi motivi afferenti l’affermazione di responsabilita’ sono reiterative di quelle oggetto degli atti di appello, in relazione alle quali la Corte territoriale ha correttamente, congruamente e logicamente risposto.

2. Manifestamente infondata e’ la censura afferente la violazione del principio di bis in idem sostanziale.

Cosi’ come ben evidenziato dalla Corte territoriale, nella specie v’e’ stata la “confluenza di differenti procedimenti, riguardanti le medesime contestazioni” e, in particolare, essendovi i presupposti ex articolo 17 cod. proc. pen., v’e’ stata la riunione in sede di indagini preliminari di due procedimenti (i numeri 390/09 e 2063/09), con formazione di un unico fascicolo.

Tutto cio’ deve ritenersi conforme alla normativa in materia.

Invero, ancorche’ la riunione in senso tecnico, ex articoli 17 e 19 cod. proc. pen., possa avere per oggetto solo processi e non procedimenti ed essere disposta solo dal Giudice e non dal Pubblico Ministero, quest’ultimo ha la facolta’ di svolgere indagini contestuali e congiunte relativamente a distinti procedimenti, unificando, a tal fine, i numeri identificativi degli stessi e formando un unico fascicolo delle indagini preliminari, fermo restando che, ai fini della disciplina di cui all’articolo 405 cod. proc. pen., cio’ che fa fede e’ la data di iscrizione di ogni singola notizia di reato nei confronti di ciascuno degli indagati ex articolo 335 cod. proc. pen..

Detta facolta’ – che trova la sua base normativa nell’articolo 130 disp. att. c.p.p. – incontra solo il limite dato dal disposto dell’articolo 17 cod. proc. pen., consistente nella necessita’ che, in tal caso, ricorra almeno una delle ipotesi in cui e’ ammessa la riunione di processi. (Sez. 5, n. 2174 del 18/12/2013, Cattafi, Rv. 257943; si vedano anche Sez. 1, n. 48417 del 23/11/2012, Barbaro, Rv. 254099; Sez. 6, n. 9927 del 19/01/2012, R., Rv. 252258; Sez. 5, n. 1245 del 21/01/1998, Cusani, Rv. 210029).

3. Quanto all’affermazione di responsabilita’ per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, la Corte territoriale ha risposto correttamente alle censure mosse con gli atti di appello, dando pure conto delle risultanze processuali sulla base delle quali si e’ ritenuta provata la condotta concorsuale degli imputati, che hanno dolosamente “svuotato” la (OMISSIS) s.r.l. (pagg. 4 – 9 della sentenza).

A fronte di tale motivazione, logica e congrua, le deduzioni difensive circa la “onerosita’ degli atti di cessione” (aventi ad oggetto un ramo di azienda, nonche’ crediti verso clienti) si risolvono in argomentazioni di merito, precluse in questa sede.

Va giusto precisato che integra il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale la cessione di un ramo di azienda senza corrispettivo o con corrispettivo inferiore al valore reale; ne’ assume rilievo, al riguardo, il dettato dell’articolo 2560 c.c., comma 2, in ordine alla responsabilita’ dell’acquirente rispetto ai pregressi debiti dell’azienda, costituendo tale garanzia un “post factum” della gia’ consumata distrazione (Sez. 5, n. 34464 del 14/05/2018, Innocenti, Rv. 273644; Sez. 5, n. 17965 del 22/01/2013, Varacalli, Rv. 255501; si vedano anche Sez. 5, n. 24024 del 01/04/2015, Bellachioma, Rv. 263943; Sez. 5, n. 10778 del 10/01/2012, Petruzziello, Rv. 252008).

Altrettanto incontroverso e’ che integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale la cessione di crediti senza corrispettivo (si veda in materia Sez. 5, n. 28520 del 24/04/2013, Avesani e altro, Rv. 257250).

Peraltro, nessun travisamento si rileva sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio che avrebbe chiarito come le annotazioni contabili della (OMISSIS) s.r.l. non si riferissero a crediti ceduti a titolo gratuito, bensi’ a fatture da emettere in relazione a ricavi risultanti da esercizi precedenti, stornati in quanto non realizzabili.

La Corte territoriale, richiamando anche la sentenza di primo grado, chiarisce bene che la movimentazione del conto “fatture da emettere” per l’importo di 615.372,88 Euro, interamente cedute a valore zero mediante un’operazione di svalutazione, non ha trovato attendibile giustificazione nel mero errore commesso dal commercialista per non avere, invece, movimentato il conto “perdite su commesse”.

Ed era stato proprio il consulente tecnico di ufficio ad affermare, in considerazione dell’intero sviluppo fattuale e contabile della vicenda, che “dal punto di vista contabile la scrittura e’ differente, ma se ragioniamo sul senso di quanto e’ avvenuto l’effetto finale e’ che si tratta di veri e propri crediti” (pag. 7 della sentenza qui in esame).

D’altronde la societa’ (OMISSIS) amministrata da (OMISSIS) (figlio di (OMISSIS)) era stata costituita solo un mese prima della cessione gratuita del ramo di azienda e della contestuale cessione di crediti a valore zero.

E’ risultato quindi evidente ai giudici di merito l’intento fraudolento di entrambi gli imputati nelle operazioni di svuotamento della societa’ fallita poco piu’ di due anni dopo.

4. Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale nessun rilievo puo’ avere che dalle relazioni del curatore fallimentare non emerga la difficolta’ nel ricostruire il patrimonio della fallita.

Infatti, sussiste il suddetto reato non solo quando la ricostruzione del patrimonio si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficolta’ superabili solo con particolare diligenza (Sez. 5, n. 45174 del 22/05/2015, Faragona e altro, Rv. 265682; Sez. 5, n. 21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965).

5. In ordine al reato di cui alla L. Fall., articolo 220 sono manifestamente infondate le argomentazioni difensive.

Invero, il reato previsto dalla L. Fall., articolo 220 e articolo 16, comma 2, n. 3 sussiste qualora, entro il termine di tre giorni dalla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, il fallito non ottemperi all’ordine di deposito dei bilanci e delle scritture contabili contenuto nella stessa sentenza, dovendo escludersi che per la configurabilita’ del reato sia necessaria una espressa richiesta ovvero un invito al deposito da parte degli organi della procedura concorsuale.

Va peraltro ricordato che il suindicato reato concorre con quelli di bancarotta fraudolenta documentale, di cui alla L. Fall., articolo 216, comma 1, n. 2), e di bancarotta semplice documentale, di cui alla L. Fall., articolo 217, comma 2, nei casi – come quello in esame – in cui la condotta di bancarotta non consista nella sottrazione, distruzione ovvero nella mancata tenuta delle scritture contabili, ma nella tenuta irregolare o incompleta delle stesse ovvero in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari (Sez. 5, n. 49789 del 25/06/2013, Cinquepalmi e altro, Rv. 25782901).

5. Quanto alle attenuanti generiche, prive di senso sono le doglianze proposte nell’interesse di (OMISSIS), giacche’ questi ha ottenuto gia’ in primo grado le suddette attenuanti.

Le censure proposte nell’interesse di (OMISSIS), invece, sono manifestamente infondate.

V’e’ infatti congrua e logica motivazione nella sentenza di appello in ordine al diniego delle attenuanti generiche (pag. 11 della sentenza). Si tratta di valutazioni di merito, non sindacabili percio’ in sede di legittimita’.

Si deve, peraltro, in proposito ricordare che, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, non e’ necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma e’ sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; conformi: n. 459 del 1982 Rv. 151649; n. 10238 del 1988, Rv. 179476; n. 6200 del 1992, Rv. 191140; n. 707 del 1998, Rv. 209443; n. 2285 del 2005, Rv. 230691; n. 34364 del 2010, Rv. 248244).

5. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., si impone la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 2.000,00, cosi’ equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.