Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 31 maggio 2017, n. 13705

Nel sistema delineato dall’articolo 80 cit., infatti, il locatore, nel momento in cui viene a conoscenza del fatto che il conduttore ha adibito l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, ha tre mesi di tempo per chiedere la risoluzione del contratto; in difetto, al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile; e’ dunque l’inerzia del locatore, protrattasi per oltre tre mesi a fronte del mutamento della destinazione d’uso da parte del conduttore, ad integrare il fatto costitutivo del diritto all’indennita’  dato che tale inerzia si interpreta come implicito consenso al mutamento d’uso

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Cassazione Ordinanza 31 maggio 2017, n. 13705 Data udienza 15 febbraio 2017

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27195-2015 proposto da:

(OMISSIS) SNC in persona del socio amministratore e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6644/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/02/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Civitavecchia, la s.n.c. (OMISSIS), chiedendo che fosse convalidato lo sfratto per finita locazione in relazione ad un locale adibito a panificio per il quale avevano regolarmente comunicato la disdetta.

Si costitui’ in giudizio la societa’ convenuta, chiedendo il rigetto della domanda e proponendo domanda riconvenzionale affinche’ i due locatori fossero condannati al pagamento dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento ed al risarcimento dei danni consistenti nelle spese di ristrutturazione sopportate per la manutenzione ed il buon andamento del locale.

Il Tribunale accolse la domanda principale e rigetto’ le domande riconvenzionali, accerto’ che la scadenza del contratto era per la data indicata dagli attori (29 dicembre 2010), ordino’ alla societa’ convenuta il rilascio del bene per quella data e condanno’ la societa’ (OMISSIS) al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia e’ stata impugnata dalla societa’ (OMISSIS) e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 24 novembre 2014, ha rigettato il gravame, confermando la decisione del Tribunale e condannando l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che la domanda volta al riconoscimento dell’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale, proposta ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, articolo 80 era priva di fondamento, perche’ la societa’ conduttrice non aveva dimostrato ne’ la circostanza della vendita al pubblico ne’ il momento nel quale i locatori erano venuti a conoscenza di tale nuovo uso rispetto a quello pattuito. D’altra parte, la documentazione prodotta non era al riguardo conferente, posto che nella licenza per l’attivita’ di panificio non si faceva alcun riferimento alla vendita al pubblico, ne’ i locatori avevano mai riconosciuto siffatta circostanza.

Analogamente era da respingere il secondo motivo di appello, volto ad ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso di spese sostenute che sarebbero state di spettanza dei locatori. Nell’articolo 5 del contratto, infatti, era indicato che il conduttore aveva trovato i locali di suo gradimento, che ogni eventuale lavoro o innovazione sarebbe rimasta acquisita ai locatori senza alcun compenso o rimborso e che, comunque, i lavori di adattamento avrebbero dovuto essere approvati per iscritto dai locatori. L’esistenza di tale clausola impediva ogni diritto al rimborso, posto che non risultava che alcuna richiesta, rivolta i locatori, di eseguire lavori di manutenzione. Da cio’ conseguiva che correttamente il Tribunale aveva escluso ogni prova sul punto; la parte appellante, del resto, non aveva contestato la mancata ammissione e non aveva riproposto la questione nei motivi di appello.

Quanto, infine, alla spesa per l’installazione del forno, asseritamente sostenuta dalla parte conduttrice prima che il contratto avesse inizio, doveva ritenersi che tale spesa – mai richiesta nell’arco dei quindici anni di durata del rapporto – fosse stata sostenuta nell’ambito di trattative precontrattuali, con onere a carico della societa’ conduttrice.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma propone ricorso la s.n.c. (OMISSIS) con atto affidato a due motivi.

Resistono (OMISSIS) e (OMISSIS) con un unico controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 167 e 416 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello ritenuto non dimostrato lo svolgimento dell’attivita’ di vendita al pubblico benche’ i locatori non avessero mai contestato tale circostanza.

Richiamati gli insegnamenti della giurisprudenza sul principio di non contestazione, la societa’ ricorrente osserva che l’indennita’ per la perdita dell’avviamento avrebbe dovuto essere riconosciuta ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 80. Tale domanda fu formulata dalla societa’ conduttrice nella comparsa di risposta e il difensore dei locatori, nella prima difesa utile successiva, cioe’ nel verbale del 14 aprile 2009, dichiaro’ di non opporsi alla domanda stessa. Nella successiva memoria del 16 ottobre 2009 la richiesta fu meglio specificata e, analogamente, nessuna opposizione venne da parte dei locatori, neppure in comparsa conclusionale. Cio’ comporta che, in applicazione del principio di non contestazione, la domanda avrebbe dovuto essere accolta.

1.1. Il motivo e’ fondato.

1.2. Occorre innanzitutto osservare che il tipo di censura proposta impone a questa Corte di accedere agli atti di causa al fine di valutare se ed in quali modi sia stata formulata la domanda di riconoscimento dell’indennita’ di avviamento ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 80 e se si possa o meno ritenere che la linea difensiva dei locatori si sia presentata nei termini di una non contestazione rilevante a fini processuali. D’altra parte, dando per pacifica l’ormai consolidata giurisprudenza in ordine a tale principio, a partire dalla nota sentenza 23 gennaio 2002, n. 761, delle Sezioni Unite di questa Corte, decidere se sia prospettabile la non contestazione e’ fondamentale ai fini del riconoscimento della richiesta indennita’. Nel sistema delineato dall’articolo 80 cit., infatti, il locatore, nel momento in cui viene a conoscenza del fatto che il conduttore ha adibito l’immobile ad un uso diverso da quello pattuito, ha tre mesi di tempo per chiedere la risoluzione del contratto; in difetto, “al contratto si applica il regime giuridico corrispondente all’uso effettivo dell’immobile”; e’ dunque l’inerzia del locatore, protrattasi per oltre tre mesi a fronte del mutamento della destinazione d’uso da parte del conduttore, ad integrare il fatto costitutivo del diritto all’indennita’ (v. sul punto la sentenza 9 agosto 2007, n. 17494), dato che tale inerzia si interpreta come implicito consenso al mutamento d’uso (sentenza 19 gennaio 2010, n. 699).

Ora la sentenza impugnata, con un’affermazione non contestata nel ricorso, ha osservato che era mancata la prova del momento in cui il presunto mutamento di destinazione era stato portato a conoscenza dei locatori. Questa Corte, d’altra parte, ha gia’ affermato che, qualora sia contrattualmente stabilita una destinazione dell’immobile locato ad attivita’ che non comportino il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, al conduttore che invochi il diritto all’indennita’ per la perdita dell’avviamento commerciale non e’ sufficiente dimostrare che, nonostante il tenore delle clausole contrattuali, nell’immobile e’ stata svolta un’attivita’ comportante detto contatto, essendo anche necessario che egli provi che sia decorso il termine di tre mesi dalla data in cui il locatore ha avuto conoscenza dell’uso pattuito, ai sensi del citato articolo 80 (cosi’ la sentenza 2 ottobre 1998, n. 9789).

Consegue da tali premesse che nel caso in esame e’ solo l’eventuale non contestazione, intesa come comportamento processualmente rilevante, a poter fondare il riconoscimento del diritto del conduttore alla contestata indennita’.

1.3. Nel motivo di ricorso la societa’ ricorrente sostiene che la domanda volta al riconoscimento dell’indennita’ era stata avanzata gia’ nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado; tale circostanza, pero’, non e’ esatta, perche’ in quella prima difesa la societa’ (OMISSIS) si limito’ a chiedere genericamente il diritto all’indennita’ di avviamento ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 34. E’, invece, nella successiva memoria del 16 ottobre 2009 (il ricorso contiene, al riguardo, un evidente lapsus calami, perche’ parla del 16 ottobre 1989) che la societa’ (OMISSIS) formulo’ domanda ai sensi dell’articolo 80 cit., invocando a sostegno la licenza della Camera di commercio di Roma del 15 giugno 1993 ed il carattere asseritamente acquisito del cambio di destinazione; puo’ dunque affermarsi che la domanda fu tempestivamente formulata.

E’ poi da tenere presente che questa domanda della societa’ (OMISSIS) fu rigettata in primo grado e poi riproposta con l’atto di appello. Ora, da un lato viene riportato nell’odierno ricorso che i proprietari non si opposero in alcun modo alla domanda, dichiarando di rimettersi a quanto stabilito dalle leggi vigenti; dall’altro, la stessa comparsa di risposta degli (OMISSIS) in grado di appello riconosce (v. p. 3) che effettivamente vi fu, su questo punto, la dichiarazione di non opposizione da parte dei locatori (all’udienza del 14 aprile 2009 tenutasi nel giudizio di primo grado), anche se gli appellanti negarono che da cio’ potesse derivare il riconoscimento del diritto fatto valere dalla societa’ (OMISSIS).

Questi essendo gli atti richiamati, ritiene la Corte che la causa vada rimessa al Giudice di appello affinche’ valuti se l’espressione suindicata (non opposizione), unitamente al desiderio di rimettersi alle leggi vigenti possano o meno essere intesi, effettivamente, come non contestazione rilevante ai fini processuali, cosi’ da rendere privo di significato il difetto di prova circa il momento in cui il cambio di destinazione venne realmente a conoscenza dei proprietari.

Da cio’ consegue che il primo motivo di ricorso va accolto, con cassazione della pronuncia in relazione e rinvio al Giudice di merito affinche’ provveda ad una diversa decisione, alla luce dei criteri qui indicati.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, cui ha fatto seguito il rigetto della domanda di restituzione delle spese anticipate dalla conduttrice.

La societa’ ricorrente osserva che i locatori, allo scopo di mettersi al riparo da eventuali pretese economiche del conduttore, costrinsero il legale rappresentante della societa’ conduttrice a firmare, in data 27 novembre 1992, un atto di ricevuta della somma di lire 30 milioni a tacitazione di tutti i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione. La falsita’ di quel documento sarebbe risultata dagli atti di un separato processo penale a carico del (OMISSIS), poi assolto, nel quale (OMISSIS) avrebbe ammesso di non aver versato detta somma. Vi sarebbe, quindi, una prima omissione di valutazione di un fatto decisivo, cioe’ che il presunto versamento di 30 milioni di lire non era avvenuto. La sentenza impugnata, poi, avrebbe fatto confusione tra le spese sostenute prima che il contratto avesse inizio e quelle sostenute durante il medesimo. La pattuizione contrattuale ricordata dalla Corte d’appello, infatti, riguarderebbe soltanto il futuro del rapporto di locazione, iniziato il 19 dicembre 1992, mentre per il periodo precedente doveva valere la contestata scrittura di riconoscimento. In definitiva, la sentenza avrebbe dovuto condannare i locatori a restituire alla societa’ (OMISSIS) la somma di lire 30 milioni (Euro 15.493), sborsata da quest’ultima e non dai primi. Quanto, invece, alle spese sostenute nel corso del contratto, il motivo in esame sostiene che la clausola richiamata in sentenza non potrebbe valere per i lavori eseguiti su ordine dell’autorita’ amministrativa, o comunque necessari per mantenere la funzionalita’ del locale. Richiamando un carteggio intercorso tra le parti, la societa’ ricorrente lamenta di aver dovuto sostenere spese di rifacimento dell’impianto elettrico e spese per la costruzione di un muro divisorio, lavori sollecitati dalla P.A. e connotati dall’urgenza, che erano comunque a carico dei locatori.

2. Il motivo, quando non inammissibile, e’ comunque privo di fondamento.

Anche senza considerare che il ricorso non da’ conto in modo compiuto del se e del come tutto il materiale probatorio ivi richiamato sia stato posto all’esame del giudice di merito, e’ evidente che quanto risulta dagli atti del processo penale a carico del (OMISSIS) sarebbe stato comunque soggetto a libera valutazione da parte del giudice civile, non essendo neppure ipotizzabile un giudicato vincolante per le parti. Ma, anche trascurando tutto cio’, appare decisiva la circostanza per cui la Corte di merito ha letto ed interpretato l’articolo 5 del contratto ed e’ pervenuta alla conclusione secondo cui la societa’ affittuaria non aveva diritto a percepire alcun rimborso per i lavori svolti, anche perche’ ogni modifica o miglioria avrebbe dovuto essere sottoposta alla preventiva approvazione dei proprietari, approvazione che non risultava essere stata richiesta. Quanto, poi, alla spesa per l’installazione del forno, resta insuperabile la valutazione della sentenza impugnata, secondo cui quella spesa si presumeva effettuata prima che il contratto avesse inizio, con conseguente impossibilita’ di riconoscere il diritto al rimborso.

E’ evidente, quindi, che il motivo in esame si risolve nell’indebito tentativo di sollecitare questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.

3. In conclusione, e’ accolto il primo motivo di ricorso, mentre e’ rigettato il secondo.

La sentenza impugnata e’ cassata in relazione e il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, affinche’ si pronunci sul diritto all’indennita’ di avviamento cosi’ come indicato ai punti 1.2. e 1.3. della presente motivazione.

Al Giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione personale, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

Motivazione semplificata.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.