Nel caso di risoluzione di diritto del contratto di assicurazione ai sensi dell’art. 1901 c.c., comma 3, il periodo di assicurazione in corso – relativamente al quale è dovuto il pagamento del premio, nonostante la risoluzione del contratto – è solo il periodo che sarebbe stato coperto dalla garanzia assicurativa, se il premio o la rata di premio non assolti fossero stati pagati.

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Tribunale Nuoro, civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 183

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI NUORO

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Federica Meloni, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di II grado iscritta al n. r.g. 1627/2015 promossa da:

(…) (c.f. (…)), con il patrocinio dell’avv. CA.SA., domiciliato presso il difensore con indirizzo telematico

– parte appellante –

nei confronti di:

(…) N. 2244, con il patrocinio dell’avv. MA.PA., domiciliata presso il difensore con indirizzo telematico

– parte appellata –

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Per quanto riguarda il completo svolgimento del processo, ai sensi del vigente art. 132 c.p.c., si fa rinvio agli atti delle parti e al verbale di causa.

Con atto di citazione in appello G.U. conveniva in giudizio (…) S.p.A., A.N. n. 2244, impugnando la sentenza del Giudice di Pace di Nuoro n. 465 del 2015, con la quale il giudice di primo grado aveva confermato il decreto ingiuntivo n. 28 del 2014 e condannato l’odierna appellante alle spese di lite.

In particolare, G.U. esponeva che in data 5 marzo 2014 (…) le aveva notificato un decreto ingiuntivo per il pagamento in proprio favore della somma di Euro 468,00 di cui Euro 234,00 quale premio semestrale scaduto in data 2 maggio 2013 ed Euro 234,00 quale premio semestrale scaduto in data 2 novembre 2013, riferiti entrambi alla polizza di assicurazione “difesa più – ramo commercio” numero (…) sottoscritta dalle le parti il 2 maggio 2012 a Nuoro; lamentava dunque che il Giudice di Pace non avesse considerato decaduta la compagnia assicurativa dal diritto di pretendere i premi assicurativi in virtù di quanto disposto dall’articolo 1901 del codice civile. Chiedeva infine la condanna della controparte ex art. 96 c.p.c.

Si costituiva in giudizio (…) S.p.A., la quale contestava tutto quanto ex adverso dedotto in quanto infondato in fatto è in diritto. In particolare lamentava l’inammissibilità dell’appello in quanto proposto in violazione dell’articolo 342 c.p.c., il quale prevedeva che la motivazione dell’appello dovesse contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle parti del provvedimento che si intendevano appellare e delle modifiche che si richiedevano alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado.

Lamentava inoltre che la domanda ex articolo 96 c.p.c. fosse stata proposta per la prima volta in sede di atto di citazione in appello e fosse inammissibile in quanto domanda nuova. In via incidentale, considerato che la sentenza impugnata non aveva tenuto in considerazione la domanda della compagnia assicurativa di risarcimento dei danni ex articolo 96 c.p.c. sollevata nella fase monitoria, reiterava la stessa.

All’udienza del 31 gennaio 2019 le parti precisavano le conclusioni e il giudice tratteneva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente osservato che l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. non può trovare accoglimento, in quanto, alla luce della sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 27199 del 16.11.2017: “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.

Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado”.

A tali requisiti risponde il gravame come sopra riassunto: è chiaro infatti che l’appellante ha censurato l’impugnata sentenza, contestando l’iter argomentativo seguito dal primo Giudice, richiedendone l’integrale riforma e svolgendo le proprie deduzioni dirette a confutare e contrastare le ragioni addotte dallo stesso Giudicante a sostegno della contestata sentenza, instando per l’accoglimento delle conclusioni già rassegnate in primo grado.

Pertanto, deve ritenersi l’ammissibilità del gravame, risultando sufficientemente individuati sia l’oggetto delle censure, sia le circostanze che, a dire dell’appellante, comportavano la violazione di legge, inerenti all’interpretazione dell’art. 1901 c.c. operata dal Giudice di Pace di Nuoro.

Nel merito l’appello va accolto nei termini che seguono.

In tema di contratto di assicurazione, l’art. 1901 c.c., rubricato “mancato pagamento del premio”, dispone che “se il contraente non paga il premio o la prima rata di premio stabilita dal contratto, l’assicurazione resta sospesa fino alle ore ventiquattro del giorno in cui il contraente paga quanto è da lui dovuto.

Se alle scadenze convenute il contraente non paga i premi successivi, l’assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza.

Nelle ipotesi previste dai due commi precedenti il contratto è risoluto di diritto se l’assicuratore, nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio o la rata sono scaduti, non agisce per la riscossione; l’assicuratore ha diritto soltanto al pagamento del premio relativo al periodo di assicurazione in corso, e al rimborso delle spese. La presente norma non si applica alle assicurazioni sulla vita”.

E’ dunque evidente che la norma prevede la risoluzione di diritto nel caso in cui la compagnia assicurativa non agisca per la riscossione del premio nel termine di sei mesi dal giorno in cui il premio è scaduto. Ora, considerato che la prima rata scadeva in data 2 maggio 2013, (…) avrebbe dovuto agire entro il 2 novembre 2013; non avendolo fatto, il contratto deve essere considerato risolto.

Si precisa che la compagnia assicurativa avrebbe evitato la risoluzione del contratto se, entro il suddetto termine semestrale, avesse agito per la riscossione. Non si ritiene invece sufficiente a tal fine una semplice dichiarazione stragiudiziale (quali le diffide prodotte dalla odierna appellata): è necessaria, secondo la giurisprudenza, la notifica, nei sei mesi, di un atto di citazione o di un decreto ingiuntivo (Cass. n. 8367/1995).

In ogni caso, l’art. 1901, comma 3, c.c. attribuisce all’assicuratore il diritto al premio per il periodo di assicurazione in corso. Tale norma costituisce una deroga ai principi di cui all’art. 1458 c.c. e riconosce all’assicuratore il diritto di ottenere il pagamento (solamente) della rata non assolta che ha portato alla risoluzione del contratto.

Non vi è, dunque, alcuna decadenza dal diritto ad incassare il premio arretrato che ha portato alla risoluzione del contratto. In particolare, la giurisprudenza ha evidenziato che l’assicuratore, nonostante la risoluzione, potrà agire per la riscossione del suddetto premio entro il termine di prescrizione di un anno previsto dall’art. 2952 c.c. (Cass. n. 6212/1985: “l’assicuratore, il quale non agisca per la riscossione del premio relativo al periodo in corso nel termine di sei mesi dal giorno della scadenza, resta soggetto, a norma dell’art. 1901 c.c., alla risoluzione ope legis del contratto, ma non perde il diritto al pagamento del premio stesso, che può essere fatto valere nel termine di prescrizione all’uopo fissato (art. 2952 c.c.)”.

Tale principio è stato più recentemente ribadito e precisato dalla Cassazione, con la nota sentenza n. 23264 del 18.11.2010:

“Nel caso di risoluzione di diritto del contratto di assicurazione ai sensi dell’art. 1901 c.c., comma 3, il periodo di assicurazione in corso – relativamente al quale è dovuto il pagamento del premio, nonostante la risoluzione del contratto – è solo il periodo che sarebbe stato coperto dalla garanzia assicurativa, se il premio o la rata di premio non assolti fossero stati pagati”.

In tale occasione la Corte ha chiarito sin dove si estenda il diritto dell’assicuratore di ottenere il pagamento dei premi una volta intervenuta la risoluzione del contratto ex art. 1901 c.c.

Considerato che, ai sensi dell’art. 1458 c.c., la risoluzione del contratto ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica (quale il contratto di assicurazione), riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite, la Corte ha evidenziato che se si applicasse l’art. 1458 c.c. al contratto d’assicurazione la norma di cui all’art. 1901, c. 3 c.c. non avrebbe alcun effetto.

L’art. 1901, c. 3 c.c. deve dunque essere intesto quale deroga, in materia assicurativa, ai principi di cui all’art. 1458 c.c., laddove attribuisce all’assicuratore qualcosa di più rispetto alla rigorosa applicazione dei principi sulla retroattività degli effetti della risoluzione nei contratti di durata.

In particolare, secondo la corretta interpretazione dell’art. 1901 c.c., l’assicurato è tenuto ad eseguire la prestazione, nonostante l’intervenuta risoluzione del contratto e la mancanza della prestazione corrispettiva, ma limitatamente al periodo che sarebbe stato coperto dalla garanzia assicurativa qualora fosse stata corrisposta la singola rata del premio non assolta e che ha portato alla risoluzione.

La Corte, con un’eccellente motivazione alla quale si aderisce e si fa rinvio, trova una giustificazione economica per tale deroga, in particolare, in virtù delle peculiarità e del funzionamento dei contratti di assicurazione, nei quali il calcolo dei rischi e dei costi, e dunque la determinazione dell’entità dei premi, avvengono anteriormente alla conclusione dei contratti, prima ancora di sapere se l’assicurato si renderà o meno inadempiente, e tendenzialmente in previsione del fatto che i rapporti verranno correttamente eseguiti: si tratta di un delicato equilibrio economico, compromesso dall’assicurato con il proprio inadempimento.

Ma ciò vale limitatamente al periodo a cui si riferisce la singola rata: infatti, “per il tempo successivo l’assicuratore, acquisita conoscenza dell’inadempimento, si trova in grado di compiere consapevolmente le sue scelte, attivandosi per esigere i premi o lasciando che il contratto si risolva di diritto. Qualora opti per la seconda soluzione, costituirebbe soluzione abnorme e sperequata il consentirgli di protrarre ciò nonostante gli effetti contrattuali esclusivamente in suo favore, e così consentirgli di continuare ad esigere il premio, pur restando esonerato dall’obbligo di prestare la garanzia”.

Pertanto, qualora l’assicuratore, nel termine semestrale, non si attivi per esigere i premi e lasci che il contratto si risolva di diritto, non saranno dovuti i premi maturati successivamente, poiché, diversamente opinando, si perverrebbe ad una soluzione abnorme e sperequata, che consentirebbe all’assicuratore di protrarre gli effetti contrattuali esclusivamente a suo favore, tanto da consentirgli di continuare ad esigere i premi assicurativi successivi alla risoluzione ope legis del contratto, pur restando esonerato dall’obbligo di prestare la garanzia assicurativa negozialmente pattuita (cfr. Cass. n. 16830/2003; Cass. n. 494/2007; Cass. n. 18525/2007).

Inoltre, l’avvenuta verificazione della risoluzione, quale fatto impeditivo del diritto dell’assicuratore alla corresponsione dei premi per i detti periodi successivi, costituisce un fatto integratore di un’eccezione in senso lato e, conseguentemente, può essere rilevata d’ufficio dal giudice (Cass. civ. Sez. III, 12/01/2007, n. 494: “qualora l’assicuratore lasci trascorrere il termine di sei mesi dalla scadenza del premio o della rata di premio ed agisca successivamente per il pagamento non solo del premio relativo al periodo assicurativo in corso al momento del decorso di quel termine e, quindi, della risoluzione di diritto del contratto ai sensi ma anche di premi dovuti per periodi successivi, l’avvenuta verificazione della risoluzione, quale fatto impeditivo del diritto dell’assicuratore alla corresponsione dei premi per i detti periodi successivi, costituisce un fatto integratore di un’eccezione in senso lato e, conseguentemente, può essere rilevata d’ufficio dal giudice”).

Sulla base di tali principi, si deve affermare che la compagnia assicurativa ha dunque diritto al pagamento del premio semestrale scaduto in data 2 maggio 2013, pari ad Euro 234,00, non essendo intervenuta la prescrizione grazie agli atti interruttivi da ella posti in essere, ma non al pagamento del premio semestrale scaduto in data 2 novembre 2013.

Infine si deve rilevare come l’e-mail depositata dall’appellata all’udienza del 23 maggio 2017 non costituisca un riconoscimento del debito nascente dal contratto di assicurazione, laddove piuttosto l’odierna appellante si limita ad eseguire la sentenza di primo grado, immediatamente esecutiva.

Relativamente alla domanda ex articolo 96 c.p.c. proposta dall’appellante, si rileva come la stessa non costituisca domanda nuova, essendo stata formulata nel giudizio di primo grado nell’udienza del 4 marzo 2013; in ogni caso non si tratta di una domanda soggetta a decadenza.

Invero, tale domanda è stata proposta da entrambe le parti. Si osserva come in entrambi i casi difetti il requisito della mala fede o della colpa grave richiesta dalla norma in parola; infatti non si ravvisano in causa elementi, anche secondo le prospettazioni delle parti, in specie del tutto carenti, idonei a ravvisare la coscienza e volontà della controparte di servirsi del processo per conseguire fini estranei ai suoi fini istituzionali.

Stante la soccombenza reciproca delle parti, le spese di lite vengono compensate per l’intero in entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, riformando la sentenza del Giudice di Pace di Nuoro n. 465 del 2015, così provvede:

1) Revoca il decreto ingiuntivo opposto n. 28 del 2014;

2) Condanna G.U. al pagamento in favore di (…) S.p.A. di Euro 234,00, oltre interessi come regolati in primo grado;

3) Compensa le spese di lite relative al primo grado di giudizio;

4) Compensa le spese di lite relative al secondo grado di giudizio.

Così deciso in Nuoro il 25 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.