Nel caso di appalto con corrispettivo determinato globalmente e variante ordinata dal committente, il presupposto per il diritto dell’appaltatore ad un supplemento di remunerazione ricorre quando è accertata un’eccedenza non già tra il prezzo pattuito, bensì tra il costo iniziale dell’opera come da progetto e quello finale della stessa.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte d’Appello Trento, civile Sentenza 20 aprile 2019, n. 48

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Trento

Sezione Distaccata di Bolzano

Sezione civile

riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Signor Magistrati:

dott. Elisabeth Roilo – Presidente

dott. Tullio Joppi – Consigliere estensore

dott. Thomas Weissteiner – Consigliere

ha pronunciato seguente

SENTENZA

nella causa civile di II grado iscritta sub n. 203/2017 R.G. promossa

da

(…) spa., c.f. (…), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione (…), con sede in 39100 B., Via T. (…) E. 14, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gerhard Brandstätter e Walter Greifenegg, giusta delega in calce all’atto di citazione in appello e con domicilio eletto presso il di loro Studio in Bolzano, Via Dr. Streiter 12

– appellante –

contro

(…), p.i. (…), in persona del Presidente Ing. (…), con sede in C., Via P. n. 2, rappresentato e difeso, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione dagli Avv.ti Ca.Br. di Como e inizialmente dall’avv. Gi.To. di Bolzano, successivamente, dal 18.12.2018 dall’avv. Ma.La. presso lo studio del quale in Bolzano, Corso (?), si elegge domicilio

– appellato –

Oggetto: appello avverso ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. del Tribunale di Bolzano di data 09.08.2017 – appalto di opere pubbliche –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con contratto d’appalto pubblico nr. 116 d.d. 17.6.2004 (…) s.p.a., in qualità di capogruppo di un'(…), si è obbligata nei confronti dell’Ente Comunità Montana Lario Intelvese alla costruzione di un impianto di depurazione intercomunale in località (…) nel comune di Colonno sul lago di Como.

Con contratto d.d. 2.9.2004 (…) s.p.a. ha subappaltato a (…) la realizzazione dei collettori e delle opere sublacuali a servizio del depuratore verso un corrispettivo forfettario.

Con atto di citazione notificato il 31.10.2013 (…) ha convenuto (…) davanti al Tribunale di Bolzano chiedendone la condanna al pagamento di Euro 1.554.438,93 oltre Iva.

Ha preteso la somma a saldo del prezzo contrattuale dell’appalto, a remunerazione di eseguite opere extracontratto e a indennizzo dei maggiori oneri causati dalla abnorme protrazione dei lavori imputata a controparte, nonché a indennizzo di oneri per la sicurezza.

Si è costituita (…) riconoscendo la pretesa attorea limitatamente alla richiesta di saldo del prezzo del subappalto (ritenute in garanzia), peraltro parzialmente estinta da propri controcrediti opposti in compensazione.

La causa è stata istruita con l’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e l’espletamento di CTU, all’esito della quale, su richiesta dell’attrice, l’adito Tribunale di Bolzano, con ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. d.d. 9.8.2017, ha condannato la convenuta al pagamento degli importi rispettivamente di Euro 474.333,42 ed Euro 17.284,21 oltre accessori, gravandola delle spese del grado.

Acquisita l’efficacia di sentenza, l’ordinanza è stata impugnata da (…) con atto di citazione in appello d.d. 23.10.2017.

Si è costituita (…) chiedendo il rigetto dell’appello principale e svolgendo a propria volta appello incidentale.

Senza alcuna attività istruttoria la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 19.12.2018 con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Prima di decidere i contrapposti motivi d’impugnazione formulati dalle parti conviene definire due questioni che sono, per così dire, trasversali a molti di essi.

La prima attiene alla c.d. “responsabilità paritaria” tra (sub)committente e (sub)appaltatore.

Essa è stata affermata dal CTU e recepita dal primo giudice quale criterio per ripartire tra le parti molti degli oneri economici aggiuntivi generati dalla necessità di rimediare ai vizi costruttivi dell’opera causati dalle carenze progettuali e dalle omesse indagini geologiche sui luoghi di esecuzione dei lavori.

L’enunciazione di tale criterio muove dal seguente assunto.

La committente è responsabile per le carenze riscontrate nella progettazione esecutiva dell’opera da lei stessa curata e per le omesse o tardive indagini geologiche.

All’appaltatore, invece, è imputabile la scorretta implementazione cantieristica della ridetta progettazione.

Questa conclusione non è condivisibile perché contraddice l’obbligo dell’appaltatore di realizzare l’opera in modo che sia tecnicamente idonea a soddisfare le esigenze del committente risultanti dal contratto.

Conseguente a tale obbligo è, infatti, il dovere dell’appaltatore di rendere edotto il committente medesimo di eventuali obiettive situazioni o carenze progettuali, rilevate o rilevabili con la normale diligenza, ostative all’utilizzazione dell’opera ai fini pattuiti.

L’affermazione di tale principio è ormai costante e ribadita anche per l’eventualità che il progetto sia stato compilato dallo stesso committente.

La S.C. ha ad es. affermato (C. n. 28812/2013) “in materia di appalto, rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, di cui costituisce parte integrante – ai sensi del D.M. 11 marzo 1988, che disciplina i progetti relativi a gallerie e manufatti sotterranei – la relazione contenente i risultati delle indagini geologiche fondanti la scelta dell’ubicazione e del tracciato dell’opera e la previsione dei metodi di scavo, sicché permane in sede esecutiva l’obbligo dell’appaltatore di segnalare al committente le inesattezze delle informazioni risultanti dalla relazione geologica, al fine di promuovere le modifiche progettuali necessarie per la buona riuscita dell’opera” (cfr. a titolo esemplificativo anche C. 12995/2006 o C. n. 1981/2016).

A fronte di carenze progettuali o informazioni geologiche mancanti o lacunose, a propria esimente l’appaltatore può, dunque, allegare e dimostrare o che esse non erano riconoscibili, nemmeno con l’ordinaria diligenza professionale da lui esigibile, ovvero che esse sono state riconosciute e segnalate al committente, il quale nondimeno ha preteso di dare comunque esecuzione al progetto.

Va dato atto che nessuna delle due esimenti è stata neppure tematizzata nel caso di specie dal subappaltatore (…).

2. La seconda questione preliminare afferisce all’eccezione sollevata da (…) circa l’inammissibilità dei motivi di appello incidentale con i quali (…) critica il recepimento nel provvedimento impugnato degli esiti dell’indagine peritale disposta d’ufficio per quanto a lei sfavorevoli.

Secondo (…), le ragioni di critica avversarie sarebbero precluse per difetto d’interesse ad impugnare.

Ciò deriverebbe dal fatto che, con la richiesta di emissione di ordinanza ex art. 186 quater c.p.c., formulata subito dopo il deposito della relazione di consulenza tecnica, (…) avrebbe implicitamente accettato tutte le risultanze peritali, anche quelle a sé sfavorevoli, con conseguente impossibilità di revocarne in dubbio la correttezza.

Senonché la norma di cui all’articolo cit. prevede che il giudice istruttore emetta l’ordinanza di pagamento una volta esaurita l’istruzione e nei limiti in cui ritiene raggiunta la prova del credito.

Non si vede allora perché, soprattutto a fronte dell’impugnazione eventualmente interposta dalla parte ingiunta, il creditore che ha chiesto ed ottenuto il provvedimento impugnato non possa avere, a propria volta, interesse alla corretta liquidazione del proprio credito e, dunque, alla correzione degli errori, in tesi, commessi dal giudice nell’apprezzamento dell’intero materiale istruttorio disponibile (nel caso di specie oltre alla relazione di CTU le acquisite prove documentali).

L’eccezione va pertanto disattesa.

3. È possibile ora trattare i motivi d’impugnazione principale ed incidentale.

Con il proprio primo mezzo (…) si duole perché non le sono stati riconosciuti gli oneri, pari ad Euro 85.000,00, oltre Iva, da lei sostenuti per la bonifica dell’area di cantiere dagli ordigni bellici e da lei opposti in compensazione al credito avversario per il saldo contrattuale.

Sul punto si osserva quanto segue.

È documentato che con il capitolato speciale d’appalto (art. 42 lett. c)) (…) si è obbligata in proprio nei confronti dell’ente pubblico committente ad eseguire la ridetta bonifica.

È certo, quindi, che prima di concludere il subappalto con (…), (…) ben sapeva di dover sopportare questi esborsi.

Nondimeno, a differenza di altri oneri addebitati alla subappaltatrice, essa non ha ritenuto di menzionarli e regolarli espressamente con tale (sub)contratto.

Il titolo giustificativo della sua pretesa sarebbe comunque dato, secondo (…), dalla clausola 11.1 del subappalto che ha il seguente letterale tenore.

“In aggiunta a quanto previsto dalle condizioni generali … rimane espressamente inteso che qualora i documenti contrattuali, ovvero notazioni agli stessi stipulati successivamente, pongano a carico dell’impresa ulteriori obblighi, oneri, responsabilità ed alee a qualsiasi ragione, tali obblighi … devono ritenersi parimenti a carico dell’esecutrice”.

L’interpretazione secondo buona fede (art. 1366 c.c.) della clausola deve avvenire valorizzando la locuzione “ulteriori obblighi”.

Essa induce a ritenere che lo specifico patto sia stato assunto per regolare la ripartizione di quegli oneri economici non ancora negoziati perché la loro esistenza ed entità non erano perfettamente note alle parti quando hanno concluso il subappalto.

Scorretto sarebbe, invece, intendere questa previsione contrattuale nel senso di ritenere (…) esposta all’arbitrio di (…), legittimata ad addebitare alla controparte, unilateralmente ed indistintamente, qualsiasi costo collaterale all’esecuzione dell’opera, compresi quelli di cui essa era anticipatamente edotta e che, per inspiegata ragione, non ha ritenuto di menzionare e regolare espressamente nell’accordo.

Il primo motivo d’impugnazione va disatteso.

4. Con il secondo mezzo (…) si duole perché il CTU ed il primo giudice hanno ammesso a compensazione con il saldo contrattuale spettante a (…) solo il 50% delle spese da lei sostenute per il ripristino della condotta sublacuale affiorata in superficie in corso d’opera

L’assunta statuizione è stata argomentata sulla base del menzionato criterio d’imputazione del danno, quello, cioè, della c.d. “responsabilità paritaria”.

Esso non è condivisibile per le ragioni sopra spiegate al punto 1 della motivazione.

Occorre, peraltro, osservare come (…) declini ogni propria responsabilità in proposito deducendo che l’affioramento della condotta posata sarebbe in diretta consecuzione causale con l’attività di (…) che, nel realizzare una piazzola di lavoro a supporto dei mezzi utilizzati nell’esecuzione delle opere a terra, avrebbe reso instabile il versante subacqueo del lago.

Sennonché proprio (…) cita il seguente estratto dalla relazione d.d. 8.6.2005 del prof. ing. S.P. (doc. 89 del suo fascicolo di parte): “già in fase di costruzione della piazzola si è evidenziata una scarsa stabilità del fondale, dimostratosi piuttosto cedevole sotto l’azione dei mezzi meccanici”.

Ne deriva che la realizzazione della piazzola non è stata la causa dell’instabilità del versante subacqueo del lago.

Essa è stata piuttosto l’occasione in cui ci si è accorti di questa particolare caratteristica geologica del luogo dove doveva essere posata la condotta.

È, quindi, interamente ascrivibile alla negligenza professionale di (…) non aver anticipatamente riconosciuto questa situazione oggettiva che impediva la buona riuscita dell’opera affidatale.

Inoltre, sempre secondo (…), il cedimento degli ancoraggi della condotta sarebbe imputabile alla decisione di (…) di variare il progetto originario.

Essa, cioè, si sarebbe risolta a non realizzare una stazione di pompaggio coma da progetto, “con la conseguenza che la condotta realizzata per operare piena di liquami e di piccolo diametro (traslocazione dei reflui alla stazione di pompaggio) e quindi a peso e spinta zero in acqua venne in realtà posta in esercizio con diametro superiore e vuota, con massima sollecitazione degli ancoraggi”.

Sennonché il ridetto dovere professionale di controllo dell’appaltatore, finalizzato alla regolare e puntuale esecuzione dell’opera, si estende a tutte le possibili ingerenze del committente nel corso dei lavori.

(…), pertanto, non può invocare a propria esimente la variazione di progetto apportata da (…), perché, anche rispetto ad essa, avrebbe dovuto svolgere ogni tipo di verifica di fattibiltà.

(…) contesta, infine, che (…) non avrebbe documentato l’esborso in favore di G. per le opere di ancoraggio della condotta.

Vale in proposito osservare come la contestazione, nei termini in cui è formulata, si riferisca appunto all’esborso, dunque, al pagamento.

Non si estende, invece, all’esistenza dell’obbligazione di (…) di remunerare la prestazione resa da G..

Ciò posto, occorre osservare come in sede di conferimento dell’incarico al CTU sia stato dato mandato “… di valutare la congruità delle somme opposte in compensazione dalla convenuta, qualora non siano da ritenersi riconosciute per effetto di mancata specifica contestazione”.

Poiché il CTU nella sua relazione di consulenza, oltre ad ammettere la necessità delle opere di ripristino, ha condiviso la quotazione dei relativi oneri esattamente come esposta da (…), deve concludersi che egli abbia ritenuto congruo il costo della prestazione resa da G..

A prescindere, dunque, dalla prova che (…) abbia già eseguito il pagamento in favore di G., è certo che su di lei grava il conseguente onere economico, con il diritto, tuttavia, di riversarlo sulla parte inadempiente (…).

In definitiva, quindi, il motivo d’impugnazione va interamente accolto.

5. Con il terzo mezzo (…) si duole perché le è stato addebitato al 50% il costo delle opere di rifacimento di 21 allacci (scarichi a lago) collassati che erano funzionali allo scarico delle acque reflue di terra nel collettore di lago.

Specularmente, in via incidentale, anche (…) ha chiesto di essere assolta da qualsiasi addebito di responsabilità per l’occorso.

Gli allacci “collassarono per deformazione circonferenziale per l’effetto depressorio nel collettore principale a causa dell’insufficiente spessore dei tubi PN 6 che (…) aveva dato indicazioni di utilizzare” (p. 33 della relazione di CTU).

Anche in questo caso l’origine del vizio costruttivo va individuata, secondo gli esiti dell’indagine peritale, nell’errata previsione progettuale e nella conseguente errata esecuzione dei manufatti.

Aggiuntivamente, con riguardo allo specifico difetto, (…) deduce che l’insufficienza dello spessore della condotta poteva essere nota solo ad (…) “in quanto unico soggetto a conoscenza delle complessive condizioni di esercizio della condotta una volta attivato l’impianto si terra (a maggior ragione, in sede di mera simulazione del funzionamento, anteriormente al completamento delle opere)”.

L’allegazione non opera a discarico della responsabilità di (…) ma rappresenta, invece, l’esplicita ammissione della sua negligenza professionale.

(…) ha con ciò, infatti, riconosciuto di aver eseguito l’opera affidatale senza nemmeno informarsi sulle “condizioni di esercizio della condotta” che lei stessa doveva realizzare, quindi, senza verificare che quello che andava facendo fosse davvero utile in relazione alla buona riuscita del progetto.

Ne deriva che la responsabilità va ascritta interamente alla negligenza professionale della subappaltatrice (…), sicché il rifacimento degli allacci vale quale ordinaria prestazione di rimedio di vizi e difetti a lei imputabili.

Per completezza occorre osservare come (…) abbia corrisposto a controparte, per questa lavorazione suppletiva, l’importo di Euro 33.679,00.

Ha, quindi, chiesto che della stessa si tenesse conto qualora fosse riconosciuto il diritto di (…) ad un’ulteriore remunerazione.

La richiesta d’imputazione non vale, quindi, come recesso dall’addebito d’integrale responsabilità per il vizio costruttivo alla subappaltatrice inadempiente.

È, pertanto, fondato il motivo d’impugnazione di (…) mentre va disatteso quello di (…).

6. Con il proprio quarto mezzo (…) si duole della remunerazione extracontrattuale accordata a (…) per l’attività relativa alle c.d. “transizioni terra-lago”.

Contestualmente al proprio secondo mezzo, seguendo l’elencazione a pp. 37 e 38 della sua comparsa di costituzione, (…) impugna il mancato riconoscimento del corrispettivo da lei richiesto in aggiunta a quello determinato dal CTU.

Non si tratta, in questo caso, di rimedi apportati a vizi costruttivi imputabili a (…).

La congiunzione tra le fognature di terra e la condotta sublacuale richiedeva particolari lavorazioni denominate appunto transizioni, da eseguire in parte a terra ed in parte in immersione.

In base al contratto di subappalto solo i lavori subacquei erano di competenza di (…).

Essa ha, tuttavia, dedotto di essersi fatta carico di rimediare a 27 transizioni di terra scorrettamente eseguite dall’impresa alla quale erano state affidate e di aver dovuto anche implementare la lavorazione afferente la parte subacquea.

Ha giustificato la pretesa sulla seguente allegazione: “…lavori di scavo subacqueo e di terra per la stabilizzazione a norma del tratto di condotta di transizione e per rimediare ad azioni prima omesse dall’esecutore delle opere di terra e richieste dalla D.L. per dare l’opera collaudabile, durevole e mitigare l’impatto ambientale della condotta rischiosamente affiorante in battigia e per definizione esposta a danneggiamenti tanto naturali quanto antropici”.

6.1. A parte l’eccezione di tardiva allegazione dell’entità obiettiva della variante, il focus della critica svolta da (…) è compendiato nel seguente passaggio a p. 26 della sua comparsa conclusionale d.d. 15.2.2019.

“… l’extracontrattualità di lavori che si affermano non rientrare nel contratto (bensì essere di competenza di terzi) è in re ipsa, al limite della tautologia, ma diventa allora imprescindibile:

(i) definire esattamente (con rilievi e misure) cosa sarebbe stato fatto al di là delle proprie obbligazioni;

(ii) dare conto se un tanto esulasse veramente dalle proprie obbligazioni (e sul punto il CTU ha rilevato pressoché insormontabili difficoltà, cfr. pag. 37);

(iii) dare conto del perché sarebbero stati eseguiti lavori non di propria competenza (quale presunta necessità, indotta da cosa, vi fu per ogni singola transizione?);

(iv) chiarire/documentare per incarico (scritto!) di chi tali lavori non contemplati dal contratto sarebbero stati svolti”.

Ciò premesso, occorre anzitutto osservare che, nella sua formulazione, la domanda non può dirsi generica ed elusiva dell’onere dell’allegazione dei fatti costitutivi.

In sostanza (…) ha dedotto il titolo della sua pretesa, vale a dire il diritto ad essere remunerata perché, per eseguire a regola d’arte la parte subacquea delle transizioni terra-lago di sua competenza, essa ha dovuto rimediare ai lavori di terra male eseguiti da un’altra impresa.

La pretesa è, quindi dedotta, quale diritto all’addizione del prezzo del subappalto per l’implementazione delle lavorazioni afferenti alle transizioni terra-lago resasi necessaria a causa dell’inadempimento altrui.

Anche la quantificazione del credito, relativamente alla parte di terra della lavorazione, risulta sufficientemente dedotta sin dall’atto introduttivo del giudizio.

Richiamando il doc. 21 prodotto unitamente all’atto di citazione, (…) ha quotato il costo della variante in Euro 153.207,00, derivandolo dal prezzo giornaliero della lavorazione indicato in Euro 3.522,00, con impiego di 1,5 gg per nr. 29 transizioni.

In ordine alle altre ragioni di critica di (…) vanno svolte le seguenti considerazioni.

Si richiamano, anzitutto, i passaggi della relazione peritale a p. 37 e 38.

“Nei documenti progettuali allegati al contratto non vi sono particolari indicazioni sulle modalità di allaccio tra la rete di terra e la rete di collettamento a lago, a parte un dettaglio in scala 1:25 nella Tav. CP001 denominato Tipo di collegamento degli scarichi esistenti al collettore ove si intuisce che le opere a carico di (…) partivano da una quota posta sotto il pelo libero dell’acqua.

Viceversa i disegni che risultano allegati alla comunicazione mail inviata da (…) in data 24.4.2009 avente ad oggetto gli Allacci al collettore principale esplicano in modo chiaro come avveniva il collegamento nelle zone di transizione tra le condotte provenienti dalla rete di terra – di competenza B. – e le tubazioni (allacci) che scaricavano le acque reflue nella condotta sublacuale – di competenza (…).

Pertanto risulta altresì evidente che tutte le opere di scavo, di drenaggio e di stabilizzazione del tratto di tubo proveniente dalla rete di terra erano di competenza della ditta B. o chi per essa, ma non della ditta (…)…”.

Il riferito accertamento, in alcun modo contrastato da (…), dimostra che, effettivamente, le parti di terra delle transizioni non competevano a (…).

Non è nemmeno negata la carenza degli elaborati progettuali quanto all’indicazione delle modalità di allaccio tra la rete di terra e la rete di collettamento a lago.

Ciò rende del tutto evidente la conseguente necessità di coordinare le lavorazioni a terra con quelle in immersione.

Sicché non vi è motivo di ritenere che sia stato per elusiva o opportunistica simulazione che (…) abbia con continuità richiamato l’attenzione di (…) sulla necessità di intervenire sul lavoro a terra male eseguito dall’impresa B. (cfr. la ricapitolazione delle documentate comunicazioni a pp. 33 e 34 della relazione peritale).

È un dato di fatto, quindi, che (…) non ha sottaciuto ad (…) l’esecuzione della variazione progettuale ritenuta necessaria al compimento a regola d’arte dell’opera a lei subappaltata.

Non è, di contro, documentato che (…) si sia opposta all’operato di (…).

Anzi, vale in proposito riportare la seguente considerazione del CTU: “si evidenzia la colpevole latitanza di (…) che nella veste di appaltatore generale delle opere con funzioni di coordinamento tra le varie imprese che operavano nel cantiere, avrebbe dovuto intervenire per stabilire in modo celere e puntuale la competenza di tali lavorazioni”.

Quanto poi alla liquidazione del credito il CTU, alla luce delle acquisite evidenze documentali, ha stimato il prezzo giornaliero della lavorazione in Euro 3.150,00 con impiego di 1,5 gg per 27 transizioni su 29, pari complessivamente a 127.575,00 oltre Iva.

Infine, non è contestato che queste opere sono state collaudate ed accettate dall’ente pubblico committente.

Tanto premesso, si possono trarre le seguenti conclusioni.

Le parti di terra delle transizioni eseguite da (…) non rientravano nella sua competenza e vanno, quindi, qualificate come variazione del progetto necessaria all’esecuzione a regola d’arte dell’opera a lei subappaltata.

La circostanza che (…) sia rimasta inerte pur sapendo della necessità di coordinare la parte in terra e quella subacquea della lavorazione e pur sapendo, altresì, dell’intervento riparatorio di (…) sulla parte in terra, è univocamente indiziante che essa ha condiviso l’operato del subappaltatore.

Diversamente, infatti, non si capirebbe perché (…) non si è attivata per verificare la situazione e categoricamente opposta all’iniziativa di (…), inibendole l’intervento ed insistendo perché le parti di terra delle transizioni venissero eseguite correttamente dall’impresa competente (B.).

Ciò, in definitiva, sostanzia la valutazione espressa dal CTU circa l’omissione di (…) nel coordinamento delle prestazioni rese dalle varie imprese presenti in cantiere.

Il che si traduce, soprattutto, nella constatazione circa il mancato assolvimento dell’onere di collaborazione, su di lei gravante in quanto creditrice di questa specifica prestazione oggetto del subappalto, al fine di rimuovere gli ostacoli al regolare adempimento da parte di (…).

Proprio questo è, in fondo, il titolo giustificativo del suo obbligo di remunerare il sovraprezzo preteso da (…) per rimediare la parte di terra delle transizioni.

Sul criterio di liquidazione del credito adottato dal CTU (…) non ha formulato nessuna critica specifica.

Quanto alla prova dell’entità della variazione, essa è stata adeguatamente desunta dal CTU dalle evidenze documentali nel contraddittorio tecnico con le parti.

Peraltro, l’approssimazione quantitativa adombrata da (…) ben può essere ascritta a lei stessa che, sebbene informata circa l’esecuzione da parte di (…) della suppletiva lavorazione necessaria, ha abdicato alle sue funzioni di coordinamento e controllo dei lavori di esecuzione di questa parte dell’opera.

Il motivo d’impugnazione va, perciò, disatteso.

6.2. Incidentalmente (…) si duole, all’opposto, perché non le è stato riconosciuto alcun corrispettivo supplementare per i lavori subacquei da lei asseritamente implementati per realizzare a regola d’arte le transizioni terra-lago.

A p. 52 della sua comparsa di costituzione descrive la lavorazione in parola.

“È bene ribadire ancora una volta come le prestazioni relative agli allacci a lago videro: una prima fase, durante la quale gli allacci vennero realizzati in conformità alle previsioni contrattuali e con svolgimento delle specifiche prestazioni da parte dell’operatore “di terra”, impresa B.. Per tale fase (…), pur lamentandosi (si veda la documentazione in atti richiamata anche dalla relazione del CTU) della mancata esecuzione a regola d’arte delle opere “di terra”, si collegò a quanto predisposto dall’impresa B. e venne compensata “a corpo” come previsto dal contratto di subappalto; una seconda fase, concernente il rifacimento degli allacci collassati (per le cause imputabili ad (…) e sopra riepilogate).

Tale seconda fase ebbe luogo in assenza della contemporanea esecuzione delle opere “di terra”; infine, una terza fase, nella quale, successivamente alla visita ispettiva della Direzione dei Lavori in data 24.4.2009 (si veda il verbale in pari data allegato al giornale dei lavori e prodotto sub doc. 50 del fascicolo (…)) venne disposta l’esecuzione delle opere di transizione terra-lago.

Al riguardo si richiamano le fotografie di cui ai docc. 52/59 del fascicolo (…). Con riguardo alla terza fase il CTU a pag. 38 del proprio elaborato, pur ritenendo congruo l’utilizzo “dello spread aggiuntivo di terra … non ha accettato il costo dello spread standard di lago “in quanto tale attrezzatura doveva comunque essere presente in loco per eseguire le lavorazioni di competenza (…)”.

In realtà la problematica degli interventi suppletivi per 27 transizioni di terra-lago è trattata dal CTU da p. 35 a p. 39 della sua relazione peritale senza che trovi in alcun modo conferma l’allegazione di (…) in merito all’asserita “terza fase”.

Secondo il perito, l’intervento aggiuntivo accreditabile a (…) è solo quello reso necessario dalla scorretta esecuzione della parte di terra delle transizioni da parte dell’impresa B. la cui opera non è stata coordinata con quella eseguita in immersione da (…).

In ordine all’ulteriore richiesta di addizione di prezzo il CTU ha espresso compiutamente le sue valutazioni a p. 69 della sua relazione.

(…) “richiede anche il riconoscimento del costo dello spread di lago per tutti i 29 allacci progettuali e quindi il riconoscimento di ulteriori Euro 282.750. La richiesta di (…) viene ritenuta illegittima per il semplice motivo che gli oneri riconosciuti nel gruppo iii) si riferiscono ai soli lavori suppletivi eseguiti da (…) nelle zone di terra delle transizioni terra-lago per gli allacci contrattuali di progetto, per la precisione solo per 27 di questi visto che lo stesso ing. C. dichiara che “nr. 2 allacci non sono stati interessati perché impossibile toccare la parte di terra”, allacci contrattuali per i quali lo spread di lago era già compensato nell’importo forfettario del subappalto e quindi non può essere riconosciuto due volte!!”

Occorre, inoltre, rimarcare come l’asserita terza fase della realizzazione delle transizioni non emerge neppure dalle circostanze capitolate nella prova orale offerta da (…) (cfr. cap. da 9. a 29 formulati nella comparsa di costituzione e trascritti nell’epigrafe della presente sentenza).

Sul punto è, infine, dirimente il giudizio del CTU a p. 70 della sua relazione.

“Si evidenzia oltremodo l’estrema confusione delle spiegazioni date dal CTP ing. (…) per motivare tale pretesa verso le quali diventa impossibile per lo scrivente CTU sviluppare delle logiche controdeduzioni tecniche. Tale incomprensibile rappresentazione dei fatti viene ben testimoniata dalla inammissibile variabilità delle richieste economiche avanzate da (…) al fine di compensare tali opere aggiuntive, visto che: nell’atto di citazione al doc. 21, 2° facciata Sisigen ha richiesto maggiori oneri derivanti dall’utilizzo di uno spread dal valore di Euro 3.522/gg con l’impiego di 1,5. gg per nr. 29 allacci, per un ammontare di (Euro 3.522,00/gg*1,5gg*29all) = Euro 153.207,00; nella propria memoria tecnica del 15.1.2016 (vedi all. 2.1) l’ing. (…) ha richiesto maggiori oneri per l’utilizzo di uno spread di lago dal valore di Euro 6.500/gg con impiego di 1 solo gg per nr. 27 allacci per un ammontare di (Euro 6.500/1gg*27all) = Euro 175.500,00; infine nelle osservazioni in oggetto (vedi pg. 7 all. 8.1) egli richiede maggiori oneri per l’utilizzo di uno spread di lago dal valore di Euro 6.500/gg ma con impiego ora di 1,5 gg per allaccio e per nr. 29 allacci, per un ammontare di (Euro 6.500/gg*1,5gg*29all) = Euro 282.750”.

Per completezza si può forse aggiungere che nella comparsa di costituzione di (…) in appello la richiesta economica ascende ad Euro 263.500,00.

Non essendo concludentemente dimostrati né il fondamento, né l’entità della variazione per cui è chiesto un supplemento di remunerazione, il motivo d’impugnazione incidentale va disatteso.

7. Con il proprio quinto mezzo (…) si duole perché a (…) è stata riconosciuta al 50% la remunerazione delle opere di rifacimento della parte di condotta affiorata e ciò in forza del principio di responsabilità paritaria di (…) e di (…) nella causazione dell’evento.

Specularmente, in via incidentale, anche (…) ha chiesto di essere assolta da qualsiasi addebito di responsabilità per l’occorso.

Ha chiesto, altresì, la revisione della quotazione delle opere di ripristino stabilita dal CTU.

Le questioni qui tematizzate sono le stesse già poste con il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale e gli speculari motivi d’appello incidentale.

Esse sono state definite sopra, ai punti 1, 4 e 5 della presente motivazione.

Per le medesime considerazioni lì svolte va accolto il motivo d’impugnazione principale e disatteso quello incidentale.

8. Con il proprio sesto mezzo (…) impugna il provvedimento di primo grado, laddove riconosce a (…) un sovraprezzo per la posa di ml. 1069 di condotta sublacuale diam. 630 in più del previsto.

Anche in questo caso non si tratta di un rimedio a vizi costruttivi imputabili a (…).

Sotto un primo profilo processuale (…) censura la statuizione per avere accolto la richiesta di pagamento malgrado l’eccepita nullità della domanda che non sarebbe stata adeguatamente esplicata con riguardo al titolo giuridico addotto a suo fondamento.

In ordine al profilo sostanziale, invece, la censura è bene compendiata a p. 35 della comparsa conclusionale di (…).

“… si ribadisce che, e per la natura del contratto in sé, “di fornitura e posa di condotta sublacuale”, e per la volontà delle parti, che hanno previsto il medesimo prezzo di posa per tutti i diametri, si configura una categoria di posa unitaria, per cui diviene dirimente il ricorrere di notevoli modificazioni dei quantitativi nell’ambito della stessa (categoria unitaria): “notevoli modificazioni” che non ricorrono, come ripetutamente esposto da (…), comportando la quantità di tubazione diam. 630 posata in più un aumento solo del 5,9% della condotta complessivamente posta in opera.

Ed è del tutto irrilevante che tale percentuale superi quella del 3% prevista dal contratto di subappalto per ammettere pagamenti in aumento o in diminuzione del forfait contrattuale, essendo la previsione non preordinata alla definizione di un ipotetico “nuovo prezzo”, ma solo a far sì che la maggiore o minore quantità effettivamente eseguita oltre quella soglia sia corrispondentemente remunerata (secondo i prezzi desumibili dal contratto), anche in aumento (o in diminuzione) del forfait contrattuale, il che è peraltro puntualmente avvenuto, mediante la non contestata remunerazione di tutta la quantità di tubazione diam. 630 effettivamente fornita e posata …”.

In ordine all’eccezione processuale valgono le seguenti considerazioni.

Sulla questione dell’adeguata giustificazione giuridica della domanda attorea nel provvedimento gravato non è stata assunta alcuna determinazione espressa.

Orbene, l’art. 164 c.p.c. sanziona, al comma 4, con la nullità, l’atto di citazione solo nel caso di mancata determinazione della cosa oggetto della domanda ovvero di mancata esposizione dei fatti di cui al n. 4, dell’art. 163 c.p.c..

Quanto alla mancata esposizione degli elementi di diritto su cui si fonda la domanda è, invece, riservato al giudice il compito di individuare correttamente le norme di legge applicabili alla fattispecie sottoposta al suo esame.

Tale, eventuale genericità della “causa petendi” è, invero, superabile dal potere di qualificazione giuridica dei fatti attribuito al giudice, sempre che non si verifichi in concreto nessun pregiudizio del diritto di difesa dei convenuti.

Orbene, nel caso di specie nemmeno (…) ha mai contestato di aver ordinato la posa di tubi per una lunghezza ed un diametro maggiori di quello progettato ed il conseguente diritto di (…) ad ottenere un sovrapprezzo per la lavorazione.

Tant’è che essa stessa ha pagato quanto da lei ritenuto congruo, quotando, cioè, la maggior quantità di tubi e la lavorazione di posa secondo i prezzi unitari estrapolati dal subappalto a forfait.

Sennonché (…), sulla scorta di un (…) assunto antecedentemente al presente giudizio, contesta, a termini di legge e di contratto, l’adeguatezza del compenso ricevuto.

(…) è, perciò, al corrente dei termini giuridici della contesa sin da prima dell’inizio del giudizio.

Lo dimostra il fatto che essa nel motivo d’impugnazione non indica in concreto quali sarebbero le specifiche menomazioni del diritto di difesa che avrebbe subito.

In ordine al profilo sostanziale della censura valgono i seguenti rilevi.

In sintesi, pacifico il fatto che la variazione è stata ordinata da (…), la divergenza tra le parti afferisce al criterio di liquidazione del supplemento per la posa della condotta a diametro maggiorato, correlato “alla necessità di avere un maggior numero di ancoraggi, alla ridotta quantità di tubo realizzabile nella singola giornata e alla necessità di predeformazione del tubo per farne seguire meglio la linea di costa del lago” (CTU p. 46).

È notevole la seguente constatazione del CTU a p. 47 della sua relazione: “… in seguito ad approfondita trattazione tecnica il perito del Tribunale di Como (in sede di (…) n.d.e.) ha determinato un sovrapprezzo del costo di posa contrattuale pari al 60% …”

Nondimeno (…) vorrebbe remunerare la lavorazione suppletiva in parola sulla base del prezzo unitario di posa di tutti i tubi estrapolato dal contratto a forfait, a prescindere quindi dalla particolare onerosità assunta dal magistero a causa dell’incremento di diametro della condotta.

Ciò precisato, occorre muovere anzitutto dalla clausola di cui all’art. 16 delle condizioni generali di contatto.

Essa prevede testualmente:

“Varianti: 16.1. L’esecutrice, in deroga a quanto disposto dagli artt. 1660 e 1661 del c.c., darà facoltà all’impresa di apportare variazioni ai progetti introducendo anche in corso di esecuzione delle modifiche, soppressioni ed aggiunte necessarie per l’esecuzione dei lavori.

Le predette varianti non daranno diritto ad alcuna modifica delle condizioni contrattuali, e ciò s’intende convenuto come patto essenziale dei singoli contratti di subappalto. 16.1. Se nel corso dei lavori si dovesse manifestare l’esigenza dell’esecuzione di varianti, l’esecutrice nulla avrà a pretendere, oltre all’applicazione del corrispettivo contrattuale previsto”.

La cit. clausola è nulla per quanto stabilito da C. n. 1331/1668, pronuncia risalente ma mai contraddetta nel tempo:

“se può considerarsi valida la pattuizione, con la quale venga escluso, di volta in volta, il diritto a compenso supplementare per ogni singola ordinazione del committente, deve considerarsi illecita, e quindi nulla, la clausola generale, inserita nell’originario contratto, con cui si preveda l’esclusione di maggiori compensi per variazioni di qualsiasi genere che il committente potestativamente richieda, dato che una siffatta clausola porrebbe l’appaltatore in balia del committente alterando i presupposti della contrattazione. L’illiceità di tale clausola può essere rilevata di ufficio”.

Ne deriva l’applicazione al caso di specie dell’art. 1661 c.c. che disciplina le variazioni ordinate dal committente.

Sull’interpretazione della norma cit. occorre richiamare C. 2206/1966 identica a C. 4911/1983:

“perché possa attribuirsi all’appaltatore il compenso supplementare di cui all’art. 1661, comma 1 c.c., non è sufficiente che le opere compiute siano diverse da quelle inizialmente pattuite, ma occorre accertare che le prime siano maggiori delle seconde; ed, anzi, dalla formulazione della norma, risulta che tale eccedenza acquista rilievo in relazione non già alla qualità e quantità delle opere, ma unicamente al costo delle opere stesse.

Pertanto, quando questo è stato determinato globalmente, è necessario accertare sia la consistenza, che il costo delle opere inizialmente pattuite, giacché soltanto se, a seguito delle variazioni, risultino opere di costo maggiore, può trovare fondamento la pretesa relativa al supplemento del corrispettivo.

Per la liquidazione di tale supplemento non è, quindi rilevante che sia stata accertata un’eccedenza del costo delle opere realmente compiute rispetto al prezzo pattuito globalmente, essendo, invece, indispensabile che detta eccedenza sussista fra il costo delle opere inizialmente pattuite secondo le tariffe applicabili ed il costo di quelle realmente eseguite, secondo le medesime tariffe.

L’onere di provare sia l’entità ed il costo non solo delle opere eseguite a seguito delle variazioni, ma anche quelli delle opere inizialmente progettate incombe sull’appaltatore, che richieda il supplemento del corrispettivo. Ove tale prova non sia stata raggiunta, il detto supplemento non può essere liquidato neanche ai sensi dell’art. 1657 c.c., poiché quest’ultima norma regola soltanto l’ipotesi in cui manchi la determinazione del prezzo”.

Ne deriva che, anche nel caso di appalto con corrispettivo determinato globalmente e variante ordinata dal committente, il presupposto per il diritto dell’appaltatore ad un supplemento di remunerazione ricorre quando è accertata un’eccedenza non già tra il prezzo pattuito, bensì tra il costo iniziale dell’opera come da progetto e quello finale della stessa.

In sintesi la comparazione è tra costi e non tra prezzo e costo.

Con la conseguenza, quindi, che il prezzo dell’appalto nella misura pattuita (men che meno scomponendolo per i singoli magisteri) non può essere assunto come criterio di liquidazione del supplemento di corrispettivo spettante all’appaltatore per la variante ordinata dal committente.

E ciò per la decisiva ragione che esso esula completamente dall’accertamento degli elementi costitutivi del diritto dell’appaltatore al sovraprezzo.

Nel caso di specie, pertanto, dal corrispettivo a forfait concordato dalle parti in causa non può essere estrapolato il prezzo unitario di posa di qualsiasi tipo di tubo per quotare la posa dei tubi a diametro maggiorato la quale, in verità, ha un costo del 60% maggiore di quello contrattuale.

Vale, invece, il costo effettivo della lavorazione come liquidato dal CTU.

Per queste ragioni il motivo d’impugnazione va disatteso.

9. Con il settimo motivo d’impugnazione (…) si duole perché a (…) è stata riconosciuta la remunerazione dei lavori eseguiti per rimediare alle conseguenze sulla condotta sublacuale del brillamento di ordigni bellici.

Si dà atto che, in ordine a questa pretesa di (…), nella propria comparsa conclusionale (…) ha rinunciato alla sollevata eccezione di difetto di legittimazione passiva.

Per il resto la censura è correlata a quella svolta con il primo motivo d’impugnazione, trattata al punto 3 della presente motivazione.

Si richiamano le considerazioni ivi svolte per affermare che l’opera di bonifica dell’area di cantiere era di esclusiva competenza di (…) senza possibilità per lei di riversare su (…) il relativo onere economico.

Pertanto, se la condotta sublacuale è stata danneggiata dalla bonifica alla quale ha provveduto (…), su di lei gravano anche i conseguenti oneri di ripristino.

Il motivo d’impugnazione va disatteso.

10. Con il proprio ottavo mezzo (…) denuncia il vizio di ultra- o extrapetizione del provvedimento gravato laddove è condannata a corrispondere a (…) gli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002 indistintamente “su tutti i minori importi accertati dalla scadenza delle singole fatture al saldo”.

(…) concorda con controparte sulla spettanza dei soli interessi legali sugli importi non fatturati.

Sicché il contrasto permane sulla decorrenza degli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002.

Essi sono dovuti sui soli importi fatturati, secondo (…), dall’esigibilità del credito da lei datata al 13.11.2013, mentre, secondo (…), dalla data delle fatture.

(…) argomenta come segue la propria tesi.

“Precisato che la scadenza del pagamento delle ritenute di garanzia (l’unica somma, fra quelle riconosciute dal provvedimento impugnato, per la quale sia stata emessa fattura), a termini di contratto (cfr. art. 22.1 delle condizioni generali di contratto) si ha a 120 giorni dal collaudo definitivo sempre che siano state svincolate le corrispondenti ritenute dall’Ente Appaltante”, e che le ritenute di garanzia sono state erogate dalla stazione appaltante solo in seguito a notifica di ricorso per ingiunzione provvisoriamente esecutivo (cfr. decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo del Tribunale di Bolzano n. 920 del 29.4.2013, doc. 11) in data 13.11.2013, si ha la conferma della correttezza della decorrenza degli interessi indicata dall’appellante”.

Orbene, va premesso che (…) ha documentato che il proprio credito per ritenute in garanzia assomma a complessivi Euro 173.891,96.

(…), a propria volta, ha documentato di aver dovuto agire giudizialmente nei confronti dell’amministrazione appaltante per ottenere il pagamento di ritenute in garanzia per la minor somma di Euro 46.623,75.

Ne deriva che (…) disponeva di gran parte delle ritenute in garanzia di competenza di (…) ben prima del 13.11.2013.

Nell’incertezza sulla data in cui (…) ha ricevuto le somme spettanti a (…) appare congruo far decorrere gli interessi moratori dalla scadenza contrattuale, vale a dire 120 giorni dopo la data del collaudo definitivo dell’opera da parte dell’ente pubblico committente.

11. Con il proprio primo mezzo (cfr. elencazione a p. 37 della comparsa di costituzione) (…) impugna la determinazione ad opera del CTU del saldo contrattuale al netto delle detrazioni rivendicate da (…).

In particolare deduce che sarebbero stati obliterati due documentati importi a lei spettanti rispettivamente di Euro 4.664,94 oltre Iva, a remunerazione di asserite prove di trazione e di Euro 71.191,84 oltre Iva, pari alla differenza tra l’importo delle opere contrattuali confessoriamente riconosciuto da (…) con mail d.d. 29.11.2007, pari ad Euro 1.638.191,84, e quello fatturato da (…).

A parte la considerazione circa la scarsa valenza rappresentativa della menzionata comunicazione mail del 2007 alla luce della successiva mail d.d. 23.8.2010 dimessa da (…) sub doc. n. 7 nella quale essa valorizza in Euro 1.596.044,97 le opere contrattuali, vale richiamare i seguenti rilevi svolti dal CTU (p. 18).

“È importante evidenziare che la natura del subappalto affidato a (…) si modificò, almeno in sede di contabilizzazione e liquidazione dei lavori, dalla tipologia a corpo alla tipologia a misura altrimenti non si spiegherebbe l’aumento del corrispettivo d’appalto pari ad Euro 141.248,99 (aumento del 9,79%). Nell’atto di citazione (…) sostenne che il compenso forfettario a proprio favore era di Euro 1.638.191,84 sulla base dei documenti contrattuali, ma tale corrispettivo risulta senz’altro errato visto che nell’ambito delle operazioni peritali lo stesso C.T.P. ing. (…), titolare peraltro della ditta attrice (…), ha confermato l’importo proposta da (…) (vedi pos. I contabilità della propria relazione tecnica in all. 2.1.).

Agli atti non vi sono documenti di contabilità di cantiere nel senso classico della dizione (libretto delle misure, disegni di contabilità, brogliacci di cantiere) ma in base alla documentazione in atti di causa e alle relazioni tecniche dei CC.TT.PP si può certamente dire che lo stato finale delle lavorazioni contrattuali eseguite da (…), condiviso da ambedue le parti ammonta a Euro 1.596.548,99 + Iva”.

Ne deriva che il CTU ha determinato, nel contraddittorio tecnico con le parti, il saldo contrattuale esaminando l’intera documentazione versata agli atti.

Non vi è motivo, dunque, di dubitare che abbia tenuto conto anche dei documenti sulla base dei quali (…) ora lamenta l’obliterazione di due importi a lei spettanti.

In ogni caso, posto che in sede di contabilizzazione finale e liquidazione dei lavori si è operato come se il subappalto fosse a misura e non a forfait, la specifica formulazione della censura, anche ai sensi dell’art. 342 c.p.c., esigeva da parte di (…) il riesame analitico di tutta la documentazione riepilogata dal CTU per dimostrare l’erroneità del risultato finale cui egli è pervenuto.

Suffragando la doglianza con l’isolata indicazione di due soli documenti a lei favorevoli, il motivo d’impugnazione sconta la censura d’indeterminatezza prima ancora che d’infondatezza.

Non vi è ragione, perciò di discostarsi dalle risultanze peritali con conseguente rigetto del motivo d’appello incidentale.

12. Precisato che le doglianze di cui ai numeri 2 e 3 elencate a p. 37 della comparsa di costituzione di (…) in appello sono state trattate ai punti 1, 4, 5, 6.2 e 7 della presente motivazione, si affronta ora il mezzo sub n. (…) con il quale è impugnato il mancato riconoscimento dei maggiori costi sostenuti dal subappaltatore per i lavori di variante resisi necessari per lo spostamento dell’approdo originario presso il fiume Telo ad (…) con allungamento in doppio tubo del tracciato originario, eseguiti rispettivamente nei mesi di agosto e settembre 2008.

In particolare il CTU ed il provvedimento gravato, pur constatando che la lavorazione è stata determinata da una variazione di progetto, disconoscono la posta indennitaria sul rilievo che (…) ha già pagato la variante con il saldo delle fatture nn. (…) e (…) di (…), rispettivamente d.d. 2.3.2009 e 14.5.2009.

Secondo (…), invece, le menzionate fatture si riferiscono ad un’altra variazione progettuale, precisamente a quella relativa alla già vista modifica del diametro da 400 a 630 di un tratto di tubazione.

Di seguito si trascrive la presa di posizione del CTU sulle doglianze oggetto del motivo d’impugnazione (p. 71 della relazione).

“In relazione a tale lavorazione extracontrattuale il CTP ing. (…) contesta il fatto che essa venne riconosciuta da (…) con il pagamento delle fatture n. (…) del 2.3.2009 e nr. (…) del 14.5.2009 in quanto a suo dire l’intestazione delle stesse evidenzia che tali prestazioni si riferivano al montaggio e allo smontaggio di una parte della condotta sublacuale in un tratto tra (…) e il depuratore di Colonno, quindi posto a nord della località di (…), e di conseguenza non hanno nulla a che vedere con la variante della tubazione sublacuale presso il fiume T. in località (…).

Le motivazioni edotte dal CTP risultano, a parere dello scrivente, fuorvianti e prive di riscontro dato che non si fa riferimento ad alcun documento tecnico diverso dalle suddette fatture, ma solo alla loro generica descrizione che potrebbe riferirsi a qualsiasi tratto della condotta sublacuale tra (…) e il depuratore, ma certamente anche all’inizio della stessa in località (…) in prossimità del fiume Telo. Lascia però estremamente perplessi il fatto che nel corso delle operazioni peritali il CTP ing. (…) non ha mai evidenziato che le fatture nr. (…) e nr. (…) si riferissero alla sostituzione di un tratto di condotta sublacuale a nord di (…), ma soprattutto non si spiegano allora le fasi di lavoro indicate dallo stesso CTP ing. (…) nella memoria in all. 2.1. – voce 4 variante fiume Telo, ove per il giorno 28.8.2008 indica “… inizio scavo per intercettazione cavo T. allo scivolo.” E per il giorno 28.8.2008 indica “pre-scavo per liberazione tubi scivolo (…).” Ove lo scivolo in calcestruzzo risulta localizzato proprio in località (…) a ridosso della confluenza nel lago del fiume Telo”.

Se ne ricava quanto segue.

In difetto di affidabili documenti tecnici, non può ritenersi dimostrato che il saldo da parte di (…) delle fatture emesse da (…) sia imputabile ad un credito diverso da quello generato dalla variante relativa allo spostamento dell’approdo presso il fiume Telo.

E ciò per l’evidente scarso valore probatorio del documento fiscale, in cui la descrizione della lavorazione fatturata promana unilateralmente da (…).

Vale, inoltre, osservare, come (…) non abbia specificamente contrastato, nel suo motivo d’impugnazione, il rilievo del CTU, secondo cui, stante la sua genericità, la descrizione “potrebbe riferirsi a qualsiasi tratto della condotta sublacuale tra (…) e il depuratore” e quindi anche a quello in prossimità del fiume Telo.

Inoltre, quale argomento di prova ai sensi dell’art. 116, 2 comma c.p.c. va valorizzato il contegno del CTP ing. (…), legale rappresentante di (…), che, secondo quanto asseverato dal CTU, mai ha evidenziato in sede di contraddittorio tecnico che il saldo delle fatture nr. (…) e nr. (…) si riferisse alla sostituzione del tratto di condotta a nord di (…) e non a quello in prossimità del fiume Telo.

Conclusivamente, poiché, a prescindere dalla loro intestazione, non vi è prova della ricorrenza di una pluralità di crediti esigibili da parte di (…) nel momento in cui (…) ha saldato le fatture nr. (…) e nr. (…) del 2009 e poiché l’atto solutorio eccepito dalla debitrice è idoneo all’estinzione per intero dell’obbligazione fatta valere in relazione alla variante c.d. fiume Telo, va ricusata la pretesa di ulteriore pagamento.

Il motivo d’impugnazione incidentale va, perciò, disatteso.

13. Con la doglianza di cui al n. 5 dell’elenco a pp. 37 e 38 della comparsa di costituzione in appello (…) impugna il disconoscimento di un supplemento di corrispettivo per opere di completamento di un pozzo verticale scavato in località (…), con partenza dal piano stradale e termine a 12 mt. sotto il livello del lago, poi collegato alla condotta sublacuale.

Secondo la sua versione, completato il manufatto, (…) avrebbe eseguito la seguente non retribuita ulteriore lavorazione consistita: “nella rimozione della flangia collocata come da progetto all’interno del pozzo, nell’eliminazione della valvola sita all’entrata dello stesso e nell’applicazione di guarnizione destinata a fungere da occlusione all’esterno del pozzo dopo lo scarico di fondo” (cfr. comparsa di costituzione p. 47).

La realizzazione del pozzo è stata disposta con perizia di variante d.d. 17.12.2008 e il CTU a p. 51 della sua relazione assevera che essa è stata quotata dall’amministrazione committente in Euro 250.000,00, laddove (…), per tale lavorazione, in verità eseguita prima che venisse autorizzata dalla committenza, ha pagato a (…) l’importo di Euro 323.000,00.

La precisata differenza di valori, nonché la constatazione dell’entità del credito fatto valere da (…) (soli Euro 10.180,00) sostanziano adeguatamente la seguente argomentazione del CTU (p. 73 della relazione): “in ogni caso si ribadisce che in base agli atti e documenti della variante suppletiva approvata in data 17.12.2008, le lavorazioni aggiuntive riguardanti il fascio tubiero e il pozzo di collegamento tra condotte sublacuali e depuratore risultano comprese nelle opere extracontrattuali già liquidate da (…)”.

Il motivo d’appello incidentale va, quindi, disatteso.

14. Con le doglianze sub n. (…) e (…) dell’elenco a p.p 37 e 38 della sua comparsa di costituzione (…) impugna la reiezione della domanda relativa a maggiori oneri per asserito aumento abnorme della durata dei lavori e per la conservazione delle opere sino al collaudo.

La censura si appunta sia contro il provvedimento gravato che ha disatteso la richiesta, sia contro gli accertamenti peritali all’esito dei quali gli oneri rivendicati sarebbero stati liquidati in misura inappropriata.

Quanto al primo profilo della censura occorre osservare come, in verità, il primo giudice abbia argomentato il rigetto della domanda.

“In effetti, tali domande risultano formulate in atto di citazione in termini generici in quanto non danno conto di circostanze essenziali quali natura dei maggiori oneri asseritamente sostenuti, ragioni ed imputabilità dei ritardi; tali circostanze sotto il profilo dell’allegazione non sono peraltro superate dal richiamo ai prospetti dimessi sub docc. 29 e 31 da parte attrice, anch’essi del tutto generici riguardo ai profili sopra individuati”.

È di tutta evidenza che il primo giudice ha assunto la statuizione di rigetto sulla base della riscontrata genericità della domanda.

E ciò perché rimprovera a (…) di non aver assolto l’onere di allegare, non tanto e non solo, gli elementi dimostrativi dell’entità dell’accampata pretesa economica, ma soprattutto le ragioni e l’imputabilità dei ritardi, dunque i fatti costitutivi della responsabilità di (…), che della richiesta di pagamento rappresenta l’ovvia ragione giustificativa.

In punto genericità della domanda (…) non ha speso alcuna controargomentazione nel suo motivo d’appello incidentale.

Si è limitata ad obiettare che la relazione del CTU dimostra sia l’abnorme ritardo dei lavori, sia il fatto che esso non era a lei ascrivibile, sia, infine, l’entità, peraltro da lei non condivisa, dei maggiori oneri che ne erano derivati.

Cfr. p. 58 e ss. della comparsa di costituzione: “entrambe le determinazioni assunte dal giudice di prime cure e dal CTU (per quanto di rispettiva competenza) devono ritenersi censurabili. Ed infatti: a) non può condividersi la motivazione dell’impugnato provvedimento, laddove ha ritenute sfornite di prove “circostanze essenziali quali natura dei maggiori oneri asseritamente sostenuti, ragioni ed imputabilità dei ritardi”. Viceversa la relazione del CTU ha documentato …”.

Ciò a dimostrazione che le allegazioni a sostegno della domanda sono state, effettivamente, sostanziate dal consulente d’ufficio e non dalla parte gravata del relativo onere.

Con l’impugnazione (…) non si confronta, quindi, con l’effettiva ratio decidendi addotta a sostegno dell’assunta reiezione della sua domanda.

Il che vale già di per sé a confermare la statuizione del primo giudice.

Ed infatti, solo tardivamente, a p. 76 delle sue note di replica ed a pretesa confutazione dell’obiezione avversaria circa l’incompletezza e, dunque, l’inammissibilità della censura, (…) ha assertivamente dedotto di aver esplicato sin ab origine oggetto e ragioni della domanda.

Nel merito della questione, peraltro, si può poi brevemente osservare come non sia appieno condivisibile il seguente giudizio espresso dal CTU a p. 80 della sua relazione: “… è indiscutibile come risulta palese che tale anomalo prolungamento non sia riconducibile all’operato di (…)”.

In verità, per le ragioni in precedenza spiegate, a (…) sono senz’altro imputabili tutti i ritardi dovuti alla necessità di rimediare ai vizi costruttivi cagionati dall’omissione da parte sua della verifica tanto della fattibilità a regola d’arte dell’opera progettata, quanto delle caratteristiche geologiche dei luoghi di esecuzione dei lavori.

Quanto poi ai maggiori oneri generati dal difetto di collaborazione di (…) nel coordinamento delle lavorazioni afferenti le transizioni terra-lago, va evidenziato come essi siano stati riconosciuti a (…) sia pure in misura inferiore rispetto a quella da lei richiesta.

I motivi d’appello incidentale vanno, pertanto, disattesi.

15. Con l’ottava doglianza (…) censura la reiezione della sua richiesta di una quota degli oneri di sicurezza che l’amministrazione committente ha corrisposto ad (…), specificando la misura della pretesa sulla base dell’incidenza percentuale delle opere subappaltate rispetto al valore dell’appalto complessivo.

La richiesta è argomentata sulla base dell’art. 118, 4 comma del D.Lgs. n. 163 del 2006 che nel testo attualmente vigente prevede: “L’affidatario corrisponde gli oneri della sicurezza, relativi alle prestazioni affidate in subappalto, alle imprese subappaltatrici senza alcun ribasso”.

Il testo cit. della norma è stato introdotto dall’art. 3, 1 comma lett h) n. 1 del D.Lgs. n. 113 del 2007.

Il provvedimento gravato ha disatteso la richiesta economica sul rilievo che la norma invocata da (…) non era in vigore quando, nel 2004, è stato concluso il contratto di subappalto oggetto di causa.

In replica (…) ha osservato (p. 71 della comparsa di costituzione in appello) che “è pacifico e notorio come il D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) costituisce mera riorganizzazione codicistica della normativa precedente che espressamente recepisce le disposizioni della L. n. 624 del 1994 e L. n. 242 del 1996, entrambe anteriori alla stipulazione del contratto d’appalto”.

Nell’inconcessa ipotesi che il codice dei contratti pubblici abbia effettivamente natura di provvedimento meramente ricognitivo della precedente disciplina in materia di subappalto di opere pubbliche, resta comunque la constatazione che nemmeno (…) arriva ad attribuire tale portata al cit. art. 3, 1 comma lett h) n. 1 del D.Lgs. n. 113 del 2007.

Almeno questa è, senza dubbio, una norma del tutto nuova la cui applicazione al caso di specie è preclusa dal principio dell’irretroattività della legge (art. 11 disp. preliminari c.c.), valido anche per le norme di diritto pubblico.

Va, perciò, disatteso il motivo d’impugnazione incidentale.

16. Di seguito si procederà al ricalcolo del credito di (…) alla luce di quanto sin qui esposto.

a) Saldo contrattuale.

Al riguardo occorre premettere che (…), con il suo primo motivo d’impugnazione incidentale, ha fatto presente (cfr. p. 40 comparsa di costituzione in appello) di aver documentato la fatturazione, oltre che dell’importo di Euro 17.284,21, anche di quello pari ad Euro 142.370,69.

Essi devono, pertanto, essere computati come già comprensivi dell’Iva.

Va, quindi, sviluppato il seguente calcolo:

Euro 142.370,69 + Euro 17.284,21 – Euro 12.275,00 (detrazioni fondatamente opposte in compensazione da (…) pari a Euro 6.000,00 + Euro 5.000,00 + Euro 1.275,00) = Euro 147.379,90.

Quest’importo va maggiorato degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002 con decorrenza dal 120esimo giorno successivo alla data del collaudo finale dell’opera da parte dell’amministrazione committente.

b) Opere extracontratto.

Vanno sommati i seguenti importi:

Euro 127.575,00 (parte di terra delle transizioni terra-lago) + Euro 115.954,43 (posa tubazione a diametro maggiorato) + Euro 10.140,00 (riparazione danni da brillamento ordigni bellici) = Euro 253.669,43.

L’importo così determinato va maggiorato dell’Iva e degli interessi legali dalla data della domanda (31.10.2013) al saldo.

17. Le spese di entrambi i gradi di giudizio (comprese quelle di CTU), da liquidarsi secondo il criterio del decisum, seguono la soccombenza e gravano, perciò, su (…).

Tenuto conto che all’esito del giudizio è stata notevolmente ridimensionata la pretesa iniziale di (…), relativa ad un credito libellato in Euro 1.554.483,93 oltre Iva, appare congruo disporre la compensazione degli oneri processuali nella misura della metà.

Atteso l’integrale rigetto dell’appello incidentale, sussistono i presupposti per il versamento da parte di (…), ai sensi del co. 1-quater dell’art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002, inserito con l’art. 1 co. 17 L. 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione in oggetto.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da (…) s.p.a. nei confronti di (…), appellante incidentale, avverso l’ordinanza ex art. 186 quater c.p.c. del 9.8.2017 del Tribunale di Bolzano così provvede:

parzialmente accolto l’appello principale e disatteso quello incidentale, dunque, in parziale riforma dell’ordinanza gravata

1. accerta che (…) s.p.a. è debitrice nei confronti di (…) della somma di Euro 401.049,33 oltre agli accessori precisati in motivazione e per l’effetto la condanna al relativo pagamento;

2. condanna (…) s.p.a. a rifondere a (…) metà delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si liquidano, quanto al primo grado, come nel provvedimento gravato e, quanto al presente grado, nel loro intero ammontare nell’importo complessivo di Euro 15.594,00, oltre IVA e CAP, di cui Euro 4.180,00 per la fase di studio, Euro 2.430,00 per la fase introduttiva, Euro 6.950,00 per la fase decisoria, Euro 2.034,00 per spese generali, con compensazione della residua metà;

3. si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante incidentale (…), ai sensi del co. 1-quater dell’art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002, inserito con l’art. 1 co. 17 L. 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione in oggetto.

Così deciso in Bolzano il 10 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 20 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

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