in riferimento al valore probatorio dell’estratto certificato ai sensi dell’art. 50 T.U.B., come sopra si è accennato, la giurisprudenza è chiara nell’affermare che, in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario, va distinto l’estratto di saldaconto (che consiste in una dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnata dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un’attestazione di verità e liquidità del credito), dall’ordinario estratto conto, che è funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca. Mentre il saldaconto riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall’istituto, l’estratto conto, trascorso il previsto periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente.

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Tribunale Rieti, civile Sentenza 12 aprile 2019, n. 305

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI

SEZIONE CIVILE

in persona della giudice dott.ssa Roberta Della Fina e in composizione monocratica, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1605 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2014 proposta da:

(…) S.R.L.,

c.f. (…),

(…)

nato a R. il (…), c.f. (…)

rappresentati e difesi dall’Avv. PR.AU. per delega a margine dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo

(…)

nato a R. il (…), c.f. (…),

rappresentato e difeso dall’Avv. CA.MA. per delega a margine dell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo

OPPONENTI

CONTRO

(…) S.P.A.

c.f. (…),

rappresentata e difesa dall’Avv. FA.FI. per delega a margine del ricorso per decreto ingiuntivo

OPPOSTA

CON L’INTERVENTO DI

(…) S.R.L.

c.f. (…),

rappresentata e difesa dall’avv. FA.FI. per delega allegata all’atto di intervento

INTERVENUTA

OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo – contratti bancari.

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo (…) s.r.l. e (…) hanno convenuto in giudizio (…) s.p.a. ((…) s.p.a.) al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:

“Piaccia al Tribunale adito ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa, riconosciuta fondata la presente opposizione:

1) revocare il decreto ingiuntivo n. 195/2014 di pagamento della somma di Euro 265.902,60, per le ragioni di fatto e di diritto specificate, e, conseguentemente, dichiararlo privo di qualsivoglia effetto giuridico;

2) in via subordinata, ricostruita la contabilità inter partes ripassata, revocare il decreto ingiuntivo opposto e determinare l’esatto ammontare dell’obbligazione eventualmente dovuta dagli opponenti nei confronti dell’opposta, con riconoscimento della sola residua debenza.

3) In ulteriore subordine, verificata, a seguito di idonea C.T.U., a cura e spese della banca, attore nel procedimento di cognizione piena, su cui incombe l’onere probatorio, che, sin d’ora, si precisa dovrà essere effettuata, onde verificare il ricalcolo del giusto dare /avere più volte sollecitato dagli odierni opponenti, ma mai effettuato dalla banca e verificata, altresì, la violazione, da parte della banca, della L. n. 108 del 1996, condannare l’ingiungente al risarcimento dei danni non patrimoniali e morali patiti dagli opponenti, con liquidazione da effettuarsi anche in via equitativa.

In tutti i casi, con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio, rimborso forfetario delle spese al 15%, CAP e VIA come per legge”.

Hanno dedotto, a sostegno delle proprie domande:

– la violazione dell’art. 1865 comma 2 c.c., come modificato dall’art. 4 L. n. 108 del 1996;

– l’indebita applicazione in misura più elevata rispetto a quanto pattuito di commissione di massimo scoperto, commissioni per istruttoria veloce, competenze e remunerazioni varie;

– il mancato adempimento, da parte della banca opposta, dell’onere probatorio su di essa incombente ai fini dell’accertamento del credito da lei vantato, in considerazione della proposta opposizione.

Si è costituita in giudizio la banca opposta chiedendo, in via preliminare, di dichiarare la nullità dell’atto di citazione per mancata esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della domanda e per mancata indicazione dell’oggetto della domanda e, nel merito, il rigetto di tutte le domande degli opponenti in quanto infondate in fatto e in diritto e comunque non provate; in subordine, nell’ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell’opposizione ex adverso proposta, la condanna degli opponenti, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 265.902,00 o di quella che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi convenzionali nella misura e con le decorrenze indicate nel decreto ingiuntivo opposto.

In ogni caso, ha chiesto la condanna degli opponenti al risarcimento dei danni, da liquidarsi d’ufficio ex art. 96 comma 3 c.p.c. stante la temerarietà del giudizio di opposizione, oltre alla condanna al pagamento delle spese di lite.

Ha dedotto, in particolare:

– la genericità e l’infondatezza delle contestazioni mosse da parte opponente;

– l’assolvimento dell’onere probatorio su di essa incombente, avendo prodotto in allegato alla comparsa di costituzione e risposta gli estratti conto del rapporto di apertura di credito in conto corrente n. (…) dalla data di accensione a quella del passaggio a sofferenza;

– la mancata applicazione indebita di interessi anatocistici e usurari.

Al procedimento instaurato in virtù di tale opposizione (r.g. n. 1605/2014) è stato riunito in data 12.6.2015 il procedimento r.g. n. 2143/2014, introdotto da (…) in opposizione al medesimo decreto ingiuntivo.

Con l’atto di citazione in opposizione, ritualmente notificato, (…) ha infatti convenuto in giudizio la banca opposta al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni:

“Piaccia al Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa ritenuto e dichiarato nullo e/o inefficace il decreto ingiuntivo n. 195/2014 emesso dal Tribunale di Rieti nei confronti del Sig. (…):

– in via principale, rigettare, siccome infondata la pretesa creditoria così fatta valere;

– in via subordinata, rideterminare l’esatto ammontare della somma dovuta dall’opponente sulla base delle contestazioni mosse sub B) del presente atto e dichiarare estinto, in tutto o in parte, il credito che risulterà accertato in corso di causa, per compensazione con il credito dell’opponente per i titoli di cui ai punti C) e D) che precedono.”

Ha dedotto, a sostegno della propria domanda:

– il difetto di prova del credito vantato dalla banca opposta, atteso che l’idoneità probatoria dell’estratto ex art. 50 TUB è limitata al procedimento monitorio e non si estende alla fase dell’opposizione;

– che, in ogni caso, gli estratti conto eventualmente prodotti in giudizio dalla banca non potrebbero esplicare efficacia probatoria nei confronti dell’opponente, in quanto fideiussore;

– che la mancata produzione in giudizio degli estratti conto completi non consente all’opponente di verificare l’indebita applicazione di interessi anatocistici, usurari, commissione di massimo scoperto e/o tassi di interesse ultralegali;

– che, qualora dovesse operare la garanzia prestata da F.L., dovrebbe essere effettuata la compensazione, anche solo parziale, tra l’importo che risultasse dovuto dall’opponente alla banca opposta e quanto corrisposto e/o garantito da F. quale garante della società.

Anche in tale giudizio si è costituita la banca opposta, svolgendo nel merito difese analoghe a quelle svolte nel giudizio r.g. n. 1605/2014 e deducendo che la garanzia prestata da F. non è efficace, non avendo la (…) s.r.l. provveduto al pagamento degli oneri su di essa gravanti per il mantenimento di tale garanzia.

Con ordinanza resa a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 27.11.2015 il giudice ha concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, ai sensi dell’art. 648 c.p.c..

In data 23.11.2018 si è costituita in giudizio, con atto di intervento volontario, (…) S.r.l., quale cessionaria del credito vantato da (…) s.p.a. nei confronti degli opponenti, aderendo alle difese svolte da quest’ultima e chiedendone l’estromissione dal giudizio ai sensi dell’art. 111 c.p.c.

La causa, istruita con produzioni documentali, è stata trattenuta in decisione all’udienza del 22.2.2019, prima udienza tenuta davanti a questa giudice.

Deve, in via preliminare, rigettarsi l’eccezione di nullità ai sensi degli artt. 163 e 164 c.p.c. dell’atto di citazione in opposizione di (…) e (…), formulata dall’opposta, atteso che tale atto di opposizione non risulta carente in ordine al petitum e alla causa petendi, avendo gli opponenti formulato chiaramente la domanda di revoca del decreto ingiuntivo opposto e, in subordine, di rideterminazione degli importi dovuti alla banca opposta e avendo dedotto le ragioni di tale domanda, ossia la mancata prova del credito da parte dell’opposta e la violazione di norme di legge in materia di usura, nonché l’indebita applicazione di interessi anatocistici, c.m.s. e ulteriori importi in misura superiore a quanto previsto in base al contratto.

Deve, inoltre, essere rigettata la domanda di estromissione della banca opposta dal presente giudizio ai sensi dell’art. 111 c.p.c., formulata dall’intervenuta (…) s.r.l., atteso che tale estromissione, in caso di intervento del successore a titolo particolare, può essere disposta soltanto ove vi sia il consenso di tutte le altre parti, consenso nel caso in esame non espresso. In assenza di tali presupposti, dunque, il processo prosegue tra le parti originarie, ferma la facoltà del successore di intervenire nel giudizio.

Nel merito, l’opposizione deve essere accolta, e il decreto ingiuntivo va, conseguentemente, revocato, non avendo la banca opposta dato sufficiente prova del credito azionato in via monitoria.

E’ appena il caso di ricordare che l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che si atteggia quale attore da un punto di vista sostanziale.

Ne consegue che la regola di ripartizione dell’onere della prova, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2967 c.c., si atteggia in modo tale per cui la prova del fatto costitutivo del credito incombe sul creditore opposto che fa valere un diritto in giudizio ed ha quindi il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa, mentre il debitore opponente da parte sua dovrà fornire la prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto del credito (cfr. ex multis, Cassazione civile, sez. I, 31 maggio 2007, n. 12765; Cassazione civile, sez. III, 24 novembre 2005 n. 24815; Cassazione civile, sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2421): se solleva delle eccezioni volte a paralizzare la pretesa creditoria dell’opposto dovrà fornire la prova delle eccezioni sollevate.

La recente giurisprudenza di merito ha ribadito che

“in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di provare la fondatezza di tale domanda incombe sul convenuto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto attore sostanziale (nel caso in esame la società opposta non ha fornito la prova della sussistenza del diritto di credito vantato)” (cfr. Tribunale Roma, sez. X, 22/01/2015, n. 1434) e che

“In tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in tema di onere della prova grava a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa, parte opposta deve dimostrare gli elementi costitutivi del credito azionato in sede sommaria, mentre l’opponente ha l’onere di contestarlo allegando circostanze estintive o modificative del medesimo o l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda” (cfr. Tribunale Arezzo, 11/01/2017, n. 34).

Nei giudizi aventi ad oggetto pretese scaturenti da rapporti bancari la banca, attore in senso sostanziale, assolve l’onere probatorio a suo carico producendo in giudizio i contratti bancari che si contestano (necessari per verificare la sussistenza ed il rispetto di tutte le condizioni economiche applicate al rapporto) e gli altri documenti che rilevano nel caso specifico.

Più nel dettaglio, quando la domanda riguardi pretese derivanti da un contratto di conto corrente vanno anche prodotti gli estratti conto completi dall’inizio del rapporto, essendo essi indispensabili per la ricostruzione dell’andamento del rapporto nel corso del tempo e per ricalcolare correttamente il rapporto di dare-avere tra le parti (cfr. ex multis, Cass. civ. sez. I, 14 giugno 2012, n. 9768, Cass. civ., sez. I, 10 maggio 2007, n. 10692, Tribunale Roma, 20 marzo 2013, n. 6103).

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha infatti in più occasioni chiarito che “la banca, che intenda fare valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l’andamento dello stesso per l’intera durata del suo svolgimento.

Dall’inizio del rapporto, dunque, e senza cesure di continuità” (Cass., sez. 1, Sentenza n. 23313 del 27/09/2018 tra le altre, si vedano in specie Cass., 19 ottobre 2016, n. 21092; Cass., 20 febbraio 2018, n. 4102);

“la banca che si dica creditrice deve produrre gli estratti a partire dall’inizio del rapporto, dando così integrale dimostrazione del credito vantato con riguardo alle afferenti risultanze, esattamente come accade a parti invertite per il correntista ove si tratti di azione di ripetizione da questi avanzata per effetto della dedotta nullità di alcune clausole del contratto di conto.” (cfr., ex multis, Cass., sez. 1, Sentenza n. 9365 del 16/04/2018; Cass. n. 28945/17, Cass. 20693/16).

Viceversa, l’estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca, di cui all’art. 50 T.U.B., ha efficacia probatoria nell’ambito del solo procedimento monitorio, mentre nel successivo procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo può assumere rilevanza, salvo il caso di non contestazione, come elemento indiziario (Cassazione civile, sez. 3, 03/05/2011, n. 9695), la cui portata è liberamente apprezzata dal giudice nel contesto di altri elementi significativi.

Infatti il giudizio di opposizione ha per oggetto non il riesame delle condizioni per l’emissione del decreto ingiuntivo ma l’accertamento del diritto sostanziale sottostante al ricorso monitorio, sulla base delle prove acquisite nella fase a cognizione piena.

L’istituto di credito opposto ha, nel caso in esame, prodotto in sede di ricorso monitorio il contratto di apertura di credito in conto corrente n. (…) intercorso con la (…) s.r.l., stipulato in data 1.8.2012 e richiamante un precedente contratto stipulato in data 2.9.2003 (cfr. allegato 1 al ricorso monitorio), e l’estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 TUB (cfr. allegato 9 al ricorso monitorio), mentre con le comparse di costituzione si è limitato a depositare gli estratti conto a partire dal secondo trimestre del 2005 (il primo dei quali fa riferimento al precedente estratto conto del 31.3.2005, non prodotto in giudizio, come tutti i precedenti), a fronte di un contratto di apertura di credito in conto corrente acceso in data 2.9.2003 (come emergente dall’allegato 1 al ricorso monitorio).

Con riferimento al valore probatorio dell’estratto certificato ai sensi dell’art. 50 T.U.B., come sopra si è accennato, la giurisprudenza è chiara nell’affermare che

“in tema di prova del credito fornita da un istituto bancario, va distinto l’estratto di saldaconto (che consiste in una dichiarazione unilaterale di un funzionario della banca creditrice accompagnata dalla certificazione della sua conformità alle scritture contabili e da un’attestazione di verità e liquidità del credito), dall’ordinario estratto conto, che è funzionale a certificare le movimentazioni debitorie e creditorie intervenute dall’ultimo saldo, con le condizioni attive e passive praticate dalla banca. Mentre il saldaconto riveste efficacia probatoria nel solo procedimento per decreto ingiuntivo eventualmente instaurato dall’istituto, l’estratto conto, trascorso il previsto periodo di tempo dalla sua comunicazione al correntista, assume carattere di incontestabilità ed è, conseguentemente, idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato dal cliente”

(in tal senso, ex multis, Cassazione civile, sez. III, 19/10/2016, n. 21092, Cass. 2751/2002; in precedenza, Cass. S.U. 6707/1994).

Né può avere rilievo, ai fini della prova del credito, la produzione da parte della banca in sede di comparsa di costituzione e risposta degli estratti conto relativi al periodo dal 30.6.2005 sino alla chiusura del rapporto.

In relazione a tale produzione, questo Tribunale è a conoscenza dell’orientamento seguito da parte della giurisprudenza di merito ai sensi del quale, ove sia la banca ad agire per il pagamento, nel caso in cui la stessa non produca in giudizio gli estratti conto completi a far data dall’origine del rapporto, si deve partire dal saldo del primo estratto conto disponibile, se a credito per il cliente, o dal saldo zero nel caso in cui il primo estratto conto disponibile sia a debito per il cliente.

Tuttavia non si ritiene di poter condividere tale impostazione, in aderenza a quanto recentemente affermato dalla Suprema Corte, per cui “la banca non può pretendere … l’azzeramento di eventuali risultanze del primo degli estratti conto utilizzabili per la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti, in quanto ciò comporterebbe l’alterazione sostanziale del rapporto di conto corrente bancario.

Tale rapporto vede nella banca l’esecutrice degli ordini impartiti dal cliente.

Esso, unitariamente strutturato, postula operazioni di prelievo e di versamento non integranti distinti e autonomi rapporti di debito e credito tra banca e cliente, rispetto ai quali l’azzeramento unilaterale delle risultanze possa valere alla stregua di rinuncia.

L’accertamento giudiziale deve perciò considerare tutte le evidenze contabili, poiché il saldo del conto presuppone in sé la effettiva e integrale ricostruzione del dare e dell’avere: dunque suppone di procedere sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, senza possibilità di ricorrere a criteri presuntivi o approssimativi.” (Cass., sez. 1, Sentenza n. 9365 del 16/04/2018).

Dalle considerazioni che precedono deriva che in caso di mancata produzione integrale degli estratti conto – dunque dalla data di insorgenza del rapporto – la domanda di pagamento avanzata dalla banca dovrà essere rigettata, non potendosi verificare la giustificazione contabile del saldo richiesto e depurarlo dagli interessi illegittimi eventualmente applicati.

Conseguentemente, non essendo stati prodotti in questa sede tutti gli estratti conto a far data dall’instaurazione del rapporto contrattuale (2.9.2003), non può dirsi compiutamente provato il titolo del credito posto alla base del decreto ingiuntivo opposto, con conseguente revoca dello stesso.

Con riferimento alla somma di Euro 44.438,48 azionata dall’istituto di credito in relazione al contratto di mutuo n. (…), peraltro, deve rilevarsi come non sia stato prodotto dalla banca opposta, né in sede monitoria né nel giudizio di opposizione, il relativo documento contrattuale.

L’opposta si è, infatti, limitata a produrre, con la comparsa di costituzione nel giudizio r.g. n. 2143/2014, l’estratto certificato ex art. 50 T.U.B. relativo a tale finanziamento (cfr. allegato 4 alla comparsa di costituzione nel giudizio r.g. n. 2143/2014), non sufficiente a fondare la prova del titolo del credito azionato, per le ragioni sopra esposte, e un documento qualificato come “piano di ammortamento originario del contratto di mutuo”, in realtà configurantesi come “estratto al 30.6.2014 del conto di corrispondenza n. (…)” e, nella pagina successiva, come estratto conto a sofferenza del rapporto (…) (cfr. allegato 3 alla medesima comparsa di costituzione), documenti dunque non attinenti al rapporto di mutuo azionato.

Né può avere rilievo, ai fini della prova del titolo del credito di Euro 44.438,48 vantato dall’opposta, la circostanza che le controparti non abbiano contestato l’esistenza di tale contratto di mutuo, atteso che, ai sensi dell’art. 117 T.U.B., i contratti stipulati con le banche e gli intermediari finanziari devono essere stipulati per iscritto a pena di nullità e che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, “il principio, sancito dall’art. 115, comma 1, c.p.c., secondo cui i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita possono essere posti a fondamento della decisione, senza necessità di prova, non opera nel caso in cui il fatto costitutivo del diritto azionato sia rappresentato da un atto per il quale la legge impone la forma scritta “ad substantiam”, dal momento che in tale ipotesi, a differenza di quanto accade nel caso in cui una determinata forma sia richiesta “ad probationem”, l’osservanza dell’onere formale non è prescritta esclusivamente ai fini della dimostrazione del fatto, ma per l’esistenza stessa del diritto fatto valere, il quale, pertanto, può essere provato soltanto in via documentale, non risultando sufficienti né la prova testimoniale o per presunzioni, né la stessa confessione della controparte.” (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25999 del 17/10/2018; Tribunale Lamezia Terme, 30 Giugno 2010; Tribunale, Rovigo, sez. Adria, sentenza 10/09/2009).

Alla luce di tali principi, e stante la mancata produzione in giudizio da parte dell’opposta del contratto di mutuo n. (…), non può ritenersi provato il titolo del credito vantato dall’istituto bancario in relazione a tale contratto.

Conseguentemente, non essendo stata fornita adeguata prova del titolo posto alla base del credito azionato dalla banca opposta, tanto con riferimento al contratto di conto corrente quanto in ordine al contratto di mutuo, deve revocarsi il decreto ingiuntivo opposto.

Non può, invece, essere accolta la domanda formulata dagli opponenti (…) s.r.l. e (…) di condanna dell’opposta al risarcimento dei danni non patrimoniali e morali patiti dagli opponenti, stante l’assoluta mancanza di prova, e finanche di allegazioni, in ordine alla natura e all’entità di tali danni.

Le spese, liquidate in base ai parametri minimi del D.M. n. 55 del 2014, stante la ridotta complessità della controversia, sono poste a carico di parte opposta in applicazione del principio di cui all’art. 91 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione:

– accoglie l’opposizione e per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo opposto;

– condanna (…) S.P.A. a rifondere a (…) S.R.L. e (…), in solido, le spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 555,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA da distrarsi in favore del procuratore dichiaratori antistatario Avv. Au.Pr.;

– condanna (…) S.P.A. a rifondere a (…) le spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 5.000,00 per compensi ed Euro 634,00 per esborsi, oltre spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Rieti l’11 aprile 2019.

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.