Il rimborso delle spese processuali sostenute da colui che sia legittimamente intervenuto ad adiuvandum e’ posto, senza che occorra che la sua presenza sia stata determinante ai fini dell’esito favorevole della lite per l’adiuvato, a carico della parte la cui tesi difensiva, risultata infondata, abbia determinato l’interesse all’intervento.

Corte di Cassazione|Sezione 6 2|Civile|Ordinanza|19 giugno 2019| n. 16433

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28308-2017 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) SNC;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2572/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/03/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Roma il Fallimento della (OMISSIS) S.a.s., (OMISSIS) e (OMISSIS) per sentir accertare l’intervenuta usucapione, in favore di essa attrice, si un immobile sito in Zagarolo, localita’ Colle Mainello, e la condanna dei convenuti (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’occupazione senza titolo di detto bene e per averlo ceduto senza titolo a (OMISSIS) S.a.s., la quale sarebbe poi fallita con conseguente assoggettamento del cespite di cui e’ causa a vendita coattiva.

Si costituivano in giudizio i convenuti. Nelle more del giudizio di prime cure l’immobile veniva acquistato da (OMISSIS), che si costituiva in giudizio ad adiuvandum rispetto alla posizione del Fallimento (OMISSIS) S.a.s., suo dante causa.

Con sentenza n. 167702/2011 il Tribunale rigettava la domanda.

Interponeva appello la (OMISSIS) e la Corte di Appello di Roma, con la sentenza oggi impugnata n. 2575/2017 respingeva il gravame confermando la sentenza di prime cure.

Ricorre per la cassazione di detta decisione (OMISSIS) affidandosi a quattro motivi.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva nel presente giudizio di Cassazione.

A seguito di proposta del relatore ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. il ricorso e’ stato chiamato in camera di consiglio dinanzi la sezione sesta civile.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1142 e 1168 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto insussistente il possesso ad usucapionem in capo alla (OMISSIS).

La doglianza e’ inammissibile in quanto essa si risolve in una contestazione dell’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice di merito.

In proposito, occorre ribadire che il motivo di ricorso non puo’ mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.627790).

Peraltro la Corte di merito ha correttamente escluso la sussistenza del possesso ad usucapionem in quanto da un lato la ricorrente non aveva dimostrato il possesso pacifico e indisturbato del bene per un ventennio, e dall’altro gli intimati avevano manifestato e posto in essere comportamenti incompatibili con il possesso allegato dalla (OMISSIS).

Sotto il primo profilo, infatti, la Corte territoriale ha ritenuto che la mera esecuzione di lavori di ristrutturazione del bene, da parte della (OMISSIS), non costituisse prova sufficiente dell’allegato possesso ultraventennale uti dominus, tenuto anche conto delle date delle relative fatture, comunque inidonee a coprire l’intero ventennio.

Sotto il secondo profilo, ha invece valorizzato il fatto che i due convenuti (OMISSIS) ed (OMISSIS) risiedessero nell’immobile oggetto di causa;

che la relativa domanda di sanatoria fosse stata presentata dalla sola (OMISSIS); che nessuna utenza a servizio del bene era intestata alla odierna ricorrente ed infine che nel corso degli accessi al bene effettuati dagli organi della procedura fallimentare la stessa non era mai risultata presente in loco.

Trattasi di apprezzamento evidentemente attinente al merito della controversia, non utilmente censurabile in questa sede e comunque sostenuto da idoneo impianto motivazionale.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5, perche’ la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto dei verbali di udienza del 1.7.2008 e del 2.12.2009 e delle risultanze della prova testimoniale ivi raccolta.

La censura e’ inammissibile innanzitutto perche’ nel caso di specie si configura una ipotesi di cd. doppia conforme. Di conseguenza, posto che l’appello e’ stato introdotto con atto di citazione notificato il 22.10.2012 e quindi e’ soggetto ratione temporis alla disciplina prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, introdotto dal Decreto Legge 22 giungo 2012, n. 83, articolo 54 convertito con modificazioni in L. 7 agosto 2012, n. 134), va riaffermato il principio secondo cui “Nell’ipotesi di doppia conforme prevista dall’articolo 348-ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilita’ del motivo di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19001 del 27/09/2016, Rv. 642111 e Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26774 del 22/12/2016, Rv. 643244).

Inoltre, la censura e’ ulteriormente inammissibile in quanto anch’essa invoca una rivalutazione del fatto, preclusa in questa sede, posto che l’apprezzamento delle risultanze istruttorie costituisce una tipica quaestio facti insindacabile in Cassazione, posto il principio secondo cui

“L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonche’ la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilita’ dei testi e sulla credibilita’ di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute piu’ idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv.589595: conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv.631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv.631330).

Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e delle norme in tema di interpretazione della domanda in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 perche’ la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che la domanda risarcitoria proposta dalla (OMISSIS) aveva ad oggetto il danno in re ipsa derivante dall’occupazione del bene di cui e’ causa.

Ad avviso della ricorrente, pertanto, da un lato la Corte romana avrebbe dovuto procedere ad una valutazione equitativa del danno, e dall’altro avrebbe errato nel ricollegare la domanda in esame ad una richiesta di accertamento della simulazione del negozio intervenuto tra (OMISSIS) ed (OMISSIS), da un lato, e (OMISSIS) S.a.s., dall’altro lato, richiesta che l’odierna ricorrente non aveva mai formulato.

La censura va rigettata in quanto la domanda risarcitoria formulata dalla (OMISSIS) era evidentemente riconnessa a quella di accertamento dell’intervenuta usucapione in suo favore del bene di cui e’ causa.

Una volta esclusa la prima, la Corte territoriale ha correttamente respinto anche la seconda.

Ne’ sarebbe possibile pervenire a diversa conclusione ove si collegasse la domanda risarcitoria -come propone la ricorrente a pag.12 del ricorso- all’accertamento dell’illecito civile rappresentato dall’alienazione, da parte dei convenuti (OMISSIS) ed (OMISSIS), del cespite oggetto di causa a favore della Tiburtina

Costruzioni S.a.s. in quanto detto illecito presuppone in ogni caso l’accertamento della proprieta’ del bene in capo all’odierna ricorrente.

Infine, con il quarto motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 92 c.p.c. e del principio del giusto processo codificato dall’articolo 111 Cost. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 perche’ la Corte di Appello avrebbe erroneamente condannato la (OMISSIS) alla refusione delle spese anche in favore della (OMISSIS), intervenuta volontaria nel giudizio, nei cui confronti l’odierna ricorrente non aveva mai spiegato alcuna domanda.

Anche questa censura va respinta, dovendosi riaffermare il principio secondo cui “Il rimborso delle spese processuali sostenute da colui che sia legittimamente intervenuto ad adiuvandum e’ posto, senza che occorra che la sua presenza sia stata determinante ai fini dell’esito favorevole della lite per l’adiuvato, a carico della parte la cui tesi difensiva, risultata infondata, abbia determinato l’interesse all’intervento” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11670 del 14/05/2018, Rv.648325; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5085 del 23/07/1983, Rv.429945). In definitiva, il ricorso va rigettato.

In applicazione del principio affermato da Cass. Sez. U, Ordinanza n. 6826 del 22/03/2010, Rv. 612077 (cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11287 del 10/05/2018, Rv.648501 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018, Rv.648755), in considerazione dell’esito del ricorso non si procede all’integrazione del contraddittorio, pur dovendo il Collegio dare atto del mancato perfezionamento della notificazione del ricorso introduttivo nei confronti degli intimati (OMISSIS), (OMISSIS) e Fallimento (OMISSIS) S.a.s., essendosi perfezionata comunque la notifica nei confronti di (OMISSIS), eseguita a mani del procuratore domiciliatario in data 20.11.2017.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attivita’ difensiva in questo giudizio da parte degli intimati.

Poiche’ il ricorso per cassazione e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dei presupposti per l’obbligo di versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

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