in tema di pagamenti spettanti al fallito, come pure di atti di disposizione, l’inefficacia degli stessi, se effettuati dopo la dichiarazione di fallimento ed a soggetti diversi dalla curatela, e’ conseguenza automatica dell’indisponibilita’ del patrimonio del fallito, valevole erga omnes e senza che assuma rilevanza lo stato soggettivo del solvens.

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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|2 ottobre 2019| n. 24602

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. VELLA Paola – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21241/2014 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Curatela del Fallimento della (OMISSIS) S.a.s. di (OMISSIS), in persona del curatore Dott. (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1085/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, del 15/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/07/2019 dal cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Catanzaro, con la sentenza n. 1085/14 pubblicata il 15 luglio 2014, confermando la sentenza di primo grado, disattesa l’eccezione di nullita’ dell’atto di citazione per indeterminatezza della domanda, giusta integrazione della domanda ad opera della curatela attrice in data 1.12.2006, ha dichiarato inefficace L. Fall., ex articolo 44 nei confronti del fallimento (OMISSIS) sas, in ragione della quota di 1/2, la vendita, stipulata con rogito del 29.8.2005 per notar (OMISSIS), con cui il fallito (OMISSIS) cedeva a (OMISSIS) e (OMISSIS) l’immobile sito in (OMISSIS) e censito al NCEU al fg. (OMISSIS), particolo (OMISSIS), sub (OMISSIS).

La Corte territoriale, in particolare, disattendeva la richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del curatore fallimentare spiegata dai convenuti al fine di esercitare nei suoi confronti domanda risarcitoria derivante dalla mancata trascrizione della sentenza di fallimento e confermava la declaratoria di inefficacia dell’atto negoziale oggetto di causa in quanto trascritto successivamente alla pronuncia della sentenza di fallimento, ritenendo irrilevante lo stato soggettivo dei terzi acquirenti.

Per la cassazione di tale pronuncia propongono ricorso, con tre motivi, (OMISSIS) e (OMISSIS).

La curatela fallimentare resiste con controricorso.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 380 bis.1. c.p.c. oltre il termine previsto e di essa non puo’ dunque tenersi conto.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 164 c.p.c. per avere il giudice attribuito efficacia sanante alla nota integrativa depositata dalla curatela fallimentare in data 1.12.2006.

Il motivo e’ infondato.

La Corte territoriale ha infatti escluso la genericita’ dell’atto introduttivo, atteso che, alla luce della nota integrativa suddetta, risultava sufficientemente specifico il contenuto della domanda L. Fall., ex articolo 44 formulata dalla curatela fallimentare.

La statuizione e’ conforme a diritto.

La domanda della curatela attrice, alla luce dell’integrazione effettuata l’1.12.2006, non puo’ ritenersi indeterminata poiche’ risulta formulato con chiarezza il fatto costitutivo della pretesa, vale a dire l’inopponibilita’ al fallimento del negozio giuridico stipulato dal fallito dopo la sentenza di fallimento, ai sensi della L. Fall., articolo 44, superandosi in tal modo l’incertezza derivante dal richiamo contenuto nell’atto di citazione originario anche agli articoli 2901 e 2902 c.c. ed alla L. Fall., articolo 66.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di norme di legge, in particolare l’articoli 106 c.p.p. e articolo 269 c.p.p., comma 2, per avere il giudice del gravame respinto l’istanza di annullamento dell’ordinanza con cui il giudice di primo grado aveva respinto la richiesta di chiamata in causa del curatore in proprio, al fine di esercitare nei suoi confronti l’azione individuale di responsabilita’.

Il motivo e’ infondato.

E’ al riguardo sufficiente rilevare che, come questa Corte ha gia’ affermato, fuori dall’ipotesi di litisconsorzio necessario ex articolo 102 c.p.c., il provvedimento del giudice di merito, che concede o nega l’autorizzazione a chiamare in causa un terzo, ai sensi dell’articolo 106 c.p.c., coinvolge valutazioni assolutamente discrezionali che, in quanto tali, non possono formare oggetto di appello e di ricorso per cassazione (Cass. 25676/2014).

Il terzo motivo, articolato in una duplice censura, denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. e della L. Fall., articolo 44.

Con la prima censura, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale, in violazione dell’articolo 112 c.p.c., abbia dichiarato l’inefficacia della compravendita nei confronti dei terzi creditori, a fronte della domanda originaria della curatela fallimentare diretta ad ottenere che l’inefficacia fosse dichiarata nei confronti dei convenuti signori (OMISSIS) e (OMISSIS).

La censura e’ infondata.

L’ambiguita’ iniziale contenuta nell’atto di citazione, la cui nullita’ e’ stata rilevata dal giudice di primo grado, e’ stata infatti superata, come rilevato dalla Corte d’Appello, dalla successiva nota, depositata dall’attrice ai sensi articolo 164 c.p.c., comma 5, che ha sostituito ed integrato l’originario atto introduttivo.

Come risulta dal contenuto di tale atto, riprodotto nel corpo del ricorso, la domanda della curatela attrice risulta correttamente formulata con riferimento alla disposizione della L. Fall., articolo 45 (nella formulazione vigente ratione temporis) ed alla conseguente inefficacia della compravendita nei confronti della massa dei creditori, in quanto stipulata dopo la dichiarazione di fallimento del venditore (OMISSIS).

E’ infatti vero che in materia di nullita’ dell’atto di citazione, i vizi riguardanti la “editio actionis” sono rilevabili d’ufficio dal giudice e non sono sanati dalla costituzione in giudizio del convenuto, essendo la costituzione inidonea a colmare le lacune della citazione stessa, che compromettono lo scopo di consentire non solo al convenuto di difendersi, ma anche al giudice di emettere una pronuncia di merito, sulla quale dovra’ formarsi il giudicato sostanziale, con la conseguenza che non puo’ farsi applicazione dell’articolo 156 c.p.c., comma 3, e articolo 157 c.p.c., essendo la nullita’ in questione prevista in funzione di interessi che trascendono quelli del convenuto (Cass.6673/2018).

Tale effetto sanante, per il generale principio del raggiungimento dello scopo, puo’ all’opposto attribuirsi, ai sensi dell’articolo 164 c.p.c., all’integrazione della domanda, che, come nel caso di specie, elimini incertezza, genericita’ e contraddittorieta’ dell’originario atto di citazione.

E’ dunque l’atto quale risulta a seguito della successiva integrazione che va considerato ai fini della validita’ secondo i criteri indicati dall’articolo 163 c.p.c., ed all’esito di tale valutazione risulta che l’eliminazione delle lacune originarie ha consentito alla controparte di esercitare pienamente il diritto di difesa ed al giudice di emettere una pronuncia di merito idonea al giudicato.

Da quanto sopra enunciato, deriva anche la reiezione della seconda censura, che investe la statuizione della sentenza di appello che, confermando quella di primo grado, ha respinto l’eccezione di inammissibilita’ per novita’ della domanda L. Fall., ex articolo 44, sia in quanto gli elementi costitutivi della domanda erano gia’ indicati nell’atto di citazione originario, sia in considerazione dell’efficacia sanante (ex nunc) dell’integrazione del 1.12.2006.

Vanno infine disattese, nel merito, le censure inerenti la sussistenza dei presupposti della L. Fall., articolo 44 avuto riguardo in particolare alla buona fede degli odierni ricorrenti.

Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, in tema di pagamenti spettanti al fallito, come pure di atti di disposizione, l’inefficacia degli stessi, se effettuati dopo la dichiarazione di fallimento ed a soggetti diversi dalla curatela, e’ conseguenza automatica dell’indisponibilita’ del patrimonio del fallito, valevole erga omnes e senza che assuma rilevanza lo stato soggettivo del solvens (Cass.19165/2007).

In tal senso, del resto, la Corte costituzionale con la pronuncia n. 228 del 6.6.1995 ha ritenuto infondata la questione di legittimita’ costituzionale della L. Fall., articolo 44 (nella formulazione vigente ratione temporis), sollevata in riferimento all’articolo 24 Cost., nella parte in cui considera gli effetti della sentenza di fallimento opponibili anche al terzo di buona fede che abbia contratto con il fallito dopo il fallimento e prima dell’affissione della correlativa pronuncia.

E’ in particolare infondato e privo di rilievo per quanto sopra evidenziato il profilo fatto valere dai ricorrenti, i quali deducono la loro buona fede in conseguenza della mancata trascrizione della sentenza di fallimento.

A parte il rilievo che nel caso di specie sul bene oggetto della vendita era stata gia’ eseguita la trascrizione del pignoramento e che l’integrazione della pubblicita’ della sentenza di fallimento L. Fall., ex articolo 17 (nella formulazione vigente ratione temporis) poneva i terzi in grado di salvaguardarsi contro il pericolo di acquisti dal fallito, come gia’ osservato gli effetti della sentenza di fallimento si producono erga omnes dalla data del fallimento stesso, indipendentemente dal compimento delle formalita’ previste dall’articolo 88 L. Fall..

Da cia’ discende che la mancata o ritardata trascrizione della sentenza di fallimento non ne impedisce l’opponibilita’ ai terzi acquirenti di buona fede.

Pure tale motivo va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre al rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13 comma 1 quater da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.