il beneficio della preventiva esecuzione non impedisce né che il creditore si munisca di un titolo esecutivo anche nei confronti del debitore beneficiato né che instauri nei confronti di questi l’azione esecutiva, spettando al debitore la facoltà di eccepire tempestivamente e nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. il beneficio ex art. 2304 c.c.. Il beneficio, cioè, non può essere rilevato d’ufficio né in sede di cognizione né in sede esecutiva. Il beneficio, quindi, opera esclusivamente in sede esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sul patrimonio della società. La preventiva escussione del patrimonio sociale costituisce, pertanto, una condizione dell’azione esecutiva, con la conseguenza che a fronte di una vittoriosa opposizione tempestivamente svolta dal debitore, l’azione esecutiva andrà dichiarata inammissibile.

Corte d’Appello|Bolzano|Civile|Sentenza|13 marzo 2020| n. 8

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Trento

Sezione Distaccata di Bolzano

Sezione per le controversie di lavoro e previdenza riunita in camera di consiglio nelle persone dei Signori Magistrati:

dott.ssa Isabella Martin Presidente

dott.ssa Claudia Montagnoli Consigliere

dott. Thomas Weissteiner Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente a

SENTENZA

nella causa civile di II grado iscritta sub n. 1/2019 RGP promossa

da

Du.Op., c. f. (…), nato (…), residente a Merano (BZ), via (…), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso di primo grado, dall’avv. Da.Au., foro di Milano, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso difensore, sito a Milano, via (…)

– appellante –

contro

Agenzia delle Entrate-Riscossione (già Eq. S.p.a., Eq. S.p.A.), c. f. (…), in persona del suo procuratore speciale El.Fa., con sede legale in Roma Via (…), rappresentata e difesa dall’avv. Ma.Fe. del foro di Bolzano, elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Bolzano, Corso (…), giusta delega in calce ovvero allegata alla comparsa di costituzione e risposta

– appellata –

Oggetto: appello avverso la sentenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Bolzano n. 218/2018 di data 30.11.2018 – altre controversie previdenziali –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’oggetto della controversia e le vicissitudini processuali sono così riassunte nella sentenza impugnata:

“Svolgimento del processo: Con ricorso dd. 27/03/2017 il sig. Op.Du., ai sensi e per gli effetti del combinato disposto di cui agli artt. 615 e 617 c.p.c., proponeva opposizione avverso l’atto di pignoramento presso terzi n. (…) notificato al medesimo in data 07/03/2017, quale conseguenza del mancato pagamento delle cartelle di pagamento n. (…) per l’importo complessivo di Euro 69.852,38.

L’opponente lamentava in particolare la mancata notificazione delle succitate cartelle di pagamento; l’omessa notifica dell’intimazione di pagamento (…) asseritamente notificata il 26.09.2016 ex art. 50 co. 2 D.P.R. n. 602/1973; la violazione delle disposizioni contenute nell’art. 1 comma 529 e ss. L. n. 228/2012; la nullità dell’atto di pignoramento presso terzi – notificato a mezzo del servizio di posta elettronica – in formato pdf privo della sottoscrizione con firma digitale da parte del funzionario.

Da ultimo, il sig. Du.Op. riteneva il credito azionato integralmente prescritto.

Con provvedimento dd. 06/04/2017, il Giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza di sospensione dell’esecuzione inaudita altera parte e fissava udienza per la comparizione delle parti.

All’udienza del 15/06/2017 si costituiva l’Agente Della Riscossione contestando integralmente le deduzioni avversarie chiedendo, per l’effetto, il rigetto dell’invocata istanza di sospensione della procedura esecutiva.

A scioglimento della riserva assunta all’esito della predetta udienza, con provvedimento del 11/01/2018, il giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza di sospensione della procedura esecutiva fissando il termine perentorio di mesi tre per l’introduzione del giudizio di merito ….

Il sig. Du.Op. instaurava dinanzi al Tribunale Ordinario dio Bolzano il conseguente giudizio di merito giusto RG n. 1534/2018.

Ivi ribadiva tutte le eccezioni di cui si è detto poc’anzi.

Tanto premesso il ricorrente rassegnava le conclusioni sopra riportate per esteso. Con comparsa dd. 08/05/2018 … si costituiva in giudizio l’Agente della Riscossione eccependo, in primo luogo, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito in favore della Commissione Tributaria – relativamente ai crediti vantati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Camera di Commercio di Bolzano aventi natura erariale – contemplati in seno alle cartelle di pagamento: n. ….; l’Agenzia Entrate Riscossione sollevava quindi eccezione di difetto di competenza per materia del giudice adito in favore della sezione specializzata lavoro e previdenza relativamente alle cartelle di pagamento:

– n. (…) (avente ad oggetto crediti I.N.P.S. e relativi accessori);

– n. (…) (avente ad oggetto crediti INAIL e relativi accessori). L’Agenzia Entrate-Riscossione prendeva quindi posizione, contestandole una ad una, su tutte le eccezioni solevate da parte ricorrente ed infine in ogni caso, stante il regolare espletamento delle procedure di notifica sia degli atti impositivi che dei successivi atti interruttivi della prescrizione, anche “nei confronti dei coobbligati solidali “, chiedeva infine l’integrale rigetto delle doglianze avversarie.

…. Con ordinanza dd. 05/06/2018, il G. I. disponeva la separazione della domanda con apertura di un nuovo fascicolo nella parte in cui l’opposizione al pignoramento promossa dal contribuente atteneva ai rapporti di cui alle cartelle di pagamento n. (…) e n. (…) (contributi I.N.P.S. e INAIL) trasmettendo gli atti alla sezione specializzata in funzione di giudice del lavoro per la prosecuzione del giudizio.

Con provvedimento dd. 12/07/2018 il Giudice del lavoro assegnatario del fascicolo “separato” fissava l’udienza del 16/10/2018 per la comparizione delle parti e la discussione ex art. 420 c.p.c. assegnando il termine perentorio del 10/09/2018 per l’integrazione degli atti introduttivi.

Parte opponente non depositava memoria integrativa e nemmeno nuovi documenti.

Parte Agenzia Entrate – Riscossione depositava in data 10.09.2018 memoria difensiva autorizzata, ribadendo le difese già svolte … e provvedeva a ridepositare la documentazione a suo tempo allegata alla comparsa di costituzione ed alla successiva nota di deposito.

All’udienza del 16.10.2018 parte Op.Du. evidenziava che nella parte del procedimento rimasta dinanzi al giudice ordinario, lo stesso si erta da ultimo pronunciato con sentenza n. 1023/2018 annullando l’atto di pignoramento di cui è causa …; eccepiva che la solidarietà del ricorrente con altra pretesa coobbligata cui sarebbero stati notificati atti idonei ad interrompere il decorso del termine di prescrizione ex art. 1310 c.c. (…) era del tutto indimostrata e in ogni caso il ricorrente non era mai stato posto nella condizione di conoscere l’origine del debito di cui alle cartelle.

Osservava infine che – … – l’Agenzia non aveva dato dimostrazione di avere preventivamente intentato un’azione nei confronti dell’impresa ex art. 2304 c.c., come da ultimo interpretato dalla sentenza Cassazione 23260/2018.

Con ordinanza … fissava per discussione l’udienza del 30.11.2018, concedendo termine alle parti per il deposito di note conclusionali.

Il Tribunale pronunciava sentenza come da dispositivo riportato in calce”.

Il primo Giudice, dopo avere preso atto che nel secondo procedimento svoltosi dinanzi al Giudice ordinario (RG 1534/2018, Tribunale di Bolzano) l’atto di pignoramento era stato annullato per difetto di notifica e che l’oggetto del presente giudizio era, quindi, limitato “alla domanda svolta dal ricorrente di accertamento della prescrizione dei crediti azionati dalla controparte”, rigettava il ricorso ponendo le spese di lite a carico del ricorrente.

In sintesi, il Tribunale:

– respingeva l’eccezione di difetto di notifica delle cartelle di pagamento;

– accertava, di conseguenza, l’incontrovertibilità del credito contributivo consacrato nelle dette cartelle per tardività dell’opposizione ai sensi dell’art. 24 comma 5 del decreto legislativo n. 46/1999;

– riteneva di dovere esaminare, comunque, l’eccezione di prescrizione dell’azione esecutiva;

– riteneva non applicabile alla fattispecie il termine decennale di prescrizione ex art. 2953 c.c., con conseguente applicabilità di quello quinquennale dei crediti contributivi (art. 3 comma 9 e comma 10 della legge n. 335/1995);

– riteneva l’eccezione di prescrizione, però, infondata alla luce di validi atti interruttivi nei confronti della coobbligata in solido signora Ci.Bi. ex art. 1310 c.c. (notifica del pignoramento presso terzi del 26.6.2008, dell’intimazione di pagamento del 27.4.2009, del preavviso di fermo amministrativo del 5.5.2011) e nei confronti del ricorrente (notifica dell’intimazione di pagamento del 7.3.2016);

– riteneva che la contestazione/eccezione del difetto di prova della solidarietà con l’altra coobbligata, sollevata solo all’udienza del 16.10.2018, era intempestiva e comunque infondata, “in quanto afferente a questione di merito, coperta dalla incontrovertibilità del credito, per mancata opposizione della cartella di pagamento in termini. Qualora, infatti, il ricorrente avesse voluto fare valere l’insussistenza dei debiti della Ge. e quindi la connessa insussistenza della solidarietà con la signora Bi.Ci. in relazione ai debiti della Ge., avrebbe dovuto proporre tempestivamente opposizione avverso le cartelle per cui è causa. Il che pacificamente non ha fatto.”;

– riteneva, inoltre, che il medesimo ricorrente aveva ammesso di conoscere che le pretese fatte valere si fondino su una pretesa solidarietà per debiti della citata società (corrispondenza intercorsa con Eq. sub doc. n. 16 della convenuta);

– riteneva, infine, tardiva l’eccezione del beneficium excussionis ex art. 2304 c.c., non sollevata in limine litis (né nel ricorso del 27.03.2017 al Giudice dell’esecuzione né nell’atto introduttivo del giudizio di merito);

– poneva le spese a carico del ricorrente in ossequio al principio di soccombenza.

Avverso la decisione, il ricorrente Du.Op. interponeva appello per i seguenti motivi:

1. Erronea ricostruzione dei fatti. Nullità della sentenza impugnata per avere ritenuto definitivamente provata la riferibilità del debito alla società compartecipata:

Il Tribunale avrebbe errato ritenendo riferibile il debito alla società di persone, non avendo controparte fornito la prova sul punto. L’accertamento di detta riferibilità sarebbe, però, necessario per verificare il rispetto delle norme dettate in materia di riscossione di debiti di natura solidale. Erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito alla corrispondenza intercorsa tra il ricorrente e l’Agente della riscossione valore confessorio di conoscenza, ricavandosi da essa soltanto che il contribuente ipotizzasse che il debito riscosso potesse riferirsi alla società partecipata. Non essendovi in atti alcun atto notificato all’odierno appellante dal quale lo stesso potesse desumere la riferibilità del debito all’impresa, non vi sarebbe, ad oggi, alcuna prova della responsabilità solidale.

2. Conseguente nullità della sentenza per avere considerato gli atti notificati al presunto coobbligato idonei ad interrompere il decorso del termine quinquennale di prescrizione nei confronti di Op.:

Il Tribunale erroneamente avrebbe ritenuta tardiva l’eccezione sollevata dal ricorrente (d’assenza di prova di sussistenza della solidarietà passiva), trattandosi in realtà di una mera difesa, incombendo al creditore l’onere dimostrativo dei presupposti di fatto e giuridici di validità, legittimità e fondatezza del diritto di credito e dell’azione esecutiva (art. 2697 c.c.).

La difesa sarebbe stata peraltro tempestivamente sollevata all’udienza del 16.10.2018, avendo la controparte invocato l’art. 1310 c.c. solo nella memoria di costituzione nel giudizio “stralciato”. Rispetto a tale richiesta l’appellante si sarebbe limitato a rilevare, in termini difensivi, la carenza assoluta di prova circa la natura solidale del debito.

3. Nullità della sentenza impugnata per avere considerato tardiva l’eccezione relativa alla mancanza di prova della preventiva escussione nei confronti della società ex art. 2304 c.c.:

Qualora anche vi fosse dimostrazione della solidarietà passiva, l’Agente della riscossione dovrebbe fornire la prova di avere previamente tentato di escutere il credito presso l’ipotetica impresa debitrice ai sensi dell’art. 2304 c.c..

Il Tribunale avrebbe errato ritenendo l’eccezione tardivamente introdotta nel giudizio, non convincendo la qualificazione della difesa del ricorrente alla stregua di un’eccezione di parte invece che di mera difesa.

Secondo l’innovativa giurisprudenza di legittimità (Cassazione, n. 23260 del 27 settembre 2018) già l’iscrizione a ruolo avvenuta in violazione del beneficium excussionis sarebbe illegittima e, di conseguenza, già non era legittimo l’invio della cartella di pagamento se non preceduto da un tentativo di aggressione del patrimonio sociale o da una puntuale verifica circa la sua in capienza.

Conseguentemente la sentenza andrebbe riformata per avere ritenuto tardiva la richiesta di applicazione dell’art. 2304 c.c. e per non avere accertato la preventiva escussione del debito nei confronti dell’ipotetico debitore principale.

4. Carenza assoluta di prova, circa la notifica dell’atto di accertamento a Op., divieto di supersolidarietà, vizio di motivazione:

L’Agente della riscossione avrebbe omesso di provare che l’ente creditore (INPS o INAIL) aveva correttamente provveduto all’accertamento del debito tanto nei confronti dell’impresa quanto nei confronti dei soci della stessa.

A partire dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 48/1968 la pretesa di pagamento nei confronti dei soggetti coobbligati esigerebbe la notifica dell’atto impositivo nei confronti di tutti i condebitori solidali, pena l’impossibilità di fare valere la pretesa “nei confronti di chi non abbia avuto formale conoscenza detratto.” Il Tribunale, però, avrebbe omesso “di specificare attraverso quali atti sarebbe possibile verificare l’osservanza della procedura di accertamento del preteso credito previdenziale”, rendendo così la sentenza priva di motivazione sul punto e pertanto meritevole di annullamento.

L’appellante formulava, quindi, le conclusione riportate in epigrafe.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione si costituiva resistendo articolatamente all’appello. Produceva anche nuova documentazione (copia estratti ruolo cartelle Ci.Bi. e Ge.; copia relata di notifica cartella Ge.).

La causa veniva, quindi, decisa con lettura del dispositivo di sentenza all’udienza del 04.03.2020.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i primi due motivi di gravame, che possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante censura la sentenza impugnata per avere erroneamente ritenuto provata la solidarietà passiva con il debito della società di persone “Ge.”, prova mai fornita dalla controparte ma – secondo l’appellante – necessaria per verificare il rispetto delle norme dettate in materia di riscossione di debiti di natura solidale.

Erroneamente il Tribunale avrebbe attribuito alla corrispondenza intercorsa tra il ricorrente e l’Agente della riscossione valore confessorio.

Il primo Giudice, conseguentemente, avrebbe erroneamente ritenuto tardiva l’eccezione sollevata dal ricorrente, trattandosi in realtà di una mera difesa, incombendo al creditore l’onere dimostrativo dei presupposti di fatto e giuridici di validità, legittimità e fondatezza del diritto di credito e dell’azione esecutiva (art. 2697 c.c.), tempestivamente introdotta all’udienza del 16.10.2018 dopo che controparte aveva invocato l’art. 1310 c.c. solo nella memoria di costituzione nel giudizio “stralciato”.

1.1. In fatto, va dato atto che parte appellata già nel giudizio incardinato dinanzi al Giudice civile ordinario in comparsa di costituzione e risposta di data 8.5.2018 a pagina 16 aveva eccepito che “nondimeno sono state eseguite ulteriori azioni esecutive nei confronti dei coobbligati solidali che hanno tempestivamente interrotto la prescrizione”, fornendo anche prova documentale (sub doc. n. 10 e 13).

L’eccezione, poi, è stata sviluppata e precisata in dettaglio nella memoria integrativa ex art. 426 c.p.c., depositata entro il termine assegnato del 10.9.2018. Non corrisponde, quindi, alle evidenze processuali, l’affermazione che l’appellata avesse invocato l’art. 1310 c.c. “solo nella memoria di costituzione nel giudizio stralciato”.

1.2. Ciò premesso, l’appellante non censura il primo nucleo essenziale della decisione del Tribunale, nella parte in cui – nel rigettare l’eccezione sollevata dal ricorrente – ha ritenuto regolare le notifiche delle due cartelle di pagamento (rispettivamente in data 23.08.2006 e 24.04.2007) e, di conseguenza e in applicazione dell’art. 24 comma 5 del decreto legislativo n. 46/1999, che da ciò derivi “l’incontrovertibilità dei due provvedimenti.”

In sostanza, proseguiva il primo Giudice (a pagina 6), “spirato il termine di cui si tratta, senza che il contribuente abbia proposto opposizione, il credito iscritto a ruolo si consolida e non è più contestabile, neppure con un’azione di accertamento negativo o di opposizione all’esecuzione”.

1.3. Con riferimento alla questione della prova della natura solidale del debito, il primo Giudice ha disatteso l’opposizione (all’esecuzione) per tre rationes decidendi. In primo luogo ha ritenuto “l’eccezione sollevata per la prima volta … in udienza del 16.10.2018 (rectius: contestazione) …è tardiva e quindi inammissibile” sul rilievo che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione l’aveva già tempestivamente dedotta nella comparsa di costituzione dinanzi al Giudice ordinario (dimettendo le prove), mentre parte Op. nulla aveva dedotto a verbale dinanzi al Giudice civile ordinario ritenendo neppure di depositare memoria integrativa nel termine del 10.9.2018 assegnato ai sensi dell’art. 426 c.p.c..

In secondo luogo ha aggiunto, che “anche a volere ritenere la contestazione/l’eccezione tempestiva, la stessa andrebbe comunque rigettata in quanto afferente a questione di merito, coperta dalrmcontrovertibilità del credito, per mancata opposizione della cartella di pagamento in termini”. In terzo luogo, ha ritenuto che il ricorrente nella corrispondenza stragiudiziale intercorsa con Eq. (sub doc. n. 16 di parte appellata) avesse in realtà ammesso “di sapere … che le pretese per cui è causa si fondino su una pretesa solidarietà del ricorrente con la sig. Bi.Ci. per debiti della società Ge.”.

1.4. Si può convenire con l’appellante nell’affermazione che la questione della natura del credito riscosso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (se – o meno – derivante da debiti della società Ge. con conseguente solidarietà in capo al socio Op.), introdotta all’udienza di discussione dinanzi al Giudice del Lavoro, attenga agli elementi costitutivi della pretesa su cui si fondano le cartelle di pagamento degli enti previdenziali iscritte a ruolo.

Si tratta, cioè, non di un fatto impeditivo, estintivo o modificativo del diritto fatto valere dalla controparte, non di un’eccezione in senso stretto non rilevabile d’ufficio, ma sostanzialmente di una contestazione della titolarità passiva del rapporto giuridico e, quindi, della legittimazione passiva sostanziale del preteso debitore.

Sulla questione se la contestazione della titolarità, attiva o passiva, del diritto fatto valere sia soggetta alle decadenze e preclusioni processuali, è intervenuta la Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 2951 del 16 febbraio 2016.

Innovando un precedente orientamento giurisprudenziale la Corte ha chiarito che “la difesa con la quale il convenuto si limiti a dedurre, ed eventualmente argomentare (senza contrapporre e chiedere di provare fatti impeditivi, estintivi o modificativi), che l’attore non è titolare del diritto azionato, è una mera difesa.. Non è un’eccezione, con la quale si contrappone un fatto impeditivo, estintivo o modificativo, né quindi, un’eccezione in senso stretto, proponibile, a pena di decadenza, solo in sede di costituzione in giudizio e non rilevabile d’ufficio. 65. Essa pertanto può essere proposta in ogni fase del giudizio (in cassazione solo nei limiti del giudizio di legittimità e sempre che non si sia formato il giudicato). A sua volta il giudice può rilevare dagli atti la carenza di titolarità del diritto anche d’ufficio…”.

Questi principi, espressi dalla Suprema Corte con riferimento alla contestazione da parte del convenuto della titolarità del diritto azionato in giudizio in capo all’attore, sono stati in seguito confermati anche per il caso della contestazione da parte del convenuto della propria titolarità passiva del rapporto giuridico dedotto in causa (cfr. Corte di Cassazione, ordinanza n. 30545 del 20 dicembre 2017, massima: “Le contestazioni, da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi od estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti….”.

1.5. La difesa/contestazione, svolta per la prima volta all’udienza di discussione dinanzi al Giudice del Lavoro, non è, pertanto, inammissibile sotto il profilo fin qui esaminato.

1.6. In linea di principio, spetta quindi al creditore fornire la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dalla natura solidale del debito ai sensi dell’art. 2291 c.c..

1.7. Tuttavia, la contestazione della titolarità passiva (per difetto di solidarietà) doveva essere svolta nell’ambito di una tempestiva opposizione alla cartella di pagamento, stante l’incontrovertibilità del credito consacrato nella cartella non opposta entro il termine di 40 gg. previsto dall’art. 24 comma 5 del decreto legislativo n. 46/1999 (cfr. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ordinanza n. 8931 del 19 aprile 2011: “In tema di iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali, il termine previsto dall’art. 24, quinto comma, del D.Lgs. n. 46 del 1999 per proporre opposizione nel merito, onde accertare la fondatezza della pretesa dell’ente, deve ritenersi perentorio, pur in assenza di un’espressa indicazione in tal senso, perché diretto a rendere incontrovertibile il credito contributivo dell’ente previdenziale in caso di omessa tempestiva impugnazione ed a consentire una rapida riscossione del credito iscritto a ruolo. Tale disciplina non fa sorgere dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 24 Cost., poiché rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione (v. Corte costituzionale, ord. n. 111 del 2007), né per contrasto con gli artt. 76 e 77, primo comma, Cost., rientrando nell’ambito della delega, avente ad oggetto il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, la previsione di un sistema di impugnazione del ruolo stesso. Ne consegue che, trattandosi di decadenza di natura pubblicistica, attinente alla proponibilità stessa della domanda, il suo avverarsi, rilevabile d’ufficio, preclude l’esame del merito della pretesa creditoria quale sia la natura delle contestazioni mosse dal debitore. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, primo comma, cod. proc. civ.).”; cfr., anche, Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ordinanza n. 21153 del 7 agosto 2019).

1.8. L’affermazione del primo Giudice, quindi, che la questione della natura del debito, solidale o non solidale, sia “afferente a questione di merito”, va pienamente condivisa, attenendo la mancanza della titolarità attiva e/o passiva del rapporto dedotto in causa al merito della formazione del titolo esecutivo, che, in quanto preesistente, andava fatta valere tempestivamente con l’instaurazione di un giudizio “di merito” sulle cartelle e nei confronti dell’ente previdenziale (cfr. Corte di cassazione, sentenza n. 16425 del 19 giugno 2019: “In tema di riscossione dei contributi previdenziali mediante iscrizione a ruolo, nel giudizio proposto dal debitore con le forme dell’opposizione all’esecuzione per l’accertamento negativo del credito risultante dall’estratto di ruolo, lamentando la mancata notifica della cartella esattoriale o dell’avviso di addebito senza tuttavia far valere vizi dell’azione esecutiva, non è configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra l’ente creditore e il concessionario del servizio di riscossione, dovendosi attribuire alla chiamata in causa del concessionario prevista dall’art. 24, comma 5, del D.Lgs. n. 46 del 1999, il valore di una mera “litis denuntiatio”, intesa a rendere nota la pendenza della controversia ed estendere gli effetti del futuro giudicato; né trova applicazione l’art. 39 del D.Lgs. n. 112 del 1999, trattandosi di norma eccezionale che prevede a carico del concessionario l’onere di chiamare in causa l’ente creditore solo quando si discuta di vizi formali degli atti esecutivi e, al contempo, del merito della pretesa creditoria. (Nella specie, relativa ad una ipotesi in cui il debitore, ottenuto il rilascio dell’estratto di ruolo dall’agente della riscossione, aveva evocato in giudizio solo quest’ultimo e aveva chiesto dichiararsi l’avvenuta prescrizione della pretesa contributiva dell’ente previdenziale, senza lamentare l’invalidità di alcun atto esecutivo, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda per difetto di legittimazione passiva, senza ravvisare la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dell’ente)”.

1.9. E questa ratio decidendi, fatta propria da questa Corte, non è sottoposta ad alcuna censura da parte dell’appellante.

1.10. La sentenza impugnata, quindi, resiste per questa ragione ai primi due motivi di gravame ora esaminati.

1.11. Irrilevante, è, di conseguenza, la questione se nella copiosa corrispondenza intervenuta con l’agente della riscossione (cfr. sub doc. n. 16 di parte appellata) l’appellante abbia anche espressamente riconosciuto che si trattava di debiti contratti dalla società in nome collettivo di cui era stato socio (e che tanto avesse un valore di confessione) o che “avesse solo ipotizzato” questa circostanza.

2. Con il terzo motivo l’appellante lamenta la “nullità della sentenza” per avere “considerato tardiva l’eccezione relativa alla mancanza di prova della preventiva escussione nei confronti della società ex art. 2304 c.c.. Non convincerebbe, secondo l’appellante, “la qualificazione della difesa del ricorrente alla stregua di un’eccezione di parte (con conseguente assoggettamento alle preclusioni processuali di cui all’art. 426 c.p.c.)”, invece che di mera difesa. Secondo l’innovativa giurisprudenza di legittimità (Cassazione, n. 23260 del 27 settembre 2018) già l’iscrizione a ruolo avvenuta in violazione del beneficium excussionis sarebbe illegittima e, di conseguenza, già non era legittimo l’invio della cartella di pagamento se non preceduto da un tentativo di aggressione del patrimonio sociale o da una puntuale verifica circa la sua in capienza.

2.1. La censura è infondata.

2.2. Con riferimento alla cartella di pagamento notificata in data 24.04.2007 va rilevato in ogni caso il difetto d’interesse dell’appellante a fare valere il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale ex art. 2304 c.c..

2.3. Parte appellata aveva, infatti, allegato nella memoria integrativa depositata dal primo Giudice entro l’assegnato termine ex art. 426 c.p.c. che la società “Ge.” è stata cancellata in data 14.3.2007, comprovando l’assunto con la visura camerale sub doc. n. 20. La cancellazione della società comporta l’estinzione della società, operando un fenomeno di tipo successorio, con la conseguenza che i rapporti obbligatori, già della società, non si estinguono ma si trasferiscono ai soci i quali ne rispondono secondo il regime giuridico dei debiti sociali (cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 6070 del 12 marzo 2013; sentenza n. 24955 del 6 novembre 2013). Non essendo, quindi, neppure prospettabile una preventiva escussione nei confronti del soggetto estinto (alla data di notifica della cartella) e i cui rapporti di credito e debito si sono trasferiti ai soci illimitatamente e solidalmente responsabili, non può più essere opposto alcun beneficio ex art. 2304 c.c. (cfr. in questo senso, Corte di Cassazione, sentenza n. 2878 del 31 gennaio 2019, in motivazione).

2.4. Con riferimento, invece, alla cartella di pagamento notificata in data 23.08.2006 (e per la quale, quindi, è astrattamente ipotizzabile una questione di preventiva escussione del patrimonio sociale), s’impongono le seguenti considerazioni.

2.5. Secondo il più che consolidato indirizzo giurisprudenziale il beneficio della preventiva esecuzione non impedisce né che il creditore si munisca di un titolo esecutivo anche nei confronti del debitore beneficiato né che instauri nei confronti di questi l’azione esecutiva, spettando al debitore la facoltà di eccepire tempestivamente e nelle forme dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. il beneficio ex art. 2304 c.c.. Il beneficio, cioè, non può essere rilevato d’ufficio né in sede di cognizione né in sede esecutiva (cfr. Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 5106 del 11 giugno 1987: “Il beneficium excussionis, concesso ai soci illimitatamente responsabili di una società di persone, non attenendo alla legittimazione ad agire, non può essere rilevato dal giudice ex officio, ne’, ove non sia stato prospettato nel giudizio di merito, può essere dedotto per la prima volta nel giudizio di Cassazione”). Il beneficio, quindi, opera esclusivamente in sede esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sul patrimonio della società. La preventiva escussione del patrimonio sociale costituisce, pertanto, una condizione dell’azione esecutiva, con la conseguenza che a fronte di una vittoriosa opposizione tempestivamente svolta dal debitore, l’azione esecutiva andrà dichiarata inammissibile (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 3399 del 12 aprile 1994; ordinanza n. 25378 del 12 ottobre 2018; sentenza n. 26285 del 17 ottobre 2019, in motivazione punto 5.2.).

2.6. I medesimi principi sono, da tempo, affermati anche per i debiti tributari, (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 10584 del 9 maggio 2007; ordinanza n. 49 del 3 gennaio 2014: “In tema di società in nome collettivo, il beneficio d’escussione disciplinato dall’art. 2304 cod. civ. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, consentendo al creditore di procedere coattivamente a carico del socio a condizione di aver infruttuosamente agito sui beni sociali, sicché non osta all’emissione e alla notifica al socio stesso, quale coobbligato solidale nella società, di una cartella di pagamento, configurandosi quest’ultima non come atto esecutivo, ma conclusivo di un “iter” strumentale alla formazione del titolo esecutivo e all’esercizio dell’azione forzata”; conf. ordinanza n. 12494 del 16 giugno 2016; ordinanza 15966 del 29 luglio 2016; ordinanza n. 1996 del 24 gennaio 2019).

2.7. In materia tributaria, poi, vi sono alcune pronunce della Suprema Corte che si discostano dall’indirizzo tradizionale. Secondo Cassazione, sentenza n. 4959 del 27 febbraio 2019; sentenza n. 23260 del 27 settembre 2018 e sentenza n. 2878 del 31 gennaio 2009, in caso di ricorso al procedimento mediante ruolo il contribuente può opporre il beneficio già quando riceve la notificazione della cartella, con la conseguenza che, qualora l’iscrizione a ruolo sia avvenuta in violazione del benefico, l’iscrizione stessa sarebbe illegittima travolgendo, anche, la cartella.

2.8. A prescindere, però, che detto indirizzo di rottura non ha avuto altro seguito nella stessa Cassazione, che ha riaffermato l’orientamento tradizionale (Cassazione, ordinanza n. 1996/2019), con ordinanza interlocutoria n. 20494 del 15.5. -30.5.2019 la questione è stata rimessa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite. Non è noto ancora il pronunciamento delle Sezioni Unite.

2.9. Questa Corte aderisce all’orientamento giurisprudenziale tradizionale, per cui l’appellante aveva l’onere e la facoltà di eccepire solo in sede esecutiva il beneficio in questione.

2.10. Tuttavia, trattandosi di eccezione non rilevabile d’ufficio,

aveva onere di sollevarla entro i termini di rito, cioè nell’atto d’opposizione con cui egli ha instaurato il giudizio di merito dinanzi al Giudice ordinario (al termine della fase cautelare dinanzi al Giudice dell’esecuzione).

2.11. L’avere opposto il beneficio soltanto nell’udienza di discussione dinanzi al Giudice del lavoro, successiva alla celebrazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c. dinanzi al Giudice ordinario e, quindi, soltanto in seguito alla separazione delle cause (senza peraltro integrare le proprie difese entro il termine assegnato ai sensi dell’art. 426 c.p.c.), comporta l’inammissibilità dell’eccezione per non essere stata tempestivamente introdotta in causa.

2.12. Anche nell’ipotesi di adesione all’indirizzo giurisprudenziale minoritario nell’ambito tributario sopra citato, la conclusione non sarebbe diversa, perché in quel caso il contribuente avrebbe avuto l’onere di fare valere l’eccezione già con la tempestiva opposizione alle cartelle di pagamento (entro 40 gg. dalla notifica delle medesime negli anni 2006 e 2007).

2.13. Infine, avendo l’Agente della Riscossione instaurato l’azione esecutiva bene dopo la documentata estinzione della società, anche con riferimento alla cartella formata e notificata prima della cancellazione della società dal registro delle imprese, difficilmente è prospettabile un obbligo di preventiva escussione del patrimonio del soggetto estinto da oltre un decennio.

3. Con l’ultimo motivo di gravame l’appellante censura la sentenza per non avere rilevato, in capo all’Agente della riscossione, il difetto di prova della notifica, da parte degli enti creditori (INPS o INAIL), degli atti di accertamento del debito nei confronti dell’impresa. Il Tribunale, cioè, avrebbe omesso “di specificare attraverso quali atti sarebbe possibile verificare l’osservanza della procedura di accertamento del preteso credito previdenziale”, rendendo così la sentenza priva di motivazione sul punto e pertanto meritevole di annullamento.

3.1. La doglianza è inammissibile. La presente censura è, infatti, mai stata dedotta e/o allegata prima, non ha mai costituito oggetto di contraddittorio tra le parti, per cui ogni esame al riguardo è precluso dal divieto di cui all’art. 437 comma 2 c.p.c.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza (art. 91 c.p.c.). Nella liquidazione si tiene conto del valore della causa (da Euro 5.500,01 a Euro 26.000,00), con esclusione della fase istruttoria, non svolta nel presente grado del giudizio, e con riconoscimento del valore medio per tutte le restanti fasi, il tutto in aderenza al D. M. 55/2014 come modificato dal D. M. 37/2018. All’appellata vanno liquidati, quindi, Euro 1.080,00, per la fase di studio, Euro 877,00 per quella introduttiva e Euro 1.820,00 per quella decisionale, complessivamente Euro 3.777,00 per compensi, oltre il 15% per rimborso spese forfetario sul compenso, oltre Iva e Cap, sulle poste e nella misura previste per legge.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, ogni diversa domanda e difesa disattesa e reietta – definitivamente pronunciando sulle domande promosse da Du.Op. nei confronti di Agenzia delle Entrate-Riscossione con ricorso in appello di data 03.01.2019 avverso la sentenza n. 218/2018 di data 30.11.2018 del Giudice del Lavoro del Tribunale di Bolzano,

rigetta

l’appello;

condanna

l’appellante Du.Op. a rifondere all’appellata Agenzia delle Entrate-Riscossione le spese del presente grado, che liquida in Euro 3.777,00 per compensi, oltre il 15% per rimborso spese forfetario sul compenso, oltre Iva e Cap, se dovute e sulle poste e nella misura previste per legge;

dà atto

che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, ai sensi del co. 1-quater dell’art. 13 D.P.R. 115/2002, inserito con l’art. 1 co. 17 L. 24.12.2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione in oggetto.

Così deciso in Bolzano il 4 marzo 2020.

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.