la prescrizione presuntiva è istituto che si giustifica nell’ambito di determinati rapporti professionali e d’opera intellettuale in cui si presume il pagamento senza dilazione per l’agevole determinabilità del compenso ed opera solo quando non sia contestato il credito ed il debitore non abbia ammesso di non aver pagato. In tal caso l’unico onere che grava sul debitore è quello di dimostrare il decorso del termine previsto dalla legge, spettando invece al creditore, che voglia vincere la presunzione a suo carico, provare che il suo diritto non è stato soddisfatto. Tale prova è soggetta a rigorose limitazioni essendo previsto che essa, salvo ammissione di non pagamento da parte del debitore, possa essere data esclusivamente a mezzo del giuramento decisorio a costui deferito (art. 2960 c.c.). Tale forma di prescrizione si fonda non sull’inerzia del creditore e sul decorso del tempo (come accade per la prescrizione ordinaria), bensì sulla presunzione che, in considerazione della natura dell’obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto. Di conseguenza, conformemente a quanto stabilito dall’art. 2959 c.c., l’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, anche implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.

Tribunale|Vicenza|Civile|Sentenza|10 aprile 2020| n. 726

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VICENZA

Il Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico, Dott.ssa Biancamaria Biondo, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 7828/2015 del Ruolo Generale, avente ad oggetto: “pagamento di compenso per prestazioni professionali”

PROMOSSA DA

GEOM. (…) con studio professionale in S., via (…), P.Iva (…), elettivamente domiciliato in Schio, via (…), presso lo studio degli avv.ti Fe.Vi. e Si.Ve., dai quali è rappresentato e difeso come da procura allegata al ricorso ex art. 702-bis c.p.c.

Attore

NEI CONFRONTI DI

(…) nato a S. (V.) il (…), c.f. (…), e (…) nata a S. (V.) l'(…), c.f. (…), entrambi residenti in S., via M. 5, con domicilio eletto in Vicenza, Contra’ (…), presso lo studio dell’avv. An.Da. che li rappresenta e difende in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta

Convenuti

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Questa parte della sentenza viene omessa, alla luce del nuovo testo dell’art. 132, comma 2, numero 4, cpc (come riformulato dall’art. 45, comma 17, della L. n. 69 del 2009), nel quale non è più indicata, fra i contenuti della sentenza, la “esposizione dello svolgimento del processo”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Questa parte della sentenza viene redatta alla luce del nuovo testo dell’art. 118, comma 1, disp. att. cpc (come riformulato dall’art. 52, comma 5, della L. n. 69 del 2009).

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., depositato il 7.10.2015, (…) (di professione geometra) esponeva di vantare nei confronti di (…) e (…) un credito di Euro 13.398,16 per prestazioni professionali svolte in loro favore e, pertanto, li evocava in giudizio al fine di ottenere la loro condanna al pagamento della predetta somma di denaro, maggiorata degli interessi legali dalla data della messa in mora (13.10.2008 o 2.09.2014) o, in subordine, dalla notifica della domanda sino al saldo effettivo, con vittoria di spese e compensi di causa.

Sinteticamente il ricorrente allegava in fatto:

-di aver curato, a partire dal 1996, una serie di pratiche edilizie per conto dei convenuti (C.E. n. 250/1996 e successive varianti, C.E. n. 458/2017, autorizzazione edilizia n. AE/79/2001, autorizzazione edilizia n. AE/9/2002, C.E. n. CE/259/2002 del 16.09.2002) riguardanti un annesso rustico in località S. di S. (V.), nonché, in forza di successivo incarico ricevuto nel dicembre 2002, l’attività di progettazione e di presentazione delle pratiche relative ad un fabbricato rurale sito in località M. M. di S. da adibire alla lavorazione di carni suine, il cui iter amministrativo si era concluso con esito negativo, stante la mancata approvazione del progetto da parte del Comune di Schio per problemi di impatto ambientale del fabbricato;

– di essere stata incaricato, nel mese di febbraio 2004, di svolgere un’ulteriore attività di progettazione, avente ad oggetto l’ampliamento di un annesso rustico su tre piani e la costruzione di un porcile con soprastante deposito di attrezzi agricoli;

– che il credito professionale oggetto di causa afferiva a quest’ultimo incarico, in esecuzione del quale egli aveva curato, per conto di (…) e (…), ulteriori pratiche edilizie (permesso di costruire n. PC/67/2005 del 30.03.2005 avente ad oggetto i lavori ampliamento dell’annesso rustico con cambio di destinazione d’uso ad agriturismo e costruzione di un porcile con soprastante deposito di attrezzi agricoli, dopo aver ottenuto la preventiva autorizzazione beni ambientali n. BA/2/2005 del 17.01.2005 e l’autorizzazione ULSS del 17.01.2005; D.I.A. prot. n. (…) del 23.06.2006 in variante al permesso di costruire n. (…), con conseguente richiesta di autorizzazione ULSS del 27.06.2006 e richiesta di autorizzazione all’esercizio dell’attività di agriturismo del 13.07.2006; Permesso di costruire n. PC/0105/2007 del 19.04.2007 in variante al permesso di costruire n. PC767/2005 relativo al primo stralcio della costruzione del ricovero animali);

– di aver emesso, a fronte di tutte le suddette attività, fatture di pagamento nel periodo 1997-2007, ricevendo soltanto degli acconti per l’opera professionale svolta sino al 2001 per un importo complessivo di Euro 4.700,12;

– che i convenuti omettevano di dar riscontro alle richieste di pagamento a partire dall’emissione del preavviso di fattura dell’8.01.2007 e, dopo essere stati diffidati più volte al saldo delle competenze professionali, revocavano l’incarico all’attore con comunicazione del 3.09.2010, senza pagare alcunché;

– che l’inadempimento persisteva anche a fronte dell’ulteriore diffida di pagamento in data 28.02.2011, rimasta priva di riscontro;

– di avere, quindi, sottoposto le proprie parcelle alla valutazione di congruità del Collegio dei geometri di Vicenza che liquidava i compensi (in linea capitale) in Euro 4.733,50 per le attività di cui alla “relazione 1/A” avente ad oggetto l’ampliamento dell’annesso fondo rustico e in Euro 4.710,36 per le attività di cui alla “relazione 1/B” avente ad oggetto la costruzione del porcile con il deposito degli attrezzi;

– di avere, ancora una volta, sollecitato il pagamento con formale diffida del 2.09.2014 contenente la richiesta di corresponsione della somma di Euro 13.398,16, comprensiva di accessori di legge e della ritenuta d’acconto per le attività svolte e non pagate;

– che anche tale ultima missiva non sortiva effetto così costringendo l’attore ad adire le vie legali per il recupero delle proprie spettanze professionali.

(…) e (…), costituitisi in giudizio, eccepivano preliminarmente la prescrizione presuntiva del credito fatto valere dal geometra (…), evidenziando che tra la diffida di pagamento del 28.02.2011 e quella del 2.09.2014 erano decorsi più di tre anni e, pertanto, il diritto del professionista doveva ritenersi estinto a norma dell’art. 2956 n. 2 c.c.

Nel merito, i resistenti lamentavano che mai il ricorrente aveva fornito un resoconto dettagliato delle varie attività svolte con le specifiche ed i dettagli dei conteggi, essendosi limitato ad emettere delle fatture generiche e non documentate e che queste non tenevano conto di alcuni pagamenti già ricevuti dal geom. (…), risultanti da fatture quietanzate (che producevano in giudizio), ammontanti a circa Euro 3.500,00. Essi rilevavano che, in ogni caso, il compenso reclamato nei loro confronti non era dovuto in conseguenza del negligente espletamento dell’incarico professionale da parte del ricorrente, il quale non aveva operato con la dovuta perizia nello svolgimento delle prestazioni relative al progetto per la recinzione dell’area adibita a tartufaia, al progetto per laboratorio rigettato dal Comune di Schio, ai lavori di costruzione dell’annesso rustico, ai lavori eseguiti sulla vecchia strada di accesso al rustico.

Sostenevano, quindi, i sig.ri (…) e (…) di avere legittimamente revocato l’incarico al geom. (…), la cui pretesa di pagamento ben poteva essere paralizzata con l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c..

Sulla scorta di ciò, i resistenti, assumendo che il professionista doveva ritenersi soddisfatto con quanto già ricevuto (ammontante ad almeno Euro 19.482,00), chiedevano il rigetto del ricorso e, solo in subordine, di ridursi il compenso professionale tenuto conto delle inadempienze di parte ricorrente.

Con ordinanza del 27.05.2016 veniva disposto il mutamento del rito da sommario di cognizione in ordinario.

La causa, istruita a mezzo di c.t.u., era rinviata per la precisazione delle conclusioni e, all’udienza del 10.12.2019, introitata per la sentenza, previa concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

La domanda proposta da (…) è fondata e dev’essere accolta per le ragioni che si vanno ad esporre.

Anzitutto occorre soffermarsi sull’eccezione di prescrizione presuntiva del credito professionale azionato in giudizio, sollevata dalla parte convenuta a norma dell’art. 2956 n. 2 c.p.c..

Brevemente in diritto, va rammentato che la prescrizione presuntiva è istituto che si giustifica nell’ambito di determinati rapporti professionali e d’opera intellettuale in cui si presume il pagamento senza dilazione per l’agevole determinabilità del compenso ed opera solo quando non sia contestato il credito ed il debitore non abbia ammesso di non aver pagato. In tal caso l’unico onere che grava sul debitore è quello di dimostrare il decorso del termine previsto dalla legge, spettando invece al creditore, che voglia vincere la presunzione a suo carico, provare che il suo diritto non è stato soddisfatto. Tale prova è soggetta a rigorose limitazioni essendo previsto che essa, salvo ammissione di non pagamento da parte del debitore, possa essere data esclusivamente a mezzo del giuramento decisorio a costui deferito (art. 2960 c.c.).

La giurisprudenza della S.C. è costante nell’affermare che tale forma di prescrizione si fonda non sull’inerzia del creditore e sul decorso del tempo (come accade per la prescrizione ordinaria), bensì sulla presunzione che, in considerazione della natura dell’obbligazione e degli usi, il pagamento sia avvenuto nel termine previsto.

Di conseguenza, conformemente a quanto stabilito dall’art. 2959 c.c., l’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, anche implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta (v. in questo senso, tra le più recenti, Cass. Civ. Sez. II 1.10.2018 n. 23751).

Più esattamente, la situazione di incompatibilità che deriva in caso di ammissione (che può avvenire anche in modo implicito) della mancata estinzione integrale dell’obbligazione si verifica allorché il debitore contesti l’esistenza o anche solo l’entità del credito, onde per cui la prescrizione presuntiva non può essere fatta valere da chi sostenga, ad esempio, di avere pagato una somma inferiore a quella domandata (v. Cass. Civ. Sez. III 15 maggio 2007 n. 11195, nonché Cass. Civ. Sez. III 15.05.2012 n. 7527 secondo cui “L’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore. Ne consegue che di essa non può avvalersi il debitore che sostenga di aver estinto l’obbligazione mediante il pagamento di una somma minore di quella domandata, poiché in tal modo egli nega parzialmente l’originaria esistenza del credito”).

Tanto chiarito, applicando i suesposti principi al caso di specie, deve rilevarsi che (…) e (…) non hanno allegato di aver regolarmente eseguito il pagamento delle parcelle vidimate dal collegio dei geometri, ma, come prima difesa, hanno affermato, peraltro in termini assolutamente generici e non circostanziati, di avere versato nel tempo degli acconti (tra cui quelli di cui alle fatture quietanzate per Euro 3.500,00 circa)di cui non si sarebbe tenuto conto in sede di liquidazione delle parcelle; inoltre, hanno espressamente negato la debenza della somma liquidata dal competente Ordine professionale in data 18.07.2014, sollevando contestazioni sul “quantum” sia per la genericità dei conteggi di cui alle fatture esibite e in rapporto alle attività concretamente svolte dal ricorrente, sia in ragione dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. sollevata nei confronti del professionista, il quale, secondo le prospettazioni della committenza, avrebbe preteso un compenso non giustificato a causa della negligenza e dell’inadempimento dello stesso nell’esecuzione degli incarichi.

Sulla base di tali rilievi, dunque, dev’essere senz’altro rigettata l’eccezione di prescrizione presuntiva reiterata in sede di precisazione delle conclusioni, avendo i convenuti adottato una difesa chiaramente incompatibile con l’ammissione implicita di avere estinto per intero il credito vantato dal geom. (…), costituente il presupposto per l’operatività della presunzione di legge.

Passando alla disamina dei profili più strettamente di merito, giova premettere in linea generale che, “nei giudizi aventi per oggetto l’accertamento di un credito vantato dal professionista, relativamente al compenso dovutogli per le prestazioni professionali eseguite in favore del cliente, la prova, non solo dell’avvenuto conferimento dell’incarico, ma anche dell’effettivo espletamento dello stesso incombe al professionista” (cfr. ex plurimis Cass. Civ. n. 24568/2013 e, più di recente, Cass. Civ. ordinanza 19 novembre 2018 n. 29812).

Nella fattispecie concreta – in cui l’esistenza del rapporto d’opera professionale tra le parti costituisce un fatto non contestato- il geometra (…) ha dato prova adeguata dell’effettivo svolgimento delle prestazioni per le quali reclama il pagamento delle proprie competenze professionali.

L’incarico di cui si controverte è quello conferito nell’anno 2004 ed ha riguardato l’attività di progettazione relativa all’ampliamento di un annesso rustico su tre piani e alla costruzione di un porcile con soprastante deposito di attrezzi agricoli.

Parte ricorrente ha prodotto in giudizio ampia documentazione a dimostrazione dell’opera professionale svolta in favore dei convenuti, costituita dalle allegazioni di cui alla “relazione 1/A” quanto all’ampliamento dell’annesso rustico (doc.ti da 32 a 38 fascicolo attoreo) e dalle allegazioni di cui alla “relazione 1/B” quanto alla costruzione del porcile con deposito attrezzi (doc.ti da 39 a 42 fascicolo attoreo).

Su tali documenti è stata svolta anche una consulenza tecnica d’ufficio con incarico affidato al geom. M.Me., il quale, all’esito dell’indagine peritale, ha confermato non solo l’effettiva esecuzione delle prestazioni oggetto di liquidazione da parte del Collegio dei Geometri di Vicenza, ma anche la correttezza e congruità delle parcelle presentate dal professionista e liquidate dall’Ordine professionale sulla scorta dei parametri e dei coefficienti tabellari dell’allora vigente Legge sui minimi tariffari (L. 2 marzo 1949, n. 144).

Nondimeno (…) e (…) hanno eccepito, da un lato, l’esistenza di “pagamenti non formalizzati per Euro 3.500,00 circa” e, dall’altro, la non debenza del compenso richiesto in forza dell’exceptio inadimpleti contractus.

La prima doglianza è infondata in quanto i convenuti hanno allegato quietanzate di pagamento (quelle di cui al doc. 4 oggetto di disconoscimento da parte dell’attore) riferibili ad acconti versati per l’esecuzione di prestazioni professionali diverse da quelle oggetto di causa (ragion per cui non si è proceduto alla verificazione delle firme disconosciute dall’attore, siccome richiesta in relazione a documenti irrilevanti ai fini della decisione).

Ed, infatti, il geom. (…) ha documentato che:

– l’importo di un milione di vecchie lire (corrispondente ad Euro 516,46) di cui alla quietanza di pagamento del 28.08.2001, era già stato conteggiato a detrazione dei compensi oggetto della fattura n. (…) del 23.12.2002 emessa per attività evidentemente precedenti a quelle relative all’ampliamento dell’annesso rustico e alla costruzione del porcile con deposito attrezzi (doc. 9 fascicolo attoreo);

– la somma di Euro 3.000,00, di cui alla quietanza del 9.01.2004, era stata versata, in parte, a fronte della fattura n. (…) del 31.12.2003 emessa per l’importo di Euro 595,89 (di cui Euro 581,62 in linea capitale) con la causale “solaio primo piano” (doc. 14 fascicolo attoreo), e per la parte residua, a fronte della fattura n. (…) del 31.12.2003 emessa per l’importo di Euro 2.406,04 (di Euro 2.350,00 in linea capitale) quale “acconto per prestazioni professionali varie relative al nuovo fabbricato a Monte (…)” (doc. 15 fascicolo attoreo), anch’esse relative ad attività precedenti, come ricapitolate nella fattura pro forma dell’ottobre 2003, nella quale sono state inserite sia la voce “primo piano” con l’indicazione a fianco della somma di Euro 581,62, sia le voci “confini”, “nuovo fabbricato art. 60”, “nuovo fabbricato art. 57” (per una più compiuta descrizione delle singole attività e dei relativi conteggi basta richiamare le specifiche di cui agli allegati 18, 19, 20 fascicolo attoreo) per un totale di Euro 4.900,08 (doc. 16 fascicolo attoreo): di tale acconto di Euro 2.350,00 si è tenuto conto nella fattura pro forma del 28.10.2006 (doc.23 fascicolo attoreo) , ove viene indicato che il saldo residuo relativo al “vecchio conto 2003” è pari ad Euro 2.550,08 (importo che si ricava sottraendo dalla somma di Euro 4.900,08 l’acconto versato di Euro 2.350,00 di cui alla fattura n. (…)).

Risulta, quindi, acclarato che i “pagamenti non formalizzati per circa Euro 3.500,00” ineriscono, in realtà, a prestazioni professionali eseguite dal ricorrente in esecuzione di incarichi anteriori a quello di cui si controverte nel presente giudizio, con un residuo debito di Euro 2.550,08 che, pertanto, non è stato incluso nella liquidazione delle parcelle effettuata dal Collegio dei geometri per le attività oggetto di causa, ma imputato “al vecchio conto 2003” che tiene conto anche delle fatture n. (…) (docc. 1-2), n. (…) (doc. 3), n. (…) (docc. 4-5), n. (…) (docc. 6-7) e n. (…) (docc, 8), solo in parte pagate attraverso il versamento di acconti, quantificati dall’attore in Euro 4.700,00.

In secondo luogo, i convenuti (…) e (…) hanno rifiutato il pagamento sollevando l’exceptio inadimpleti contractus che, tuttavia, deve ritenersi insuscettibile di paralizzare la pretesa creditoria avversaria, fondandosi su contestazioni che riguardano, ancora una volta, prestazioni professionali svolte dal geom. (…) in forza degli incarichi precedenti, oltretutto risalenti ai lontani anni 1997-2001 con conseguente prescrizione di ogni diritto di garanzia dei committenti come eccepito in via tempestiva da parte attrice (v. pag. 3 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c.).

Sul punto preme evidenziare che, per consolidata giurisprudenza, il principio inadimplenti non est adimplendum è destinato ad operare, di regola, nell’ambito del medesimo rapporto negoziale (presupponendo necessariamente un nesso di corrispettività tra la prestazione che si assume inadempiuta o non esattamente adempiuta e quella di cui si rifiuta l’adempimento), mentre può trovare applicazione con riguardo ad inadempienze inerenti negozi sostanzialmente diverse solo allorché essi siano collegati da un nesso di interdipendenza funzionale, per volontà delle parti, che renda un “unicum” l’intero rapporto obbligatorio (v, tra le tante, Cass. civ. III sez. 19556/2003; Cass. Civ. Sez. III, 1389/81; Cass. Civ. Sez. II, 3397/84 secondo cui “Il principio inadimplenti non est adimplendum opera anche con riguardo a inadempienze inerenti a rapporti sostanzialmente diversi solo se le parti, nell’esercizio del loro potere di autonomia, abbiano dato luogo a distinti rapporti negoziali, contestuali o meno, i quali, pur caratterizzandosi ognuno in funzione della propria causa e conservando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale, siano stati concepiti e voluti come funzionalmente e teleologicamente collegati tra loro e posti in rapporto di reciproca interdipendenza, sicché le vicende dell’uno debbano ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia”).

Nel caso di specie, l’eccezione di inadempimento va, perciò, dichiarata inammissibile, in quanto i committenti hanno lamentato il negligente espletamento, da parte del geometra (…), di incarichi di progettazione che nulla hanno a che vedere con quelli oggetto del giudizio, non essendo dato riscontrare tra di essi alcun nesso di interdipendenza nei termini sopra specificati, peraltro neppure allegato dai convenuti.

Conseguentemente deve essere ribadita, anche in questa sede, la statuizione di rigetto delle istanze istruttorie di parte resistente (prove testimoniali e CTU per l’accertamento degli errori di progettazione del geom. (…)) che non hanno trovato ingresso nella fase istruttoria, siccome del tutto superflue ai fini della decisione.

In conclusione, dunque, la domanda di (…) dev’essere accolta e, per l’effetto, (…) e (…) vanno condannati, in solido tra loro, a corrispondere al professionista la somma di Euro 13.398,16 (già comprensiva di iva al 22%, CAP al 4%, di ritenuta d’acconto, di interessi legali maturati dalla diffida di pagamento del 13.10.2008 a quella del 2.09.2014, ammontanti ad Euro 1.415,90), oltre agli ulteriori interessi calcolati dal 2.09.2014 sino all’effettivo soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, pertanto, vanno poste interamente a carico dei convenuti, nella misura liquidata come da dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014, con applicazione per ciascuna fase dei valori medi dello scaglione di riferimento (da Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00).

Gravano, altresì, sulla parte convenuta gli oneri della C.T.U., già liquidati con decreto del 7.01.2019.

P.Q.M.

Il Tribunale di Vicenza, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 7828/2015 R.G., ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa, così provvede:

1) accoglie la domanda di cui al ricorso e, per l’effetto, condanna (…) e (…), in solido tra loro, a pagare al geometra (…) la somma di Euro 13.398,16, oltre agli interessi legali calcolati dal 2.09.2014 al saldo effettivo;

2) rigetta ogni altra domanda;

3) condanna (…) e (…), in solido tra loro, alla rifusione in favore di (…) delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.155,72 (di cui Euro 320,72 per esborsi ed Euro 4.835,00 per compenso professionale d’avvocato), oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge;

4) pone definitivamente a carico di parte convenuta gli oneri della c.t.u. nella misura liquidata con decreto del 7.01.2019.

Così deciso in Vicenza il 9 aprile 2020.

Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.