il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde “ex” 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili anche al concorso del fatto di un terzo, prospettandosi in tal caso la situazione di un medesimo danno provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, che dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria. Nondimeno, la conseguenza della corresponsabilità in solido, “ex” art. 2055 c.c., comporta che la domanda del condomino danneggiato vada intesa sempre come volta a conseguire per l’intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno.

Corte d’Appello|Napoli|Sezione 8|Civile|Sentenza|6 aprile 2021| n. 1300

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI

OTTAVA SEZIONE CIVILE

riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:

– dr. Cocchiara Alessandro – Presidente –

– dr.ssa Rosaria Papa – Consigliere –

– dr.ssa Montefusco Marielda – Consigliere – Relatore –

ha deliberato di pronunziare la presente

SENTENZA

nel processo civile d’appello avverso la sentenza pronunziata dal Tribunale di Napoli in data 27 maggio 2016 e contraddistinta dal n. 6717/2016, iscritto al n. 3867/2016 del ruolo generale degli affari contenziosi, rimesso in decisione all’udienza del 27 novembre 2020 e pendente

TRA

(1) il Condominio Sito In N. Alla Via (…) (codice fiscale (…)) in persona del legale rappresentante pro tempore (…) S.C. A R.L., a sua volta rappresentata dall’Avv. Ci.Sa., elettivamente domiciliato in Napoli (NA) alla Via (…) presso lo studio dell’Avv. Ug.Ch. (codice fiscale (…)) che, unitamente all’Avv. Se.Ac. (codice fiscale (…)), lo rappresenta e difende in virtù della procura in calce all’atto di appello

– appellante –

E

(2) (…) (codice fiscale (…)), residente in N. (N.) alla Via P. n. 73, elettivamente domiciliata in Napoli (NA) alla Via (…) presso lo studio dell’Avv. Ca.Ma. (codice fiscale (…)), che la rappresenta e difende in virtù della procura in calce alla comparsa di risposta all’appello

– appellata –

NONCHÉ

(3) la DITTA COSTRUZIONI EDILI (…) (partita iva (…)), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in C. (N.) alla Via S. P. n. 9

– appellata contumace –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI

I.1. Con atto di citazione per l’udienza del 21 luglio 2009, notificato il 15 aprile 2009 al Condominio sito in N. alla Via (…), (…) assumeva:

“a) che (…) è proprietaria dell’appartamento sito in N. alla Via C. n. 94, 4 piano, composto di N. 6 vani ed accessori, nonché sovrastante sottotetto;

b) che dal mese di luglio 2002 nel predetto appartamento sono iniziate infiltrazioni di acqua provenienti dalla facciata esterna del fabbricato, priva di parte degli intonaci e delle lastre di copertura del sottotetto, rotte in più punti;

c) che (…), a mezzo dell’avv. (…), chiedeva ripetutamente all’amministratore di condominio di provvedere affinché fosse deliberata l’esecuzione dei lavori necessari per la rimozione delle cause delle infiltrazioni e la riparazione dei danni;

d) che a partire dal febbraio 2003, al fine anche di porre rimedio ai continui fenomeni infiltrativi, si susseguivano numerose assemblee condominiali aventi ad oggetto la presentazione e approvazione dei preventivi per i lavori di ristrutturazione del fabbricato di Via C., 94; la nomina del direttore dei lavori identificato inizialmente nella persona dell’ing. (…), poi sostituito dall’Ing. (…), a sua volta in seguito sostituito dall’Ing. (…) e lo svolgimento di una gara di appalto con offerte in busta chiusa per l’affidamento dei lavori medesimi (cfr. ordine del giorno delle delibere dell’assemblea condominiale in atti);

e) che solo nel luglio 2007 i condomini, dopo aver revocato l’incarico all’ Ing. (…) ed avere nominato quale nuovo direttore dei lavori l’Ing. C., deliberavano l’approvazione dei preventivi per i lavori di riparazione con affido per l’esecuzione delle opere alla società Cooperativa (…) per l’importo di Euro 248.000,00;

f) che l’ing. (…), incaricato di sottoporre a verifica il preventivo presentato dalla società Cooperativa (…), al fine di verificarne la congruità, riferiva che nell’offerta erano stati indicati prezzi troppo bassi per le opere ad eseguirsi e pertanto l’ assemblea di condominio, nel mese di ottobre 2007, affidava l’incarico di eseguire i lavori di ristrutturazione all’impresa (…) con la quale veniva stipulato contratto di appalto;

g) che la predetta impresa iniziava l’esecuzione delle opere in ritardo, solo alla fine di giugno 2008, lavorando soltanto un mese, peraltro in maniera maldestra, utilizzando materiali di qualità scadente e mano d’opera assolutamente incapace;

h) che, quindi i lavori di ristrutturazione venivano interrotti;

i) che nel mese di gennaio 2009 si sono verificati ulteriori gravi allagamenti nell’appartamento di proprietà dell’attrice a causa della rottura di due canali di scolo delle acque, l’uno prospiciente Via (…) e l’altro sul terrazzo, nonché di alcune onduline e colmi;

k) che l’istante faceva eseguire a propria cura e spese i lavori urgenti con impresa di propria fiducia che inviava operai attrezzati con cinture di sicurezza, data la difficoltà dell’intervento erogando per tale intervento la somma di Euro 2.000,00;

l) che a causa del mancato intervento del condominio al fine di eliminare le cause delle infiltrazioni, l’attrice non ha potuto concedere in locazione l’immobile, con gravo danno patrimoniale consistito nella mancata percezione di canoni dal 2002 ad oggi;

m) che ancora ad oggi l’istante si trova nell’impossibilità di utilizzare o locare l’immobile;” (cfr. pag.1-3 dell’atto di citazione di primo grado).

Tanto premesso, l’attrice chiedeva all’adito Tribunale di:

“1) dichiarare la responsabilità civile del Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94, nella persona dell’amministratore pro tempore dott. (…), nella produzione dell’evento dannoso;

2) condannare il convenuto condominio al pagamento a titolo di risarcimento dei danno occorsi ed occorrendi all’appartamento di proprietà dell’attrice, ivi compresi quelli per il mancato percepimento dei canoni di locazione, così come saranno determinati nel corso del giudizio, anche a seguito di CTU che il Giudice vorrà disporre;

3) condannare il Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94, nella persona dell’amministratore pro tempore dott. (…), ad eliminare le cause delle infiltrazioni passate ed in atto;

4) condannare il Condominio al pagamento delle spese, diritti ed onorari del giudizio e 12,50% rimborso spese generali, IVA e C.P.A. come per legge con attribuzione all’Avv. Ca.Ma. antistatario” (cfr. pag. 5 dell’atto di citazione di primo grado).

I.2. Si costituiva nel giudizio, con comparsa del 1 luglio 2009, il Condominio in N. alla Via (…) n. 94, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, che eccepiva, in via preliminare, l’avvenuta prescrizione del diritto azionato e, nel merito, l’infondatezza della domanda, chiedendo di essere autorizzato a chiamare in causa la ditta Costruzioni Edili (…), appaltatrice inadempiente dei lavori di ristrutturazione, per esserne manlevata in caso di condanna al risarcimento dei danni.

I.3. Autorizzata la chiamata e differita la prima udienza di comparizione, si costituiva la Costruzioni Edili (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, la quale contestava la riconducibilità dei danni lamentati dall’attrice alla propria attività di esecuzione, a regola d’arte, dell’appalto.

I.4. Esaminati gli atti ed espletata la consulenza tecnica d’ufficio, il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 6717/2016, pubblicata il 27 maggio 2016, così provvedeva:

“1. accoglie la domanda di (…) e, per l’effetto, condanna il Condominio di via (…) n. 94 di N. al pagamento, in favore di (…), della somma complessiva di Euro 193.715,20, oltre rivalutazione monetaria, interessi compensativi e moratori come illustrato in motivazione;

2. rigetta la domanda proposta dal Condominio di via (…) n. 94 di N. contro la ditta individuale COSTRUZIONI EDILE (…);

3. condanna il Condominio di via (…) n. 94 di N. al pagamento delle spese processuali sostenute dall’attrice che liquida nella somma di Euro 1.056,66 per esborsi ed Euro 13.430,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfetario per le spese generali, nella misura del 15% del compenso, oltre ad IVA e CPA come per legge, e che distrae in favore dell’avv.to Carlo Maggio ex art. 93 c.p.c.;

4. condanna il Condominio di via (…) n. 94 di N. al pagamento delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in causa che liquida nella somma di Euro 13.430,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfetario per le spese generali, nella misura del 15% del compenso, oltre ad IVA e CPA come per legge, e che distrae in favore dell’avv.to V.D. ex art. 93 c.p.c..” (cfr. pagg. 11-12 della sentenza).

II.1. Avverso detta decisione – con citazione per l’udienza del 2 dicembre 2016, notificata il 27 luglio 2016 a (…) e alla Costruzioni Edili (…), in persona del legale rappresentante pro tempore – il Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94 si appellava a questa Corte, articolando distinte e “ridondanti” censure con cui lamentava, in sostanza:

– l’errata valutazione in ordine alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno extracontrattuale della (…) (cfr. pagg. 4-5 dell’atto di appello);

– l’errata valutazione delle istanze istruttorie formulate dalle parti e il rigetto delle medesime con conseguente compressione del diritto alla difesa (cfr. pagg. 5-7 dell’atto di appello);

– l’errata e abnorme quantificazione del danno da mancato utilizzo dell’immobile, (cfr. pagg. 7-13 e 29-31 dell’atto di appello), il difetto di prova che la (…) si sia adoperata per locare l’immobile (cfr. pagg. 25-27 dell’atto di appello), nonché l’omessa valutazione del concorso di colpa della proprietaria-attrice e il difetto di prova del nesso causale tra danni e beni condominiali (pagg. 16-23 dell’atto di appello);

– il vizio di motivazione e la violazione o falsa applicazione di legge, per utilizzazione a fini probatori della CTU senza che le parti avessero provato i fatti costitutivi della domanda, in merito all’an e al quantum, demandando il Giudice illegittimamente alla CTU l’onus probandi, con travisamento delle prove rilevanti ai fini della decisione (cfr. pagg. 13-16 dell’atto di appello);

– il vizio di ultrapetizione, essendo stata oltrepassata la somma indicata in sede di precisazione della domanda (Euro 120.00,00), nonché l’erroneo riconoscimento degli accessori, non richiesti dall’attrice (cfr. pagg. 32-35 dell’atto di appello);

– l’erronea esclusione della responsabilità o corresponsabilità della chiamata Costruzioni Edili (…) nella causazione dei danni alla proprietà attorea (cfr. pagg. 35-42 dell’atto di appello);

– l’errata quantificazione delle spese di lite, che non tiene conto del valore indicato in citazione (indeterminabile) e dell’effettiva attività svolta dalle parti (cfr. pagg. 42-44 dell’atto di appello).

Chiedeva, pertanto, che l’adita Corte:

” 1) in via pregiudiziale e cautelare, sospenda e/o revochi la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto;

2) in via principale e nel merito, accolga per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 6717/2016, resa nel giudizio avente R.G. 16539/2009 del Tribunale di Napoli, II Sezione Civile, Dott.ssa G.B., il 27 giu. 2016 e pubblicata in pari data, accolga tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano:

“rigettare le domande tutte contro di lui promosse dalla Sig.ra (…)

condannare la ditta Costruzioni Edili di (…), in persona del suo titolare, sig. (…), al risarcimento dei danni che dovessero essere liquidati in favore dell’attrice, Sig.ra (…) ed al pagamento dei quali dovessero essere condannato il Condominio di Via (…) di (…) n. 94.”

e conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dall’appellato/a dinanzi al Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto.

In via subordinata, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettare la domanda tesa al risarcimento del danno per il mancato utilizzo del bene poiché non provato né nell’an né nel quantum ovvero ridurre la misura del risarcimento limitatamente al periodo successivo fino al gennaio 2009 e fino al giugno 2012, riconsiderando anche la quantificazione dell’indennità mensile in base a quanto rappresentato.

In via gradata, sempre in riforma dell’impugnata sentenza, dichiarare il vizio di ultrapetizione in cui è incorso il Tribunale, riducendo il risarcimento del danno nella misura di Euro 110.387,20 senza né interessi né rivalutazione monetaria né interessi compensativi né moratori.

In ogni caso, nella denegata ipotesi di conferma totale o parziale della sentenza di primo grado, ridurre le spese di lite come liquidate in favore dell’attrice e della chiamata in causa n conformità a quanto rappresentato in narrativa.

3) con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio” (cfr. pag. 46-48 dell’atto di appello)

II.2. Con comparsa del 10 novembre 2016, si costituiva (…), che eccepiva l’infondatezza, in fatto e in merito, del gravame, chiedendone, pertanto, il rigetto.

II.3. Benché ritualmente evocata in giudizio, non si costituiva la Costruzioni Edili (…), conseguentemente dichiarata contumace all’udienza del 28 febbraio 2017.

II.4. Con ordinanza depositata il 15 marzo 2017 veniva accolta l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva e dell’esecuzione della gravata sentenza, ravvisandosi il fumus boni iuris, in special modo per “il motivo pertinente l’errata e abnorme quantificazione del danno da mancato utilizzo dell’immobile lamentato dall’attore del giudizio di primo grado”, nonché il periculum in mora.

II.5. All’udienza del giorno 27 novembre 2020, celebrata con le modalità dell’udienza a trattazione scritta, le parti costituite depositavano le loro note conclusive e la causa veniva rimessa in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti defensionali conclusivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Il Tribunale di Napoli – dopo avere ricondotto la fattispecie sottoposta al suo esame nel solco della responsabilità dell’art. 2051 (così come dedotto dall’attrice, “il Condominio è custode delle cose comuni comprese nell’elenco di cui all’art. 1117 c.c. tra le quali vi sono le facciate del fabbricato, il tetto e l’impianto di drenaggio dell’acqua piovana, cose dalle quali sono derivati i fenomeni di infiltrazione denunciati dall’attrice” ) e qualificato l’illecito come permanente ( “visto che le infiltrazioni d’acqua piovana lamentate si sono manifestate, senza soluzioni di continuità … fino a quando il convenuto ha eseguito i lavori, per quanto dichiarato dall’attrice, senza ricevere alcuna smentita da parte del resistente” (cfr. pag. 4 della sentenza) – ha accolto la domanda di danno avanzata da (…) nei confronti del Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94, osservando che: è infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, poiché documentalmente provata l’avvenuta interruzione del termine prescrizionale con riferimento ad entrambi i fenomeni infiltrativi denunziati; sono “ineccepibili” e pertanto vanno condivise le conclusioni del consulente tecnico di ufficio, arch. (…), ché “consentono di affermare che è stata provata la responsabilità esclusiva del solo convenuto nella provocazione degli eventi dannosi lamentati (cfr. pag. 5 della sentenza); il Condominio non ha assolto l’onere probatorio a suo carico poiché “dimostrato il nesso causale tra i beni condominiali e l’evento dannoso, ai sensi dell’art. 2051 c.c., spettava al Condominio dimostrare in modo rigoroso l’esistenza del caso fortuito, integrato anche dal fatto del terzo” , nello specifico, l’eventuale concorso di colpa dell’attrice o l’eventuale responsabilità della ditta appaltatrice Costruzioni Edili A. (cfr. pagg. 6-7 della sentenza).

Per l’effetto, condannava il convenuto Condominio al pagamento in favore della (…) della somma di Euro 10.387,20 “per i lavori necessari alla rimozione dei danni arrecati all’appartamento dell’attrice” (cfr. pag. 9 della sentenza) e della somma di Euro 183.328,00 a titolo di risarcimento del danno da mancato godimento del suddetto appartamento nel periodo compreso tra il mese di settembre 2002 (inizio del primo fenomeno infiltrativo) ed il mese di giugno 2012 (ultimo mese di inutilizzo dell’appartamento), oltre rivalutazione monetaria, interessi moratori ed interessi compensativi (cfr. pagg. 9-11 della sentenza).

2. Con un primo motivo di gravame – rubricato “errata valutazione in ordine alla prescrizione del diritto al risarcimento del danno extracontrattuale della sig.ra (…)” (cfr. pag. 4 dell’atto di appello) – il Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94 lamenta che il Giudice di primo grado abbia erroneamente disatteso la propria eccezione di prescrizione in ordine al “diritto al risarcimento del danno extracontrattuale” avanzato dalla (…).

All’opposto, esso sostiene che “è di tutta evidenza che dagli eventi dannosi cui fa riferimento l’atto di citazione sono trascorsi oltre cinque anni e che non è stata effettuata alcuna valida ed efficace messa in mora richiesta dalla legge per interrompere il termine quinquennale di prescrizione” (pag. 4 dell’atto di appello).

Il motivo è inammissibile per difetto del predicato di specificità.

Ed invero il Giudicante, precisato che l’attrice aveva denunciato due fenomeni infiltrativi “quello iniziato nel luglio 2002, a suo dire, cagionato dalle condizioni della facciata esterna del fabbricato e delle lastre di copertura del tetto, rotte in più punti, e quello manifestatosi nel gennaio 2009, dovuto alla rottura di due canali di scolo delle acque, l’uno prospiciente via (…), l’altro sul terrazzo, nonché di onduline e colmi” (cfr. pag. 3 della sentenza), come tali integranti un illecito di natura permanente, ha evidenziato come il termine prescrizionale di durata quinquennale fosse stato interrotto in relazione all’illecito manifestatosi nel gennaio 2009 con la notifica della citazione del 16 aprile 2009, e con riferimento all’episodio verificatosi a partire dal luglio dell’anno 2002 con la richiesta di risarcimento che l’attrice aveva rivolto al Condominio per i danni arrecati al suo immobile dalle condizioni del tetto e della facciata del fabbricato, di cui alla delibera condominiale del 17 luglio 2007, in atti.

Ebbene, a fronte di tali argomentate ragioni, l’appellante si è limitato, del tutto genericamente, a dedurre l’assenza di una “valida ed efficace messa in mora”, reiterando, peraltro, la medesima difesa del primo grado, già esaminata e disattesa dal Tribunale, anziché indicare, con riferimento alla discussa prescrizione, in maniera chiara e puntuale, i “punti contestati” “e con essi le relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice” (cfr. Cass. n. 27199/ 2017).

3. Con un secondo motivo di gravame – rubricato “errata valutazione delle istanze istruttorie formulate dalle parti, rigetto delle medesime e conseguente compressione del diritto alla difesa” (cfr. pag. 5 dell’atto di appello) – il Condominio si duole che il Tribunale non abbia dato ingresso alle sue richieste istruttorie ancorché ritualmente articolare, deducendo che “dall’analisi dei capitoli di prova, si evince chiaramente che gli stessi avevano ad oggetto fatti e circostanze certamente rilevanti ai fini della decisione della controversia in quanto finalizzate a provare sia la responsabilità o corresponsabilità dell’attore sia la responsabilità del Terzo chiamato in causa in merito ai danni presenti nell’appartamento di proprietà (…) a seguito delle infiltrazioni occorse nel gennaio del 2009” (cfr. pag. 6 dell’atto di appello). Pertanto, rinnova le istanze di prova in questa sede, siccome idonee, a suo parere, a portare alla luce “fatti e circostanze rilevanti ai fini del presente giudizio e soprattutto confutare quanto affermato (e solo affermato) da controparte.” (cfr. pag. 7 dell’atto di appello).

Anche tale motivo non merita di trovare accoglimento.

3.1. Al riguardo, giova rammentare che “La parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione. Tale principio deve essere esteso anche all’ipotesi in cui sia stato il giudice di appello a non ammettere le suddette richieste, con la conseguenza che la loro mancata ripresentazione al momento delle conclusioni preclude la deducibilità del vizio scaturente dall’asserita illegittimità del diniego quale motivo di ricorso per cassazione” (cfr. Cass. n. 5741/2019).

3.2. Ebbene, nel caso in esame, dalla lettura del verbale redatto all’udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado del 12 luglio 2013, poi rinviata in prosieguo al 26 febbraio 2006, risulta che alcuna richiesta istruttoria fu espressamente reiterata dall’interessato: dal ché, a prescindere da ogni altra valutazione, va affermata l’inammissibilità, in questa sede, della corrispondente doglianza.

4. Con un distinto articolato motivo di gravame – rubricato ” errata e abnorme quantificazione del danno da mancato utilizzo dell’immobile lamentato dall’attore del giudizio di primo grado” (cfr. pag. 7 dell’atto di appello) – il Condominio argomenta, in sintesi, che:

– i danni nell’immobile della (…) – contrariamente all’assunto dell’attrice – erano da ricondurre alla incuria della proprietaria o piuttosto alla condotta del suo inquilino, la A. S.p.A., che “ha causato numerosi danni alla copertura ed alla facciata del condominio installando dei condizionatori d’aria ed asportando gli infissi delle finestre, consentendo dunque all’acqua di infiltrarsi (…) tra il telaio degli infissi e della muratura” (cfr. pag. 7-9 dell’atto di appello);

– non era stato dimostrato che i danni all’appartamento si fossero prodotti a partire dal mese di settembre 2002, in quanto “né dalla documentazione versata in atti né dalla CTU è possibile individuare l’esatta datazione e genesi dei danni all’appartamento in proprietà (…) nonché se gli stessi abbiano reso l’immobile in oggetto inutilizzabile, la quantificazione degli stessi a partire dal mese di settembre 2002 appare del tutto sfornita di prova” (cfr. pag. 12 dell’atto di appello);

– la consulenza tecnica di ufficio prestava il fianco a numerose critiche poiché non considerava che la causa dei danni da infiltrazioni del gennaio 2009 fosse diretta conseguenza dell’attività edilizia male eseguita (da giugno ad ottobre 2008) dalla Ditta A. ovvero non eseguita proprio dalla stessa per l’autonomo abbandono del cantiere;

– la colpa delle infiltrazioni non era imputabile o addebitabile al Condominio bensì al proprietario stesso, in quanto le infiltrazioni dal soffitto erano state provocate dalla imperfetta installazione delle sei unità per il condizionamento da parte dell’A. e cioè del conduttore dell’attrice, e dunque erano la causa delle infiltrazioni dell’appartamento, dal ché andava affermato il concorso del fatto colposo del creditore con conseguente diminuzione del risarcimento a seconda del grado della colpa ovvero sua esclusione “poiché il creditore avrebbe potuto evitare il danno usando l’ordinaria diligenza (corretta installazione delle sei unità per il condizionamento senza eseguire grossolanamente i fori per il passaggio dei tubi attraverso il solaio” (cfr. pag. 19 dell’atto di appello);

– non era stato dimostrato il danno da mancata locazione dell’immobile, in quanto l’attrice non aveva provato di avere tentato di fittare l’appartamento e di non esservi riuscita proprio a causa delle infiltrazioni di gravità tale da pregiudicare la norma fruizione dell’immobile;

– errata era la quantificazione del danno operata dal consulente e fatta propria dal Tribunale senza che le parti abbiano provato i fatti costitutivi della domanda;

– per le infiltrazioni manifestatesi nel gennaio 2009 era responsabile la ditta A. alla quale il Condominio aveva appaltato i lavori riguardanti la copertura del sottotetto di proprietà (…) ed i lastrici di copertura: i lavori eseguiti dalla ditta non erano stati eseguiti a regola d’arte in quanto a distanza di due mesi dalla loro esecuzione si erano verificate copiose infiltrazioni.

I rilievi esposti – da trattare congiuntamente perché logicamente connessi ed interdipendenti – vanno respinti.

4.1. Innanzitutto va precisato che correttamente il primo Giudice, sulla scorta delle allegazioni dell’attrice, ha inquadrato la vicenda de qua nell’alveo dell’art. 2051 c.c.: difatti, secondo l’ opinione oramai consolidata della giurisprudenza – condivisa anche da questo Collegio – il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde “ex” 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili anche al concorso del fatto di un terzo, prospettandosi in tal caso la situazione di un medesimo danno provocato da più soggetti per effetto di diversi titoli di responsabilità, che dà luogo ad una situazione di solidarietà impropria. Nondimeno, la conseguenza della corresponsabilità in solido, “ex” art. 2055 c.c., comporta che la domanda del condomino danneggiato vada intesa sempre come volta a conseguire per l’intero il risarcimento da ciascuno dei coobbligati, in ragione del comune contributo causale alla determinazione del danno (cfr. Cass. n. 7044/ 2020).

A tanto consegue, sul piano probatorio che, trattandosi di una ipotesi di responsabilità di natura oggettiva, il danneggiato deve provare soltanto il nesso casuale tra cosa in custodia e danno arrecato, mentre sul custode grava la prova liberatoria del caso fortuito, inteso quale fattore eccezionale (in quanto sensibile deviazione dalla frequenza statistica “normale) e imprevedibile (poiché, secondo il principio di regolarità causale, obiettivamente inverosimile), idoneo, di per sé, ad elidere il rapporto eziologico tra la cosa in custodia e il danno-evento (da ultimo, Cass.n. 6554(2021).

4.2. Ebbene, nel caso in esame – contrariamente a quanto opina l’appellante Condominio – la (…) ha appieno soddisfatto l’onere probatorio a suo carico quanto al nesso di derivazione causale tra i pretesi danni ( nella specie, la lesione del proprio diritto di proprietà, menomato dall’esistenza di fenomeni infiltrativi, con conseguente pregiudizi patrimoniali connessi ai danni subiti dall’immobile e al mancato godimento, per locazione, dello stesso) e la ” cosa in custodia” ( nel caso concreto, i beni di proprietà condominiale ex art. 1117 c.c.).

Innanzitutto va osservato che – nonostante in questa sede l’appellante, per la prima volta, abbia in merito sollevato contestazione- il Condominio, nell’articolare la sua difesa in primo grado, non ha mai revocato in discussione né la presenza di infiltrazioni all’interno dell’immobile di proprietà attrice, né la cronologia e la tipologia degli eventi dalla stessa denunciati né tantomeno la loro derivazione causale dal lastrico di copertura e dalla facciata condominiale; piuttosto, nel denegare ogni addebito a suo carico, ha reclamato, da un lato, la corresponsabilità dell’attrice per fatto del suo precedente conduttore, l’ A.R.I.N. S.p.A. ( nello specifico per avere quest’ultima asportato i condizionatori e gli infissi delle finestre, causa delle successive infiltrazioni), dall’altro, la corresponsabilità dell’appaltatore (terzo chiamato in causa), ditta Costruzioni Edili (…), per la mancata e/o inesatta esecuzione dei lavori commissionati sul lastrico solare e per avere, comunque, abbandonato il cantiere.

In tale senso esemplificative le diverse delibere assembleari versate in atti – ove si apprende della presenza delle infiltrazioni e dei danni occorsi all’immobile della (…), già a partire dal 2002, evidenziandosi, peraltro, in seno all’assemblea, la necessità di un rifacimento della copertura del fabbricato e della facciata – nonché i numerosi rilievi fotografici dei luoghi di causa (allegati sia le prime che i secondi alla produzione di primo grado dell’attrice) e, soprattutto, la consulenza tecnica di ufficio, espletata in primo grado, a firma dell’arch. (…), che nel caso di specie, ad avviso di questa Corte e in contrasto con quanto asserito dall’appellante, non ha inteso affatto colmare un vuoto probatorio ascrivibile alle parti, ma piuttosto offrire “le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione” (cfr. Cass. n. 11/01/2021, n. 200).

Difatti, nel corso del suo mandato, l’ausiliario, a seguito dei ripetuti accessi in loco e dell’esame della documentazione grafica e fotografica a sua disposizione, appurava che “(…) all’interno dell’immobile (sito all’ultimo livello del palazzo) erano presenti alcune parti interessate da infiltrazioni con danneggiamenti agli intonaci e pitture, ad alcuni succieli (cassonetti) degli infissi in legno; in particolare evidenza apparivano danneggiamenti agli intonaci e pitture sul soffitto a pareti del 1, 2 e del 5 ambiente (…).

Risultavano anche varie infiltrazioni sulle pareti di altri ambienti (…) Molto degradati e rotti apparivano gli intonaci di facciata in corrispondenza dei vecchi controtelai in legno degli infissi esterni. Sui cornicioni laterali di collegamento tra i balconcini risultava presente vegetazione e distacchi diffusi di impermeabilizzazione, con la relativa guaina completamente deteriorata dal tempo e dalla incuria.

Si rilevavano vari distacchi dei risvolti della vecchia guaina impermeabilizzante. Il sottotetto sovrastante l’appartamento, che non risultava pavimentato, si presenta in condizioni cattive con varie tracce di infiltrazioni dalla vecchia copertura e segni di ristagni sul suolo. (…) Si precisa che sull’intero perimetro della facciata condominiale vi sono ampie aree prive di intonaci nonché cornicioni e decorazioni che presentano numerosi distacchi e rigonfiamenti con pericolo per persone e cose. Pertanto tali elementi devono essere immediatamente messi in sicurezza dal condominio” (cfr. pag. 4 -5 della relazione di consulenza del 19 gennaio 2011).

Così pervenendo all’individuazione dei seguenti danni: “a) Infiltrazione sul tetto e sulle pareti laterali nell’ultima stanza in fondo entrando a sinistra (…) con degrado di intonaci, pitture e tetto in legno; b) Infiltrazioni interne alle murature di facciata e nei vani di facciata in corrispondenza degli infissi (…) con degrado di intonaci, pitture ed cassonettature in legno; c) Rotture e distacchi intonaci esterni di facciata sui balconi con le relative cornici ornamentali in muratura perimetrali agli infissi; d) Tracce di infiltrazioni nel sottotetto di copertura” (cfr. pag. 5 della citata relazione).

Quanto alla loro eziologia, il tecnico, ricondotti detti danni ai due fenomeni infiltrativi manifestatisi nel 2002 e nel 2009, specificava che le prime infiltrazioni, riferibili alle zone vicine ai vani balcone, “sono ragionevolmente da attribuirsi ad evidenti distacchi di intonaci condominiali esterni e di para acque perimetrali condominiali sui balconi prospicienti via (…), nonché a distacchi di intonaci perimetrali esterni di facciata sulle pareti di cornicione di collegamento tra i balconi e al deterioramento totale delle vetuste impermeabilizzazioni presenti sugli stessi” (cfr. pag. 6 della citata relazione) e che le seconde, riferite all’anno 2009 e localizzate in particolare nella parte finale nell’ambiente corridoio, “sono ragionevolmente da attribuirsi ad infiltrazioni verificatesi nella copertura condominiale del tetto, ove appariva in sede di sopralluogo anche un colmo distaccato, ed estesesi al solaio sottostante con danneggiamento alle travi di legno del solaio stesso (…)” (cfr. pag. 6 della citata relazione).

Nel prosieguo della sua relazione, il consulente, nel rispondere allo specifico quesito relativo all’eventuale contributo causale, nella produzione dei danni all’immobile, da ascrivere alla “incuria della attrice o dell’A. nel caso in cui risulti che questa abbia rimosso i condizionatori d’aria e gli infissi” , sulla base della documentazione in suo possesso ed alla luce dei sopralluoghi effettuati, affermava che: “le infiltrazioni in prossimità dei vani balconi sono causate dalla rottura e mancanza di intonaci e cornici esterne di facciata condominiale con importanti fessurazioni tra la vetusta muratura di facciata ed i vecchi controtelai in legno tuttora esistenti sia lateralmente che superiormente agli stessi controtelai”; “le infiltrazioni rilevate in prossimità dei vani balconi sono indipendenti dai nuovi infissi posti dalla parte attrice o dall’A., in quanto avvengono tra i vecchi e preesistenti controtelai in legno degli infissi e le murature, cornici ed intonaci di facciata totalmente degradati, lesionate ed in parte mancanti. (…)

Pertanto tali infiltrazioni sono unicamente attribuibili al degrado, rotture, mancanza di intonaci e cornici decorative di facciata condominiale e non alla rimozione di infissi né interni né esterni, i cui controtelai in legno originali permangono senza alcuna modifica in situ”;”ulteriori infiltrazioni sono sempre da attribuirsi al degrado delle rifiniture condominiali di facciata e alle impermeabilizzazioni di parti condominiali piane di facciata degradate, vetuste e prive di manutenzione, con le vecchie guaine di impermeabilizzazione rotte e distaccate anche nei piccoli risvolti sulla facciata” (cfr. pag. 12 della citata relazione).

Quanto poi alla dedotta inadempienza della ditta Costruzioni Edili (…), appaltatrice dei lavori di impermeabilizzazione dei lastrici sovrastanti l’appartamento di proprietà (…), ed alla relativa incidenza sulla produzione o aggravamento dei danni nella proprietà attrice, il consulente chiariva che :”dalla documentazione esaminate e dallo stato dei luoghi visionato, l’inadempienza della ditta A. non (ha) abbia provocato nuovi danni o contributo ad aggravare quelli già esistenti” (cfr. pag. 17 della citata relazione): valutazione che veniva poi ribadita dal consulente tecnico nei successivi chiarimenti resi all’udienza del 4 ottobre 2011: ” l’inadempienza della ditta A., relativamente alle infiltrazioni in oggetto in copertura a falda, risulta trascurabile in quanto l’unica fonte di infiltrazione rilevata è data da un colmo distaccato.

Tali inconvenienti con relative piccole infiltrazioni sono attribuibili a manutenzione ordinaria non eseguita o eseguita in ritardo delle copertura a falda condominiali. Le principali e maggiori cause di infiltrazioni all’appartamento di proprietà (…) risultano essere causate dalle facciate e decori condominiali notevolmente degradati (…) in tale lavorazione è da escludere un’inadempienza della ditta A. in quanto sebbene in presenza di contratto di appalto lo stesso non è accompagnato dagli elementi necessari alla sua esecuzione e soprattutto ad elementi essenziali all’effettivo inizio dei lavori”.

Tanto considerato, ad avviso della Corte, a fronte di tali evidenze probatorie, in mancanza di appropriate allegazioni e prove di segno contrario – ed invero era onere del Condominio dimostrare l’ (eventuale) incidenza causale della asportazione dei condizionatori da parte del conduttore dell’immobile della (…) (A. S.p.A.) nella causazione dei lamentati danni da infiltrazioni, circostanza quest’ultima dedotta dal convenuto ma del tutto sfornita di prova – va respinta la tesi del Condominio che propugna un concorso di colpa ex art. 1227 c.c. della (…) per l’iniziativa assunta dal suo inquilino.

Così come va respinta l’ulteriore tesi dell’ appellante che reclama, in luogo della propria, la responsabilità della ditta Costruzioni Edili (…), sul presupposto che la stessa, con i lavori non eseguiti a regola d’arte, abbia creato o contribuito all’occasione di danno, incidendo su quei beni condominiali che sono all’origine del danno stesso.

Difatti, come innanzi ha evidenziato l’ausiliario del Giudice, anche a volere ritenere che la ditta appaltatrice incaricata dei lavori di impermeabilizzazione dei lastrici sovrastanti l’appartamento di proprietà (…) non abbia assolto al suo incarico a regola d’arte, nondimeno eventuali sue inadempienze (peraltro non ben specificate dal Condominio, né, in verità, chiarite dall’ausiliario tecnico) nel caso, non avevano svolto alcuna efficacia causale sul danno, da ricondurre integralmente al prolungato e grave deterioramento dei beni condominiali (cfr. pag. 17 della relazione del 19 gennaio 2011).

4.3. A questo punto, non essendo dubitabile, nel caso in esame, la responsabilità in via esclusiva del Condominio, si può passare ad esaminare le ulteriori censure dallo stesso formulate in merito al quantum del risarcimento liquidato dal Tribunale a beneficio dell’attrice, con particolare riferimento al preteso danno da mancato godimento dell’immobile, destinato ad uso locativo.

In premessa giova ricordare che, chiamata ad esprimersi su tale tipologia di danno, la Suprema Corte ha statuito che: “la compressione o la limitazione del diritto di proprietà … che siano causate dall’altrui fatto dannoso (nella specie, infiltrazione di acqua proveniente da terrazze di copertura dell’edificio condominiale) sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (cosiddetto danno emergente) o di perdite dei frutti della cosa (lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno, mentre resta a carico del proprietario o dell’usufruttuario il relativo onere probatorio, che può essere assolto altresì mediante presunzioni semplici, il giudice può fare ricorso anche ai parametri del cosiddetto danno figurativo, trattandosi di casa di abitazione, come quello del valore locativo della parte dell’immobile del cui godimento il proprietario è stato privato” (Cass. n. 33439 del 2019).

Nella vicenda per cui è causa, l’attrice, nell’indicare i pretesi danni subiti, aveva specificato che ” a causa del mancato intervento del condominio al fine di eliminare le cause delle infiltrazioni” non aveva potuto concedere in locazione l’immobile “con grave danno patrimoniale consistito nella mancata percezione di canoni dal 2002 ad oggi”, con conseguente impossibilità “di utilizzare o locare l’immobile” (cfr. pag. 3 della citazione di primo grado).

Ebbene le dedotte difficoltà locative ed il danno ad esse conseguito, sono stati, nel caso concreto, sufficientemente dimostrati: in primo luogo, infatti, risulta documentato che l’immobile fu concesso in affitto sino all’agosto 2002, ovvero sino al manifestarsi delle prime infiltrazioni, per, poi, rimanere sfitto, in presenza ed a causa del fenomeno infiltrativo, per essere di nuovo locato nel giugno 2012 all’esito dei lavori di ristrutturazione, risolutivi del problema.

Dal ché si desume, da un lato, l’ “inappetibilità” sul mercato immobiliare dell’appartamento nel periodo compreso tra l’anno 2002 e l’anno 2012, proprio perché erano in corso le infiltrazioni sulle pareti del salone principale, lungo i balconi, sul soffitto e sulle pareti del corridoio, dall’altro lato, la ragionevole impossibilità di locare l’immobile anche ad un canone inferiore, sia per l’incertezza nella tempistica di risoluzione dei problemi evidenziati sia per il grave ed avanzato stato di degrado dell’edificio tale da risultare addirittura pericoloso.

Appurata la esistenza del danno, a parere di questa Corte, deve ritenersi che la corrispondente quantificazione sia stata correttamente operata dal Tribunale con riferimento cioè al cd. “danno figurativo”, pari al valore dell’immobile del cui godimento il proprietario è stato privato. L’importo calcolato in Euro 183.328,00, è stato difatti parametrato (dal consulente e poi recepito dal Giudice) al valore locativo medio mensile che l’ immobile in questione, tenuto conto dei prezzi medi di mercato per immobili ad esso comparabili, sia per le caratteristiche che per la zona di ubicazione, avrebbe potuto assicurare al proprietario nel periodo di interesse (cfr. pag. 10 della consulenza tecnica d’ufficio)

D’altronde, la congruità del calcolo è stata confermata “a posteriori” dal contratto di locazione stipulato l’1 luglio 2012, dal quale risulta che la proprietaria (…) ed il suo nuovo conduttore, si accordarono per un canone mensile di Euro 1.600,00, circa, prossimo ai valori medi di mercato ipotizzati dal CTU.

Insomma anche sul punto la decisione va confermata.

5. Nel prosieguo del suo appello, il Condominio lamenta che il Tribunale sia incorso nel vizio ultrapetizione, avendo oltrepassato nella sua liquidazione la somma indicata in sede di precisazione della domanda (Euro 120.00,00) e riconosciuto, arbitrariamente, “interessi, rivalutazione monetaria, interessi compensativi e moratori senza che questi siano stati domandati” (cfr. pag. 33 dell’atto di appello).

La doglianza è infondata: se è vero infatti che l’attrice, nel termine delle preclusioni istruttorie, ebbe a precisare la sua domanda in Euro 120.00,00, è anche vero che la stessa fece salva l’eventuale somma maggiore ritenuta dal Tribunale “anche a seguito di CTU”.

Inoltre, quanto al riconoscimento degli interessi e della rivalutazione monetaria, a dire dell’appellante non espressamente domandati dall’istante, va, innanzitutto, rammentato che per orientamento consolidato della Suprema Corte, “gli interessi sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno da fatto illecito, hanno, infatti, fondamento e natura diversi da quelli moratori, regolati dall’art. 1224 c.c. (che si risolvono in una liquidazione forfetaria del danno commisurato alla perdita della naturale fruttuosità del denaro), in quanto sono rivolti a compensare il pregiudizio derivante al creditore dalla temporanea indisponibilità dell’equivalente pecuniario del danno subito, di cui costituiscono, quindi, una necessaria componente, al pari di quella rappresentata dalla somma attribuita a titolo di svalutazione monetaria, la quale non viene a risarcire un altro e maggiore danno, ma è soltanto una diversa espressione monetaria del medesimo danno (dovendo rendersi effettiva la reintegrazione patrimoniale del danneggiato, che deve essere, pertanto, adeguata al mutato valore del denaro nel momento in cui è emanata la pronuncia giudiziale finale). Ne consegue che nella domanda di risarcimento del danno per fatto illecito è sempre implicitamente inclusa anche la richiesta di riconoscimento, sia degli interessi “compensativi”, sia della rivalutazione monetaria – quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni – ed il Giudice di merito deve attribuire gli uni e l’altra anche se non espressamente richiesti, pure in grado di appello, senza per ciò incorrere in ultrapetizione (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18243 del 17/09/2015).” (Cassazione civile sez. III, 04/11/2020, n. 24468).

Sicché, nella specie, trattandosi di un credito risarcitorio ( e dunque di valore), dovendosi garantire l’integrità del risarcimento, la corrispondente liquidazione in favore della danneggiata ha comportato, ex se, l’attribuzione ed il riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi cd. compensativi.

La sentenza, anche per il profilo esaminato, non merita alcuna riforma.

6. Con una distinta censura, il Condominio si duole della quantificazione delle spese di lite inflitta dal Tribunale perché non tiene conto “del valore indicato in citazione e dell’effettiva attività svolta dalle parti” (cfr. pag. 42 dell’atto di appello).

Tale censura va respinta.

Premesso che il Giudice è, ordinariamente, tenuto, nella liquidazione delle spese processuali, a quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (Cfr. Cass. n. 29606/2017; Cass. n. 26608/2017 e Cass. n. 2386/2017), la Corte osserva che nella fattispecie in esame il Tribunale ha correttamente ragguagliato il valore della causa al decisum della controversia, pari all’importo di Euro 193.715,20, e si è attenuto ai valori tabellari medi previsti per lo scaglione di valore compreso tra l’importo di Euro 52.001,00 e quello di Euro 260.000,00, con una valutazione in parte difforme rispetto alla nota spese depositata perché alcune richieste non erano documentate ed alcuni voci apparivano eccessive, come del resto lo stesso Giudice ha motivato nel suo provvedimento.

Tali conclusioni non possono che estendersi anche alla liquidazione delle spese in favore della Costruzioni Edili A. da porre a carico del Condominio, nei cui confronti la prima è risultata vincitrice: sicché dette spese devono essere ragguagliate al valore della controversia come risultante dal decisum del Tribunale pari ad Euro 193.715,20.

7. Al rigetto dell’appello, segue la condanna del Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94 a rifondere a (…) (unica parte costituita) le spese del processo d’appello: tali spese vanno liquidate d’ufficio, come indicato nel dispositivo della presente sentenza, tenendo conto del valore della controversia (da ragguagliare nella specie al disputatum) e degli altri parametri indicati dal decreto del Ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (come aggiornati con D.M. n. 37 del 2018), per la liquidazione giudiziale dei compensi e delle spese spettanti agli avvocati.

Inoltre, l’integrale rigetto dell’appello costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per l’obbligo dell’appellante di pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte definitivamente pronunziando sull’appello proposto dal Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94, in persona dell’amministratore pro tempore, avverso la avverso la sentenza pronunziata dal Tribunale di Napoli in data 27 maggio 2016 e contraddistinta dal n. 6717/2016, iscritto al n. 3867/2016 del ruolo generale degli affari contenziosi, così provvede:

A)rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la decisione appellata;

B) condanna il Condominio sito N. alla Via (…) n. 94 a rifondere a (…) – con attribuzione all’avv. Carlo Maggio – le spese del giudizio di appello, che liquida nella somma di Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;

C)dichiara il Condominio sito in N. alla Via (…) n. 94 tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Napoli il 30 marzo 2021.

Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2021.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.