il frazionamento del credito che da’ luogo ad abuso del processo e’ ravvisabile solo allorche’, a fronte di “un unico rapporto obbligatorio” il credito sia frazionato in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo. Il frazionamento del credito, rilevante sotto il profilo dell’abuso del diritto, sia quello che determina un aggravamento della condizione del debitore, in contrasto con il principio di correttezza e buona fede. Non e’ consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilita’ con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|11 maggio 2022| n. 14984

Data udienza 18 marzo 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SESTINI Danilo – Presidente

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15479/2019 proposto da:

(OMISSIS), nella qualita’ di socio legale rappresentante della snc (OMISSIS), (OMISSIS), nella qualita’ di socio legale rappresentante della snc (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in (OMISSIS), Pec: (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

SOCIETA’ (OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), in (OMISSIS), Pec: (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2146/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18/03/2022 da Dott. MOSCARINI ANNA.

CONSIDERATO

che:

1. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) proposero opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Cosenza aveva loro ingiunto di pagare, quali fideiussori della societa’ (OMISSIS) srl, la somma di Euro 67.685,08 oltre interessi e spese in favore del (OMISSIS) – (OMISSIS). Gli opponenti eccepirono la prescrizione dell’asserito credito, l’assenza di certezza, liquidita’ ed esigibilita’ della pretesa creditoria, l’improcedibilita’ della domanda per intervenuto frazionamento del credito, avendo la banca avviato – prima dell’azione monitoria nei confronti dei fideiussori – una procedura espropriativa su alcuni cespiti di loro proprieta’. Inoltre gli opponenti negarono di aver sottoscritto le fideiussioni, asserivano che la somma ingiunta non fosse dovuta per essersi la fideiussione stessa estinta e che la banca avesse violato i principi di correttezza e buona fede.

Si costitui’ in giudizio la (OMISSIS) SpA quale cessionaria dei crediti e procuratrice di (OMISSIS) SpA rappresentando di aver promosso una procedura esecutiva immobiliare sulla base del contratto di apertura di credito e che, quindi, pur essendo unico il rapporto, diversi erano i titoli, cosi’ che non si era verificata la duplicazione dell’azione di recupero del credito. La creditrice assunse altresi’ di aver ricevuto, da parte dei fideiussori, atti di riconoscimento di debito.

2. Venne disposta una CTU e, all’esito, il Tribunale adito revoco’ il decreto ingiuntivo e condanno’ i fideiussori a pagare la somma di Euro 63.145,69, oltre interessi.

3. La Corte d’Appello di Catanzaro, adita dai fideiussori perche’ fossero riesaminate tutte le doglianze esposte in primo grado e si valutasse se le fideiussioni fossero state revocate o novate dal successivo contratto di apertura di credito con cui si escludeva l’assunzione di obbligazioni personali da parte dei terzi datori di ipoteca, con sentenza del 6/12/2018, ritenne che la questione della pretesa novazione fosse nuova e come tale non prospettabile in grado di appello ai sensi dell’articolo 345 c.p.c.; che il credito per il quale i fideiussori erano stati intimati fosse stato certamente ceduto al cessionario, come risultava dall’atto di cessione pubblicato sulla Gazzetta ufficiale; che non sussisteva il frazionamento del credito costituto dal contestuale assoggettamento ad azione esecutiva e ad azione monitoria in quanto le due azioni pignoramento nei confronti del terzo datore di ipoteca sulla base del contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria ed azione monitoria nei confronti dei fideiussori – non costituivano frazionamento del credito derivante dall’unico rapporto, trattandosi di due azioni per il recupero della somma dovuta, fondata su diversi titoli; che l’eccezione di prescrizione e quella afferente alla pretesa estinzione della fideiussione erano infondate.

4. Avverso la sentenza, che ha condannato gli appellanti alle spese del grado, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Ha resistito la Societa’ (OMISSIS) SpA con controricorso.

5. Il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in adunanza camerale in vista della quale i ricorrenti hanno depositato memoria.

RITENUTO

che:

1. Con il primo motivo – violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in relazione agli articoli 111 Cost., articoli 345, 113, 115 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, articoli 167, 183, 190 c.p.c., articoli 1230, 1325, 1936, 1823, 1852, 1842 e 1362, 2808 c.c. e segg. – i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello abbia ritenuta nuova e come tale inammissibile ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., la questione della pretesa novazione delle fideiussioni a seguito della stipulazione del contratto di apertura di credito. Assumono che il contenuto delle fideiussioni stipulate nel 1991 fosse stato superato dalla successiva stipulazione di un contratto di apertura di credito con garanza ipotecaria nel quale le parti avevano precisato che i terzi datori di ipoteca, in ordine all’apertura di credito, non avrebbero assunto obbligazioni in proprio, e che, del tutto erroneamente, pur essendo stata la questione posta fin dal primo grado del giudizio, il giudice d’appello l’avrebbe ritenuta “nuova” e come tale in contrasto con l’articolo 345 c.p.c..

I ricorrenti riportano, anche ai fini dell’autosufficienza, atti del giudizio di primo grado nei quali la questione sarebbe stata trattata e dunque sottoposta al contraddittorio tra le parti, nonche’ l’atto di appello e la decisione impugnata.

1.1 A prescindere dalla mescolanza dei mezzi di impugnazione che rende di per se’ il ricorso inammissibile, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass., 1, n. 26874 del 23/10/2018: “In tema di ricorso per cassazione, e’ inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorieta’ della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimita’ il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi di impugnazione enunciati dall’articolo 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, cosi’ attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimita’ il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse”), la questione di diritto non e’ specifica in quanto la parte non espone come la questione sia stata dedotta nel giudizio di primo grado, cosa abbia statuito il giudice, quali i motivi di appello e quale la sentenza impugnata, sicche’ l’enunciazione della violazione di un lungo elenco di censure resta priva di adeguato svolgimento.

2. Con il secondo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in relazione all’articolo 111 Cost., articoli 39, 40, 100, 112, 113, 115, 116 c.p.c., articolo 132 c.p.c., comma 2, articoli 480, 633 c.p.c. – i ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello non abbia accolto la loro prospettazione del preteso frazionamento del credito ne’ abbia rilevato la connessione o la litispendenza tra il procedimento monitorio con la procedura esecutiva immobiliare promossa nei confronti del terzo datore di ipoteca.

2.1 Il motivo presenta la stessa mescolanza dei mezzi di impugnazione che inficia il primo motivo di ricorso ed e’ dunque inammissibile sotto questo profilo. In secondo luogo esso e’ privo di specificita’ perche’, come nel primo motivo, e’ denunciata la violazione di una lunga ed eterogenea serie di disposizioni senza che sia in alcun modo illustrato in quali termini le stesse risulterebbero violate. Quanto al merito, in ogni caso, il motivo e’ palesemente infondato perche’, come rilevato dalla sentenza impugnata, il frazionamento del credito che da’ luogo ad abuso del processo e’ ravvisabile solo allorche’, a fronte di “un unico rapporto obbligatorio” il credito sia frazionato in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo. Nella fattispecie in esame, invece, non sussisteva il frazionamento del credito derivante dall’unico rapporto, ma due azioni per il recupero della somma dovuta fondate su diversi titoli e cioe’ la dazione di ipoteca e il contratto di fideiussione. La giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nel senso di ritenere che il frazionamento del credito, rilevante sotto il profilo dell’abuso del diritto, sia quello che determina un aggravamento della condizione del debitore, in contrasto con il principio di correttezza e buona fede, fattispecie cui non e’ riconducibile il caso in esame. Si legge infatti in Cass., S.U., n. 4090 del 16/2/2017: “Non e’ consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilita’ con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale” (Si veda altresi’ Cass., S.U. n. 23726 del 15/11/2007, Cass., 3, 24539 del 20/11/2009, Cass., 3, n. 24539 del 20/11/2009, Cass., 6-2 n. 19898 del 27/7/2018).

Ne consegue, pertanto, che, qualora il motivo fosse ritenuto ammissibile, lo stesso andrebbe rigettato per la sua palese infondatezza.

3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, in relazione agli articoli 1362 c.c. e segg., articoli 2697 e 2702 c.c., articoli 214 e 215 c.p.c..

I ricorrenti lamentano che la Corte d’Appello non abbia accolto la loro eccezione relativa all’avvenuto disconoscimento delle sottoscrizioni sulle fideiussioni che, in quanto disconosciute, non sarebbero state ne’ valide ne’ efficaci.

3.1. Il motivo e’ inammissibile. E’ corretta in iure l’affermazione della Corte d’Appello circa la necessita’ che il disconoscimento della sottoscrizione debba essere specifico e determinato ancorche’ non sottoposto a formule sacramentali. A fronte di tale statuizione i ricorrenti richiedono nella sostanza un non consentito diverso apprezzamento di merito rispetto a quello di genericita’ dell’atto di disconoscimento compiuto dalla Corte d’Appello. Peraltro la censura e’ priva di decisivita’ in quanto il rilievo dell’avvenuta interruzione della prescrizione mediante atti ricognitivi supera e rende priva di decisivita’ la deduzione del disconoscimento della sottoscrizione delle fideiussioni.

4. Conclusivamente il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo. Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quello gia’ versato per il ricorso, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare, in favore di parte resistente, le spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.600 (oltre Euro 200 per esborsi) piu’ accessori di legge e spese generali al 15%. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, a norma del citato articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.