La Cassazione Penale, con la Sentenza n. 28675/2022, ha affrontato la tematica, alquanto attuale, relativa all’inoltro di messaggi (scritti ed audio) dal contenuto pesantemente offensivo attraverso Whatapp, e se tale attività possa integrare e a quali condizioni il reato di diffamazione.

Al riguardo, dopo aver precisato e ribadito le differenze intercorrenti tra diffamazione ed ingiuria ed aver specificato in quali circostanze ricorre l’una o l’altra ipotesi, ha espresso il seguente principio di diritto:

per discernere quale sia l’ipotesi alla quale ricondurre il fatto storico (ingiuria o diffamazione), il Giudice di merito dovrà verificare, appunto, se la persona offesa fosse virtualmente presente o assente al momento della ricezione dei messaggi offensivi; attraverso i dati di fatto emersi nel processo, in particolare, il giudicante dovrà comprendere se la persona offesa abbia percepito in tempo reale l’offesa proveniente dall’autore del fatto, accertamento che, quando non siano disponibili dati tecnici più precisi quanto ai collegamenti della persona offesa con il servizio di messaggistica, potrà passare attraverso la verifica di tempi e modi dell’invio dei messaggi e dell’atteggiamento della vittima quale emerge da precisi indicatori fattuali.

La Sentenza in commento è disponibile per la consultazione integrale al seguente link: Cassazione .n 28675/2022

La vicenda: invio di messaggi offensivi in una chat di whatsapp

La Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione di I grado resa dal Tribunale di Ascoli Piceno, ha condannato l’imputato dal reato di diffamazione, ritendo che l’invio, di plurimi messaggi scritti e audio in una chat di whatsapp, a cui partecipavano sia la persona offesa che altre persone, dal contenuto pesantemente offensivo, integrasse il reato di diffamazione.

Contro l’anzidetta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso ritenendo che avendo la persona offesa immediatamente replicato alle offese indirizzate nei suoi confronti, trattavasi, non di diffamazione, ma di ingiuria.

Detto in altri termini, l’imputato sostiene che, data l’immediata replica da parte della persona offesa, quest’ultima doveva essere ritenuta presente, con la conseguente configurabilità non già del reato di diffamazione, ma di quello di ingiuria che oggi si ricorda essere depenalizzato.

Diffamazione: disciplina giuridica 

Il reato di diffamazione è disciplinato dall’art. 595 c.p. che testualmente prevede:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Se l’offesa è recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate. 

Per completezza espositiva si rappresenta che l’ingiuria, che come già accennato è stata depenalizzata, era disciplinata dall’abrogato art. 594 c.p. che disponeva:
Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente  è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone

Diffamazione: l’invio dei messaggi a più destinatari tra cui anche l’offeso

La corte nella Sentenza in commento, si interroga, innanzitutto, in merito alla natura, ingiuriosa o diffamatoria, dell’invio di comunicazioni a più destinatari tra cui anche l’offeso, e a tal fine, richiamandosi a Cassazione n. 13252/2021, opera una schematizzazione delle situazioni concrete in rapporto ai vari strumenti di comunicazione che possono dare luogo a l’uno o all’altro addebito.

A tal riguardo, sia la sentenza in commento, che il precedente richiamato operano la seguente schematizzazione, ritenendo che:

  • l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone;
  • l’offesa diretta a una persona “distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario;
  • se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il reato di diffamazione;
  • l’offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione.

 Diffamazione: il concetto di “presenza” della persona offesa nei moderni sistemi di comunicazione 

La decisione in discorso ha, poi, approfondito il concetto di “presenza” rispetto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che, accanto alla presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso, autore del fatto e spettatori, vi siano, poi, situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con l’ausilio dei moderni sistemi tecnologici (call conference, audioconferenza o videoconferenza), in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni offensive.

In tali ultime ipotesi, occorrerà, dunque, valutare caso per caso, e ad esempio, se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrera’ l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di piu’ persone.

Viceversa, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” (in accezione estesa alla presenza “virtuale” o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della diffamazione, si pensi all’invio di e-mail.

Diffamazione o ingiuria: il caso specifico di whatsapp

Nel caso di specie, la Sentenza in commento evidenzia che la chat di gruppo di whatsapp consente l’invio contestuale di messaggi a pù’ persone, che possono riceverli immediatamente o in tempi differiti a seconda dell’efficienza del collegamento ad internet del terminale su cui l’applicazione viene da loro utilizzata ed in base a tali circostanze andrà quindi accertata la “presenza virtuale” o meno della persona offesa.

A tal riguardo, ed in merito che alle chat di gruppo di whatsapp la Corte evidenzia che, destinatari:

  • possono leggere i messaggi in tempo reale (perché magari stanno consultando, in quel momento, proprio quella specifica chat) e, quindi, rispondere con immediatezza;
  • ovvero, possono leggere i messaggi, anche a distanza di tempo, quando non sono on line ovvero, pur essendo collegati a whatsapp, si trovino impegnati in altra conversazione virtuale e non consultino immediatamente la conversazione nell’ambito della quale il messaggio è stato inviato.

Detto in altri termini il funzionamento del servizio di messaggistica può influire sulla percezione dei messaggi da parte della persona offesa che può essere contestuale ovvero differita, a seconda che ella stia consultando proprio quella specifica chat di whatsapp o meno e per tanto:

  • nel primo caso, vi sarà ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat perchè la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente;
  • nel secondo caso si avrà diffamazione, in quanto la vittima dovrà essere considerata assente.

Conclusioni: bisogna valutare la virtuale presenza o assenza della persona offesa

Orbene, nella Sentenza in commento, la Corte dopo aver precisato e ribadito le differenze intercorrenti tra diffamazione ed ingiuria, nonché precisato il concetto di presenza della persona offesa specialmente in relazione ai nuovi strumenti di comunicazione, ha espresso il seguente principio di diritto:

per discernere quale sia l’ipotesi alla quale ricondurre il fatto storico (ingiuria o diffamazione), il Giudice di merito dovrà verificare, appunto, se la persona offesa fosse virtualmente presente o assente al momento della ricezione dei messaggi offensivi; attraverso i dati di fatto emersi nel processo, in particolare, il giudicante dovrà comprendere se la persona offesa abbia percepito in tempo reale l’offesa proveniente dall’autore del fatto, accertamento che, quando non siano disponibili dati tecnici più precisi quanto ai collegamenti della persona offesa con il servizio di messaggistica, potrà passare attraverso la verifica di tempi e modi dell’invio dei messaggi e dell’atteggiamento della vittima quale emerge da precisi indicatori fattuali.

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Avv. Umberto Davide

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