La cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, è qualificabile come donazione indiretta qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario: a condizione, però, che sia verificata l’esistenza dell'”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità. In altri termini, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all’apprezzamento dell’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità. Trattandosi di donazione indiretta, la verifica dell’animus deve essere condotta alla luce degli elementi di fatto allegati, atteso che “l’intenzione di donare emerge non già, in via diretta, dall’atto o dagli atti utilizzati, ma solo, in via indiretta, dall’esame, necessariamente rigoroso, di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, nei limiti in cui risultino tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio da chi ne abbia interesse.

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Tribunale|Torino|Sezione 2|Civile|Sentenza|25 maggio 2022| n. 2229

Data udienza 22 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SEZIONE SECONDA CIVILE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Ester Marongiu, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. R.G. 14704/2020, promossa da

(…) (C.F. (…)) residente in Torino (TO) Via (…), rappresentata e difesa in forza di procura in atti dall’Avv. Ni.Mu. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Torino, Corso (…)

– ATTRICE –

CONTRO

(…) residente in Torino (TO) Via Giovanni Fattori 55, rappresentata e difesa in forza di procura speciale in atti con poteri disgiunti dagli avv.ti Gi.Ga. e Al.Ga. del Foro di Torino ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Torino, Corso (…)

– CONVENUTA –

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) conveniva in giudizio (…) al fine di sentirla condannare, previo accertamento dell’esclusiva proprietà in capo alla de cuius (…) delle somme giacenti sul conto corrente bancario cointestato con la convenuta, alla restituzione delle somme indebitamente prelevate dopo il decesso della de cuius.

L’attrice, nipote di (…), esponeva che la de cuius era deceduta in data 25.5.2017 senza disporre per testamento delle proprie sostanze e che chiamati all’eredità risultavano essere la sorella (…), il fratello (…) e la stessa attrice, quale figlia del fratello premorto (…).

Dava atto che tra i beni caduti in successione vi erano le somme giacenti sul conto corrente bancario n. (…) aperto presso l'(…) di Villafranca d’Asti, filiale 00591, cointestato alla de cuius e alla convenuta, nonché gli importi del relativo deposito amministrato collegato n. (…), e del fondo n. (…), nonché i beni presenti nella cassetta di sicurezza, anch’essa cointestata alla zia e alla pro nipote, odierna convenuta, (…).

Parte attrice, ribadendo la proprietà esclusiva delle somme e dei beni custoditi nella cassetta di sicurezza in capo alla de cuius, allegava che la cointestazione dei conti bancari e della cassetta di sicurezza – disposta successivamente al decesso del marito della defunta (…) – era stata dettata solo da ragioni di necessità, stante l’età avanzata della de cuius e i gravi problemi di vista da cui era affetta che, pur nella piena capacità di intendere e volere, la rendevano bisognosa di assistenza ed aiuto.

Eccepiva l’attrice che, successivamente al decesso della zia, parte convenuta aveva effettuato diversi prelievi e bonifici senza giustificato motivo, instando quindi per la restituzione, nella misura pari alla propria quota ereditaria di 1/3, delle somme indebitamente prelevate.

Ritualmente costituita, la convenuta contestava la fondatezza delle domande attoree, dando atto che la cointestazione dei conti e della cassetta di sicurezza era stata disposta dalla de cuius non già al fine di ottenere assistenza ed aiuto, attesa la sua piena autonomia e capacità, ma per mero spirito di liberalità. Ribadiva come la de cuius non avesse bisogno di assistenza, non fosse affetta da cecità e avesse più volte confermato la volontà di beneficiare la convenuta delle somme presenti sul conto e sul deposito amministrato, in ragione del legame affettivo esistente.

Instava quindi per il rigetto delle domande proposte formulando, in via riconvenzionale, domanda di condanna dell’attrice al versamento del saldo della propria quota, ovvero alla corresponsione della somma di Euro 5.818,00, quale differenza tra la somma di Euro 4.900,00 ricevuta successivamente decesso della de cuius in ragione della contitolarità del conto e il saldo esistente al momento della chiusura del conto cointestato, al netto delle spese di competenza degli eredi.

Parte convenuta precisava, infatti, di aver prelevato dal conto cointestato le somme necessarie per provvedere alle spese conseguenti al decesso della de cuius sottolineando peraltro come le stesse spettassero solo agli eredi.

Sottolineava quindi come gli importi effettivamente ricevuti – accreditati direttamente dall’istituto bancario e non prelevati dalla convenuta – non corrispondessero alla somma effettivamente spettantele in ragione della cointestazione: al momento della chiusura del conto, infatti, avvenuta oltre un anno dopo il decesso, risultavano essere stati accreditati titoli e frutti di investimenti scaduti dopo il decesso di (…) di spettanza, pro quota, anche della convenuta.

All’esito della prima udienza la causa veniva riassegnata per competenza tabellare e, concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6, c.p.c., la causa veniva istruita con la produzione di documenti e l’assunzione di prove orali.

All’udienza del 13.12.2021 fatte precisare le conclusioni, il Giudice tratteneva a decisione la causa concedendo i termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali memorie di replica.

Prima di valutare nel merito la fondatezza delle domande rispettivamente proposte dalle parti, pare opportuno ricostruire gli elementi di fatto non oggetto di contestazione.

Al decesso di (…), avvenuto in data 25.05.2017, l’eredità morendo dismessa dalla de cuius si è devoluta ai sensi dell’art. 565 c.c. e, in assenza di discendenti e ascendenti, risultano essere stati chiamati all’eredità – poi accettata con assunzione della qualità di eredi – il fratello (…), la sorella (…) e, per rappresentanza, la nipote (…), figlia del fratello della de cuius (…) deceduto nel 2005, odierna attrice.

Alla luce dell’art. 570 c.c., gli eredi sono succeduti in parti uguali, spettando loro la quota di 1/3 ciascuno del compendio ereditario.

E’ certo, pertanto, che la convenuta non vanti alcun diritto sull’eredità oggetto di causa.

Ciò premesso, il presente giudizio ha ad oggetto la titolarità delle giacenze del conto corrente e del collegato deposito amministrativo, aperto presso la filiale (…) S.p.A. di Villafranca d’Asti, nonché il contenuto della cassetta di sicurezza, caduti in successione per la quota di 1/2 in quanto cointestati alla de cuius (…) ed alla di lei pronipote (…), odierna convenuta.

Parte attrice, infatti, ha evidenziato come detti rapporti bancari siano stati alimentati in via esclusiva con gli accrediti mensili della pensione della zia, nonché con i frutti degli investimenti dalla stessa effettuati, allegando come la cointestazione del conto e della cassetta di sicurezza avesse un mero fine assistenziale e gestorio, in considerazione dell’età avanzata e della salute compromessa della de cuius. Ha pertanto rivendicato la titolarità esclusiva delle somme, instando per la restituzione alla massa e, pro quota, agli eredi, delle somme prelevate dalla convenuta successivamente al decesso della de cuius.

La convenuta ha contestato questa ricostruzione, dando atto della piena capacità ed autonomia della de cuius a gestire i propri affari economici, precisando quindi come la stessa abbia utilizzato lo schema della cointestazione al fine di donarle il 50% del saldo del conto corrente e del collegato deposito titoli, nonché il 50% del contenuto della cassetta di sicurezza, cointestati alla (…), ritenendo pertanto corretto che, per effetto della contitolarità, rientri nel relictum la metà del saldo e del collegato deposito titoli, instando peraltro per l’accertamento del proprio diritto a percepire il 50% delle somme accreditate e dei titoli liquidati successivamente al decesso della de cuius.

E’ noto che la cointestazione di un conto corrente fa sorgere una mera presunzione di contitolarità delle somme ivi depositate, presunzione che può essere superata attraverso presunzioni semplici: “la cointestazione (…) fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell’onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa” (cfr. Cass. Civ. 23/02/2021 n. 4838).

Gli elementi allegati dalle parti e le difese svolte da parte convenuta, consentono di ritenere superata la presunzione di contitolarità: la documentazione in atti (v. doc. 5 e 6, di parte attrice) conferma infatti che gli accrediti sul conto cointestato provengono quasi esclusivamente dal versamento delle somme spettanti alla de cuius a titolo di pensione, accrediti riferibili, come indicato dall’attrice e non contestato da parte convenuta, ai rapporti pensionistici di (…).

A fronte di ciò, anche le difese della convenuta (…) confermano la titolarità esclusiva delle somme presenti sul conto in capo alla sola de cuius, avendo la stessa convenuta dichiarato di non aver mai gestito quel conto, di non aver mai effettuato alcun versamento e di aver incassato sul proprio conto personale la somma di Euro 4.900,00 – asseritamente corrisposta direttamente dall’istituto di credito – quale importo dovutole in qualità di cointestataria del conto corrente.

Peraltro, la cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, “è qualificabile come donazione indiretta qualora detta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, rilevandosi che, in tal caso, con il mezzo del contratto di deposito bancario, si realizza l’arricchimento senza corrispettivo dell’altro cointestatario: a condizione, però, che sia verificata l’esistenza dell'”animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della cointestazione, altro scopo che quello della liberalità” (v. Cass. 28/02/2018, n. 4682).

In altri termini, la possibilità che costituisca donazione indiretta la cointestazione di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito, qualora la predetta somma, all’atto della cointestazione, risulti essere appartenuta ad uno solo dei cointestatari, è legata all’apprezzamento dell’esistenza dell’animus donandi, consistente nell’accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità.

Trattandosi di donazione indiretta, la verifica dell’animus deve essere condotta alla luce degli elementi di fatto allegati, atteso che “l’intenzione di donare emerge non già, in via diretta, dall’atto o dagli atti utilizzati, ma solo, in via indiretta, dall’esame, necessariamente rigoroso, di tutte le circostanze di fatto del singolo caso, nei limiti in cui risultino tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio da chi ne abbia interesse” (v. Cass. cit.).

Nel caso di specie, a fronte della ricostruzione attorea, delle allegazioni di parte convenuta e delle risultanze dell’istruttoria orale, deve ritenersi provata la volontà di (…) di voler beneficiare la convenuta del 50% delle somme versate sul conto corrente cointestato atteso che, come ribadito in atti, la cointestazione sarebbe stata voluta dalla de cuius al fine di beneficiare la nipote dei propri risparmi e più volte confermata anche dinanzi a terzi.

Deva darsi atto, in primo luogo, della sussistenza di un solido rapporto affettivo tra la de cuius (…), la convenuta e il suo nucleo familiare: non è oggetto di contestazione, infatti, che nel corso degli anni la convenuta e la madre della stessa, (…), abbiano offerto supporto materiale all’anziana parente, accompagnandola alle visite mediche specialistiche – ovvero facendosi carico di reperire un autista che potesse accompagnarla – né è stato oggetto di confutazione alcuna la circostanza che, al momento della morte della zia, il nucleo familiare della convenuta si sia fatto carico di tutte le incombenze funerarie e, anche, successorie.

Il teste (…) non solo ha confermato l’esistenza di uno stretto rapporto di affetto tra la convenuta e la de cuius, precisando che “tra (…) e la signora (…) vi era una frequentazione assidua”, ma ha altresì dato atto di come la (…) abbia “più volte manifestato anche in mia presenza la sua volontà di donare parte del conto corrente a (…), anche in assenza di testamento”, precisando che “a Pasqua 2017 io e (…) eravamo in macchina con la signora (…) e siccome era mancato il nonno della mia ragazza, ed era per tutti un momento difficile, la signora (…) aveva espressamente detto che quando sarebbe mancata avrebbe lasciato le somme giacenti sul conto cointestato a (…)” (…) aggiungendo “ricordo che questo venne detto non solo in prossimità della Pasqua 2017, ma anche negli anni precedenti”.

Se in presenza di un forte legame affettivo la volontà di beneficiare la convenuta con la donazione indiretta delle somme giacenti sul conto cointestato non appare irragionevole, nel caso di specie deve darsi atto che tale intenzione è stata manifestata e confermata dalla de cuius più volte anche in presenza di soggetti estranei al nucleo familiare della convenuta.

La teste (…), consulente finanziario presso la (…) ed incaricata della gestione degli investimenti della de cuius, ha infatti riferito “ricordo e confermo che la signora (…) aveva deciso di cointestare il conto aperto presso (…) con la nipote (…)”, precisando che “nel corso del rapporto avuto con la (…), la stessa mi ha riferito la volontà che parte delle somme giacenti ed investite del conto Intesa, pervenissero al suo decesso alla nipote; non sono in grado di quantificarne l’ammontare”.

La stessa teste ha peraltro confermato di non aver mai incontrato la convenuta per la gestione del patrimonio, dando atto che la (…) “era una persona che decideva da sola ed aveva sempre le idee chiare sugli investimenti che voleva intraprendere”.

Tale circostanza è stata altresì confermata dalla teste (…), dipendente del (…) e incaricata della gestione del patrimonio della de cuius, ha dato atto che “la (…) era pienamente consapevole delle proprie sostanze e di come le aveva investite e di come avrebbe voluto gestirle”, precisando che “la signora (…) é sempre venuta da sola in banca e non ho mai avuto altri soggetti quali interlocutori per il patrimonio della (…)”.

Le deposizioni riportate se, da un lato, costituiscono riscontri oggetti alla volontà donativa della de cuius, confermando lo spirito di liberalità a favore della nipote, dall’altro consentono di escludere che, come ritenuto da parte attrice, la cointestazione avesse finalità meramente assistenziali, atteso che, a fronte della piena capacità della de cuius di occuparsi del proprio patrimonio, hanno dato atto della quasi totale estraneità della convenuta all’attività gestoria del patrimonio bancario.

Per il tramite della cointestazione dei servizi bancari oggetto di causa, quindi, deve ritenersi provata la volontà della de cuius (…) di beneficiare la convenuta del 50% delle somme possedute e, più precisamente, del 50% degli importi giacenti sul conto corrente acceso presso (…) filiale di Villafranca d’Asti, n. (…) e del relativo deposito amministrato n. (…) ad esso collegato costituito da titoli e strumenti finanziari, oltre al fondo n. (…).

Accertata la donazione indiretta a favore della convenuta delle somme giacenti sul conto, la domanda di restituzione degli importi prelevati dalla (…) successivamente al decesso della de cuius – pari ad Euro 5.900 – formulata da parte attrice, deve essere respinta.

Accertata la natura liberale della cointestazione del conto corrente e dei collegati finanziari, deve ora esaminarsi la domanda proposta in via riconvenzionale da parte convenuta, avente ad oggetto la quota del 50% delle somme accreditate sul conto cointestato successivamente al decesso della de cuius e prima della sua chiusura, nonché il rimborso delle spese sostenute nell’interesse dell’eredità.

Rimborso spese

Costituendosi, la convenuta ha dato atto che dal conto corrente cointestato a sé e alla de cuius, sono stati prelevati complessivi Euro 5.885,01 per spese assistenziali, spese funebri e per oneri di gestione del patrimonio immobiliare caduto in successione, di esclusiva spettanza degli eredi. La convenuta ha pertanto chiesto la condanna dell’attrice alla restituzione della complessiva somma di Euro 2.942,50, pari al 50% delle spese sostenute, limitata al valore della quota ereditaria della (…). La domanda è fondata e accoglibile.

All’esito del giudizio, infatti, deve ritenersi pienamente provato l’importo delle spese sostenute da parte convenuta, ovvero addebitate sul conto corrente cointestato, imputabili alla massa ereditaria – e quindi agli eredi.

Non solo, infatti, parte attrice ha allegato documentazione comprovante gli importi, ma la stessa attrice non ha svolto alcuna puntuale contestazione sulle voci indicate.

E’ certo, peraltro, che tali esborsi, effettuati nell’interesse della massa ereditaria, debbano gravare sugli eredi: quanto alle spese per le onoranze funebri, in particolare, le stesse rientrano tra i pesi ereditari che, sorgendo in conseguenza dell’apertura della successione, costituiscono, unitamente ai debiti del defunto, il passivo ereditario gravante sugli eredi, ex art. 752 c.c..

Parimenti, le spese di gestione degli immobili caduti in successione, in quanto pesi ereditari, devono essere posti a carico esclusivo dei coeredi e non anche della convenuta che, come già evidenziato, non riveste la qualità di erede.

Considerato che la provvista di tali spese risulta essere stata prelevata dal conto corrente cointestato alla convenuta, deve ritenersi fondata la domanda di rimborso, della quota del 50%, formulata dalla (…).

Considerato, inoltre, che trattasi di debito ereditario, ai sensi dell’art. 752 c.c., parte attrice è chiamata a risponderne pro quota, ovvero nella minor somma di Euro 980,84 (pari ad 1/3 dell’intero), oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Come osservato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti,” ciascun coerede è tenuto al pagamento del debito ereditario in proporzione della propria quota (nomina haereditaria ipso iure dividuntur), con gli interessi maturati dopo la morte del de cuius, fino a che il debito non venga estinto da ciascuno di essi per la propria quota” (v. Cass. 5.5.2021, n. 11801).

Residuo saldo conto corrente Come risulta dalla documentazione attorea, alla data del decesso di (…), il saldo del conto corrente aperto presso (…) n. (…) era pari ad Euro 11.835,54, di cui Euro 5.917,77 di spettanza di parte convenuta.

Successivamente al decesso della de cuius sul conto in oggetto sono pervenuti ulteriori accrediti collegati agli investimenti effettuati dalla (…), così che, alla data di chiusura ed estinzione del conto, avvenuta nel settembre 2018, il saldo esistente era pari ad Euro 19.432,24 (v. doc. n. 1 parte attrice, dichiarazione della Banca).

Non è oggetto di contestazione che la convenuta abbia percepito, in data 22.3.2018, successivamente al decesso della de cuius ma prima della chiusura del conto, la somma di Euro 4.900,00. Considerato il saldo complessivo del conto corrente, tenuto conto della somma già percepita dalla convenuta, a fronte della natura donativa della cointestazione, (…) avrebbe avuto diritto a percepire l’importo complessivo di Euro 12.166,12.

Ora, considerata la somma già ricevuta, l’importo ancora spettante risulta pari ad Euro 7.266,12. Richiamate le considerazioni svolte con riferimento alla previsione di cui all’art. 752 c.c., l’attrice deve essere condannata a corrispondere alla convenuta la minor somma di Euro 2.422,04, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Parte attrice deve pertanto essere condannata a corrispondere la complessiva somma di Euro 3.402,88 oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Cassetta sicurezza

Non si ritiene invece accoglibile la domanda proposta da parte convenuta con riferimento al contro valore della cassetta di sicurezza, cointestata alla de cuius e alla convenuta nella quale, per stessa ammissione di parte (…), erano custoditi “ricordi famiglia”, costituiti da preziosi che la stessa (…) aveva a sua volta ricevuto dai genitori e dalle zie decedute (c. comparsa di costituzione parte convenuta).

Se all’esito del giudizio, infatti, può dirsi provata la sussistenza dell’animus donandi con riferimento alle somme di proprietà della de cuius versate sul conto corrente cointestato e nel collegato deposito amministrato, si ritiene invece non pienamente assolto l’onere probatorio con riguardo alla donazione indiretta del contenuto – ovvero del controvalore – della cassetta di sicurezza.

In termini generali, si osserva che la cointestazione di una cassetta di sicurezza a più persone origina una presunzione iuris tantum di appartenenza alle stesse, in parti e quote uguali, di tutto quanto in essa contenuto, presunzione che – nel caso di specie – deve ritenersi pienamente superata dalle stesse allegazioni di parte convenuta.

Inoltre, come già osservato con riferimento al conto corrente, se la cointestazione della cassetta autorizza ciascuno degli intestatari, rispettivamente, all’apertura e al relativo prelievo dei beni custoditi, non attribuisce al medesimo cointestatario, che sia consapevole dell’appartenenza ad altri degli oggetti custoditi o delle somme risultanti a credito, il potere di disporne come proprietario e, ancora, non costituisce di per sé prova dell’intento donativo sotteso alla cointestazione, necessitando – al pari della donazione indiretta sul conto – della prova dell’animus donandi.

Nel caso di specie, nessun elemento è stato offerto dalla convenuta dal quale evincere la volontà della zia di provvedere, mediante l’intestazione della cassetta di sicurezza, ad operare, per mero spirito di liberalità, un arricchimento della nipote anche in ordine ai gioielli in essa custoditi, ovvero al loro controvalore.

Nulla in tal senso è stato riferito dal teste (…), peraltro legato sentimentalmente alla convenuta, né dai testi (…) e (…), operatori degli istituti ai quali la stessa de cuius aveva affidato il proprio patrimonio mobiliare. La domanda deve pertanto essere respinta.

Le spese di causa seguono il principio della soccombenza e, nella misura liquidata in dispositivo, tenuto conto dello scaglione di riferimento e della nota spese redatta da parte convenuta, devono essere poste a carico di parte attrice.

P.Q.M.

Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattese

rigetta le domande proposte da parte attrice;

in parziale accoglimento della domanda proposta in via riconvenzionale da parte convenuta condanna parte attrice a corrispondere alla convenuta la complessiva somma di Euro 3.402,88 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna parte attrice a rimborsare alla convenuta le spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.254,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Torino il 22 maggio 2022.

Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.