Il principio basilare in materia di divisione di beni comuni è quello stabilito dall’art. 1114 c.c., il quale prevede che la divisione ha luogo “in natura, in parti corrispondenti alle rispettive quote”; tale principio è richiamato, poi, con specifico riferimento alla divisione della comunione ereditaria, dall’art. 718 c.c., che afferma il “diritto dei beni in natura”, vale a dire il diritto di ciascun comproprietario di richiedere la sua parte dei beni comuni in natura. Altro principio fondamentale è quello previsto dall’art. 727 c.c., che richiede, di regola, la formazione di porzioni qualitativamente omogenee. Naturalmente, la divisione in natura, quando il giudizio di divisione abbia ad oggetto un unico bene immobile, presuppone che il bene caduto in comunione sia divisibile, dovendosi applicare, nel caso contrario, le regole stabilite nell’art. 720 c.c., a norma del quale l’immobile non divisibile deve essere preferibilmente attribuito nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, con addebito dell’eccedenza, salvo il caso in cui nessuno dei coeredi sia a ciò disposto, per il quale è stabilita la vendita all’incanto.

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Tribunale|Patti|Civile|Sentenza|5 gennaio 2023| n. 11

Data udienza 29 dicembre 2022

TRIBUNALE DI PATTI

SEZIONE CIVILE

composto dai Sigg.ri Magistrati:

dott. Mario Samperi – Presidente,

dott.ssa Concetta Daniela Loredana Alacqua – Giudice,

dott. Pietro Paolo Arena – Giudice rel.,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado n. …del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2011 vertente

TRA

C.S., nato a G.M. il (…), C. F. (…), ivi residente in via…, ammesso al patrocinio a spese dello Stato con delibera del COA di Patti, del 10.03.2011, rappresentato e difeso dall’Avv. .. presso il cui studio in Patti, via .., è elettivamente domiciliato.

-ATTORE –

CONTRO

M.F., nato a G.M. il (…), C. F. M., ed ivi residente in c. da S. n. 25;

M.F. nato a G.M. il (…), C. F. (…), ivi residente in c. da S. n. 25;

M.C. nata a P. il (…), C.F. (…), residente a P., via del S. n.1, nella qualità di eredi di C.L.I. nata a G. M. il (…), rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall’Avv. …presso il cui il cui studio in Patti., Via…, sono elettivamente domiciliati;

NONCHÉ CONTRO

C.G. nata a G. M. il (…), C. F. (…), ivi residente in via G. n. 14, rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’Avv…., presso il cui studio sito in …via…, è elettivamente domiciliata.

-CONVENUTI –

OGGETTO: Divisione di beni in comunione ereditaria e azione di riduzione per lesione di legittima

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione, regolarmente notificato, C.S. conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, M.F., F., C. (nella qualità di eredi di C.L.I.) e C.G. premettendo che i defunti genitori, C.F. e R.V.M.T., disponevano dei loro beni con testamento pubblico del 30.11.1988 nominando erede universale la figlia C.L.I. ed assegnando agli atri due figli, S. e G., unicamente la quota legittima.

Esponeva che la defunta madre, inoltre, con atto di donazione del 07.04.1977, donava alla figlia L., a titolo di anticipata legittima, ½ indiviso del fabbricato rurale sito in G.M. c. da S. L. di proprietà di comune dei defunti coniugi.

Precisava, altresì, che la de cuius R.V. lasciava alla figlia L. anche gli arredi della propria casa di abitazione nonché oggetti preziosi, denaro e gioielli e che quest’ultima esercitava il possesso, in maniera esclusiva, su tutti i beni relitti dei genitori percependone anche i frutti.

Evidenziava che quanto disposto dai propri genitori comprometteva i propri diritti di legittimario e che, pertanto, le suddette disposizioni andavano ridotte in modo da consentire la reintegrazione della quota legittima.

Rappresentava che essendo stato vano ogni tentativo di bonario componimento si instaurava tra le parti un giudizio innanzi a codesto Tribunale, iscritto al n. R. G. …/1996, che veniva interrotto per la morte di C.L. e si estingueva per mancata riassunzione nei termini di legge.

Concludeva chiedendo formarsi due distinte masse ereditarie, disporsi la riduzione delle disposizioni testamentarie dei defunti e, previa collazione, disporsi la divisione dei beni relitti dai defunti genitori.

Chiedeva, altresì, ordinarsi alla sorella C.L.I. (rectius agli eredi di C.L.I.) di rendicontare i beni mobili e immobili dei genitori posseduti dalla stessa in via esclusiva e condannarla al pagamento della quota spettante dei frutti civili, comprensivi di interessi e rivalutazione, anche a titolo di risarcimento danni ex art. 1124 c.c.

In via istruttoria chiedeva ammettersi consulenza tecnica d’ufficio.

Si costituivano in giudizio, con comparsa di costituzione e risposta, i germani M.F., F. e C., nella qualità di eredi di C.L., eccependo preliminarmente il mancato esperimento del tentativo di mediazione e l’obbligatorietà dello stesso.

Esponevano che, la loro madre C.L., aveva prestato assistenza agli anziani genitori negli ultimi anni della loro vita senza alcun tipo di collaborazione da parte del di lei fratello e della di lei sorella e che, per tali incombenze, la stessa aveva chiesto nel precedente giudizio una somma pari a Euro 84.828,05.

Contestavano la veridicità della circostanza che nel relictum vi fossero anche oggetti preziosi, denaro e gioielli, aggiungendo che la di loro madre aveva addirittura prestato delle somme di denaro ai genitori senza che questi le restituissero e che aveva affrontato delle spese per un giudizio relativo all’immobile sito in P. e facente parte dell’asse ereditario.

Precisavano che l’immobile oggetto della donazione effettuata nel 1977 aveva un valore pari a circa 1.500.000 di L. e che tutte le migliorie erano state apportate a spese della di loro madre.

Concludevano chiedendo, preliminarmente, esperirsi il tentativo di mediazione, formarsi il relictum e calcolarsi le singole quote in virtù delle somme (comprensive di spese funebri e di malattia) richieste dalla madre C.L. e, infine accertarsi che l’immobile sito in P. non è mai entrato nella disponibilità degli eredi

In via istruttoria chiedevano ammettersi prova per testi.

Con vittoria di spese e compensi.

Si costituiva, altresì, in giudizio C.G., la quale sponeva che l’odierno attore iniziava un identico giudizio a quello da lei stessa incoato con citazione del 13.02.1996 e ne riportava e reiterava in comparsa l’intero contenuto.

Concludeva aderendo integralmente alle domande proposte dall’attore.

La causa veniva istruita documentalmente, nonché mediante prova orale e consulenza tecnica d’ufficio.

In data 21.07.2020 il giudizio veniva dichiarato interrotto per morte del procuratore di parte attrice.

Successivamente, in data 29.07.2020, il giudizio veniva riassunto.

Veniva sottoposto alle parti progetto di divisione redatto in conformità alle risultanze dell’espletata CTU, con annessa proposta conciliativa quanto alle domande ulteriori, ma non si perveniva all’approvazione del progetto ed all’accettazione della proposta a causa dell’inerzia di C.G..

Pertanto, all’udienza del 15 novembre 2022, lette le istanze, eccezioni e conclusioni formulate dalle parti nelle note di trattazione scritta, la causa veniva posta in decisione previa assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

C.S. ha agito in giudizio per chiedere sia la divisione della comunione ereditaria creatasi tra sé e le altre parti del giudizio a seguito della successione dei defunti C.F. e R.V., sia la riduzione delle disposizioni testamentarie fatte in favore di C.L., anche tenendo conto della donazione da questa ricevuta.

Quanto alla domanda da ultimo proposta, essa è senz’altro qualificabile in termini di azione di riduzione, come noto disciplinata dagli artt. 553 e ss. c.c., e volta a far dichiarare l’inefficacia, in tutto o in parte, delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che, eccedendo la quota disponibile (art. 556), abbiano leso la quota riservata dalla legge ai singoli legittimari.

Mediante l’azione di riduzione i legittimari, i cui diritti di legittima siano stati in tutto o in parte lesi da disposizioni testamentarie e/o donazioni fatte dal de cuius, possono ottenere la riduzione, ossia la dichiarazione giudiziale di inefficacia, nei loro confronti, delle disposizioni lesive.

La domanda di riduzione richiede, oltre alla deduzione della lesione della quota di riserva, l’espressa istanza di conseguire la legittima, previa determinazione di essa mediante il calcolo della quota disponibile.

Quanto al giudizio divisorio esso, pur avendo natura unitaria, si compone essenzialmente di due fasi, espressamente disciplinate dal legislatore: la prima, contemplata dall’art. 785 c.p.c., tesa alla verifica del fondamento del diritto a conseguire la divisione; la seconda, regolata dall’art. 789 c.p.c., volta all’attuazione di tale diritto. Entrambe le fasi sono strutturate su di un’alternativa che rappresenta il profilo di specialità del giudizio di divisione rispetto al processo di cognizione generale: se non sorgono contestazioni il giudice istruttore dispone con ordinanza; se sono sollevate contestazioni la causa è rimessa in decisione e il giudice si pronuncia mediante sentenza.

Al fine di accertare il fondamento del diritto alla divisione, la prima questione da risolvere è la corretta determinazione dei beni oggetto di comunione. Risolto questo problema, occorre esaminare il quo modo della divisione.

Sul punto, non vi è dubbio sulla consistenza della massa ereditaria, né sulla qualità di eredi in capo alle parti in causa, con la conseguenza che anche il controllo ufficioso sulla regolarità del contraddittorio può ritenersi positivamente effettuato, grazie anche al deposito di idonea documentazione (relazione notarile del 5.05.2021; copia della visura ipotecaria per accertamento provenienza; copia visura storica per immobile; copia iscrizioni e trascrizioni relative all’ultimo ventennio per i beni oggetto di causa).

Ciò posto, la relazione peritale consente di individuare e descrivere la massa ereditaria, offrendo puntuali ed attendibili indicazioni altresì sul valore della stessa nonché, conseguentemente, della quota disponibile e di quella di legittima di ciascun coerede.

In particolare, risulta che il complesso dei beni si compone di due distinte masse ereditarie: i beni relitti da C.F. (deceduto in G.M. il 06/12/1998 che disponeva del proprio patrimonio con testamento del 30/11/1988 pubblicato dal Notaio S.C. il 20/05/1991) e quelli relitti da R.V.M.T. (deceduta in G.M. il 22/07/1995 che disponeva del proprio patrimonio con testamento del 30/11/1988, pubblicato dal Notaio S.C. il 31/07/1995). La stessa con atto in Notaio A.B. del 07/04/1977, reg. in Patti il 22/04/1977, aveva disposto di parte del proprio patrimonio in vita, donando alla figlia C.L., a titolo di anticipata legittima, metà indivisa di un fabbricato rurale sito in c.da S.L. di G.M. con annesso terreno sul lato valle.

I beni immobili, sia terreni che fabbricati, facenti capo al C. ed alla R., sono stati dettagliatamente descritti e valutati (anche sotto il profilo materiale e delle suppellettili collocate in ciascun singolo immobile) nella articolata relazione di CTU cui diffusamente si rimanda (cfr. relazione di CTU pag. 3 e ss.).

In questa sede occorre rimarcare che, pur non ravvisandosi alcuna lesione della quota di legittima con riferimento alla massa ereditaria di C.F., è invece evidente che, con riguardo alla massa ereditaria di R.M. (concretamente descritta, individuata ed economicamente stimata nella relazione di CTU, cui ancor si rimanda), tenuto conto della quota disponibile pari ad un terzo della stessa (quantificata dal Consulente, all’epoca dell’apertura della successione, in Euro 27.778,21), tenuto conto della quota di legittima di pertinenza di ciascun coerede (quantificata in Euro 18.518,81) e tenuto conto di quanto concretamente ricevuto da C.L. in forza della donazione del 07/04/1977 e dell’atto testamentario del 30/11/1988 pubblicato il 20/05/1991 (quantificato in Euro 56.215,94), è stata ravvisata una maggiore attribuzione a quest’ultima, rispetto a quanto poteva spettarle sommando la quota di legittima di sua pertinenza e quella disponibile, pari ad Euro 9.918,93, somma nella quale si può identificare la effettiva lesione della quota di legittima degli altri eredi (cfr. ctu, pag. 18, in atti).

A tal proposito, non possono essere condivise le difese svolte ex adverso dai fratelli M., secondo cui la C.L. avrebbe sostenuto spese varie e compiuto opere di assistenza ai genitori.

Quanto alle presunte spese sostenute dalla C.L. per ristrutturare il rudere oggetto della donazione del 1977 ed alle spese funerarie, le stesse non sono state sufficientemente documentate ma sono state solo labialmente allegate, non potendosi ammettere prova testimoniale in ordine all’esborso di somme di denaro.

Quanto, poi alle spese relative all’assistenza morale e materiale prestata da C.L. ai propri defunti genitori, la questione non può essere esaminata nel presente giudizio, avendo i M. formulato, nella loro comparsa di costituzione, una mera riserva di domandare agli altri coeredi il pagamento di somme relative a quanto in discorso, dal ché l’inammissibilità della relativa domanda.

Allo stesso modo, non è risultata fondata la domanda di condanna di C.L. al pagamento della quota spettante all’attore per avere C.L. goduto dei beni mobili e immobili appartenuti ai defunti coniugi C. – R., nonché per aver goduto od essersi appropriata di denaro e oggetti preziosi che sarebbero stati presenti negli immobili dei comuni danti causa.

Difatti, la domanda appare infondata e va rigettata in quanto formulata in termini generici e non sorretta da adeguata prova, peraltro non è possibile richiedere alla defunta C.L. alcun rendiconto in ordine ai beni mobili sopra citati.

Ciò posto, il Consulente, previo espresso mandato conferitogli dal Tribunale, ha proceduto alla divisione della massa ereditaria (C.-R.) tenendo conto della suddetta accertata lesione di legittima, e reintegrando le quote da formare, in modo da neutralizzare la lesione stessa e rispettare le quote di legittima spettanti a ciascun coerede, in ossequio al criterio per cui l’individuazione delle quote di ciascun comunista avviene attraverso più passaggi progressivi; infatti, una volta individuata la massa da dividere, occorre procedere alla formazione delle porzioni e, quindi, all’attribuzione o all’assegnazione dei lotti (Cass. civ. 04.03.2011 n. 5266). Il principio basilare in materia di divisione di beni comuni è quello stabilito dall’art. 1114 c.c., il quale prevede che la divisione ha luogo “in natura, in parti corrispondenti alle rispettive quote”; tale principio è richiamato, poi, con specifico riferimento alla divisione della comunione ereditaria, dall’art. 718 c.c., che afferma il “diritto dei beni in natura”, vale a dire il diritto di ciascun comproprietario di richiedere la sua parte dei beni comuni in natura. Altro principio fondamentale è quello previsto dall’art. 727 c.c., che richiede, di regola, la formazione di porzioni qualitativamente omogenee. Naturalmente, la divisione in natura, quando il giudizio di divisione abbia ad oggetto un unico bene immobile, presuppone che il bene caduto in comunione sia divisibile, dovendosi applicare, nel caso contrario, le regole stabilite nell’art. 720 c.c., a norma del quale l’immobile non divisibile deve essere preferibilmente attribuito nella porzione di uno dei coeredi aventi diritto alla quota maggiore, con addebito dell’eccedenza, salvo il caso in cui nessuno dei coeredi sia a ciò disposto, per il quale è stabilita la vendita all’incanto.

L’esito della descritta operazione è compendiato nella relazione peritale, laddove sono indicate analiticamente le tre quote dell’asse ereditario da assegnare alle parti del giudizio (cfr. relazione di CTU, pagg. 20-21, in atti, la cui tabella è da intendersi qui integralmente richiamata e trascritta), con la precisazione che, per C.L., deceduta, la quota dovrà essere attribuita ai relativi eredi, regolarmente costituiti in giudizio: M.F., M.C. e M.F..

A questo punto, occorre dare atto che il Tribunale aveva sottoposto alle parti il progetto di divisione conforme ai tre lotti individuati e analiticamente descritti nella CTU (pagg. 20-21), e che C.S. aveva dichiarato di approvare il progetto esprimendo preferenza per l’attribuzione del lotto n. 2, quello per l’appunto con valore eccedente da conguagliare in denaro, mentre gli eredi di C.L. (M.F., M.C. e M.F.) avevano anch’essi dichiarato di approvare il progetto divisionale esprimendo preferenza per l’attribuzione del lotto n. 1.

Peraltro, date le ragioni dettate dalla maggior vicinanza con i beni inseriti nel lotto n. 1, anche il CTU ha rappresentato che tale lotto andrebbe preferibilmente assegnato a C.L. (e dunque ai suoi eredi, i fratelli M.).

Nessuna preferenza, ed invero nessuna dichiarazione di approvazione o rifiuto del progetto divisionale (e dell’annessa proposta conciliativa) è invece pervenuto dalla C.G..

Ciò posto, ritiene il Collegio che sussistano obiettive e valide ragioni per poter procedere, già in questa sede, all’attribuzione dei lotti risultanti dal sopra citato progetto divisionale di cui alla CTU versata in atti, lotti come dettagliatamente individuati come “quote” nn. 1, 2 e 3, e relativi conguagli, disponendo che il lotto n. 1 venga assegnato a M.F., M.C. e M.F., che il lotto n. 2 venga attribuito a C.S. e che il lotto n. 3 venga attribuito a C.G..

Sulle somme dovute a titolo di conguaglio vanno, infine, calcolati gli interessi legali corrispettivi dalla presente decisione sino al soddisfo. Infatti, la tesi secondo la quale gli interessi dovrebbero decorrere, per l’effetto retroattivo della sentenza, dalla data della domanda giudiziale di divisione (Cassazione civile sez. II, 27 febbraio 1998, n. 2159) è ormai superata dal diverso orientamento, senza dubbio preferibile, secondo il quale, in caso di divisione giudiziale di un immobile mediante assegnazione ad uno dei condividenti tenuto a versare i dovuti conguagli in denaro, gli interessi sulle somme dovute decorrono a far data dalla pronuncia giudiziale di scioglimento della comunione e di assegnazione del bene al condividente stesso, per questo contestualmente tenuto alla corresponsione del conguaglio in favore dell’altro (Cass. civ. sez. II 29.04.2003 n . 6653; Cass. civ. sez. II 30.05.2007 n. 12702).

Le spese del giudizio, vanno compensate salvo quanto appresso, atteso che l’attività processuale espletata appare strettamente funzionale allo scioglimento della comunione e le spese conseguenti possono ritenersi indispensabili per il raggiungimento del fine proprio del procedimento. Costituisce, infatti, principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale nei giudizi di divisione vanno poste a carico della massa le spese che sono servite a condurre nel comune interesse il giudizio alla sua conclusione, mentre valgono i principi generali sulla soccombenza solo per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, sono state necessitate da eccessive pretese o da inutili resistenze, cioè dall’ingiustificato comportamento della parte (Cass. 12949/99, 1111/1986, 4080/86, 197/48).

Per lo stesso principio, vanno poste a carico della massa ereditaria le spese di CTU, liquidate con separato decreto.

In ragione dell’inerzia della parte C.G., la quale non ha inteso far pervenire alcuna dichiarazione di accettazione o non accettazione del progetto divisionale e della proposta conciliativa redatta dal Tribunale, dando luogo, di fatto, alla ultronea fase decisionale del presente giudizio, la stessa va condannata in ogni caso a rifondere, in favore dell’Erario (stante l’ammissione di C.S. al patrocinio a spese dello Stato) e di M.F., M.C. e M.F., pro quota, le spese del giudizio relative alla sola fase decisionale, che si liquidano in dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014, in ragione del valore della controversia e dell’entità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio n. 262/2011, disattesa e respinta ogni diversa istanza, eccezione e difesa così provvede:

1) Dichiara la contumacia di A.T.;

2) Dichiara lo scioglimento della comunione ereditaria facente capo alla massa ereditaria dei defunti C.F. e R.V. con divisione della massa ereditaria in tre quote, come risultanti e descritte a pagg. 20-21 della ctu espletata nel presente procedimento;

3) Dispone l’attribuzione delle quote (e dei relativi conguagli positivi o negativi) come di seguito: il lotto n. 1 è assegnato, pro quota, a M.F., M.C. e M.F., n. q. di eredi di C.L., il lotto n. 2 è attribuito a C.S., il lotto n. 3 è attribuito a C.G.;

4) Rigetta ogni altra domanda;

5) Compensa le spese del giudizio, ad eccezione di quelle di cui al punto che segue;

6) Condanna C.G. a rifondere, in favore dell’Erario (stante l’ammissione di C.S. al patrocinio a spese dello Stato) e di M.F., M.C. e M.F., pro quota, le spese del giudizio relative alla sola fase decisionale, che si liquidano in Euro 1.453,00 ciascuno (M.F., M.C. e M.F. si intendano quale unica parte) oltre spese generali al 15%, iva e cpa come per legge;

7) Pone definitivamente a carico della massa ereditaria le spese di CTU, liquidate come da separato provvedimento.

Conclusione

Così deciso in Patti, nella camera di consiglio telematica del 29 dicembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.