in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d’appello l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2.

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Corte d’Appello|Campobasso|Civile|Sentenza|12 dicembre 2022| n. 295

Data udienza 9 novembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO

– Collegio civile – riunita in camera di consiglio, nelle persone dei magistrati:

dr. Maria Grazia d’ERRICO Presidente rel.

dr. Gianfranco PLACENTINO Consigliere

dr. Rita CAROSELLA Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di appello n. 203/2019, avverso la sentenza n. 479/2018 del Tribunale di Isernia in composizione monocratica, resa nel procedimento iscritto al n. 960/2016 R.G.;

Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo – saldo addebiti per utilizzo carta di credito

TRA

(…) s.p.a. (c.f. e p. Iva (…)), con sede in Milano, in persona del procuratore dr. (…) giusta atto 14/02/’13 nn.154.869 rep. – 26.031 racc. del Notaio (…) di Milano, rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso per decreto ingiuntivo dall’avv. (…)- e dall’avv. (…) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Venafro (IS)

APPELLANTE

E

(…) (c.f. (…)), (…) (c.f. (…)), e (…) (c.f. (…)), in qualità di eredi beneficiati di (…), deceduto il 27/03/2019, rappresentati e difesi dall’avv. (…)- in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta in appello

APPELLATI

CONCLUSIONI: disposta la trattazione dell’udienza del 26/01/2022, fissata per la precisazione delle conclusioni mediante deposito di note scritte ai sensi dell’art. 221, co.4, del d.l. n.34/2020, conv. in l. n. 77/2020 e successive integrazioni e proroghe, le parti hanno rassegnate le seguenti conclusioni: avv. (…) per l’appellante

– in riforma della sentenza n. 479/2018, pubblicata il 21.12.18 nella causa iscritta al RG n. 960/16 del Tribunale di Isernia, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che si riportano:

in via principale: accertata la validità formale e sostanziale del provvedimento opposto, rigettare l’opposizione promossa dal Sig. (…), per i motivi tutti dedotti in narrativa, così confermando in ogni sua parte il decreto ingiuntivo n. 205/16, emesso in data 25.06.16 dal Tribunale di Isernia;

in via subordinata: condannare l’opponente Sig. (…) al pagamento della somma di Euro 16.415,11, oltre agli interessi al tasso legale maturati dal 12 maggio 2016 sino al saldo, ovvero di quella maggiore o minore che verrà accertata dal Giudice in corso di causa;

– per l’effetto, conseguentemente condannare (…), (…) e (…), quali eredi con beneficio di inventario ex art. 490 c.c. del sig. (…) e, dunque, nei limiti di legge previsti nel caso di specie, al pagamento in favore dell’odierna appellante di quanto ingiunto, a titolo di capitale, interessi e spese legali con il decreto ingiuntivo n. 205/16, emesso in data 25.06.16 dal Tribunale di Isernia oltre i compensi per entrambi i gradi di giudizio;

– condannare gli stessi e per essi l’avv. (…) quale avvocato antistatario ex art. 93 c.p.c. così come statuito nella sentenza impugnata, alla restituzione in favore dell’odierna appellante di quanto percepito in esecuzione di essa a titolo di compensi pari alla somma di Euro 4.800,00 di cui 4.200,00per competenze oltre il 15% per spese generali, IVA e CPA;

– in ogni caso con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio avv. (…) per gli appellati

– in via preliminare pregiudiziale: dichiarare la improcedibilità delle domande proposte dalla Società (…) S.p.A., con l’atto di appello per mancato-preventivo esperimento, nel giudizio di primo grado, del tentativo obbligatorio di mediazione di cui all’art.5 del D.Lgs. 28/2010;

per le considerazioni esposte al punto n.1) della propria comparsa di costituzione e risposta, dichiarare l’inammissibilità dell’appello in quanto proposto al di fuori della previsione legale;

– nel merito: rigettare comunque l’appello proposto da (…) S.p.A. avverso la sentenza n.479/2019 resa nel giudizio di primo grado avente n.960/2016 R.G. dal Tribunale di Isernia, con condanna dell’appellante al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio da attribuirsi in favore del sottoscritto avvocato antistatario.

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.– Con sentenza n. 479 pubblicata il 21/12/2018 (non notificata) il Tribunale di Isernia in composizione monocratica ha accolto l’opposizione proposta con citazione notificata il 3/09/2016 da (…) avverso il decreto ingiuntivo n. 205/2016 con il quale gli era stato ingiunto il pagamento in favore della (…) spa di Euro 16.415,11 oltre interessi moratori dal deposito del ricorso (12/05/2016) al soddisfo ed oltre alle spese di procedura monitoria, quale saldo a debito per l’utilizzo della carta di credito n. (…); il primo giudice, revocato il d.i. opposto, ha condannato inoltre la banca al pagamento delle spese di lite e dell’importo di 3.500,00 euro ex art. 96 c.p.c.

Avverso tale pronuncia ha proposto appello con citazione notificata il 18/06/2019 la (…) spa, proponendo tre motivi di appello e concludendo nei sensi sopra richiamati, nei confronti degli eredi con beneficio di inventario di (…), deceduto successivamente alla decisione impugnata.

Gli appellati (…) si sono costituiti sollevando eccezione preliminare di improcedibilità e chiedendo il rigetto dell’appello nel merito (fatta eccezione per il terzo motivo concernente la condanna dell’appellante per lite temeraria, al quale hanno dichiarato di non opporsi); in occasione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, sostituita dal deposito di note scritte, hanno inoltre eccepito il mancato esperimento in primo grado del tentativo di mediazione obbligatoria.

La Corte si è riservata per la decisione con ordinanza del 26/01/2022, assegnando alle parti i termini per il deposito di note conclusionali e repliche di cui all’art. 190 c.p.c., con decorrenza dalla comunicazione del provvedimento da parte della Cancelleria.

2.– Deve essere vagliata preliminarmente l’ammissibilità e la fondatezza delle eccezioni preliminari di rito sollevate dagli appellati.

L’eccezione sollevata dagli eredi (…) con la comparsa di costituzione in appello – astrattamente ammissibile in quanto prospettata come questione processuale attinente alla improcedibilità dell’appello ai sensi dell’art. 348 c.p.c. -, è palesemente infondata. Gli appellati sostengono che l’impugnazione andrebbe dichiarata improcedibile per la mancata produzione da parte dell’appellante della copia autentica della sentenza di primo grado, nelle forme prescritte per l’attestazione di conformità nel processo telematico. Come da tempo chiarito dalla S.C., nel vigore della disciplina introdotta dal 1990 l’art. 348 c.p.c. non contiene previsioni di improcedibilità a fronte del mancato deposito del fascicolo dell’appellante (che deve contenere la sentenza di primo grado, a norma dell’art. 347, co.2, c.p.c.): tanto ha indotto la Cassazione ad affermare -v. fra le tante Cass. Sez. L, n. 7746 del 14/04/2005 e Cass. sez. 6 -1, n. 12751 del 13/05/2021- che l’art. 347, co. 2, c.p.c., secondo cui l’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza impugnata, mira a garantire soltanto la possibilità dell’esame della sentenza impugnata da parte del giudice d’appello; ne consegue che la mancata menzione del deposito di copia della sentenza impugnata nell’atto di appello o nella nota di deposito dei documenti offerti in comunicazione non determina l’improcedibilità dell’appello se, al momento della decisione, essa risulti comunque allegata agli atti, ovvero quando nulla impedisce al giudice del gravame di disporre di elementi di giudizio sufficienti ad esprimere la propria decisione, perché in tal caso egli è tenuto ugualmente a pronunciare nel merito del gravame, indipendentemente dalla mancanza del formale adempimento richiesto in proposito alla parte appellante. A maggior ragione, non può essere causa di improcedibilità la produzione da parte dell’appellante di copia semplice della sentenza di primo grado.

Va aggiunto in ogni caso che anche in base alla disciplina previgente si riteneva ininfluente la mancata produzione di copia autentica della sentenza impugnata, a meno che se ne sostenesse in concreto la non conformità all’originale – v. Cass. sez. 1, Sentenza n. 696 del 26/01/1999: “Anche nel rito introdotto dalla legge 353/1990 l’inserzione di copia non autentica della sentenza impugnata nel fascicolo di ufficio di primo grado – trasmesso dalla cancelleria del giudice “a quo” – esclude l’improcedibilità dell’appello (sempre che la controparte non ne contesti la conformità all’originale) anche se la parte appellante non abbia prodotto copia autentica del detto provvedimento.

Nella specie, gli appellati non deducono che la copia della sentenza prodotta sia difforme dall’originale, ma si limitano al rilievo formale della carenza di attestazione di conformità: dall’esame degli atti risulta tuttavia che la sentenza allegata dall’appellante è identica a quella presente nel fascicolo di ufficio di primo grado, ed in ogni caso gli appellati, nel prendere posizione sui motivi di appello, si riferiscono ai contenuti della decisione menzionati dall’appellante – al cui ultimo motivo di impugnazione dichiarano di aderire -.

E’ invece radicalmente inammissibile, in quanto tardiva, l’eccezione di improcedibilità della domanda della parte opposta-attrice per il mancato esperimento in primo grado della procedura di mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, co.1- bis, del D.Lgs. n. 28/2010. Dalla disamina del fascicolo di ufficio di primo grado non risulta che la parte opponente-convenuta abbia sollevato in tale sede l’eccezione di improcedibilità per il motivo in questione (posta peraltro nel presente appello solo in sede di precisazione delle conclusioni), tanto da imporre di disporre la mediazione da parte del giudice di appello. Ne consegue, come da ultimo chiarito da Cass. Cass. civ., Sez. VI – 2, ordinanza, 11/08/2021, n. 22736, che in tema di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ma l’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza; ove ciò non avvenga, il giudice d’appello può disporre la mediazione, ma non vi è obbligato, neanche nelle materie indicate dallo stesso art. 5, comma 1-bis, atteso che in grado d’appello l’esperimento della mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda solo quando è disposta discrezionalmente dal giudice, ai sensi dell’art. 5, comma 2 (v. anche Cass. n. 25155 del 2020).

Il collegio non reputa ricorrenti i presupposti per disporre l’esperimento della mediazione in questione, atteso il tempo decorso dai fatti posti a fondamento della domanda e la natura delle questioni dibattute.

3.– L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice deve, non già stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, ma accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione e, se il credito risulti fondato, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori in base ai quali l’ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura.

L’insussistenza delle condizioni legittimanti l’emanazione del procedimento monitorio può eventualmente spiegare rilevanza soltanto sul regolamento delle spese della fase monitoria (giurisprudenza costante: v. fra le altre Cass. Sez. 3, n. 419 del 12/01/2006; Cass. 2007/n. 16034; Cass. 2009/n.19560).

3.1– Il primo motivo di appello concerne: violazione degli artt. 115 c.p.c. ed errata applicazione degli artt. 634 c.p.c., 50 del d.lgs. n. 385/1993, 125 e 638 c.p.c., in riferimento alle statuizioni del Tribunale secondo cui “Il decreto ingiuntivo opposto va revocato … perché è stato richiesto ed ottenuto con documentazione non idonea … la banca avrebbe dovuto indicare nel decreto ingiuntivo i poteri di rappresentanza del dirigente autorizzato a rilasciare il certificato di saldaconto”.

Il Tribunale ha accolto la tesi dell’opponente secondo cui il decreto ingiuntivo non si sarebbe potuto emettere sulla scorta della documentazione prodotta in fase monitoria. Tale documentazione consisteva:

a) nella copia del contratto concluso fra la (…) spa e (…), con richiesta di emissione della carta di credito del 21/05/2008, con addebito sul c/c n. (…)/292

b) nell’attestazione, ai sensi dell’art. 50 del D.Lgs. n. 385/1993, del credito di Euro 16.415,11 vantato al 12/05/2016 per il rapporto in questione verso (…), nonché della conformità di tale risultanza alle scritture contabili, rilasciata per la direzione generale della (…) spa e recante la firma di (…)

c) negli estratti conto mensili della carta di credito n. 4935 3200 9716 2527, riportanti analiticamente i movimenti dal 7/12/2010 al 6/07/2015.

Il primo giudice ha basato la decisione sulla ritenuta mancata indicazione da parte della banca, “nel decreto ingiuntivo”, dei poteri di rappresentanza del dirigente che aveva sottoscritto l’attestazione ai sensi dell’art. 50 del. D.Lgs. cit.: tanto è però smentito dalla lettura del ricorso per d.i. proposto dalla (…) Spa in persona del procuratore dr. (…), munito dei poteri di rappresentanza di cui all’atto 14.02.13 n.154.869 rep. 26.031 racc. del Notaio (…) di Milano”; lo stesso dr. Specchio risulta sottoscrittore, nella medesima qualità, della procura alle liti a margine dello stesso ricorso.

Nel giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.c. la parte opposta ha ulteriormente prodotto, in relazione alla suddetta questione posta con l’opposizione, il citato atto notarile del 14/02/13 a rogito del Notaio Dott. (…) di Milano, con cui il consigliere delegato di (…) Spa, dr. (…), conferiva -tra gli altri- al dr. (…) la rappresentanza della Banca “per la gestione del contenzioso bancario … per la proposizione di procedimenti di ingiunzione … per le cause civili relative all’attività di recupero coattivo delle creditorie”.

3.2– Con il secondo motivo di appello si assume: violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ed omessa ed errata valutazione delle prove documentali, censurando la sentenza di primo grado nella parte in cui afferma che : “Nel corso del giudizio la banca opposta non ha fornito la prova della propria creditoria, atteso che con le tre raccomandate inoltrate al sig. (…) richiedeva importi diversi (Euro 6.780,26, racc. del 12.12.2014, Euro 15.889,59 racc. del 9 aprile 2015, Euro 16.525,43 racc. del 7 luglio 2015) ed il decreto ingiuntivo veniva richiesto ed ottenuto per Euro 16.415,11 senza detrarre l’importo di Euro 4.401,93 versati dal sig. (…)”.

(…) aveva contestato con l’opposizione la sussistenza della prova del credito dell’opposta evidenziando la contraddizione fra l’attestazione di cui all’estratto conto ex art. 50 del D.Lgs. n. 385/1993, che indicava il credito della banca di Euro 16.415,11 al 12/05/2016, ed il saldo a debito di esso opponente di Euro 4.401,93 emergente dagli estratti conto periodici prodotti dalla stessa opposta; aveva inoltre prodotto estratto del proprio c/c n. (…)/292 presso la (…), dal quale risultava il pagamento del citato importo di Euro 4.401,93 in data 5/02/2014.

Come tuttavia illustrato dalla banca opposta sin dal primo grado sulla scorta della documentazione allegata, del tutto trascurata dal primo giudice, l’apparente discrasia fra l’importo di cui al saldo riportato nell’estratto “di saldaconto” e l’ultima delle 128 pagine concernenti gli estratti mensili analitici era dovuta ad un errore di impaginazione facilmente verificabile confrontando le date dei due saldi: a quello di Euro 4.401,93 al 6/12/2013 (pag. 82 del documento nuovamente prodotto in appello quale allegato n. 5 alla citazione introduttiva) ha fatto seguito – una volta intervenuto il pagamento del 5/02/2014 menzionato dall’opponente -, la nuova debitoria contestata al (…) con le successive racc.te in atti menzionate dalla sentenza appellata, i cui importi diversi nel tempo sono dovuti, come verificabile dall’esame degli estratti conto mensili, ai successivi scoperti, maggiorati di interessi e spese man mano maturati alla scadenza del termine di 60 giorni entro il quale la banca di appoggio su cui era acceso il conto corrente del cliente confermava o meno la sussistenza dei fondi necessari al saldo effettivo, pervenendosi al saldo debitore finale di Euro 16.525,43 al 6/7/2015 (pag. 128 del doc. n. 5 citato) -nell’attestazione ex art. 50 del D.Lgs. n. 385/1993 del 12/05/2016 ridotta ad Euro 16.415,11 al netto delle spese accessorie-.

L’opponente e successivamente i suoi eredi -riproponenti tali argomenti ai sensi dell’art. 346 c.p.c.- hanno sostenuto la carenza in capo al difensore della banca del potere di comunicare, mediante le citate raccomandate, la decadenza del titolare della carta dal beneficio dal termine per il pagamento delle somme dovute, e comunque l’insussistenza dei presupposti di tale decadenza.

La parte opponente/appellata non ha tuttavia contestato gli importi dovuti in forza degli specifici riferimenti contenuti negli estratti (in cui figurano gli addebiti automatici respinti dalla banca del cliente), nè tanto meno ha dimostrato l’avvenuto adempimento della debitoria maturata dopo il 5/02/2014, anche oltre il termine dei 60 giorni dalla verifica dello scoperto del conto di appoggio -assolvendo l’onere probatorio gravante sulla parte obbligata: Cass. sez. un. 2001/n. 13533-: al fine della proposizione della domanda di pagamento immediato con il ricorso per decreto ingiuntivo non era dunque richiesta una espressa pronuncia costitutiva circa la decadenza del debitore dal termine, in quanto l’insolvenza ben poteva riconoscersi implicitamente con l’emissione del decreto (cfr. Cass. 2011/n.24330; Cass. 2020/n.20042).

3.3– Consegue alla ritenuta fondatezza dell’appello sui primi due motivi l’accoglimento del terzo motivo di appello (cui peraltro non si sono opposti gli appellati) relativo alla violazione dell’art. 111 della Costituzione, degli artt. 132, co.1 punto 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla condanna per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. della (…) al pagamento della somma di Euro 3.500,00 in favore dell’opponente, condanna che va revocata.

4.– Poiché l’accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo da parte del primo giudice ha comportato la caducazione del provvedimento monitorio, la presente riforma di tale decisione non determina la “reviviscenza” del decreto ingiuntivo già revocato, ma comporta la condanna della parte opponente al pagamento dell’importo di cui al decreto ingiuntivo, maggiorato delle relative spese ivi liquidate (in considerazione della completezza della documentazione prodotta in fase monitoria), oltre agli interessi al tasso legale ex art. 1284, co.1, c.c. dal 12/05/2016 al saldo (Cass. Sez. 6 – ordinanza n. 20868 del 06/09/2017). Tale condanna riguarda gli eredi beneficiati della parte opponente, tenuti nei limiti delle previsioni di cui all’art. 490 e ss. c.c.

Va altresì accolta la domanda dell’appellante di restituzione, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., delle somme dalla stessa versate in esecuzione della sentenza di primo grado a titolo di spese di lite (liquidate dal Tribunale in Euro 4.800,00 complessivi, oltre accessori di legge) in favore dell’avv. (…), quale difensore antistatario dell’opponente in primo grado: si ricorda che l’impugnazione della sentenza non deve essere rivolta anche contro il difensore distrattario, benché il capo della sentenza reso sull’istanza di distrazione sia destinato a cadere nello stesso modo in cui cade quello sulle spese reso nell’ambito dell’unico rapporto processuale ed il difensore distrattario subisca gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, anche se non evocato personalmente in giudizio (cfr. Cass. 2019/n. 9280; Cass. 2017/ n. 25247; Cass. 2010/ n. 9062).

5.– Alla decisione adottata consegue la condanna degli appellati, nei limiti di cui sopra, a rimborsare all’appellante le spese del doppio grado di giudizio, liquidate in dispositivo in base al D.M. n. 55/2014 e succ. modif. in riferimento al valore della controversia, parametri medi per fasi di studio, introduttiva e decisionale.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Campobasso – Collegio civile,

pronunciando definitivamente sull’appello proposto con citazione notificata il 18/06/2019 dalla (…) spa, in persona del l.r.p.t., nei confronti di (…), (…) e (…), quali eredi beneficiati di Luigi (…), avverso la sentenza n. 479/2018 del Tribunale di Isernia in composizione monocratica; lette le conclusioni in atti, così provvede:

1) accoglie l’appello, ed in totale riforma della sentenza impugnata rigetta l’opposizione proposta da (…) avverso il decreto ingiuntivo n. 205/2016 emesso dal Tribunale di Isernia;

2) condanna per l’effetto (…), (…) e (…) (nei limiti di cui all’art. 490 e ss.c.c.) a pagare alla (…) spa l’importo di Euro 16.415,11 oltre interessi al tasso legale dal 12/05/2016 al saldo, nonché le spese della fase monitoria pari a 145,50 per esborsi e ad Euro 540,00 per compenso, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa come per legge;

3) revoca la condanna dell’appellante al pagamento in favore di (…) dell’importo di Euro 3.500,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c.;

4) dichiara l’avv. (…), difensore antistatario di (…) in primo grado, tenuto a restituire alla (…) spa quanto ricevuto in forza della sentenza di primo grado a titolo di spese giudiziali (liquidate dalla sentenza appellata in 4.800,00 euro oltre accessori di legge);

5) condanna gli appellati, nei limiti già indicati, a rimborsare all’appellante le spese del doppio grado di giudizio, che liquida per il primo grado in Euro 3.235,00 per compenso, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa, e per il presente appello in Euro 382,50 per esborsi ed in Euro 3.777,00 per compenso, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte del 9 novembre 2022.

Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2022.

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Avv. Umberto Davide

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