La cessazione della materia del contendere, che deve essere dichiarata dal giudice anche di ufficio, si verifica quando viene totalmente a mancare la posizione di contrasto fra le rispettive conclusioni delle parti, per essere nel corso del giudizio sopravvenute determinate circostanze, le quali, incidendo sulla posizione sostanziale dedotta in causa, vengano ad incidere anche sul processo, eliminando le ragioni stesse del contendere delle parti e facendo venir meno la necessita della pronunzia del giudice in precedenza richiesta, ovvero quando sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla decisione. La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al piu’ residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale.

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Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|17 gennaio 2023| n. 1257

Data udienza 15 novembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11754/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la appresenta e difende unitamente agli avv.ti (OMISSIS), e (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1299/2017 depositata il 13/10/2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15/11/2022 dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) chiamava in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova (OMISSIS), chiedendo accertarsi la propria qualita’ di unica erede di (OMISSIS) in forza di testamento olografo. Costituitasi, la successibile ex lege disconosceva il testamento e chiedeva a sua volta di essere riconosciuta unica erede di (OMISSIS); chiedeva inoltre che l’attrice fosse condannata a restituire i beni ereditari in suo possesso. Il Tribunale accoglieva la domanda dell’attrice e contro la sentenza la (OMISSIS) proponeva appello dinanzi alla Corte d’appello di Genova.

Questa sospendeva il giudizio in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso proposta contro il testamento dalla stessa appellante. Esauritosi l’incidente di falso con l’accoglimento della querela, la (OMISSIS) riassumeva il giudizio d’appello, che la Corte di merito definiva con dichiarazione di cessazione della materia del contendere. Secondo il giudice del gravame tale esito del giudizio si giustificava in forza del duplice rilievo che l’appellante, in sede di precisazione di conclusioni, aveva dichiarato di rimettersi alla decisione della Corte adita e che l’appellata, a sua volta, aveva chiesto di essere mandata assolta dalla domanda di controparte, con compensazione delle spese.

Per la cassazione della sentenza la (OMISSIS) ha proposto ricorso affidato a due motivi.

(OMISSIS) ha resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso sfugge al rilievo di inammissibilita’ sollevato con il controricorso. L’esposizione in esso contenuta consente alla Corte di avere una chiara visione della vicenda, sostanziale e processuale, in immediato coordinamento con i motivi di censura (Cass. n. 21750/2016), che, a loro volta, sono specificamente attinenti rispetto al decisum.

Il primo motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., e del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato – in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Nullita’ della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., e del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato – in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4. Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 84, 91 e 92, 100, e 306 c.p.c. – in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. Nullita’ della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli articolo 84, 91 e 92, 100, e 306 c.p.c. – in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4”.

La ricorrente riassume innanzitutto i tratti salienti della vicenda rilevanti in questa sede:

– con ordinanza del 26/10/2016, la Corte d’appello rinviava “la causa per la precisazione delle conclusioni all’udienza collegiale dell’1.12.2016”;

– a tale udienza dell’1/12/2016 l’attuale ricorrente concludeva come da foglio allegato al verbale, richiamandosi all’atto di riassunzione (che conteneva la trascrizione integrale dell’atto di appello, ivi incluse le conclusioni);

– l’appellata compariva tramite il legale che l’aveva rappresentata nella fase precedente alla riassunzione, il quale chiedeva termine per acquisire il fascicolo di primo grado;

– la Corte d’Appello rinviava all’udienza del 12/1/2017 “per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado e per consentire alla parte appellata di replicare sulle istanze odierne dell’appellante”;

– all’udienza del 12/1/2017, si constatava che l’appellata aveva depositato telematicamente, contestualmente all’udienza, un atto difensivo contenente deduzioni con cui si contestavano le istanze dell’attuale ricorrente;

– i difensori dell’appellante, volendo evitare un ulteriore rinvio per esame, dichiaravano di “rimettersi alle decisioni della Corte” sulla sola ritualita’ del deposito, ferme restando, ovviamente, le conclusioni gia’ rassegnate all’udienza precedente.

In considerazione di tale iter processuale si denuncia che la Corte d’appello giammai avrebbe potuto intendere la dichiarazione, con la quale l’appellante si era rimessa alle decisioni della Corte, alla stregua di una rinunzia alla domanda o all’azione, essendo inoltre palesemente insussistenti i presupposti della cessazione della materia del contendere.

Il secondo motivo denuncia omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5.

La Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare i seguenti fatti decisivi:

– con ordinanza 26/10/2016, la Corte d’Appello aveva rinviato “per la precisazione delle conclusioni all’udienza collegiale dell’1.12.2016”;

– a tale udienza dell’1/12/2016 (l’unica specificamente fissata per la precisazione delle conclusioni) l’esponente ha effettivamente precisato le conclusioni (richiamandosi all’atto di riassunzione, che conteneva la trascrizione integrale dell’atto di appello, comprese le relative conclusioni);

– l’udienza successiva e’ stata fissata non per l’ulteriore precisazione delle conclusioni, bensi’ solo “per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado e per consentire alla parte appellata di replicare sulle istanze odierne dell’appellante”;

– a tale udienza successiva, l’esponente non ha verbalizzato alcun accenno a rinunzie di sorta;

– tanto l’esponente quanto controparte hanno poi provveduto al deposito di comparse conclusionali e note di replica.

La considerazione di tali circostanze fattuali avrebbe dovuto condurre la Corte d’appello a una decisione totalmente differente rispetto a quella adottata.

I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono fondati.

La cessazione della materia del contendere, che deve essere dichiarata dal giudice anche di ufficio, si verifica quando viene totalmente a mancare la posizione di contrasto fra le rispettive conclusioni delle parti, per essere nel corso del giudizio sopravvenute determinate circostanze, le quali, incidendo sulla posizione sostanziale dedotta in causa, vengano ad incidere anche sul processo, eliminando le ragioni stesse del contendere delle parti e facendo venir meno la necessita della pronunzia del giudice in precedenza richiesta, ovvero quando sono intervenute situazioni sostanziali che abbiano privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla decisione (Cass. n. 16891/2021; n. 19845/2019; n. 22446/2016; n. 6909/2009). E’ stato anche precisato che la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al piu’ residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. n. 21757/2021).

In stridente contrasto con tali principi, la Corte d’appello ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti della cessazione della materia del contendere in base al rilievo che l’appellante avrebbe concluso rimettendosi alla decisione della Corte; e che l’appellata dal canto suo avrebbe chiesto l’assoluzione dalla domanda di controparte, con la compensazione delle spese di lite. Infatti, e’ del tutto evidente che tali generiche espressioni non sono suscettibili di essere considerate alla stregua di una richiesta congiunta idonea, secondo i principi di cui sopra, a giustificare la pronunzia di cessazione della materia del contendere. In particolare, costituisce principio acquisito nella giurisprudenza di legittimita’ che la dichiarazione “rimettersi alla giustizia” non implica alcuna rinunzia, ma sta unicamente a significare che la parte rimane in attesa di una pronunzia secondo diritto ed equita’, senza rinunciare alla possibilita’ di impugnare una decisione iniqua o errata (Cass. n. 12419/2004; n. 23935/2004).

A maggior ragione non poteva essere intesa quale indice della cessazione della materia del contendere la richiesta dell’appellata, di essere “mandata assolta” dalla domanda di controparte. Una tale richiesta, nel gergo curiale, equivale piuttosto a una richiesta di rigetto della pretesa dell’avversario. Occorre ancora tenere nel debito conto, quale ulteriore conferma della palese irragionevolezza della decisione impugnata, il fatto che l’appellante aveva gia’ interamente precisato le conclusioni nell’udienza precedente a quella nella quale furono rese le dichiarazioni impropriamente considerate dalla corte d’appello quale indice della sopravvenuta carenza di interesse, oltre al fatto, incontroverso, che furono depositati scritti difensivi finali che supponevano la persistente sussistenza della lite.

Pertanto, la sentenza deve essere pertanto cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, che giudichera’ sull’appello e liquidera’ le spese del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Corte di appello di Genova in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimita’.

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Avv. Umberto Davide

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