la donazione indiretta sussiste anche se il pagamento del prezzo è parziale. Deve reputarsi che la liberalità realizzata con la corresponsione delle somme necessarie a pagare il prezzo da parte del donante, non necessariamente debba tradursi nella corresponsione dell’intero prezzo, ma anche di una parte di esso, laddove sempre sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, e che laddove queste ultime non siano in grado di coprire per l’intero l’obbligazione gravante sul compratore, l’oggetto della liberalità debba essere identificato, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato corrispondente alla quota parte di prezzo soddisfatta con la provvista fornita dal donante. Siccome un soggetto ben può decidere di donare la porzione del diritto reale di cui è titolare e (rischiare di) subire l’azione revocatoria del creditore strumentale ad agire esecutivamente sulla quota, non si può non ipotizzare che lo stesso risultato si possa ottenere indirettamente attraverso, ad esempio, l’intestazione della quota ad un terzo.Ciò che rileva è soltanto la strumentalità della dazione di denaro all’intestazione del bene a nome altrui, quale risultato giuridico ultimo da conseguire, quindi la volontà concreta delle parti. La donazione (indiretta) è un atto dispositivo del patrimonio suscettibile di essere revocato.

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Tribunale|Brescia|Sezione 4|Civile|Sentenza|2 gennaio 2023| n. 6

Data udienza 2 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA

SEZIONE QUARTA CIVILE

Il tribunale, nella persona del giudice Andrea Giovanni Melani,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al ruolo generale n. 17801/2015 promossa da

(…) s.a.s. (p. i.v.a. (…)), nella persona del legale rappresentante pro tempore, difesa dall’avvocato Em.Gi., elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Brescia, via (…)

attrice

contro

(…) (c.f. (…)), (…) (c.f. (…) ), (…) (c.f. (…) ), difesi dall’avvocato Al.Gh., elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore, in Brescia, via (…)

convenuti

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con citazione, (…) s.a.s. ha convenuto in giudizio (…), (…) e (…), assumendo che, il 10 febbraio 2010, ha stipulato con (…) s.p.a., poi (…) s.r.l., contratto di vendita con cui concedeva all’attrice il diritto di vendere in esclusiva i prodotti dei marchi “(…)” e “(…)” in cambio del 20% da calcolarsi sul ricavato netto; il contratto scadeva il 31 marzo 2013; ha stipulato con (…) s.p.a., poi (…) s.r.l., contratto di produzione con cui le è stata affidata la fabbricazione dei prodotti in conformità alle richieste della controparte, con decorrenza dal 1 luglio 2010 e sino al 30 giugno 2012; in relazione al primo contratto, era creditrice di (…) s.p.a. della somma di Euro 581.515,71, mentre, in relazione al secondo contratto, lo era della somma di Euro 339.015,59; (…) s.r.l. è stata posta in liquidazione, notizia appresa tramite missiva del 7 novembre 2013; il convenuto, socio di (…) s.p.a., ha rilasciato a garanzia delle obbligazioni societarie assegni bancari a favore dell’attrice per l’importo totale di Euro 400.627,86; il 10 aprile 2013, questo Tribunale ha ingiunto al convenuto di pagare immediatamente la somma di Euro 316.874,62; il 7 dicembre 2012, (…) e (…) s.r.l. hanno venduto alle convenute la proprietà di alcuni immobili, siti in B., via P. dei R.; l’atto è stato preceduto dal preliminare del 9 agosto 2012 stipulato, quali promissari acquirenti, dal convenuto e dalla moglie (…); alla vendita è intervenuto il convenuto che ha nominato, quale acquirente dei diritti e degli obblighi negoziali e quindi in suo luogo, la figlia (…), che ha accettato; all’esito, (…) ha acquistato la proprietà dell’immobile sito in B., via P. dei R., identificato in catasto al foglio (…), mappale (…), subalterno (…), e delle cose comuni, la comproprietà, insieme alla madre (…), degli immobili ivi siti, identificati in catasto al foglio (…), mappale (…), subalterni (…), (…), (…), e delle cose comuni, e al foglio (…), mappali (…) e (…); (…) ha acquistato, oltre alle predette comproprietà, la proprietà degli immobili ivi siti, identificati in catasto al foglio (…), mappale (…), subalterno (…), e mappale (…), e delle cose comuni; è stato pattuito il prezzo di Euro 1.105.000,00, di cui Euro 405.000,00 per i beni di (…), Euro 600.000,00 per quelli di (…), e la parte restante per le comproprietà; il prezzo dovuto da (…) è stato pagato sino alla concorrenza di Euro 240.000,00 dai genitori; in realtà, (…) e (…) hanno pagato ciascuno la somma di Euro 337.500,00.

L’attrice ha dedotto la liberalità o gratuità sottesa alla dazione di (…) e gli estremi della revocabilità.

L’attrice ha altresì dedotto la collusione delle convenute in danno dei suoi interessi.

L’attrice ha dunque chiesto l’accertamento della revocabilità del pagamento di Euro 337.500,00 ovvero del diverso importo da accertarsi nel processo, la conferma o la modifica del sequestro conservativo dei beni compravenduti, la condanna delle convenute al risarcimento del danno da liquidare in via equitativa.

2. (…), (…), (…) si sono costituiti in giudizio, allegando che parte del prezzo, pari ad Euro 105.000,00, è stata corrisposta dalle convenute, utilizzando le risorse disponibili sul conto corrente a loro intestate; l’ulteriore parte della somma, pari ad Euro 570.000,00, è stata corrisposta tramite assegni circolari e bancari in relazione ai conti correnti cointestati ai coniugi; (…) ha pagato la somma di Euro 450.000,00, di cui Euro 120.000,00 da imputare al prezzo dovuto dalla figlia; la liberalità del convenuto non è superiore ad Euro 57.983,09 e in favore della sola figlia.

I convenuti hanno contestato le deduzioni attoree e chiesto il rigetto della domanda.

3. Non è stata espletata attività di istruzione probatoria.

All’udienza del 15 settembre 2022, le parti hanno precisato le conclusioni e sono stati concessi i termini ex art. 190 c.p.c.; alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica, in data 5 dicembre 2022, la causa è stata trattenuta per la decisione

1. La domanda revocatoria è parzialmente fondata.

A mente dell’art. 2901, co. 1, c.c., l’azione revocatoria consta di plurimi presupposti, oggettivi e soggettivi: i primi sono il credito del revocante, il compimento di un atto dispositivo da parte del debitore, il pregiudizio arrecato dall’atto alle ragioni del creditore; i secondi sono la conoscenza del debitore circa il pregiudizio arrecato e, in caso di atto a titolo oneroso, la conoscenza del terzo circa il pregiudizio arrecato, oppure la dolosa preordinazione del debitore circa l’atto dispositivo, se anteriore al sorgere del credito, e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione alla dolosa preordinazione da parte del terzo.

Nella fattispecie concreta, ricorrono tutti i presupposti dell’azione revocatoria.

Avuto riguardo al credito dell’attrice, non è contestato tra le parti che il convenuto ha emesso a favore della prima assegni bancari per l’importo totale di Euro 400.627,86, tra il 2011 e il 2012.

È controverso se gli assegni siano stati emessi a garanzia delle obbligazioni contratte dall’attrice con (…) s.p.a. (poi (…) s.r.l.), di cui il convenuto è socio, come sostiene l’attrice, o di eventuali restituzioni di (…) s.p.a. delle royalty anticipate dall’attrice, i cui presupposti non si sono verificati, come sostenuto dal convenuto.

Il credito può dirsi litigioso.

La caratteristica del credito non è ostativa alla titolarità dell’azione revocatoria, poiché la nozione di credito ex art. 2901 c.c. è lata e ricomprende anche il credito eventuale, tra cui appunto quello litigioso (tra le tante, Cass. civ., sez. III, sent. 6 maggio 2021, n. 12047).

Il credito è materia attuale di accertamento giudiziale.

A seguito della revoca con sentenza di questo Tribunale n. 124/2017 del 17 gennaio 2017 del decreto ingiuntivo emesso a favore dell’attrice, la Corte d’appello di Brescia ha pronunciato la sentenza 19 novembre 2019, n. 1666 e, in riforma della decisione del giudice di primo grado, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo (doc. non numerato allegato al foglio attoreo del 26 febbraio 2020); la sentenza è stata gravata da ricorso per cassazione, giusta rappresentazione convergente delle parti.

Allo stato il credito attoreo gode di un accertamento giudiziale di segno favorevole.

Quanto all’oggetto dell’azione, sono revocabili gli atti giuridici, anche non negoziali, con cui il debitore dispone di beni giuridici del suo patrimonio o assume debiti.

L’attrice ha censurato il pagamento effettuato dal convenuto di una parte del prezzo della compravendita delle proprietà degli immobili di cui all’atto del 7 dicembre 2012, acquistate dalle convenute.

Le convenute sono moglie e figlia del convenuto.

I convenuti non hanno contestato l’an dell’atto.

Essi hanno contestato (e soltanto) l’entità del prezzo sostenuta dal convenuto.

Secondo l’attrice, il contributo ammonterebbe ad Euro 337.500,00 (p. 18 cit.) ovvero ad una somma maggiore o minore, mentre, per i convenuti, ammonterebbe ad Euro 57.983,09 (p. 8 comp. cost.) oppure, quale ipotesi per essi deteriore, ad Euro 285.000,00, di cui Euro 120.000,00 da imputare al prezzo a carico della figlia ed Euro 165.000,00 da imputare al prezzo a carico della moglie (pp. 25 s. comp. concl.).

A convincere è la prospettazione attorea anche se solo in parte.

Il prezzo di Euro 1.105.000,00 è stato pagato per Euro 430.000,00 con le risorse di cui al mutuo contratto dalle convenute.

La lite verte sulla fonte di pagamento della parte residua di Euro 675.000,00.

I convenuti non hanno contestato che Euro 540.000,00 derivano da assegni relativi al conto corrente aperto presso (…) s.c.p.a. cointestato ai coniugi (p. 5 comp. cost.), come risulta anche dall’atto di compravendita (doc. n. 27 fasc. att.).

I convenuti hanno poi precisato che la provvista ivi presente deriva dalla (sola) vendita di una proprietà immobiliare appartenente al convenuto e alla moglie.

L’enunciato è parzialmente dimostrato.

Risulta dall’estratto del conto corrente (doc. n. 4 fasc. conv.) l’accredito della somma di Euro 654.033,83 il 16 marzo 2012, pari alla somma degli importi dei tre assegni bancari emessi il 13 marzo 2012 a pagamento parziale del prezzo della vendita di diritti immobiliari dei coniugi (cfr. doc. n. 5 fasc. conv.).

La provvista è stata utilizzata per onorare i primi quattro assegni di importo totale di Euro 200.000,00 emessi il 20 marzo 2012 a pagamento parziale del prezzo della vendita litigiosa futura (cfr. doc. n. 4 fasc. conv., doc. n. 27 fasc. att.).

Sicché, si può ritenere che i coniugi vi abbiano concorso per la metà ciascuno.

Dopodiché, risultano giroconti per ulteriori Euro 100.000,00, giusta rilievo attoreo.

Pertanto, anche questa provvista ha concorso unitamente a quella di provenienza comune, decurtata di Euro 200.000,00, ai pagamenti successivi per un totale residuo di Euro 340.000,00.

Nel rispetto del sistema delle preclusioni processuali, i convenuti non hanno assunto alcunché circa la provenienza della somma di Euro 100.000,00.

I convenuti non hanno inoltre contestato che (…) non abbia redditi propri (p. 21 cit.), con le conseguenze ai sensi dell’art. 115, co. 1, c.p.c..

Appare allora, in difetto di circostanze di segno contrario, che la provvista di Euro 100.000,00 corrisponda a risorse riferibili al patrimonio del convenuto.

Ciò significa che al pagamento della somma restante di Euro 340.000,00, il convenuto ha verosimilmente partecipato in misura maggiore, come in modo implicito e generale l’attrice ha sostenuto nel non escludere il maggiore contributo del convenuto rispetto a quello calcolato sulla base della presunzione di appartenenza delle risorse sui conti correnti per metà ciascuno ai cointestatari.

Le risorse imputabili al convenuto erano circa il 59% (circa Euro 327.000,00) della provvista totale, pari alla somma della metà della provvista comune residua (euro 454.033,83) e dell’importo di Euro 100.000,00.

Il contributo del convenuto risulta essere stato di Euro 200.600,00 (pari al 59% di 340.000,00).

Il suo contributo complessivo rispetto alla parte di prezzo pagata mediante le risorse sul conto corrente di (…) s.c.p.a. è stato di Euro 300.600,00. I convenuti hanno preso posizione anche sulla restante parte di prezzo, pari ad Euro 135.000,00.

Per quanto riguarda la somma di Euro 30.000,00, i convenuti hanno allegato che si tratta di un assegno bancario tratto sul conto corrente aperto presso (…) s.c.p.a., cointestato ai coniugi (p. 6 comp. cost.).

Per quanto riguarda la somma di Euro 105.000,00, i convenuti hanno allegato che è stata “versata successivamente all’atto di acquisto (…) per tramite di disponibilità esistenti su conto corrente intestato alle sole” convenute (p. 4 comp. cost.).

Con la memoria ex art. 183, co. 6, n. 2), c.p.c., i convenuti hanno depositato atto (pubblico) di quietanza delle venditrici degli immobili litigiosi, da cui risulta che la somma di Euro 535.000,00 è stata pagata mediante bonifici bancari di Euro 35.000,00 a valere sul conto corrente cointestato ai coniugi presso (…) s.c.p.a., di Euro 215.000,00 e di Euro 285.000,00 a valere su altro conto corrente (doc. n. 39 fasc. conv.).

Quanto all’assegno di Euro 30.000,00 e al bonifico di Euro 35.000,00 (quale prima parte dell’importo di Euro 105.000,00), i convenuti hanno allegato che il conto corrente di riferimento, cointestato ai coniugi, era stato alimentato per Euro 25.000,00 dalla vendita della proprietà comune e per Euro 100.000,00 da risorse personali di (…).

L’assegno bancario è stato tratto il 30 settembre 2012, come allegato dall’attrice (p. 16 cit.) e non specificamente contestato dai convenuti; peraltro, l’attrice ha riprodotto le evidenze dell’atto di compravendita (doc. n. 27 fasc. att.); l’addebito è del 25 ottobre 2012 (docc. nn. 8, 9 fasc. conv.).

Quando la convenuta ha accreditato la somma di Euro 100.000,00, già vi era sul conto corrente la somma di Euro 90.000,00, come osservato dall’attrice; prima del bonifico di Euro 35.000,00 (7 dicembre 2012), non risultano altri accrediti (ibidem).

Pertanto, per il pagamento di Euro 65.000,00 (assegno di Euro 30.000,00 e bonifico di Euro 35.000,00) si è attinto al conto corrente alimentato con risorse per complessivi Euro 190.000,00.

I convenuti, mentre hanno giustificato la diversa provenienza della somma di Euro 100.000,00, alcunché hanno soggiunto rispetto alla somma di Euro 90.000,00.

Il silenzio in uno alla mancata contestazione dell’assenza di redditi di (…) porta a ritenere che la provenienza fosse dal patrimonio del convenuto.

Vista la confusione delle somme accreditate sul conto corrente, di quasi pari entità per i coniugi convenuti, e considerata la parte di prezzo pagata (euro 65.000,00), non si può ritenere con adeguata sicurezza che al pagamento vi abbiano provveduto le parti con il solo denaro di (…).

In difetto di più precise ed ulteriori allegazioni, il pagamento di Euro 65.000,00 è allora da imputare per la metà al convenuto.

Per quanto riguarda i bonifici di Euro 215.000,00 e di Euro 285.000,00, per un valore totale di Euro 500.000,00, si ritiene provata la provenienza da un conto corrente intestato alle sole convenute (doc. n. 38 fasc. conv.); si tratta del conto corrente su cui verosimilmente è stato accreditato il mutuo di Euro 430.000,00; ivi risulta infatti l’accredito di Euro 428.296,85 in data 7 dicembre 2012 (doc. n. 38 fasc. conv.).

La differenza di Euro 70.000,00 (quale seconda parte dell’importo di Euro 105.000,00) è da imputarsi alle sole convenute, in difetto di prova sufficiente circa la provenienza delle risorse dal convenuto e della finalizzazione della dazione di denaro al pagamento del prezzo; da un canto, dal conto scalare non vi sono elementi per individuare la provenienza delle risorse, né l’attrice ha chiesto l’emissione di un ordine di esibizione in parte qua, dall’altro canto, sulla base di quanto accertato, appare che il convenuto abbia deciso di contribuire all’acquisto tramite le risorse dei conti correnti cointestati alla moglie disponibili prima della stipulazione del definitivo e utilizzate prevalentemente nel periodo precedente al preliminare e in quello immediatamente successivo, quando in ragione della sua posizione di, rispettivamente, futura e attuale parte del preliminare, si può dire con certezza che la dazione di denaro fosse finalizzata all’acquisto dei diritti immobiliari.

Risulta che il convenuto abbia contribuito all’acquisto per la somma complessiva di Euro 333.100,00 (gli addendi sono 300.600,00 e 32.500,00), superiore alla somma che dall’atto di compravendita risulta pagata dallo stesso, vale a dire la metà di Euro 240.000,00 da imputare al prezzo a carico della figlia.

I convenuti non hanno contestato specificamente la causa liberale sottesa all’atto del convenuto.

Gli atti difensivi non contengono alcuna allegazione significativa di onerosità ovvero gratuità (non liberale) della causa, che sia stata fatta nel rispetto del sistema delle preclusioni processuali.

Nelle difese finali (pp. 21 ss. comp. concl.), i convenuti hanno trattato funditus dell’obbligo restitutorio delle somme utilizzate dal cointestatario del conto corrente in eccesso rispetto alle proprie; sennonché, si tratta di difese del tutto astratte, atteso che, prima di allora, i convenuti non hanno mai riferito dell’impegno della moglie del convenuto di restituzione di denaro, che peraltro era pacificamente priva di redditi.

Occorre a questo punto qualificare l’atto censurato, operazione rispetto alla quale il giudice non è vincolato alle posizioni di parte (art. 101, co. 2, Cost.), purché fondata sulle loro allegazioni.

Soltanto nelle difese finali, le parti, segnatamente i convenuti, si sono occupate della questione con maggiore approfondimento.

Dalle difese attoree, si evince che la posizione di fondo è quella di ritenere che l’atto del convenuto sia stato strumentale all’acquisto dei diritti immobiliari a favore delle convenute; ciò spiegherebbe la legittimità del sequestro ottenuto sugli stessi.

I convenuti hanno contestato che ricorra una donazione indiretta visto il pagamento parziale del prezzo.

L’atto revocando è da qualificare come donazione indiretta (o liberalità non donativa) ex art. 809 c.c. e da ascrivere, in particolare, all’area dell’intestazione di beni a nome altrui.

La dazione della somma di denaro è stata effettuata quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dei beni immobiliari.

Ne costituisce primo indice pregnante lo schema utilizzato.

Il convenuto ha partecipato al contratto preliminare di acquisto per sé o per persona da nominare e nel contratto definitivo ha nominato la figlia come acquirente, a seguito del contributo al pagamento di una parte significativa del prezzo (euro 570.000,00), con ciò spogliandosi del diritto potestativo di ottenere il trasferimento della ricchezza, data dalle proprietà immobiliari (ancorché in parte pro quota), a favore di un terzo.

Ne costituiscono secondo indice le difese dei convenuti stessi.

Essi hanno profuso risorse per rappresentare e dimostrare l’esatto contributo del convenuto all’acquisto dei beni delle convenute, con ciò confermando che il reale interesse delle parti non era la mera dazione di denaro, utilizzabile indifferentemente, ma assicurare loro l’acquisto delle proprietà immobiliari.

La circostanza per cui (…) fosse parte negoziale anche del preliminare non esclude che sia ravvisabile anche rispetto a lei la posizione di donataria (indiretta).

Il richiamo allo schema utilizzato è strumentale soltanto a suffragare la conclusione cui si perviene anche solo dall’esame delle asserzioni di parte convenuta.

I due indici rendono non revocabile in dubbio che era interesse ultimo delle parti far sì che le convenute fossero proprietarie degli immobili litigiosi, interesse da realizzare mediante il contributo parziale del convenuto al pagamento del prezzo.

A dispetto di quanto sostenuto dai convenuti, la donazione indiretta sussiste anche se il pagamento del prezzo è parziale: “deve (?) reputarsi che la liberalità realizzata con la corresponsione delle somme necessarie a pagare il prezzo da parte del donante, non necessariamente debba tradursi nella corresponsione dell’intero prezzo, ma anche di una parte di esso, laddove sempre sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, e che laddove queste ultime non siano in grado di coprire per l’intero l’obbligazione gravante sul compratore, l’oggetto della liberalità debba essere identificato, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato corrispondente alla quota parte di prezzo soddisfatta con la provvista fornita dal donante” (Cass. civ., sez. II, ord. 17 aprile 2019, n. 10759).

Questo principio di diritto è da condividere perché assicura la lettura (nel senso di qualificazione) della vicenda in coerenza al reale interesse delle parti, secondo una prospettiva ormai radicata nell’esame delle fattispecie (segnatamente negoziali) che concentra l’attenzione sugli effetti piuttosto che sulla struttura, con ciò esaltando il concreto.

Siccome un soggetto ben può decidere di donare la porzione del diritto reale di cui è titolare e (rischiare di) subire l’azione revocatoria del creditore strumentale ad agire esecutivamente sulla quota, non si può non ipotizzare che lo stesso risultato si possa ottenere indirettamente attraverso, ad esempio, l’intestazione della quota ad un terzo.

Ciò che rileva è soltanto la strumentalità della dazione di denaro all’intestazione del bene a nome altrui, quale risultato giuridico ultimo da conseguire, quindi la volontà concreta delle parti.

La donazione (indiretta) è un atto dispositivo del patrimonio suscettibile di essere revocato.

Il convenuto si è privato dell’arricchimento corrispondente ai beni scambiati.

Ragioni di economia giuridica consentono di ottenere lo stesso risultato (arricchire gli altri senza alcun beneficio), attraverso uno schema più agevole e meno oneroso – pagamento del prezzo per l’acquisto di beni da intestare in ultimo ad altri – rispetto a quello diretto – acquisto dei beni da parte del futuro donante e successiva donazione degli stessi da eseguirsi nelle forme legali -.

Per questo motivo, l’atto dispositivo ha ad oggetto i beni acquistati dalle convenute e non il denaro del convenuto; la semplificazione dello schema consente di fingere che i beni siano (effettivamente) transitati dal patrimonio del convenuto.

La conclusione è coerente al regime della donazione indiretta; a titolo esemplificativo, si rammenta che la collazione e la riduzione a tutela della legittima hanno ad oggetto i beni acquistati dal donatario e non il denaro usato dal de cuius.

La somma di Euro 333.100,00 corrisponde al 30,14479% circa del prezzo totale.

Significa che il convenuto ha donato beni per circa Euro 137.159,00 alla figlia (pari alla percentuale applicata al valore dei beni acquistati di Euro 455.000,00) e per circa Euro 195.941,00 alla moglie (pari alla percentuale applicata al valore dei beni acquistati di Euro 650.000,00).

Avuto riguardo al pregiudizio arrecato in conseguenza dell’atto litigioso (c.d. eventus damni), si rammenta che esso ricorre e in caso di variazione quantitativa e in caso di variazione qualitativa tale da rendere più difficile o più onerosa la realizzazione del diritto di credito (per tutte, Cass. civ., sez. VI -3, ord. 24 marzo 2021, n. 8217).

È indubbio che la donazione (indiretta) ha comportato una variazione quantitativa del patrimonio del convenuto.

Il sacrificio è rimasto per definizione privo di un corrispettivo.

È poi onere del debitore allegare e dimostrare la capienza dei beni che costituiscono il patrimonio, nonostante l’atto dispositivo impugnato, dal momento che si tratta di un’eccezione impeditiva dell’azione revocatoria e in virtù del criterio logico della vicinanza della prova (art. 2697, co. 2, c.c.; per tutte, Cass. civ., sez. VI-3, ord. 18 giugno 2019, n. 16221).

Il convenuto non ha asserito la capienza del suo patrimonio, nonostante gli effetti sulla garanzia generica dell’atto donativo.

Quanto al presupposto soggettivo, atteso che il credito nei confronti del convenuto è sorto prima del compimento del preliminare, vista l’anteriorità dell’impegno di garante (2011-giugno 2012) – è altresì anteriore la maturazione del credito nei confronti della debitrice come si esporrà a breve -, occorre accertare la conoscenza del convenuto circa il pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie per effetto dell’atto revocando (c.d. scientia damni).

Come ogni stato soggettivo, la prova è diffusamente presuntiva (art. 2729 c.c.).

È pacifico che il convenuto era socio di (…) s.p.a., sicché si deve ritenere fosse a conoscenza delle vicende inerenti all’attività sociale.

Il convenuto non ha contestato che la società aveva un debito verso l’attrice di Euro 920.531,30, oltre agli interessi, maturato in epoca antecedente il 7 dicembre 2012, data del definitivo, ma anche antecedente il 9 agosto 2012, data del preliminare (v. date fatture di cui alle pp. 6 ss. cit.).

È chiaro che, di fronte alle difficoltà se non all’impossibilità della debitrice di pagare (circostanza che si desume dall’entità del debito, dall’assenza di allegazioni di segno contrario, dalla dichiarazione di fallimento nel 2014, quindi poco dopo la contrazione del debito con l’attrice), il garante può attendersi di essere destinatario di azioni volte ad attivare la sua responsabilità patrimoniale.

Il convenuto era pertanto consapevole che qualunque atto dispositivo del patrimonio, a maggior ragione se producente impoverimento quale unico effetto per la propria posizione, avrebbe inciso sul buon esito delle azioni.

La liberalità dell’atto dispositivo quindi la sua gratuità consentono di non indagare lo stato soggettivo delle convenute.

La domanda è accolta nei limiti dei beni donati e pertanto è dichiarata nei confronti dell’attrice l’inefficacia della donazione indiretta fatta dal convenuto a favore delle convenute, avente ad oggetto i diritti immobiliari di cui all’atto del 7 dicembre 2012, stipulato con le venditrici (…) e (…) s.r.l., limitatamente alla quota del 30,14479% dei beni acquistati dalla figlia e alla medesima quota dei beni acquistati dalla moglie.

2. Sui predetti beni, l’attrice ha chiesto e ottenuto sequestro conservativo sino alla concorrenza di Euro 370.000,00.

I convenuti hanno dedotto l’illegittimità del sequestro perché la revocatoria verte sul denaro utilizzato dal convenuto per pagare il prezzo dell’acquisto delle convenute.

Il sequestro ex art. 2905, co. 2, c.c. presenta connotati di specialità rispetto a quelli tipici di parte generale e segnatamente a quello conservativo (artt. 2905, co. 1, c.c., 671 c.p.c.).

La specialità deriva dal diritto da cautelare.

Il sequestro è volto a conservare gli effetti dell’azione revocatoria, quindi il diritto del creditore di espropriare il bene del terzo acquistato dal debitore.

Pertanto, come si legge in letteratura, l’oggetto possibile ed esclusivo del sequestro è il bene alienato dal debitore al terzo con l’atto revocando.

Anche questo sequestro è destinato a convertirsi in pignoramento (art. 686, co. 1, c.p.c.), con il passaggio in giudicato della statuizione di accoglimento della domanda, vista la natura costitutiva dell’azione sottesa, e purché il creditore sia munito di un titolo esecutivo attuale.

Nel caso di specie, la revocatoria ha di mira una donazione indiretta e, siccome ciò che è stato donato sono i diritti immobiliari e non il denaro, correttamente il sequestro è stato chiesto ed emesso sui primi.

Atteso che oggetto della revocatoria è la quota del 30,14479% delle proprietà donate alle convenute, il sequestro è da ritenersi circoscritto alla stessa e privo di effetti per l’eccedenza (art. 669-novies, co. 3, parte prima, c.p.c.).

3. L’attrice ha chiesto la condanna delle convenute al risarcimento del danno.

La domanda non è fondata.

L’attrice non ha precisamente allegato il quantum del pregiudizio sofferto in ragione della condotta delle convenute, nel rispetto del sistema delle preclusioni processuali, e si è limitata ad invocare l’art. 1226 c.c., la cui applicabilità dipende, però, dal concorso di precise circostanze (per tutte, Cass. civ., sez. III, sent. 30 aprile 2010, n. 10607); il pregiudizio risulta inoltre indimostrato (l’esperimento vittorioso dell’azione revocatoria consentirà all’attrice, ricorrenti i presupposti, di aggredire i beni donati a soddisfazione del credito).

La domanda è rigettata.

Al regolamento delle spese processuali si applica il principio di causalità, di cui il criterio della soccombenza ex art. 91 c.p.c. ne costituisce espressione (tra le tante, Cass. civ., sez. III, sent. 30 gennaio 2009, n. 2473).

Ricorre un’ipotesi di soccombenza reciproca che giustifica la compensazione delle spese processuali (art. 92, co. 2, c.p.c.).

La compensazione è soltanto parziale.

Atteso che la domanda risarcitoria, rispetto alla quale l’attrice è soccombente, ha avuto un impatto minimo sull’economia del processo e considerata l’incidenza ridotta della decisione sulla portata del sequestro, le spese sono compensate per un terzo e per la restante parte sono poste a carico dei convenuti.

Lo stesso criterio informa la liquidazione delle spese per il processo cautelare ante causam e per il reclamo perché strumentali al merito.

Diversamente, per quanto riguarda il processo cautelare in corso di causa attivato dall’attrice, le spese processuali vanno poste a carico integralmente dell’attrice perché ha formulato una domanda inutile, dichiarata inammissibile.

Le spese processuali sono liquidate secondo i parametri del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, limitatamente al processo cautelare ante causam, al reclamo e al processo cautelare in corso di causa.

Per quanto riguarda le spese processuali di questo processo, si applicano i parametri del d.m. richiamato per come novellato dal D.M. 13 agosto 2022, n. 147, entrato in vigore il 23 ottobre 2022; ai sensi dell’art. 6 D.M. n. 147 del 2022, in continuità con la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. civ., sez. un., 12 ottobre 2012, n. 17406), si applica il nuovo regime se l’attività delle parti non si è esaurita sotto la vigenza del regime anteriore.

Per stabilire il valore della controversia, ai sensi dell’art. 5, co. 1, parte terza, D.M. n. 55 del 2014, nei giudizi per azioni revocatorie si ha riguardo all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta.

Tenuto conto del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, non vi è motivo di discostarsi dall’applicazione dei parametri forensi medi di cui alle corrispondenti tabelle allegate al decreto ministeriale.

Non trova applicazione l’art. 4, co. 2, parte seconda, D.M. n. 55 del 2014 (assistenza di un solo soggetto contro più soggetti), atteso che l’oggetto della lite non ha richiesto al difensore dell’attrice di articolare difese significativamente distinte in ragione della posizione dei convenuti.

Per il processo cautelare ante causam, le spese processuali sono ridotte della metà limitatamente alla fase istruttoria (non sono state acquisite prove, ma è stata solo trattata la causa, v. nota spese attorea) e alla fase decisionale (priva di difese scritte, v. nota spese attorea); le spese processuali sono liquidate nella somma di Euro 8.100,00 per compensi, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge per il processo cautelare.

Altrettanto vale per la liquidazione delle spese processuali del reclamo; le spese processuali sono liquidate nella somma di Euro 8.100,00 per compensi, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge per il reclamo.

Per il processo cautelare in corso di causa, il compenso è liquidato solo con riguardo alle fasi introduttiva e istruttoria, ridotto della metà per quest’ultima, in quanto mera trattazione; le spese processuali sono liquidate nella somma di Euro 4.252,50 per compensi, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge.

Per il processo di merito, le spese processuali sono ridotte della metà limitatamente alla fase istruttoria (non sono state acquisite prove, ma è stata solo trattata la causa); le spese processuali sono liquidate nella somma di Euro 17.251,50 per compensi, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge per il processo cautelare.

Sono liquidate a favore dell’attrice spese per Euro 2.921,00 (risultano documentate le voci di cui alla nota spese allegata alla memoria di replica, tranne quelle rubricate “copia ricorso-decreto per uso trascrizione”, “copia ricorso-decreto per uso notifica”, “notifica ricorso-decreto”).

P.Q.M.

Il tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede:

revoca la donazione indiretta fatta da (…) a favore di (…) e (…), avente ad oggetto i diritti immobiliari di cui all’atto del 7 dicembre 2012 stipulato con le venditrici (…) e (…) s.r.l., nei limiti della quota del 30,14479%, e ne dichiara l’inefficacia nei confronti di (…) s.a.s.;

limita il sequestro ottenuto da (…) s.a.s. alla quota dei beni di cui al capo primo;

rigetta la domanda di (…) s.a.s. di condanna di (…) e (…) al risarcimento del danno;

compensa tra le parti le spese processuali nella misura di un terzo e condanna (…), (…), (…) al rimborso delle spese processuali a favore di (…) s.a.s., nella misura restante, spese che sono liquidate per l’intero nella somma di Euro 33.451,50, per compensi, Euro 2.921,00 per spese, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge;

condanna (…) s.a.s. al rimborso delle spese processuali del processo cautelare in corso di causa a favore di (…), (…), (…), che liquida in complessivi Euro 4.252,50, per compensi, oltre a spese generali al 15%, c.p.a. e i.v.a. alle rispettive aliquote di legge;

dichiara che la sentenza è soggetta a trascrizione nei registri immobiliari.

Così deciso in Brescia il 2 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.

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Il testamento olografo, pubblico e segreto.

La donazione art 769 c.c.

La revoca della donazione.

Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria

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Avv. Umberto Davide

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