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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 16 novembre 2017, n. 27247

quanto alla prospettazione di un ruolo dell’appaltante di mero nudus minister si e’ piu’ volte chiarito che la diligenza qualificata ex articolo 1176 c.c., comma 2, che impone all’appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l’opera a regola d’arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attivita’ esercitata, onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicche’, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l’appaltatore risponde dei vizi dell’opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione, mentre e’ esente da responsabilita’ ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo cosi’ l’appaltatore a proprio mero “nudus minister”, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilita’ di iniziativa o vaglio critico.

 

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 16 novembre 2017, n. 27247

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. SCARPA Antonino – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10717-2014 proposto da:

(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 918/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 17/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

RITENUTO

che la Corte d’appello di Brescia, con sentenza pubblicata il 17/7/2013, rigetto’ l’impugnazione proposta da (OMISSIS) s.r.l. nei confronti di (OMISSIS) s.r.l., avverso la sentenza del Tribunale di Brescia, pubblicata il 10/1/2008, con la quale era stato revocato il decreto ingiuntivo emesso in favore della (OMISSIS) e questa condannata a restituire alla (OMISSIS) quanto percepito in forza del titolo monitorio;

ritenuto che la lite aveva preso le mosse dalla domanda della (OMISSIS), la quale aveva esposto di avere commissionato alla controparte la realizzazione e posa in essere di una struttura metallica, corredata da teli plastici, aventi funzione decorativa e che, nonostante la tempestiva contestazione di vizi e difetti, la controparte aveva attivato la procedura monitoria al fine di riscuotere il corrispettivo e nonostante la opponente avesse offerto il pagamento di un acconto, subordinando il versamento del saldo al positivo esito del collaudo;

che, per contro, la (OMISSIS) aveva dedotto che le vele erano state realizzate secondo le indicazioni della committente, la quale aveva insistito per l’utilizzo di una struttura portante priva di solido aggancio;

RITENUTO

che avverso la sentenza d’appello il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione, esponendo dieci motivi di censura e che la (OMISSIS) resiste con controricorso;

ritenuto che:

1) con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli articoli 1362, 1470, 1655, c.c., articoli 112, 114, 115 e 116 c.p.c., in quanto la Corte locale aveva errato nel qualificare il negozio come appalto, invece che come compravendita, nonostante che, ove avesse adeguatamente tenuto conto delle trattative che incorsero prima della conclusione del negozio e della condotta delle parti, anche successiva, avrebbe dovuto cogliere che si era trattato della sola fornitura di vele o teli, nel mentre l’ancoraggio operato dalla (OMISSIS) era stato effettuato “sulla struttura, priva del supporto per le scanalature”, realizzata da altra impresa e messa a disposizione dalla controparte;

2) con il secondo motivo viene dedotto, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4), “vizio procedurale/motivazionale diverso dall’omesso esame di fatto decisivo”, in corroborazione del primo, che la Corte bresciana aveva reso “motivazione insufficiente”, optando per il contratto d’appalto, senza tener conto dei criteri interpretativi, sia soggettivi, che oggettivi, e della circostanza che unico oggetto del contratto era costituito dalla consegna delle vele, con la conseguenza che il facere assumeva un ruolo del tutto ancellare;

3) con il terzo motivo il ricorso lamentando la violazione dell’articolo 1362 c.c. e ss., articolo 1470 c.c. e ss., articolo 1495, articolo 1655 c.c. e ss., articoli 1667, 1988 e 2697 c.c., articoli 112, 115 e 116 c.p.c., contesta la decisione della Corte locale, la quale aveva ritenuto tempestiva la lettera con la quale la (OMISSIS) avrebbe eccepito i vizi dell’opera, in quanto la (OMISSIS) aveva svolto specifica contestazione, sia quanto alla spedizione della lettera, che alla ricezione della stessa, che alla valenza della medesima (prime e seconde note conclusionali, atto d’appello) e, comunque, era stato sempre dedotto che quella lettera non era mai pervenuta e, pertanto era onere della controparte provare il contrario; inoltre, essendo stata l’opera verificata per facta concludentia sarebbe spettato alla committente dimostrare l’esistenza di vizi, infine, la dichiarazione di volere pagare la meta’ del prezzo, riservando ad epoca successiva il saldo, costituiva riconoscimento ex articolo 1988 c.c.;

4) con il quarto motivo la ricorrente deduce “vizio procedurale diverso dall’omesso esame di fatto decisivo”, per avere la sentenza ritenuto provate la trasmissione e la ricezione della lettera di contestazione del 3/7/2003, per avere sussunto il contratto nell’appalto invece che nella compravendita, per non avere considerato che il riconoscimento, ex articolo 1667 c.c., deve essere espresso, che, in ogni caso, la predetta lettera, ove tempestiva, aveva oggetto diverso rispetto alle vele, operando, inoltre, con “motivazione insufficiente”;

5) con il quinto motivo allega la violazione e falsa applicazione degli articoli 1227, 1470 e 1655 c.c., articoli 112, 115 e 116 c.p.c., avendo la Corte territoriale errato nell’escludere che la ricorrente avesse agito quale nudus minister, al fine di venire incontro alle insistenti richiesti della committente e nonostante il proprio manifestato dissenso, inoltre la Corte d’appello aveva errato nel non considerare il concorso di colpa dell’impresa che aveva proceduto alla messa in opera dell’inidoneo supporto metallico;

6) con il sesto motivo la (OMISSIS) adduce “vizio procedurale diverso dall’omesso esame di fatto decisivo”, per avere la sentenza gravata fornito “motivazione insufficiente”, non avendo esaurientemente spiegato “perche’ le prove versate in atti dalla (OMISSIS) (…) non siano state ritenute sufficienti a farla qualificare qual nudus minister”;

7) con il settimo motivo viene dedotta la violazione degli articoli 1362 c.c. e ss., articolo 1470 c.c. e ss., articolo 1655 c.c. e ss., articoli 112, 115, 116, 184, 244 e 245 c.p.c., perche’ la Corte di merito aveva disatteso i principi di diritto enunciati dalla Cassazione in materia di nudus minister (mero braccio del committente, che informato dell’inidoneita’ dell’operazione, se ne assume il rischio), aveva non considerato che le vele fornite erano conformi alle prescrizioni di contratto e che gli strappi erano stati causati dall’inidoneita’ delle strutture di supporto, non aveva considerato che i mezzi di prova richiesti erano tutti ammissibili e rilevanti, in quanto capaci di fornire informazioni sulle trattative precontrattuali e sulle modifiche contrattuali intervenute nel tempo e sull’accertamento della responsabilita’;

8) con l’ottavo motivo il ricorso denunzia “vizio procedurale/motivazionale diverso dall’omesso esame di un fatto decisivo” per non essere state ammesse le prove richieste dalla (OMISSIS);

9) con il nono ed il decimo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 91 c.p.c. e articolo 1227 c.c., nonche’ vizio motivazionale, in quanto l’inidoneita’ della struttura di supporto avrebbe dovuto indurre alla compensazione delle spese di lite;

considerato che:

a) il ricorso, nel suo complesso, e’ immeritevole di accoglimento, ponendosi, anzi, al limite dell’ammissibilita’, a cagione del suo confezionamento, tanto prolisso, quanto confuso, ripetitivo e appesantito inestricabilmente da una congerie di critiche ed osservazioni, tutte interessanti il merito e largamente non autosufficienti, avendo questa Corte gia’ avuto modo di spiegare che il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticita’ espositiva degli atti processuali che, fissato dall’articolo 3, comma 2 codice del processo amministrativo, esprime tuttavia un principio generale del diritto processuale, destinato ad operare anche nel processo civile, espone il ricorrente al rischio di una declaratoria di inammissibilita’ dell’impugnazione, non gia’ per l’irragionevole estensione del ricorso (la quale non e’ normativa sanzionata), ma in quanto rischia di pregiudicare l’intelligibilita’ delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, ridondando nella violazione delle prescrizioni di cui all’articolo 366 c.p.c., nn. 3 e 4 assistite – queste si’ – da una sanzione testuale di inammissibilita’ (Sez. 2, n. 21297, 20/10/2016, Rv. 641554; cfr. pure, Sez. 6-5, n. 19959, 22/09/2014, Rv. 632466);

b) non ha fondamento la critica mossa all’interpretazione del negozio: appalto, invece che quello auspicato di compravendita, dovendosi, in primo luogo osservare che nonostante gli sforzi argomentativi della ricorrente la vicenda resta confinata negli apprezzamenti di merito, trovando, peraltro, qui applicazione il testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 siccome restrittivamente riscritto con la novella apportata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, comma 1, lettera b), convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134; al fine di scardinare le valutazioni di merito il ricorso deduce la violazione dell’articolo 1362 c.c. e ss., non basta, tuttavia, come piu’ volte chiarito in questa sede, la enunciazione della pretesa violazione di legge in relazione al risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, occorrendo individuare, con puntualita’, il canone ermeneutico violato correlato al materiale probatorio acquisito; In quanto, “L’opera dell’interprete, mirando a determinare una realta’ storica ed obiettiva, qual e’ la volonta’ delle parti espressa nel contratto, e’ tipico accertamento in fatto istituzionalmente riservato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimita’ soltanto per violazione dei canoni legali d’ermeneutica contrattuale posti dagli articoli 1362 c.c. e ss., oltre che per vizi di motivazione nell’applicazione di essi: pertanto, onde far valere una violazione sotto il primo dei cennati profili (il secondo, ovviamente, sotto il regime del nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 non e’ piu’ proponibile), il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati o questi abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti; di conseguenza, ai fini dell’ammissibilita’ dei motivo di ricorso sotto tale profilo prospettato, non puo’ essere considerata idonea – anche ammesso ma non concesso lo si possa fare implicitamente – la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata, come nella specie, mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame non e’ consentito in sede di legittimita’ (ex pluribus, da ultimo, Cass. 9.8.04 n. 15381, 23.7.04 n. 13839, 21.7.04 n. 13579. 16.3.04 n. 5359, 19.1.04 n. 753)” (Sez. 2, n. 18587, 29/10/2012; si veda anche, per la ricchezza di richiami, Sez. 6-3, n. 2988, 7/2/2013);

c) quanto alla lettera con la quale la (OMISSIS) ebbe a denunziare i vizi dell’opus, tutto il complesso argomentativo della ricorrente non incrina la ragione della decisione: la contestazione di tale lettera venne tardivamente operata dalla (OMISSIS), invece che con la prima difesa; insondabile risulta, poi, l’affermazione secondo la quale la (OMISSIS) sarebbe decaduta dalla garanzia essendo stata l’opera verificata e ancor meno comprensibile deve ritenersi il richiamo all’articolo 1988 c.c., per il fatto che la committente nella fase antecedente al giudizio avesse avanzato la proposta di pagare la meta’ del prezzo, con riserva del saldo alla verifica della conformita’ alla regola dell’arte dell’opera;

d) quanto alla prospettazione di un ruolo dell’appaltante di mero nudus minister si e’ piu’ volte chiarito che la diligenza qualificata ex articolo 1176 c.c., comma 2, che impone all’appaltatore (sia egli professionista o imprenditore) di realizzare l’opera a regola d’arte, impiegando le energie ed i mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili in relazione alla natura dell’attivita’ esercitata, onde soddisfare l’interesse creditorio ed evitare possibili eventi dannosi, rileva anche se egli si attenga alle previsioni di un progetto altrui, sicche’, ove sia il committente a predisporre il progetto e a fornire indicazioni per la sua realizzazione, l’appaltatore risponde dei vizi dell’opera se, fedelmente eseguendo il progetto e le indicazioni ricevute, non ne segnali eventuali carenze ed errori, il cui controllo e correzione rientra nella sua prestazione, mentre e’ esente da responsabilita’ ove il committente, edotto di tali carenze ed errori, richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o ribadisca le indicazioni, riducendo cosi’ l’appaltatore a proprio mero “nudus minister”, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilita’ di iniziativa o vaglio critico (da ultimo, Sez. 2, n. 1981, 02/02/2016, Rv. 638792); la circostanza sulla quale molto si insiste in questa sede non consta essere stata posta a specifico vaglio del Giudice d’appello, il quale ha, comunque, con valutazione i merito in questa sede incensurabile, accertato che “l’oggetto dell’incarico era costituito da un’opera complessa avente finalita’ pubblicitaria e decorativa al tempo stesso, opera che aveva reso necessaria una pregressa attivita’ di progettazione”, che nella prestazione era compreso il montaggio delle tele, con prevalenza dello specifico fare, rispetto alla mera cessione di un manufatto prodotto a prescindere dalla richiesta del committente, senza contare, come sopra si e’ anticipato che un tal defilato ruolo andava puntualmente provato dall’appaltatore; la prova del rivendicato ruolo di nudus minister che la Corte d’appello non avrebbe considerato riporta alla stessa consistenza dell’opera e del fatto (il ricorso a pag. 41, rinvia, sul punto all’atto d’appello, nel cui brano riportato fa riferimento a fotografie depositate dalla controparte e a alle considerazioni che avrebbero dovuto trarsi dal fatto che la (OMISSIS) era disponibile a pagare la meta’ del prezzo) e, pertanto, non assume concludenza;

e) spiega la Corte di merito perche’ debba escludersi un concorso di responsabilita’ (sesto motivo) e le decisioni istruttorie (motivi settimo e ottavo): “anche la fornitura delle vele aveva alla base la loro progettazione e anche il relativo montaggio ne faceva parte, diviene del tutto superfluo appurare che i sostegni sono stati progettati e montati da terzi, fatto, del resto, pacifico”, trattandosi, anche in questo caso, di valutazione di merito, le critiche mosse sono inammissibili;

f) escluso che il riferimento all’articolo 112 c.p.c., abbia un significato apprezzabile, non meno inconsistente deve ritenersi il richiamo agli articoli 115 e 116, in quanto una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorche’ si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., da ultimo, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299); spurie e non effettivamente correlate alla puntuale delineazione della dedotta violazione di legge appaiono i riferimenti a varie disposizioni normative, il cui contenuto si assume genericamente non rispettato;

g) la contestazione del riparto delle spese di causa e’ manifestamente destituita di giuridico fondamento: non assume, ovviamente, rilievo scriminante, fra le parti, tenuto conto del decisum, la circostanza che le strutture metalliche erano state da altri messe in opera (motivo nono); inoltre, il dovere del soccombente di sopportare le spese della lite (motivo decimo), discende dalla legge e non necessita’ di motivazione di sorta;

considerato che, pertanto, rigettato il ricorso, le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualita’ della causa, nonche’ delle attivita’ espletate;

considerato che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater (inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte della ricorrente, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.